20/05/2020 – Fase 2: il DL 33/2020 dispone nuove misure per contenere il contagio e sanzioni per le violazioni

Fase 2: il DL 33/2020 dispone nuove misure per contenere il contagio e sanzioni per le violazioni
martedì 19 maggio 2020
di Corbetta Stefano – Consigliere della Corte Suprema di Cassazione
 
Il d.l. n. 33 del 2000, in vigore dal 16 maggio 2020, introduce, come recita la rubrica, “Ulteriori misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19” ed inaugura la c.d. “fase 2”, caratterizzata da un prudenziale allentamento delle severe misure restrittive introdotte dagli artt. 2 e 3 d.l. n. 19 del 2020, in considerazione di una sensibile attenuazione della diffusione del virus sul territorio nazionale, come accertato dai dati epidemiologici registrati in queste ultime settimane.
 
 
Il nucleo centrale delle nuove misure di contenimento è contenuto nell’art. 1.
In primo luogo si stabilisce che, a decorrere dal 18 maggio 2020, “cessano di avere effetto tutte le misure limitative della circolazione all’interno del territorio regionale di cui agli articoli 2 e 3 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19”; è quindi consentito il libero spostamento all’interno della Regione in cui si abita, senza necessità di documentarne le ragioni con apposita autocertificazione; tali misure, tuttavia, possono essere adottate o reiterate nel caso di un aggravamento delle situazione epidemiologica anche solo in riferimento a specifiche aree territoriali (comma 1).
In secondo luogo, si disciplina la mobilità fra le regioni, che rimane vietata sino al 2 giugno 2020, “salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute”; è invece consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza.
Dal 3 giugno 2020 gli spostamenti interregionali non subiranno più limitazioni; eventuali restrizioni potranno essere disposte con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di cui all’art. 2 l. n. 19 del 2020, “in relazione a specifiche aree del territorio nazionale, secondo principi di adeguatezza e proporzionalità al rischio epidemiologico effettivamente presente in dette aree”.
La medesima disciplina è prevista per gli spostamenti da e per l’estero, che rimangono vietati sino al 2 giugno 2020, salvo che ricorra una delle consuete ragioni che legittimano lo spostamento, ovvero nel caso di rientro al proprio domicilio, abitazione o residenza; anche in tal caso, dal 3 giugno 2020 eventuali limitazioni potranno essere imposte ai sensi dell’art. 2 l. n. 19 del 2020.
Nessuna restrizione, invece, è posta per gli spostamenti tra lo Stato della Città del Vaticano o la Repubblica di San Marino e le regioni con essi rispettivamente confinanti.
Permane il divieto di allontanamento della propria abitazione o dimora per chi è sottoposto alla misura della quarantena per provvedimento dell’autorità sanitaria in quanto risultato positivo al virus COVID-19; tale obbligo permane “fino all’accertamento della guarigione o al ricovero in una struttura sanitaria o altra struttura allo scopo destinata” (comma 6). Il divieto di allontanamento è imposto anche ai soggetti in quarantena precauzionale, ossia a coloro che “hanno avuto contatti stretti con casi confermati di soggetti positivi al virus COVID-19 e agli altri soggetti indicati con i provvedimenti adottati ai sensi dell’articolo 2 del decreto-legge n. 19 del 2020”; anche in tal caso, la quarantena precauzionale è applicata con provvedimento dell’autorità sanitaria (comma 7).
 
I commi da 8 a 16 disciplinano ulteriori aspetti della vita sociale.
Permane invariato il divieto di assembramento di persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico (comma 8). Le riunioni devono svolgersi garantendo il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro. Il sindaco può disporre la chiusura temporanea di specifiche aree pubbliche o aperte al pubblico nel caso sia impossibile assicurare adeguatamente il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro. Le manifestazioni, gli eventi e gli spettacoli di qualsiasi natura con la presenza di pubblico si svolgono, ove ritenuto possibile sulla base dell’andamento dei dati epidemiologici, con le modalità stabilite con i provvedimenti adottati ai sensi dell’art. 2 l. n. 19 del 2020.
Le funzioni religiose con la partecipazione di persone possono svolgersi nel rispetto dei protocolli sottoscritti dal Governo e dalle rispettive confessioni contenenti le misure idonee a prevenire il rischio di contagio.
In relazione alle attività economiche, produttive e sociali, esse devono svolgersi “nel rispetto dei contenuti di protocolli o linee guida idonei a prevenire o ridurre il rischio di contagio nel settore di riferimento o in ambiti analoghi, adottati dalle regioni o dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome nel rispetto dei principi contenuti nei protocolli o nelle linee guida nazionali”. In assenza di quelli regionali, trovano applicazione i protocolli o le linee guida adottati a livello nazionale.
Il mancato rispetto dei contenuti dei protocolli o delle linee guida, regionali, o, in assenza, nazionali, che non assicuri adeguati livelli di protezione determina la sospensione dell’attività fino al ripristino delle condizioni di sicurezza.
Le regioni hanno l’obbligo di monitorare “con cadenza giornaliera l’andamento della situazione epidemiologica nei propri territori e, in relazione a tale andamento, le condizioni di adeguatezza del sistema sanitario regionale”. I dati regionali sono comunicati giornalmente dalle regioni al Ministero della salute, all’Istituto superiore di sanità e al comitato tecnico-scientifico.
In relazione all’andamento della situazione epidemiologica sul territorio, nelle more dell’adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all’art. 2 d.l. n. 19 del 2020, la Regione, informando contestualmente il Ministro della salute, può introdurre misure derogatorie, non solo più restrittive ma anche ampliative rispetto a quelle disposte ai sensi del medesimo art. 2.
Le misure di cui si è dato conto hanno un’efficacia temporale circoscritta, in quanto, come stabilisce l’art. 3, comma 3, “si applicano dal 18 maggio 2020 al 31 luglio 2020”, fatti salvi i diversi termini previsti dall’art. 1 sopra indicati.
Con riferimento alla violazione delle misure di contenimento, viene confermato l’impianto alla base del d.l. n. 19 del 2020, all’insegna dell’impiego, in prima battuta, di sanzioni di tipo amministrativo, relegando a un ruolo di secondo piano l’utilizzo della sanzione penale.
L’art. 2, comma 1, salvo che il fatto costituisca reato diverso da quello di cui all’art. 650 c.p., prevede per la violazione delle disposizioni di cui all’art. 1, ovvero dei decreti e delle ordinanze emanati in attuazione del presente decreto, la sanzione amministrativa pecuniaria di cui all’art. 4, comma 1, d.l. n. 19 del 2020, ossia il pagamento di una somma il cui importo oscilla da 400 a 3.000 euro. Si applica, in aggiunta, anche la sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell’esercizio o dell’attività da 5 a 30 giorni se la violazione è commessa nell’esercizio di un’attività di impresa. Ove necessario per impedire la prosecuzione o la reiterazione della violazione, l’autorità procedente può disporre la chiusura provvisoria dell’attività o dell’esercizio per una durata non superiore a 5 giorni; il periodo di chiusura provvisoria è scomputato dalla corrispondente sanzione accessoria definitivamente irrogata, in sede di sua esecuzione. In caso di reiterata violazione della medesima disposizione la sanzione amministrativa è raddoppiata e quella accessoria è applicata nella misura massima.
Per quanto riguarda i profili applicativi, valgono le disposizioni di cui all’art. 4, comma 3, d.l. n. 19 del 2020: le violazioni amministrative sono accertate ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689 ed è ammissibile il pagamento della sanzione in misura ridotta del 30%, ai sensi dell’art. 202, i commi 1, 2 e 2.1 d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285. Le sanzioni per le violazioni delle misure disposte da autorità statali sono irrogate dal Prefetto, mentre quelle per le violazioni delle misure disposte da autorità regionali e locali sono irrogate dalle autorità che le hanno disposte.
La sanzione penale è confermata per la (sola) violazione del divieto di allontanamento della propria abitazione o dimora da parte di chi è sottoposto alla misura della quarantena per provvedimento dell’autorità sanitaria in quanto risultato positivo al virus COVID-19, previsto dall’art. 1, comma 6; in tal caso, “salvo che il fatto costituisca violazione dell’articolo 452 del codice penale o comunque più grave”, si applica la fattispecie contravvenzionale di cui all’art. 260 r.d. 27 luglio 1934, n. 1265, che commina l’arresto da 3 mesi a 18 mesi e l’ammenda da 500 a 5.000 euro.
Un rapido cenno, infine, all’eventuale responsabilità penale del datore di lavoro ovvero del commerciante nel caso in cui, nel luogo di lavoro ovvero nell’esercizio pubblico, avvenga il contagio di un lavoratore o di un cliente, questione che è stata molto dibattuta in questi ultimi giorni e di cui non si occupa in maniera espressa il provvedimento in esame.
Valgono, ovviamente, le regole generali di imputazione del fatto all’agente: oltre al verificarsi di un evento (nel caso di specie, di lesioni personali) causalmente ricollegabile alla condotta dell’agente (una prova pressoché diabolica, salvo casi eclatanti), occorre anche accertare un coefficiente soggettivo, ossia il dolo o, come è più ragionevole ritenere in casi del genere, la colpa. A tal proposito, è indubbia l’importanza dei protocolli e delle linee guida, regionali o nazionali, il cui scrupoloso rispetto, da parte del datore di lavoro o dell’esercente, escluderà nei suoi confronti un rimprovero per colpa.

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