27/08/2019 – Tarsu: distributori di benzina

Tarsu: distributori di benzina

26Ago, 2019
 
Nell’Ordinanza n. 10163 dell’11 aprile 2019 della Corte di Cassazione, la questione controversa riguarda un Regolamento comunale che individua la classificazione delle categorie tassabili, inserendo i distributori di benzina nella categoria “degli esercizi commerciali in genere e aree adibite a banchi di vendita e nei mercati, chioschi ed edicole…”. Tale classificazione sarebbe illegittima, ad avviso del ricorrente, in quanto i distributori di benzina costituiscono categoria omogenea agli stabilimenti balneari e non possono invece essere inseriti nell’unica categoria di esercizi commerciali, giacché il disposto dell’art. 68 del Dlgs. n. 507/93 distingue tra esercizi commerciali di beni deperibili da quelli aventi ad oggetto la vendita di beni non deperibili
. La Suprema Corte osserva che ai fini dell’applicazione della Tarsu, i Comuni devono provvedere, con apposito Regolamento, alla classificazione delle categorie ed eventuali sottocategorie di locali ed aree con omogenea potenzialità di rifiuti e tassabili con la medesima misura tariffaria. L’articolazione di tali categorie deve essere effettuata tenendo conto, in via di massima, dei gruppi di attività o di utilizzazione indicati dall’art. 68, comma 2, del Dlgs. n. 507/1993. L’art. 68 del Dlgs. n. 507/1993, detta i criteri ai quali i Comuni devono attenersi per l’applicazione della tassa e la determinazione delle tariffe. Secondo i Giudici di legittimità, detta norma, nell’indicare al riguardo le categorie di locali e aree con omogenea potenzialità di rifiuti, considera le attività in categorie unitarie distinte. La classificazione dei distributori di benzina in una unica categoria di attività commerciali di beni deperibili e non, non appare rispettosa dei criteri, segnatamente definiti “di massima”, dallo stesso art. 68 del Dlgs. n. 507/1993, per la determinazione delle cosiddette macroaree per gruppi di attività o di utilizzazione. Poi, la Suprema Corte rileva come, in concreto, l’applicazione della medesima tariffa sia ai distributori di carburante che ai commercianti di beni deperibili non sembra porsi in termini di favore per il contribuente, considerata la disomogenea potenzialità produttiva di rifiuti delle aree considerate all’art. 68, lett. e) ed f). Tuttavia, la Suprema Corte afferma che in tema di Tarsu, è legittima la Delibera comunale di approvazione del Regolamento e delle relative tariffe, in cui la categoria degli esercizi alberghieri venga distinta da quella delle civili abitazioni, ed assoggettata ad una tariffa notevolmente superiore a quella applicabile a queste ultime. La maggiore capacità produttiva di un esercizio alberghiero rispetto ad una civile abitazione costituisce infatti un dato di comune esperienza, emergente da un esame comparato dei Regolamenti comunali in materia, ed assunto quale criterio di classificazione e valutazione quantitativa della tariffa anche dal Dlgs. n. 22/1997.
Secondo i Giudici di legittimità è legittima l’attività regolamentare del Comune che ha inteso individuare e meglio sub-articolare categorie, nel rispetto del principio della capacità contributiva di cui all’art. 59 della Costituzione, con differente potenziale produttività di rifiuti. E d’altronde i rapporti tra le tariffe, indicati dall’art. 69, comma 2 del Dlgs. n. 507/1993 non vanno riferiti alla differenza tra le tariffe applicate a ciascuna categoria classificata, ma alla relazione tra le tariffe ed i costi del servizio discriminati in base alla loro classificazione economica. In questa prospettiva, la circostanza che il menzionato art. 68 distingua tra locali ad uso di produzione o industriale e di commercio al dettaglio di beni non deperibili dagli esercizi di vendita al dettaglio di beni alimentari o deperibili impone al Comune di mantenere la distinzione categoriale di dette attività, che si distinguono per la loro disomogenea potenzialità produttiva di rifiuti. Non può certo negarsi che i distributori di benzina siano assimilabili agli esercizi commerciali destinati alla vendita di beni (non deperibili) ma non anche agli esercizi di vendita di beni deperibili, distinti già dal “Decreto Ronchi”.
Al termine della disamina del caso specifico, la Corte ha accolto il motivo di doglianza dal contribuente, riconoscendo la differente attitudine a produrre rifiuti dei distributori di carburante rispetto alla generica categoria degli esercizi commerciali.
di Carolina Vallini

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