13/04/2016 – Ok definitivo della Camera alla riforma costituzionale. Renzi trasforma il referendum in plebiscito: “Chi vota no mi odia”. La minoranza Pd attacca

Ok definitivo della Camera alla riforma costituzionale. Renzi trasforma il referendum in plebiscito: “Chi vota no mi odia”. La minoranza Pd attacca

L’Huffington Post  |  Di Claudio Paudice

Con l’ok definitivo della Camera dei deputati – 361 sì e 7 no – alla riforma costituzionale, si apre la fase finale nel processo di riforme avviato dal presidente del Consiglio Matteo Renzi da quando si è insediato a Palazzo Chigi. Anche l’ultimo passaggio in Aula del ddl Boschi è andato a buon fine: “Una giornata storica per l’Italia, la politica ha dimostrato che riforma se stessa e la democrazia vince”, ha detto il premier da Teheran. L’unica macchia nel giorno “storico”è quella parte dell’aula di Montecitorio vuota, disertata dalle opposizioni che hanno deciso di non partecipare al voto. Il percorso parlamentare della riforma della Costituzione, però, si è definitivamente concluso. Non avendo ottenuto la maggioranza di due terzi dei componenti di ciascuna camera, il provvedimento dovrà essere sottoposto alla consultazione popolare.

Ed è proprio il referendum a diventare, un istante dopo l’approvazione del ddl, il nuovo terreno di scontro tra Pd e minoranza interna. Il premier gioca d’anticipo e lancia un primo segnale ai suo avversari. “Saremo noi a chiederlo”, dice Renzi.

I deputati che guidano la minoranza Pd, Gianni Cuperlo, Sergio Lo Giudice e Roberto Speranza, hanno diffuso un documento con il quale intendono porre i loro paletti al governo Renzi. Il referendum costituzionale non può e non deve diventare “un plebiscito” sulla persona del premier, avvertono.

“Trasformare un confronto sul merito in un plebiscito su una politica, una leadership o una nuova maggioranza di governo troverà l’opposizione ferma di chi, come noi, si è fatto carico del bisogno di completare una transizione aperta da troppo tempo”, scrivono i leader della minoranza dem.

“Con il voto di oggi, dunque, si apre l’ultima tappa di un processo che deve trovare nel primo partito del Paese la cultura della responsabilità, del rispetto delle opposizioni, della ricerca ostinata di un terreno condiviso sul fronte delle regole della democrazia. La Costituzione della Repubblica è molto più di ciascuno di noi. Sarebbe imperdonabile piegarla al vantaggio contingente di una stagione. Su questo principio fonderemo le nostre scelte”, continuano i tre esponenti della sinistra dem.

Il presidente del Consiglio coglie al volo l’occasione per fare l’ennesimo dispetto alla minoranza del suo partito, lasciando subito intendere quale sarà il suo approccio alla campagna referendaria. “Il ‘no’ al referendum sulle riforme è inspiegabile con argomenti di merito. Si spiega solo con l’odio personale verso di me”.

Nelle pieghe del linguaggio, e in quel riferimento all'”odio personale”, c’è già un’anticipazione di quello che sarà lo scontro tra i sostenitori e i detrattori del ddl Boschi fino al giorno del voto.

Sulla riforma costituzionale il premier ha investito tutto il suo peso politico: “O riesco a fare le cose o me ne vado e se ne trovino un altro”, ha più volte ribadito. E’ naturale, quindi, che il premier abbia subito lanciato un messaggio inequivocabile a chi proverà a sfidarlo. Perché il referendum sarà a tutti gli effetti una conta: tra coloro che sono dalla sua parte e coloro che invece lo avversano.

Dal canto suo, la minoranza prova ad aprire un altro fronte nello scontro con il segretario Pd: bisogna adesso “riaprire il capitolo della legge elettorale per la Camera. Legge da rivedere nel capitolo su consistenza e modalità di attribuzione del premio di maggioranza, sul nodo dei capolista plurimi a rischio di costituzionalità e su quelli bloccati. D’altronde è in corso una raccolta di firme per i referendum che chiedono di modificare l’Italicum”, scrivono i tre deputati.

Richieste che non arrivano certo all’orecchio del governo nella giornata dei sorrisi: “Intanto godiamoci un risultato che è storico. L’approvazione definitiva delle riforme costituzionali dopo 30 anni di lavoro. Penso sia un risultato storico”, ha detto il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi incalzata dai cronisti. Ora la legge che porta il suo nome deve superare l’ultimo scoglio, il più difficile: il referendum costituzionale che si terrà ad ottobre.

 

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