25/07/2017 – Compenso minimo dei componenti dell’organo di revisione degli enti locali

Compenso minimo dei componenti dell’organo di revisione degli enti locali

di Cristina Montanari – Responsabile dell’Area Finanziaria-Tributi del Comune di Albinea e Responsabile Servizio Gestione Crediti dell’Unione dei Comuni Colline Matildiche

 

La Corte dei Conti, Sezione delle Autonomie, con la deliberazione del 28 giugno 2017, n. 16/SEZAUT/2017/QMIG, a seguito della rimessione da parte della Sezione regionale territorialmente competente, affronta il tema della determinazione del compenso spettante ai componenti dell’organo di revisione e, specificatamente, esamina la possibilità d’individuare un limite minimo al predetto corrispettivo – in assenza di specifica disposizione sul punto – da ragguagliarsi al limite massimo, stabilito dal D.M. Interno 20 maggio 2005 in applicazione dell’art. 241D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (TUEL), per la classe demografica appena inferiore a quella d’appartenenza dell’ente.

In altri termini, si chiede alla Corte, in assenza di una previsione normativa sui limiti minimi dei compensi dei componenti dell’organo di revisione degli enti locali, di procedere alla loro individuazione in via interpretativa, sulla base del sistema attualmente in essere, al fine di garantire l’adeguatezza del compenso al maggiore impegno e alla maggiore responsabilità richieste ai componenti dell’organo di revisione in dipendenza delle grandezze di bilancio legate alla popolazione dell’ente, nonché l’indipendenza e l’autonomia funzionale dell’organo di revisione, evitando distorsioni e ingiustizie.

A tal fine, la Corte remittente (Lombardia), ritenendo che la posizione di autonomia dei componenti dell’organo di revisione potrebbe “essere seriamente compromessa ove la determinabilità discrezionale del compenso non fosse circoscritta, non solo entro un limite massimo, ma anche entro un limite minimo che assicuri una adeguata retribuzione a professionisti non più liberamente scelti, ma, in qualche modo, ‘imposti’ all’ente dal nuovo sistema di nomina“, e ritenendo quindi necessario valorizzare, a fini interpretativi, il nuovo sistema di nomina dei revisori degli enti locali, mediante estrazione da un elenco su base regionale, introdotto dall’art. 16, comma 25, D.L. 13 agosto 2011 n. 138, convertito dalla L. 14 settembre 2011, n. 148:

– individua come parametri:

– – l’art. 2233, comma 2, c.c., secondo cui nei rapporti d’opera intellettuale “la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione“;

– – l’art. 10, comma 9, D.Lgs. 27 gennaio 2010, n. 39, attuativo della Dir. n. 2006/43/CE relativa alle revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati, il quale prescrive che il corrispettivo per l’incarico di revisione legale non possa essere subordinato ad alcuna condizione, né stabilito in funzione dei risultati della revisione, ma posto a tutela della qualità e dell’affidabilità dei compiti di supervisione e d’indirizzo;

– richiama i principi stabiliti dalla Sezione delle autonomie che, con la deliberazione n. 11/2016/QMIG, ha escluso l’applicabilità – nei confronti degli organi di revisione contabile degli enti locali – del principio della gratuità degli incarichi conferiti da amministrazioni pubbliche ai titolari di cariche elettive ai sensi dell’art. 5, comma 5, D.L. 31 maggio 2010, n. 78, ribadendo così la prevalenza del requisito della professionalità (garantito proprio dal nuovo sistema di nomina a sorteggio dei revisori) su quello della fiduciarietà;

– evidenzia di non concordare con quanto rilevato in argomento dalla Sezione di controllo per la Regione siciliana che, chiamata ad esprimersi sull’individuazione di un limite “congruo” entro cui ridurre il compenso di cui trattasi, con deliberazione n. 272 del 9 ottobre 2015, ha riconosciuto la discrezionalità dell’ente nello stabilire l’ammontare del corrispettivo (pur nel rispetto del limite massimo e degli altri criteri stabiliti dalla legge) ed ha escluso la possibilità di un sindacato esterno sulla congruità del compenso basata sulla presunta esistenza di un limite minimo, affermando che l’adeguatezza della remunerazione è criterio generale e normale; ciò sostenendo, in particolare, che “in mancanza di norme imperative che impongono minimi tariffari inderogabili, l’onerosità del contratto di prestazione d’opera contrattuale, costituisce elemento ‘normale’ o ‘naturale’ come risulta dall’art. 2233 c.c., ma non ne integra un elemento ‘essenziale’, né può essere considerato un limite di ordine pubblico all’autonomia contrattuale delle parti, talché è ben possibile graduare il compenso al di sotto della misura massima fissata senza alcun limite inferiore di ‘congruità’“;

– sostiene, viceversa, le argomentazioni rappresentate in materia dalla Sezione regionale di controllo per la Liguria (deliberazione n. 95/2016 del 30 novembre 2016), secondo cui l’assenza di un limite minimo, imputabile ad una lacuna normativa, “dopo il rinnovato sistema di designazione mediante sorteggio su base regionale, che ha privato i consigli comunali di tale potere, rischia di incidere sull’effettività del controllo professionale affidato ai revisori“.

L’adita Sezione Autonomie della Corte, in risposta, evidenzia che dal quadro normativo di riferimento risulta palese che il legislatore non ha inteso stabilire un tetto minimo al compenso dei revisori, privilegiando, da un lato, l’interesse dell’ente a una prestazione qualificata, garantita dalle modalità di scelta del revisore e, dall’altro, quello al contenimento della spesa pubblica mediante limiti massimi al corrispettivo. Viceversa, l’interesse dei revisori ad evitare vulnus alla propria professionalità, derivanti da remunerazioni troppo contenute, ovvero a scongiurare effetti distorsivi e/o potenziali disparità di trattamento, trova tutela nelle norme di carattere generale che stabiliscono criteri e principi di adeguatezza applicabili alla fattispecie in esame ed a cui l’ente deve attenersi. Al riguardo, richiamando la medesima normativa ricordata dalla Corte lombarda, va considerato che:

– l’art. 2233, comma 2, c.c., dispone che, nei rapporti d’opera intellettuale, “in ogni caso la misura del compenso dev’essere adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione“, e ciò a maggior ragione a seguito dell’abrogazione delle tariffe professionali ex art. 9D.L. 24 gennaio 2012, n. 1;

– l’art. 10, comma 9, D.Lgs. n. 39 del 2010, esclude che il corrispettivo per l’incarico di revisione legale “possa essere subordinato ad alcuna condizione“, “possa essere stabilito in funzione dei risultati della revisione” e debba, invece, essere congruamente determinato al fine di assicurare l’effettività e l’indipendenza dell’attività di supervisione, d’indirizzo e di verifica intestato ai revisori.

Pertanto, a parere della Sezione, l’interesse ad un adeguato corrispettivo trova le proprie garanzie nel rispetto dei principi stabiliti dall’ordinamento e si realizza, allo stato della normativa, mediante lo strumento contrattuale, pur nei limiti massimi fissati dalla legge, o in sede giudiziaria, qualora la remunerazione fissata unilateralmente dall’ente appaia incongrua.

Di conseguenza, i limiti minimi del compenso dei revisori non possono essere determinati per altra via che non sia quella normativa, atteso che l’interprete non può sostituirsi al legislatore per colmare lacune dell’ordinamento, ma deve privilegiare interpretazioni aderenti al tenore letterale ed alla ratio delle norme, individuando la natura dei rapporti che soggiacciono ad esse ed evitando soluzioni ermeneutiche derogatorie o additive.

La Sezione delle Autonomie della Corte dei conti, in conclusione, enuncia il seguente principio di diritto: “L’individuazione di limiti minimi del compenso dei componenti dell’organo di revisione degli enti locali non compete alla Corte dei conti nell’esercizio della funzione consultiva di cui all’art. 7, comma 8, L. 5 giugno 2003, n. 131.”

Per conseguenza, allo stato della normativa vigente, l’ente locale determinerà il compenso dei componenti dell’organo di revisione, piuttosto che del revisore unico, al momento della delibera di nomina (previo sorteggio su base regionale), senza possibilità d’interventi successivi (sia in incremento, sia in diminuzione), che potrebbero incidere sull’autonomia di giudizio professionale dell’organo medesimo; ciò, in ossequio all’art. 241 TUEL, che nel limitare la libertà degli enti locali di stabilire il compenso spettante ai propri revisori, prevede, al comma 1, che la determinazione dei limiti massimi (proporzionali alla classe demografica ed alle spese di funzionamento e d’investimento dell’ente) sia stabilita con decreto del Ministro dell’interno, da aggiornare ogni tre anni, e non fissando al contrario nessun limite minimo.

Corte dei conti, Sez. Autonomie, delibera 28 giugno 2017, n. 16/SEZAUT/2017/QMIG

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