17/07/2023 – Segretari comunali, l’arroganza dello spoil system

Sarebbe molto interessante per i componenti della Corte costituzionale autori della sentenza 23/2019 guardare l’intemerata del sindaco di Terni contro il segretario comunale, accedendo al video disponibile in rete.

Ma, uno sguardo attento all’accaduto sarebbe opportuno venisse rivolto anche, ad esempio, dai redattori del codice dei contratti e, in generale, da chiunque auspichi l’eliminazione di vincoli, limiti e sanzioni all’azione amministrativa, come colpa grave ai fini della responsabilità erariale o la configurazione di illecito penale per abusi nell’esercizio dei poteri.

L’atteggiamento sprezzante ed aggressivo, in luogo pubblico, del sindaco, nei confronti del segretario è emblematico, ma rappresenta solo un episodio tra le migliaia che accadono ogni giorno, in forma spesso ancor più virulenta e pesante.

Nel caso di specie, il segretario è stato attaccato ed apostrofato solo per avere sostenuto appieno il proprio ruolo; aver istruito la condizione soggettiva del sindaco, rilevando elementi passibili di cause di incompatibilità, per permettere al consiglio comunale di adottare la propria specifica decisione in sede di verifica degli eletti.

Apriti cielo. Lo spoil system che affligge e mortifica da anni la figura del segretario comunale e la PA in particolare, è applicato in modo lontanissimo e diversissimo da come viene descritto e percepito nella torre d’avorio di Palazzo della Consulta.

La pratica, la vita, l’accadimento del giorno per giorno evidenziano che non si tratta per nulla di quel “non irragionevole punto di equilibrio tra le ragioni dell’autonomia degli enti locali, da una parte, e le esigenze di un controllo indipendente sulla loro attività, dall’altro”, formula generica, vuota e astratta alla quale si è abbarbicata la Corte costituzionale, pur di negare l’evidenza e di considerare compatibile con la Costituzione un sistema che fa acqua da tutte le parti.

La decadenza automatica dei segretari al momento dell’elezione permette a qualsiasi sindaco di concepire il rapporto col segretario in termini di assoluta arroganza.

Ma, lo spoil system, in generale, induce a considerare il rapporto tra organo di governo e vertici amministrativi non in termini di leale collaborazione tecnica, bensì di concreta dipendenza politica.

Il sindaco neo eletto, a meno che non abbia avuto modo di conoscere altrimenti il segretario che decorsi 60 giorni dall’insediamento può ricevere un facile benservito, ha già nelle tasche indicazioni di nomi di segretari “pretendenti”, segnalati da partiti, sindacati, conoscenze personali. E la “personale adesione” alla tesi politica, che la Consulta nella sentenza citata ritiene non fondante l’incarico del segretario, è esattamente, invece, la base della costruzione del rapporto col sindaco. Un rapporto che evidentemente si compromette se il segretario “uscente” compiendo il proprio dovere segnala gli elementi che possano fondare l’incompatibilità. Segnalazione avente il solo scopo di permettere al consiglio di valutarli ed al sindaco, eventualmente, di risolverli con l’esercizio delle connesse opzioni, il tutto nell’interesse della legittima costituzione degli organi e, dunque, della continuità dell’azione amministrativa.

Ma lo spoil system all’italiana, la concezione proprietaria delle istituzioni secondo che porta sindaci ed organi di governo a ritenere “propri” comuni ed istituzioni, induce a ritenere che sia bravo, corretto, meritevole il funzionario che chiude gli occhi, non solleva problemi e che riservi la “faccia feroce”, se necessaria, agli altri, ai non iscritti al partito, ai non appartenenti alla conventicola.

I danni dello spoil system non si fermano qui. Accompagnato dalla cancellazione di ogni possibile controllo preventivo esterno (uno tra i possibili controllori interni dell’azione amministrativa sarebbe proprio quel segretario comunale debolissimo a causa dello spoil system…), si estendono a figure, posizioni e casi meno visibili, ma altrettanto significativi.

Si pensi alla figura del Rup. Non opera un vero e proprio spoil system, ma si tratta di un incarico gravosissimo, eppure ambito, perché gratificante e, oltre tutto, potenzialmente soggetto a remunerazioni interessanti.

La sciagurata introduzione di principi mal affermati e mal posti come quello del “risultato”, accanto al ragionamento invero paradossale della “demitizzazione” della concorrenza proposto molto inopportunamente dalla relazione illustrativa al codice dei contratti, mettono in mano ai sindaci un’arma di pressione e di potenziale aggressività verbale senza pari.

La possibilità di una scelta tecnica opportuna di avvalersi dell’affidamento diretto, diverrà una pretesa, un obbligo. E dalla pretesa dell’affidamento diretto, all’imposizione di interpellare l’operatore economico amico, componente essenziale della conventicola e del gruppo forte sul piano elettorale, il passo sarà brevissimo. Anche per effetto di un’altra sciagurata previsione, fin qui passata piuttosto in silenzio: la novella all’articolo 108, comma 7, del codice, che ha introdotto “criteri premiali atti a favorire la partecipazione delle piccole e medie imprese nella valutazione dell’offerta e a promuovere, per le prestazioni dipendenti dal principio di prossimità per la loro efficiente gestione, l’affidamento ad operatori economici con sede operativa nell’ambito territoriale di riferimento”.

Una norma che fa il paio con l’introduzione nel d.lgs 165/2001 dell’articolo 35.1, posto a disciplinare i “concorsi territoriali”.

Lo immaginiamo un Rup che lavora a seguito di incarichi transeunti, esposto alla dionisiaca prescrizione di sistema di affidamento e di contraente da incaricare? Come può garantire la discrezionalità tecnica, che il codice riconosce e valorizza nell’affermare il principio della “fiducia”? Fiducia di chi? Dei cittadini? O degli esponenti dei potentati e delle citate conventicole, pro tempore assurti alle cariche elettive, intenti a garantire a potentati e conventicole i benefici corporativi? A chi si può rivolgere il Rup per provare ad agire con competenza e discrezionalità tecnica autonoma? Al dirigente, magari a contratto ed incaricato per via fiduciaria? Al segretario comunale insultato e sulla strada del foglio di via? Al segretario selezionato per stretta fiducia politica?

E che dire del responsabile dei concorsi? Come fare a resistere alle richieste del concorso che da “territoriale” a passare a procedura “ad personam” ci può mettere un attimo, specie quando saranno azzerate le responsabilità penali ed erariali?

L’evento di Terni è una punta di un iceberg immenso, che si è ingigantito nel corso di 30 anni, anche per effetto di norme piccole, ma numerosissime e continue, volte ad intensificare sempre più la sprezzante ingerenza atecnica nelle scelte, il condizionamento formidabile della politica sulla gestione. Norme introdotte sulla base di astratte concezioni e visioni, le stesse poi spesso riscontrate in decisioni della Consulta o pretorie francamente sconcertanti, che calate nella realtà consentono agli organi di governo di costruire in modo travisato, disfunzionale ed inefficiente, oltre che illegittimo, il rapporto con gli uffici e le modalità operative della gestione.

L’insulto al segretario di Terni è solo un minimo, piccolo, dettaglio, una minuscola emersione di una situazione ormai dilagante e incontrollata. Non è nemmeno un episodio dei più pesanti. Il sindaco si è anche scusato della propria intemerata. Ma, più che i modi, è la sostanza a contare. E contano anche le norme che come la goccia hanno creato l’immensa stalagmite su cui poggia un modo di gestire sempre più lontano dai canoni che pure la Costituzione enuncia, ormai da troppo tempo a vuoto.

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