20/05/2020 – Rifiuti. Delega di funzioni

Rifiuti. Delega di funzioni
Pubblicato: 19 Maggio 2020
Cass. Sez. III n. 12642 del 22 aprile 2020 (UD 12 feb 2020)

In materia di delega di funzioni legittimamente conferita in conformità alle disposizioni di legge, persiste comunque un obbligo di vigilanza del delegante circa il corretto uso della delega da parte del delegato, secondo quanto la legge dispone.  In altri termini – in presenza di un atto di delega espresso, inequivoco e certo che investa persona tecnicamente capace, dotata delle necessarie cognizioni tecniche e dei relativi poteri decisionali di organizzazione, gestione, controllo e spesa – si verifica il subentro del delegato nella posizione di garanzia che fa capo al delegante, fermo restando, comunque, l’obbligo, a carico di quest’ultimo, di vigilare e di controllare che il delegato usi correttamente la delega, secondo quanto la legge prescrive

 
RITENUTO IN FATTO

1. È impugnata per cassazione la sentenza con la quale il tribunale di Cuneo ha assolto Albino ed Ermes Frossasco per non aver commesso il fatto dal reato di cui agli articoli 110, 40, comma 2, del codice penale, 256, comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (concorso o omesso impedimento di inosservanza delle prescrizioni autorizzative), perché Ermes Frossasco quale Presidente del C.d.A., Albino Frossasco e Fabio Morra (per il quale si procede separatamente) quali componenti del Consiglio di Amministrazione della EFFE.EMME S.r.l., Morra delegato in materia di “antinquinamento, rifiuti”, ditta avente ad oggetto, raccolta, trasporto recupero e commercio di rifiuti speciali non pericolosi e metalli ferrosi ed iscritta al n. 558 nel registro provinciale delle imprese che effettuano recuperi di rifiuti, venendo meno ai doveri di controllo sulla gestione dell’attività aziendale inerenti la carica ricoperta concordavano o non impedivano che la ditta:

a)    acquistasse anche da privati rifiuti metallici in contrasto con le prescrizioni del DM 05/02/1998 allegato 3 parte terza (norme tecniche per i centri di recupero rifiuti metallici);

b)    venisse effettuato, rispetto al limite di 4.000 tonnellate previsto dal tipo di iscrizione, nel corso del 2014 il ritiro di 5.189 tonnellate (+26%) e nel 2015 venisse effettuato il ritiro di 4097 tonnellate (+ 2%);

c)    non venisse seguita la planimetria delle aree di messa in riserva dei rifiuti nella sede aziendale.

Fatti commessi in Costigliole Saluzzo (CN) ed accertati il 19/01/2017.

2. Il ricorrente affida il ricorso a due motivi.

2.1. Con il primo motivo deduce la manifesta illogicità della motivazione su punti decisivi per il giudizio (articolo 606, comma 1, lettera e), del codice di procedura penale).

Sostiene che La EFFE EMME è ditta che opera nel settore della raccolta, trasporto, recupero e commercio all’ingrosso di rifiuti metallici non pericolosi.

Lo statuto della società definisce i poteri degli amministratori stabilendo: a) nel caso in cui l’Amministrazione della società sia affidata ad un consiglio amministrazione o a un Amministratore unico, che agli stessi spettano tutti i più ampi poteri per la gestione ordinaria e straordinaria della società senza eccezione di sorta, salvo quelle dalla legge tassativamente riservati alla assemblea, fermo restando che il Consiglio di Amministrazione, qualora esista, può delegare a singoli componenti tutti o parte dei suoi poteri, fissando i limiti e le attribuzioni con conseguenti poteri rappresentativi; b) nel caso in cui l’amministrazione della società sia affidata ad un organo pluripersonale non collegiale, che ai medesimi spettano, in via tra loro disgiunta, i poteri di ordinaria amministrazione e, in via tra loro congiunta, i poteri di straordinaria amministrazione.

Osserva il ricorrente che, nel caso della EFFE EMME, non risulta la indicazione di un consiglio di amministrazione e l’attività è svolta disgiuntamente dai singoli soci [articolo 19 lettera b) dello Statuto con la conseguenza che tutti gli amministratori hanno poteri disgiunti per il raggiungimento in via ordinaria dell’oggetto sociale e, quindi, per la gestione dei rifiuti metallici (oggetto dell’attività aziendale)].

Ne consegue che, ad avviso del ricorrente, la delega in capo al solo Morra nella EFFE EMME avrebbe la funzione “specifica” di individuare il “soggetto responsabile” per tutta una serie di normative di settore (lavoro, inquinamento e rifiuti, incendi, protezione dati e tutela della persona in genere), sicché la “delega” del “settore rifiuti” per una ditta che abbia come proprio oggetto i rifiuti metallici avrebbe un senso solo se riferita ai rifiuti prodotti dalla stessa EFFE EMME e non per i rifiuti metallici di terzi raccolti, trasportati, recuperati e rivenduti e che formano l’oggetto dell’attività aziendale.

Peraltro, si osserva che la delega riportata nella visura camerale non prevede l’esautorazione degli imputati da ogni attività aziendale concentrando tutto in capo al solo Fabio Morra.

Ove intesa in questi termini, la delega in esame — a parere del ricorrente — doveva essere ritenuta non pertinente al caso di specie (malgoverno dell’attività aziendale come tale), quantomeno nella espressa previsione di riferibilità al solo delegato di “sanzioni di ogni natura e specie”, posto che la designazione di un “responsabile” penale non è soggetta alla disponibilità negoziale in capo ai soggetti privati, per evidenti ragioni di ordine pubblico.

 Ne deriva che la mancata osservanza delle disposizioni normative per lo svolgimento dell’attività aziendale e l’inosservanza dei termini della autorizzazione allo svolgimento della stessa non sarebbero circostanze delegabili ad uno solo dei coamministratori, riguardando appieno la regolarità della predetta attività gestita da tutti gli amministratori stessi, con la conseguenza che  il fatto che lo svolgimento di essa avvenga senza “osservanza” né della normativa tecnica di settore, né del provvedimento di autorizzazione, non potrebbe essere riferita ad uno solo dei coamministratori, neanche in presenza di una delega negoziale espressa.

Secondo il ricorrente, siccome il provvedimento impugnato avrebbe, in parte, omesso di considerare le predette circostanze e, in parte, assegnato ad esse un significato manifestamente illogico, la sentenza sarebbe incorsa nel vizio di motivazione denunciato.

2.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce l’inosservanza e l’erronea applicazione della legge penale o di altre norme di cui si debba tenere conto nell’applicazione della legge penale con particolare riferimento all’articolo 16 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 (articolo 606, comma 1, lettera b), del codice di procedura penale).

Dopo aver richiamato le disposizioni di cui all’articolo 16 del decreto legislativo n. 81 del 2008 e riportato l’orientamento espresso sul punto dalla giurisprudenza di legittimità, assume il ricorrente che invece l’interpretazione sistematica della norma offerta dalla sentenza impugnata, non tiene conto del dettato dell’ultimo comma della medesima disposizione, secondo cui “La delega di funzioni non esclude l’obbligo di vigilanza in capo al datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite. La vigilanza si esplica anche attraverso i sistemi di verifica e controllo di cui all’articolo 30, comma 4”.

Deduce, quindi, che, nella “sede propria”, ovvero nel settore della prevenzione infortuni sul lavoro, la disposizione in esame definisce i termini di una figura e delinea un’ipotesi di responsabilità “aggiuntiva” in capo al “delegato”, oltre che del datore di lavoro, posto che non è stata introdotta e stabilita una ipotesi tipizzata di delega “esimente” per affidamento da parte del delegante.

Pertanto, escluso un qualsivoglia sindacato sul merito delle ragioni organizzative (la necessità di delega), è stato, per chiaro dettato normativo, ribadito l’obbligo di controllo del delegante sul delegato e, conseguentemente ex articolo 40, comma secondo, del codice penale una responsabilità per omesso impedimento dell’evento.

Da ciò consegue che, nel caso in esame, la macroscopicità delle situazioni (superamento del 26% dei limiti massimi di rifiuti ritirati da terzi e palese inosservanza delle aree di stoccaggio e suddivisione rifiuti previste dalla autorizzazione provinciale sulle indicazioni della stessa EFFE EMME S.r.l., abbinate al sistematico e significativo acquisto di rifiuti metallici da soggetti privi di partita IVA) non poteva sfuggire alla “possibilità” di verifica da parte dei deleganti.

Il rendiconto dei costi e dei risultati rendeva, quindi, di immediata “percezione” il rispetto o meno dei limiti previsti dalla autorizzazione provinciale e perciò la mancata osservanza della suddivisione delle aree di stoccaggio dei vari rifiuti metallici era, anch’essa, circostanza di altrettanto evidente “percezione” da parte dei frequentatori dell’area.

La violazione delle norme tecniche doveva essere ritenuta quantomeno indice, se non di una politica commerciale concordata per il contenimento dei costi di approvvigionamento, quantomeno in una culpa in eligendo rispetto alle effettive capacità tecniche di un soggetto omni-delegato.

Conclusivamente, gli altri coamministratori, gestori dell’attività aziendale, che riguardava proprio il trattamento rifiuti, non potevano dirsi esentati dalla conoscenza delle condizioni della stessa autorizzazione allo svolgimento, con la conseguenza che, quand’anche si dovesse dare riconoscimento alla delega come tale, agli imputati spettava un dovere di controllo sull’attività del delegato rispetto all’attività aziendale (articolo 16, comma 3, d.lgs. n. 81 del 2008), controllo al quale, secondo il ricorrente, essi sono venuti meno.

Invece, il principio di un automatico riconoscimento di “delega” quale “scriminante” per tutti gli altri coamministratori di una attività organizzata per la gestione rifiuti, in contrasto con le disposizioni normative, integra, ad avviso del ricorrente, il vizio di violazione di legge denunciato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.

I motivi, essendo tra loro collegati, possono essere congiuntamente scrutinati.

2. Il Tribunale, nel ricostruire i fatti sulla base delle evidenze disponibili, ha affermato come, dalla comunicazione di notizia di reato del 28 aprile 2017, fosse inequivocabilmente emerso che, nel gennaio dello stesso anno, il personale dell’Arpa di Cuneo si recò presso la sede della “Effe Emme s.n.c.”, società attiva nel commercio e recupero di rifiuti non pericolosi.

Gli accertamenti condotti evidenziarono delle irregolarità relative all’attività svolta nel corso degli anni 2014 e 2015.

Più precisamente, emersero alcune violazioni delle prescrizioni autorizzative, consistenti nel ritiro di rifiuti provenienti da privati in difformità rispetto alle condizioni previste dall’iscrizione n.558, nel trattamento di rifiuti in misura maggiore rispetto al quantitativo annuo autorizzato e nell’inosservanza delle aree di messa in riserva indicate nella planimetria.

Sulla base di quanto accertato, il personale dell’Arpa, dopo aver verificato la sussistenza di una delega di funzioni in materia di inquinamento e rifiuti in capo al solo Morra, notificò a quest’ultimo il verbale di prescrizione asseverata.

Il Morra definì il procedimento a suo carico mediante pagamento dell’oblazione.

Sulla base di ciò, il tribunale ha ritenuto insussistente la prova del concorso dei Frossasco nella responsabilità omissiva già attribuita al Morra.

Ed infatti, secondo il Tribunale, l’accusa mossa ai Frossasco si fonderebbe sul presupposto che gli stessi, consapevoli dell’inosservanza delle prescrizioni, avessero, per ciò stesso, omesso di intervenire, colposamente.

Tale assunto, però, contrasterebbe con il dato positivo per il quale, nell’ambito dell’organizzazione della Effe Emme s.n.c. era stato individuato un soggetto munito di specifica delega a curare gli adempimenti in materia ambientale.

Invero, dalla visura e dalla copia dello statuto societario risultava che Fabio Morra fosse titolare, in via esclusiva e senza possibilità di interferenza da parte degli altri soci, dei poteri in materia di inquinamento e rifiuti.

A fronte di tale dato documentale, non sarebbero emersi, ad avviso del Tribunale, elementi probatori in ordine al fondamento di un’analoga posizione di garanzia attribuibile ai Frossasco o ad un loro specifico apporto concorsuale, con la conseguenza che un giudizio di colpevolezza nei loro confronti sfocerebbe in un’ipotesi di responsabilità oggettiva.

Rilevata l’efficacia scriminante della delega, in conformità per altro ad un arresto della giurisprudenza di legittimità citato nella sentenza impugnata, il Tribunale ha ritenuto di assolvere gli imputati per insussistenza di elementi probatori in ordine alla loro posizione di garanzia (e conseguente responsabilità colposa) agli stessi attribuita dall’accusa.

3. La giurisprudenza di legittimità non dubita che, in materia di delega di funzioni legittimamente conferita in conformità alle disposizioni di legge, persista comunque un obbligo di vigilanza del delegante circa il corretto uso della delega da parte del delegato, secondo quanto la legge dispone.  

In altri termini – in presenza di un atto di delega espresso, inequivoco e certo che investa persona tecnicamente capace, dotata delle necessarie cognizioni tecniche e dei relativi poteri decisionali di organizzazione, gestione, controllo e spesa – si verifica il subentro del delegato nella posizione di garanzia che fa capo al delegante, fermo restando, comunque, l’obbligo, a carico di quest’ultimo, di vigilare e di controllare che il delegato usi correttamente la delega, secondo quanto la legge prescrive (Sez. 4, n. 24908 del 29/01/2019, Ferrari, Rv. 276335; Sez. 4, n. 39158 del 18/01/2013, Zugno, Rv. 256878).

Quest’ultimo è un obbligo certamente non svalutabile perché positivamente prescritto dall’ultimo comma dell’articolo 16 d.lgs. n. 81 del 2008, in quanto finalizzato ad assicurare un livello adeguato di tutele, eludibili se l’ordinamento consentisse, inammissibilmente, di deresponsabilizzare il delegante.

Ed allora, con fondamento, il ricorrente lamenta il difetto assoluto di motivazione su punti decisivi per il giudizio e la violazione di legge (articolo 16, ultimo comma, d.lgs. n. 81 del 2008), posto che la stessa sentenza impugnata non dubita del fatto che si fosse in presenza dell’inosservanza delle disposizioni normative per lo svolgimento dell’attività aziendale e dei termini dell’autorizzazione allo svolgimento della stessa, omettendo tuttavia di spiegare le ragioni per le quali, pur in presenza di una valida delega, i deleganti avessero omesso di vigilare in ordine al corretto svolgimento da parte del delegato delle funzioni trasferite, riguardanti, quanto alle violazioni riscontrate, appunto lo svolgimento dell’attività aziendale (acquisto di rifiuti metallici in contrasto con le prescrizioni del DM 05/02/1998, allegato 3, parte terza, violazione dei quantitativi massimi di ritiro dei rifiuti metallici, oltre all’inosservanza delle aree di stoccaggio e suddivisione dei rifiuti previste dall’autorizzazione provinciale), con conseguente ed ipotizzabile assicurazione di profitti anche a vantaggio dei soggetti deleganti.

Sussistente l’obbligo di controllo del delegante sul delegato, la condotta omissiva può, a condizioni esatte, integrare una responsabilità per omesso impedimento dell’evento ex articolo 40, comma secondo, del codice penale, in presenza di riconoscibili (e dalla sentenza impugnata riconosciute)  situazioni (superamento dei limiti massimi di rifiuti ritirati da terzi e palese inosservanza delle aree di stoccaggio e suddivisione dei rifiuti previste dalla autorizzazione provinciale sulle indicazioni della stessa EFFE EMME, unite all’acquisto di rifiuti metallici in violazione delle prescrizioni) che potevano essere oggetto di verifica da parte dei deleganti.

Sotto tale decisivo aspetto, allora, opportunamente il ricorrente obietta come il rendiconto dei costi e dei risultati rendesse di immediata “percezione” il rispetto o meno dei limiti previsti dalla autorizzazione provinciale, con la conseguenza che la mancata osservanza della suddivisione delle aree di stoccaggio dei vari rifiuti metallici era, anch’essa, circostanza di altrettanto evidente “percezione” da parte dei frequentatori dell’area.

4. La sentenza impugnata va pertanto annullata con rinvio per nuovo giudizio al tribunale di Cuneo.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al tribunale di Cuneo.

Così deciso il 12/02/2020

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