26/02/2020 – Indennità di funzione degli amministratori

Indennità di funzione degli amministratori
Indennità di funzione degli amministratori: nel calcolare l’indennità di funzione del nuovo Sindaco oltre alla riduzione del 10% come da art. 1, comma 54, L. 23 dicembre 2005, n. 266 occorre ancora sommare l’ulteriore riduzione del 10 per cento di cui all’art. 6, comma 3, D.L. 31 maggio 2010, n. 78 o quest’ultima è terminata al 31/12/2013? e, nel qual caso, avendola applicata anche per gli anni successivi, devo erogare gli arretrati al precedente Sindaco?
a cura di Angelina Iannaccone
 
L’avanzato quesito riguarda una questione relativa all’indennità degli amministratori, materia da sempre oggetto di incursioni legislative e relative interpretazioni da parte della giurisprudenza contabile, anche in tempi molto recenti. Invero, il quesito, dal punto di vista strutturale, si compone di due sub-quesiti. Precisamente, si chiede di sapere se:
a. Oltre alla riduzione legale del 10%, stabilità dall’art. 1, comma 54, L. 23 dicembre 2005, n. 266, occorre ancora applicare anche l’ulteriore riduzione, sempre del 10%, prevista dal D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito in L. 30 luglio 2010, n. 122art. 5, comma 7 (e non l’art. 6, comma 3, come indicato in sede di quesito, che non si applica agli apparati “politici” (come nel nostro caso: sindaci ed assessori), ma solo agli apparati “amministrativi”)?
b. In caso di applicazione di tale seconda ed ulteriore riduzione, stante la sua inoperatività, occorre procedere al rimborso di quanto non erogato.
Orbene, occorre primariamente e doverosamente osservare, volendoci limitare all’intervallo temporale fino al 2010, che l’art. 1, comma 54, L. 23 dicembre 2005, n. 266, intervenendo per la prima volta sull’impianto normativo in materia, ha previsto che, per esigenze di coordinamento della finanza pubblica, “fossero rideterminati in riduzione nella misura del 10 per cento rispetto all’ammontare risultante alla data del 30 settembre 2005”, tra gli altri emolumenti, anche le indennità e i gettoni di presenza spettanti agli amministratori degli enti locali. Le Sezioni Riunite della Corte dei conti, intervenute a dirimere un conflitto interpretativo sull’efficacia temporale della disposizione in esame, ne hanno confermato la perdurante vigenza, “in quanto ha prodotto un effetto incisivo sul calcolo delle indennità in questione che perdura ancora” ritenendo inoltre esclusa “la possibilità di riespandere i valori delle indennità cosi come erano prima della legge finanziaria 2006” (Corte dei Conti Sez. riunite, 12 gennaio 2012, n. 1). Interpretazione confermata dalla successiva giurisprudenza contabile (ex multis: Corte dei Conti Lombardia Sez. contr. Delib., 17 luglio 2019, n. 297). L’art. 76, comma 3D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito in L. 6 agosto 2008, n. 133 è intervenuto sull’art. 82, comma 11D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, eliminando ogni possibilità di incremento di indennità di funzione e gettoni di presenza rispetto alla misura determinata ai sensi del richiamato comma 8° dello stesso articolo ovvero mediante decreto ministeriale.
A questo punto, sopravviene, l’art. 5, comma 7D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito in L. 30 luglio 2010, n. 122, il quale stabilisce quanto segue: “Con decreto del Ministro dell’interno, adottato entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, ai sensi …………………….. gli importi delle indennità già determinate ai sensi del citato articolo 82, comma 8, sono diminuiti, per un periodo non inferiore a tre anni, di una percentuale pari al …………..”. In buona sostanza, la riportata disposizione normativa prevede un’ulteriore rideterminazione in diminuzione delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza per un periodo non inferiore ai 3 anni ed in una misura variabile in ragione della dimensione demografiche dell’ente, rinviandone, tuttavia, l’attuazione ad un decreto ministeriale tutt’ora in attesa di emanazione. Non essendo mai (fino ad ora) stato emanato l’indicato e previsto decreto ministeriale, tale ulteriore riduzione non ha conosciuto alcuna concreta vigenza ed efficacia. Pertanto, in risposta al quesito sub “a”, occorre evidenziare che siffatta ulteriore riduzione non deve essere applicata e non doveva essere applicata neppure in precedenza.
Proprio tale ultimo “passaggio” ci conduce direttamente al secondo sub-quesito. Ed, infatti, non essendo dovuta l’applicazione di tale seconda ed ulteriore diminuzione, occorre verificare se applicandola (ma, non essendo obbligati) si è incorsi in un errore oppure no. In altri termini, occorre verificare se l’indicata ed ulteriore riduzione, prevista dalla normativa del 2010, è stata applicata per errore oppure se si è trattato di una “riduzione volontaria” (rectius “rinuncia volontaria). Nel primo caso (errore), la riduzione indebita dovrà essere oggetto di restituzione. Nel secondo caso, “rinuncia volontaria”, non vi sarà restituzione, in quanto trattasi di un atto abdicativo volontario, oltre che facoltativo, che non esplica alcuna influenza sugli “ammontari teorici” delle indennità previste dalla legge, come confermato più volte dalla giurisprudenza contabile”: “Alla luce del quadro normativo ora evocato, non può non ribadirsi quanto già affermato dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte (cfr. ex plurimis Corte dei Conti Lombardia Sez. contr., Delib., 21 dicembre 2017, n. 382), che ha già avuto modo di chiarire, con valutazioni che non possono che essere condivise anche in questa sede, che «essendo stata abolita dal 2008 la possibilità per gli enti di modificare autonomamente l’importo dell’indennità, le delibere contenenti eventuali riduzioni, superiori a quella fissate dalla legge, vanno intese come rinunce volontarie ad una parte dell’indennità, che non hanno alcuna influenza sull’ammontare della stessa per gli esercizi successivi” (Corte dei Conti Abruzzo Sez. contr., Delib., 12 settembre 2019, n. 113).

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