24/09/2019 – L’esenzione ICI per le case per ferie di un ente religioso

L’esenzione ICI per le case per ferie di un ente religioso
di Girolamo Ielo – Dottore commercialista/revisore contabile Esperto finanza territoriale
In merito ad un accertamento ICI di beni immobili di un ente religioso, utilizzati come “casa per ferie”, la Corte di Cassazione ha affermato: 1) che l’esenzione compete solo in presenza di determinate condizioni, indipendentemente dalla categoria di accatastamento dell’immobile; 2) che ai fini dell’esenzione devono sussistere il requisito soggettivo e cioè la natura non commerciale dell’ente, quanto il requisito oggettivo e cioè che l’attività svolta nell’immobile rientri nella categoria di quella religiosa.
La controversia e il giudizio innanzi i giudici tributari. La controversia riguarda un avviso di accertamento ICI, anno di imposta 2008, relativamente a beni immobili di un ente religioso, utilizzati come “casa per ferie”. L’ente si è opposto all’avviso, ritenendo di avere diritto all’esenzione prevista dall’art. 7, comma 1, lett. i), D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504. La CTP ha accolto parzialmente il ricorso, ritenendo dovuto il pagamento dell’ICI solo con riferimento all’immobile descritto sub B/1 e che non poteva ritenersi estesa all’intero compendio immobiliare dell’ente ecclesiastico. La CTR ha confermato la sentenza di 1° grado che aveva limitato la superfice tassabile con riferimento all’immobile classificato al sub B/1, dichiarando esente tutti gli altri immobili perché non era stato dimostrato un utilizzo diverso da quello per il quale risultavano accatastati.
Avverso la sentenza di 2° grado è stato presentato ricorso innanzi la Corte di Cassazione, che si è pronunciata con l’ordinanza n. 22223 del 5 settembre 2019.
Il pronunciamento della Corte. L’ordinanza della Corte è importante, oltre al pronunciamento sulle questioni poste, in quanto viene fatta una ricostruzione normativa riguardante l’esenzione oggetto della controversia.
La controversia concerne la fattispecie di esenzione di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992art. 7, comma 1, lett. i), ad una struttura utilizzata come “casa per ferie”. In base a tale norma, nella versione anteriore al D.L. n. 203 del 2005 sono esenti da ICI “gli immobili utilizzati dai soggetti di cui al testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917art. 87, comma 1, lett. c), e successive modificazioni, destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui alla L. 20 maggio 1985, n. 222art. 16, lett. a).
La Corte, nel vigore della norma originaria del D.Lgs. n. 504 del 1992, ha affermato più volte che l’esenzione resta subordinata alla compresenza di un requisito oggettivo, rappresentato dallo svolgimento esclusivo nell’immobile di tali attività e di un requisito soggettivo, costituito dallo svolgimento delle stesse direttamente da parte di un ente pubblico o privato che non abbia come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali, in base all’art. 87, comma 1, lett. c), D.P.R. n. 917 del 1986 (Cass. civ. n. 7385 del 2012Cass. civ. n. 25674 del 2008Cass. civ. n. 18836 del 2006Cass. civ. n. 20776 del 2005). Il requisito della esclusiva destinazione dell’immobile ad attività peculiari, non produttive di reddito, ritenute dal legislatore non meritevoli di un trattamento fiscale di favore, è da accertare verificando” se l’attività cui l’immobile effettivamente è destinato, se pure rientrante fra quelle attività ritenute esenti, non sia svolta in concreto secondo le modalità di un’attività commerciale” (Cass. civ. n. 20776 del 2005Cass. civ. n. 4654 del 2004Cass. civ. n. 18450 del 2003).
Pertanto, per le annualità anteriori al D.L. n. 203 del 2005 è invocabile l’esenzione ICI, a condizione che si tratti di immobili destinati ad attività peculiari non produttive di lucro e di reddito.
Il D.L. 30 settembre 2005, n. 203art. 7, comma 2-bis, aggiunto dalla L. di conversione 2 dicembre 2005, n. 248, poi modificato dalla L. 23 dicembre 2005, n. 266art. 1, comma 133 e infine sostituito dal D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito nella L. 4 agosto 2006, n. 248, ha esteso l’esenzione disposta dall’art. 7, comma 1, lett. i) cit. alle attività ivi indicate “a prescindere dalla natura eventualmente commerciale delle stesse” (versione originaria) e poi a quelle “che non abbiano esclusivamente natura commerciale” (versione vigente). La disposizione normativa è applicabile “ratione temporis” alla fattispecie in esame, trattandosi del pagamento dell’imposta ICI relativa all’anno 2008.
La Corte ha precisato che la norma assume carattere innovativo e non interpretativo (Cass. civ. n. 24500 del 2009 e Cass. civ. n. 14530 del 2010) ed ha, con indirizzo costante, chiarito che: “In tema d’imposta comunale sugli immobili, deve essere escluso dall’esenzione un fabbricato nel quale un ente religioso svolga un’attività a dimensione imprenditoriale anche se non prevalente, essendo la predetta esenzione prevista in via generale solo per gli immobili destinati direttamente ed in via esclusiva allo svolgimento di determinate attività tra le quali quelle dirette all’esercizio del culto ed alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi e all’educazione cristiana mentre per gli immobili in cui si svolgono attività diverse dalla religione e dal culto è necessario verificare se tali attività, ancorchè esercitate da enti religiosi siano svolte per lo scopo istituzionale protetto ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992art. 7, comma 1, lett. i), nella formulazione anteriore alle modificazioni introdotte dalla L. n. 248 del 2005 (nella fattispecie, assimilabile a quella in esame, l’esenzione è stata esclusa per un fabbricato gestito da un ente religioso destinato a “casa religiosa di ospitalità”) (Cass. civ. n. 16728 del 2010Cass. civ. n. 23584 del 2011Cass. civ. n. 5041 del 2015).
Le condizioni della esenzione devono sussistere entrambe. Deve sussistere il requisito soggettivo e cioè la natura non commerciale dell’ente, quanto il requisito oggettivo e cioè che l’attività svolta nell’immobile rientri tra quelle previste dall’art. 7 cit. (Cass. civ. n. 13966 del 2016). Al fine della sussistenza del requisito oggettivo non rileva la destinazione degli utili eventualmente ricavati al perseguimento di fini sociali o religiosi, che costituisce un momento successivo alla loro produzione e non fa venire meno il carattere commerciale dell’attività (Cass. civ. n. 24500 del 2009).
Il contribuente, inoltre, ha l’onere di dimostrare l’esistenza, in concreto, dei requisiti dell’esenzione, mediante la prova che l’attività cui l’immobile è destinato, pur rientrando tra quelle esenti non sia svolta con le modalità di un’attività commerciale (Cass. civ. n. 6711 del 2015Cass. civ. n. 7415 del 2019).
ICI e Commissione UE. La Corte precisa che, con riferimento alle disposizioni che regolamentano l’esenzione ICI di cui l’art. 7 cit., che deve tenersi conto della decisione della Commissione dell’Unione Europea del 19 dicembre 2012, secondo cui tale disposizione, nelle sue formulazione succedutesi nel tempo, concretizza un aiuto di Stato in violazione del diritto dell’Unione, sicché anche un ente senza fine di lucro può svolgere attività economica, cioè offrire beni o servizi sul mercato; la Commissione ha osservato che anche laddove un’attività abbia una finalità sociale, questa non basta da sola a escluderne la classificazione di attività economica. L’applicazione della normativa sugli aiuti di Stato non dipende dal fatto che un soggetto venga costituito per conseguire utili, poiché anche un ente senza fine di lucro può offrire beni e servizi sul mercato. Vanno, pertanto, considerate irrilevanti ai fini tributari le finalità solidaristiche che connotano le attività ricettive religiose, essendo necessario verificare se l’attività ricettiva è rivolta ad un pubblico indifferenziato o, invece, a categorie predefinite e che il servizio non sia offerto per l’intero anno solare. Il fornitore di servizi è, inoltre, tenuto ad applicare tariffe di importo ridotto rispetto ai prezzi di mercato e la struttura non deve funzionare come un normale albergo (Cass. civ. n. 7415 del 2019).
Esenzioni: stretta interpretazione. La Corte ricorda che le norme agevolative sono di stretta interpretazione(art. 14 preleggi), sicché risponde ad un criterio di ragionevolezza ritenere applicabile l’esenzione dal pagamento di un’imposta solo in ipotesi di sussistenza di determinati presupposti, trattandosi di una deroga al regime ordinario. Tali disposizioni, inoltre, non contrastano, con il principio di cui all’Accordo 18 febbraio 1984, art. 7, comma 3, tra la Repubblica italiana e la Santa Sede (L. 25 marzo 1985, n. 121), secondo cui le attività diverse da quelle di religione o di culto, svolte dagli enti ecclesiastici, devono avvenire nel rispetto delle strutture e delle finalità di tali enti, atteso conto che l’applicabilità o meno di un trattamento agevolativo non interferisce con l’utilizzo di un bene immobile secondo le finalità a cui è deputato.
La carenza della sentenza della CTR. La Commissione Tributaria Regionale, continua la Corte, non ha compiuto l’accertamento che si richiedeva, limitandosi a condividere apoditticamente la decisione di primo grado, non dando atto in motivazione, anche al solo fine di confutarle, delle prospettazioni difensive proposte dall’ente impositore, secondo cui, nonostante il complesso immobiliare risulti di fatto un unicum, l’esame dell’esenzione deve essere riferita al singolo immobile. I giudici di appello, infatti, si limitano apoditticamente ad affermare che: “Gli altri e diversi immobili classificati B/1 del medesimo prospetto vanno invece esclusi dalla tassazione, non essendone stato adeguatamente dimostrato un utilizzo diverso da questo per il quale risulta accatastato”, laddove le risultanze catastali, in tema di ICI, hanno valore meramente indiziario in ordine alla sussistenza del presupposto impositivo (Cass. civ. n. 5316 del 2019), mentre l’accertamento in fatto, a cui era tenuto il giudice del merito, riguardava la verifica in concreto della sussistenza dei presupposti per godere del regime agevolativo. Invero, i giudici di appello, pur richiamando in motivazione la giurisprudenza di questa Corte, non hanno tenuto in considerazione nessuno degli enunciati criteri (importo delle tariffe, servizi alberghieri, tipologia di utenza) né con riferimento all’immobile sub particella (per il quale è stata esclusa l’esenzione), né con riferimento agli altri immobili, non essendo stato chiarito sotto quale profilo si è ritenuto che gli altri immobili potessero godere della esenzione dal pagamento dell’imposta e, soprattutto, quale accertamento, si è compiuto per ritenere che siano utilizzabili solo per lo svolgimento di attività religiosa, non essendo a tal fine sufficiente, per quanto sopra ampiamente illustrato, l’inserimento di quelli ritenuti esenti in una determinata categoria catastale.
Sentenza cassata. La sentenza impugnata è cassata con rinvio alla CTR, in diversa composizione, per il riesame con riferimento ai motivi accolti e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

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