28/01/2020 – Non più ammissibile l’actio negatoria della responsabilità amministrativa?

Non più ammissibile l’actio negatoria della responsabilità amministrativa?
di Domenico Irollo – Domenico Irollo commercialista/revisore contabile/pubblicista
Si consolida il contrasto giurisprudenziale intorno all’ammissibilità dell’azione di accertamento negativo della responsabilità amministrativo-contabile proposta dal pubblico dipendente avanti alla Corte dei Conti attraverso il cd. “giudizio a istanza di parte”: dopo la I Sezione (cfr. la pronuncia n. 255/2018), anche la Terza Sezione Centrale di Appello, con la sentenza n. 3/2020 in commento, boccia difatti la tesi contraria, ancora una volta sostenuta in primo grado dalla Sezione giur. per la Lombardia (sent. n. 140/2017; nello stesso senso confronta altresì il verdetto n. 90/2017 e, più di recente, quello n. 283/2018), favorevole invece alla possibilità di un’incardinazione del relativo giudizio su impulso non soltanto della parte pubblica – la Procura erariale – ma pure dalla parte privata e, nella fattispecie, da un professore universitario nei cui confronti l’Ateneo di appartenenza aveva già disposto l’effettuazione di trattenute sullo stipendio di quest’ultimo in conseguenza della responsabilità amministrativa individuata dalla stessa Università in relazione allo svolgimento da parte del docente di attività extraistituzionale retribuita, senza autorizzazione del datore di lavoro.
Il Giudice erariale di appello ha, per converso, categoricamente escluso tale ammissibilità, negando che il ricorso del professore universitario avverso le pretese risarcitorie della propria Amministrazione potesse essere inquadrate, come ritenuto al contrario dal Collegio lombardo di prime cure, nella previsione residuale di cui all’art. 172, lett. d), del Codice di giustizia contabile (D.Lgs. n. 174/2016 – GGC), secondo cui la Corte dei Conti giudica anche “su altri giudizi ad istanza di parte, previsti dalla legge e comunque nelle materie di contabilità pubblica, nei quali siano interessati anche persone o enti diversi dallo Stato”. Osserva il Collegio di seconda istanza che non è dato rinvenire alcuna previsione di legge che contempli – con una norma a carattere generale – l’actio negatoria di responsabilità amministrativa, il che dunque priva il ragionamento e le conclusioni del primo Giudice del necessario riferimento giuridico, fermo restando altresì l’impossibilità, come riconosciuto dallo stesso Collegio meneghino, di inquadrare il ricorso del professore universitario nella casistica di cui alla lett. b) dello stesso art. 172 in esame (“ricorsi contro ritenute, a titolo cautelativo, su stipendi e altri emolumenti di funzionari e agenti statali”) atteso che le trattenute controverse non erano state disposte dall’Ateneo “a titolo cautelativo” ma costituivano esse stesse la soddisfazione di un asserito credito, ancorché non giudizialmente accertato.
Ne consegue allora – ad avviso sempre dei Giudici di seconda istanza chiamati a pronunciarsi sull’appello interposto dallo stesso docente avverso la sentenza di primo grado a lui sfavorevole emanata in esito a giudizio che anche in quel caso era stato instaurato su sua iniziativa – che l’affermazione della responsabilità amministrativa deve inderogabilmente essere l’epilogo di una sequenza procedimentale che muova dalla notizia di danno per giungere sino alla pronuncia del Giudice (di condanna, di assoluzione o di rito) attraverso le fasi preprocessuali e processuali, cui non si può derogare, anche per il doveroso rispetto di ineludibili garanzie difensive, rafforzate proprio con l’introduzione del nuovo CGC; garanzie che verrebbero invece eluse dall’actio negatoria dal momento che essa dà luogo ad un procedimento privo della “domanda” risarcitoria del titolare esclusivo dell’azione di responsabilità amministrativa, ossia il Pubblico Ministero contabile cui solo spetta aprire il fascicolo d’indagine, svolgere l’attività istruttoria per la ricerca delle fonti di prova o comunque degli elementi sui quali fondare la pretesa erariale, e quindi procedere all’archiviazione o all’esercizio dell’azione risarcitoria.
Non ha perciò fatto breccia nei Giudici di secondo grado la tesi, addotta dalla Procura Generale requirente sulla scia di pregressi arresti di prime cure, per cui l’ammissibilità dell’actio negatoria deve essere collegata in generale alle esigenze del c.d. giusto processo ed in particolare alle esigenze di efficacia ed attuazione dei principi di concentrazione e speditezza processuale, così come ricavabili dall’art. 11 Cost. e dall’art. 6C.E.D.U. (in questi termini si veda la sentenza sempre della Sez. giur. Lombardia n. 13/2016), considerata soprattutto la possibilità per il P.M. contabile di esercitare nell’ambito del giudizio ad istanza di parte la domanda di risarcimento del danno erariale in via riconvenzionale, in grado comunque di realizzare un bilanciamento tra:
le istanze di garanzia del dipendente ad un’anticipazione di tutela giurisdizionale, altrimenti necessariamente condizionata all’eventuale formalizzazione dell’imputazione erariale, pur in presenza, come nel caso in esame, di un suo interesse concreto ad una immediata cognizione giudiziale della propria condotta ipotizzata come antigiuridica dalla P.A. di appartenenza al punto da indurre quest’ultima ad avviare in autonomia le azioni di ristoro dei danni asseritamente correlati a detta condotta attraverso l’applicazione delle trattenute sullo stipendio corrispostogli;
le istanze del P.M. contabile a non vedersi “esautorato” nel proprio ruolo istituzionale a tutela oltre che delle ragioni dell’Erario anche del pubblico dipendente, in piena attuazione dei principi del giusto processo.
A margine giova evidenziare come prima dell’entrata in vigore del CGC, l’azione di accertamento negativo della responsabilità era in generale pacificamente ammessa – sulla scorta del dettato dell’ormai abrogato art. 58R.D. n. 1038/1933, recante “Approvazione del regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti”, sub “§ IV – Altri giudizi ad istanza di parte”, omologo dell’attuale art. 172, lett. d), CGC – ogniqualvolta a carico dell’istante fosse stato elevato, in sede amministrativa, un addebito per danni o mosse intimazioni di pagamento da parte dell’Amministrazione anche ai fini dell’interruzione del termine di prescrizione (costituzione in mora), o quando la responsabilità dello stesso, nei suoi riflessi patrimoniali, fosse stata accertata nel corso di un giudizio diverso da quello contabile (ex plurimis, Corte dei conti, Prima Sezione Centrale di Appello, sent. n. 36/1994). Invero, poiché nel giudizio ad iniziativa del privato in un certo qual senso viene intaccato il principio della esclusiva titolarità pubblica dell’azione di responsabilità, l’azione di accertamento negativo è stata talvolta ricondotta ai comuni giudizi di responsabilità e non ai giudizi a istanza di parte, per cui in tali giudizi legittimato passivo e contraddittore necessario sarebbe stato il Pubblico Ministero contabile e non l’Amministrazione danneggiata (così Corte dei conti, Terza Sezione Centrale di Appello, sent. n. 39/2009).

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