24/09/2019 – Albergo chiuso, la Tari è dovuta

Albergo chiuso, la Tari è dovuta
Italia Oggi Sette – Lunedì, 23 Settembre 2019
di SERGIO TROVATO
 
Albergatori e titolari di strutture ricettive non pagano la tassa rifiuti solo se dimostrano che gli immobili adibiti allo svolgimento delle attività sono inutilizzabili. La chiusura invernale delle attività e la mancata utilizzazione, di fatto, delle strutture per alcuni mesi dell’ anno non esonera dal pagamento del tributo. La scelta soggettiva del contribuente di sospendere temporaneamente l’ attività, infatti, non assume alcuna rilevanza sotto il profilo fiscale. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con l’ ordinanza 22705 dell’ 11 settembre 2019. Per i giudici di piazza Cavour, per ottenere l’ esonero dal pagamento «non è sufficiente la sola denuncia di chiusura invernale, ma occorre allegare e provare la concreta inutilizzabilità della struttura». Non rileva fiscalmente «la mancata utilizzazione di una struttura alberghiera per alcuni mesi dell’ anno». La volontà o le esigenze del tutto soggettive dell’ utente, o il mancato utilizzo di fatto, non sono decisive per ottenere l’ esenzione dal tributo. Gli alberghi pagano la tassa rifiuti anche nel periodo in cui sono chiusi e l’ attività viene sospesa perché magari è finita la stagione turistica. Nel periodo di sospensione dell’ attività non è previsto alcun esonero dal pagamento della tassa. La Cassazione smentisce le prese di posizione di alcuni giudici di merito sull’ esenzione dalla tassa delle strutture ricettive durante il periodo di chiusura stagionale.
Per ottenere l’ esonero dal pagamento occorre dimostrare che l’ immobile è oggettivamente inutilizzabile e insuscettibile di produrre rifiuti. La scelta del titolare di non utilizzare la struttura non è determinante per escludere il prelievo. In senso contrario si sono espressi sulla questione alcuni giudici di merito, che hanno concesso la riduzione tariffaria a un’ impresa per il mancato esercizio dell’ attività alberghiera, durante alcuni mesi dell’ anno, senza tener conto del fatto che l’ amministrazione comunale non si fosse avvalsa della facoltà di deliberare l’ agevolazione. Per esempio, la Commissione tributaria provinciale di Livorno, con la sentenza 518/2015, ha ridotto la tariffa del 30% per attività stagionale della struttura alberghiera, poiché la tassa va rapportata all’ effettiva produzione di rifiuti.
Allo stesso modo si è espressa la commissione tributaria regionale di Firenze, sezione staccata di Livorno, con la sentenza 2300 del 26 ottobre 2017, secondo la quale il giudice tributario può disapplicare il regolamento comunale e ritenere illegittima la scelta dell’ amministrazione comunale di non concedere la riduzione tariffaria per le attività alberghiere stagionali, anche se il riconoscimento di questa agevolazione è rimesso dalla legge alla volontà dell’ ente. La decisione dell’ amministrazione si pone in palese contrasto con il principio comunitario «chi inquina paga», considerato che il contribuente non produce rifiuti per diversi mesi nel corso dell’ anno. Per il giudice d’ appello può essere concessa l’ agevolazione fiscale non prevista dal regolamento comunale per un’ attività alberghiera stagionale, perché non è giusto che il contribuente paghi per l’ intero anno. In realtà, è la decisione della commissione regionale a non essere rispettosa delle scelte che la legge demanda all’ ente e che legittimamente gli consente di stabilire se e in quali casi concedere i benefici fiscali. In questo caso il giudice tributario non ha disapplicato il regolamento, ma si è sostituito all’ amministrazione. La regola comunitaria richiamata, poi, nulla ha a che vedere con la spettanza o meno delle agevolazioni.
Agevolazioni attività stagionali. Dunque, per le attività stagionali alberghiere o di ristorazione, o per altre attività ricettive, il comune ha il potere di concedere delle riduzioni per il pagamento della tassa rifiuti. Non è un obbligo di legge concedere la riduzione tariffaria per le attività stagionali, così come per altre agevolazioni tributarie, ma una facoltà riservata all’ ente impositore. Il giudice non può sostituirsi all’ amministrazione pubblica nel riconoscere un beneficio fiscale, ma deve valutare solo la legittimità della scelta (Cassazione, ordinanza 31749/2018). La tariffa unitaria della Tarsu poteva essere ridotta di un importo non superiore a un terzo nel caso di locali, diversi dalle abitazioni, e aree scoperte adibiti ad uso stagionale o a uso non continuativo, ma ricorrente, risultante da licenza o autorizzazione rilasciata dai competenti organi per l’ esercizio dell’ attività. Tuttavia il termine «può», contenuto nella norma di legge, rimette alla scelta del comune e subordina alla determinazione dell’ ente l’ applicazione della riduzione tariffaria.
Va rilevato che il potere di deliberare riduzioni delle tariffe spetta anche per la Tari. Tuttavia, mentre per la Tarsu i benefici fiscali dovevano essere finanziati con entrate diverse da quelle provenienti dalla tassa, iscritte in bilancio come autorizzazioni di spesa, con l’ istituzione della Tari, invece, il consiglio comunale può decidere di far ricadere il peso sull’ intera platea dei contribuenti oppure di finanziare le agevolazioni con l’ iscrizione in bilancio delle relative somme come autorizzazioni di spesa. È evidente che le spese non coperte rimangono a carico della collettività e vanno finanziate attraverso la fiscalità generale. Con regolamento possono essere deliberate esenzioni e riduzioni tariffarie tipiche per particolari situazioni individuate dalla legge. Ma devono essere comunque coperti i costi del servizio. Per ogni contribuente che non paga o paga di meno, se le agevolazioni non vengono finanziate, ci sono altri soggetti che devono sostenere un esborso maggiore.
Il trattamento agevolato può essere riconosciuto in presenza di determinate circostanze in cui si presume che vi sia una minore capacità di produzione di rifiuti. Per la Tari, tra l’ altro, per le riduzioni tariffarie non viene più fissato dalla norma un tetto massimo: può anche superare il limite del 30% stabilito in passato per la Tarsu. Pertanto, le amministrazioni locali hanno ormai le mani libere sulle agevolazioni. Possono concedere ulteriori agevolazioni, oltre quelle tipiche contemplate dalla norma di legge, senza alcun limite. Tra l’ altro, è stata eliminata anche la soglia del 7% del costo del servizio, quale somma complessiva massima, per finanziarie i benefici fiscali, fissata in un primo momento dalla legge di Stabilità 2014 (147/2013). Non è più imposto di finanziare riduzioni e esenzioni con l’ iscrizione in bilancio delle relative somme come autorizzazioni di spesa. Il consiglio comunale può decidere di far ricadere anche il costo delle agevolazioni atipiche, vale a dire quelle non contemplate dalle norme di legge, sull’ intera platea dei contribuenti soggetti al prelievo.

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