23/04/2021 – Contratti continuativi di cooperazione – Non costituiscono deroga né eccezione al subappalto – Differenza – Disciplina applicabile (Art. 105 D.Lgs n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. V, 12.04.2021 n. 2962

13.1. – Nell’interpretazione dell’art. 105, comma 3, lett. c-bis), cit. (secondo cui «non si configurano come attività affidate in subappalto […] le prestazioni rese in favore dei soggetti affidatari in forza di contratti continuativi di cooperazione, servizio e/o fornitura sottoscritti in epoca anteriore alla indizione della procedura finalizzata alla aggiudicazione dell’appalto») si è affermato in giurisprudenza che le prestazioni oggetto di siffatti contratti sono rivolte a favore dell’operatore economico affidatario del contratto di appalto con il soggetto pubblico e non invece direttamente a favore di quest’ultimo come avviene nel caso del subappalto (cfr. Cons. di Stato, V, 27 dicembre 2018, n. 7256; si veda anche Cons. St., V, 22 aprile 2020, n. 2553). È stato altresì affermato che «l’istituto de quo, proprio perché si configura come derogatorio rispetto alla generale disciplina del subappalto, è evidentemente ancorato ai medesimi presupposti applicativi, a cominciare dalla determinazione contenutistica della prestazione eseguibile mediante il ricorso all’impresa “convenzionata”» (in tal senso Cons. di Stato, III, 18 luglio 2019, n. 5068). In questa prospettiva il difetto di qualsiasi elemento della fattispecie descritta all’art. 105, comma 3, lett. c-bis), comporterebbe l’applicazione integrale della disciplina sul subappalto; e in particolare di quanto previsto dall’art. 105, comma 4, lett. c) (secondo cui «i soggetti affidatari dei contratti di cui al presente codice possono affidare in subappalto le opere o i lavori, i servizi o le forniture compresi nel contratto, previa autorizzazione della stazione appaltante purché (…) all’atto dell’offerta siano stato indicati i lavori o le parti di opere ovvero i servizi e le forniture o parti di servizi e forniture che si intende subappaltare»).

13.2. – Tuttavia l’impostazione del problema in termini di deroga della norma sui contratti continuativi di cooperazione rispetto alla disciplina del subappalto non tiene conto della differenza specifica che intercorre tra i due tipi di contratti, che emerge anche dalle norme sopra richiamate. L’art. 105, comma 3, cit., non può essere configurato come una norma derogatoria del subappalto posto che essa muove dalla considerazione della specificità di determinate categorie di forniture e di servizi e, sulla base della natura peculiare di dette prestazioni (e della diversità del regolamento contrattuale in termini di rapporti tra le parti del contratto e di rapporti con l’amministrazione appaltante), giunge alla conclusione che i contratti continuativi di cooperazione non sono contratti di subappalto (l’incipit dell’art. 105, comma 3, cit. fornisce un’univoca indicazione testuale in tal senso: «Le seguenti categorie di forniture o servizi, per le loro specificità, non si configurano come attività affidate in subappalto […]»). La norma sui contratti di cooperazione delimita i confini rispetto alla nozione di subappalto applicabile nella disciplina sui contratti pubblici ma non è una norma derogatoria del regime sul subappalto (né di natura eccezionale).

13.3. – La distinzione tra le due figure contrattuali, come ben rilevato anche dalla giurisprudenza sopra richiamata, si fonda non solo, come si è veduto, sulla specificità delle prestazioni, ma anche sulla diversità degli effetti giuridici dei due tipi di contratto. Le prestazioni alla base dei due contratti sono infatti dirette a destinatari diversi: nel caso del subappalto, il subappaltatore esegue direttamente parte delle prestazioni del contratto stipulato con l’amministrazione, sostituendosi all’affidatario; nell’altro caso, le prestazioni sono rese in favore dell’aggiudicatario che le riceve, inserendole nell’organizzazione di impresa necessaria per adempiere alle obbligazioni contrattuali e le riutilizza inglobandole nella prestazione resa all’amministrazione appaltante. Nel subappalto vi è un’alterità anche sul piano organizzativo, tra appaltatore e subappaltatore, poiché la parte di prestazione contrattuale è affidata dall’appaltatore a un terzo che la realizza direttamente attraverso la propria organizzazione; mentre nel contratto di cooperazione la prestazione resa è inserita all’interno dell’organizzazione imprenditoriale dell’appaltatore. I due contratti sono quindi diversi quantomeno sul piano funzionale.

13.4. – La disciplina in tema di subappalto non è quindi immediatamente estendibile, se non si dimostri che il contratto continuativo di cooperazione costituisca solo uno schermo per il contratto di subappalto (il che, nella concreta fattispecie, non risulta; e nemmeno nel ricorso in primo grado si sostiene questo).

In particolare, detta disciplina non è automaticamente applicabile nel caso in cui il contratto di cooperazione sia stato stipulato dopo l’indizione della gara (purché prima della stipula del contratto d’appalto), elemento introdotto per evidenti finalità antielusive della disciplina del subappalto, ma che non incide sulla natura del contratto e delle prestazioni.

Pertanto, per quel che rileva nel caso di specie, ferma la diversità funzionale tra i due contratti, non si giustifica l’applicazione della norma che impone all’operatore economico di dichiarare all’atto dell’offerta le parti dei lavori, dei servizi o delle forniture che intende subappaltare (art. 105, comma 4). Per un verso, infatti, proprio per la diversa natura giuridica dei due rapporti, l’operazione ermeneutica si tradurrebbe in un’inammissibile estensione analogica della norma sul subappalto. Per altro verso, finirebbe per l’integrare una causa di esclusione dalla procedura di gara non prevista dalla legge e quindi in contrasto col principio di tassatività cristallizzato nell’art. 83, comma 8, del Codice dei contratti pubblici.

 

Pubblicato il 12/04/2021

N. 02962/2021REG.PROV.COLL.

N. 05002/2020 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 5002 del 2020, proposto da

Poste Italiane S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Salvatore Napolitano e Andrea Sandulli, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

contro

Gruppo Poligrafico Tiberino S.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Giuliano Di Pardo, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

nei confronti

Winner Italia S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ignazio Tranquilli e Marco Pistolese, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Marco Pistolese in Roma, via Fabio Massimo, n. 60;

Sinergica S.r.l., non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sezione Terza, 26 maggio 2020, n. 5552, resa tra le parti.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Gruppo Poligrafico Tiberino S.r.l. e di Winner Italia S.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore il Cons. Giorgio Manca, nell’udienza pubblica del giorno 14 gennaio 2021, tenuta da remoto secondo quanto stabilito dall’art. 25, comma 1, del decreto-legge 18 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, modificato ancora dal decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183; uditi per le parti, con le medesime modalità, gli avvocati Napolitano e Di Pardo, i quali hanno dichiarato di non avere interesse alla pubblicazione del dispositivo e preso atto del deposito, ai sensi delle citate disposizioni, degli avvocati Tranquilli e Pistolese;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. – Il Gruppo Poligrafico Tiberino S.r.l. (in seguito: GPT) ha partecipato alla procedura aperta in modalità telematica per la conclusione di un accordo quadro di fornitura e posa in opera di pubblicità statica e dinamica e di materiali speciali per gli uffici postali di tutto il territorio nazionale, indetta da Poste Italiane con bando pubblicato sulla G.U.C.E. del 15 novembre 2018. Alla gara per il Lotto 2 (fornitura e posa in opera di materiali speciali per gli uffici postali di tutto il territorio nazionale per il gruppo Poste Italiane) hanno partecipato anche le società Winner Italia S.r.l. e Sinergica S.r.l.

Con nota del 29 luglio 2019 Poste Italiane ha comunicato l’aggiudicazione del Lotto 2 alla Winner Italia.

2. – Il GPT, con due autonomi ricorsi, integrati da motivi aggiunti, proposti innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, ha impugnato l’ammissione della Winner Italia alla procedura di gara per il Lotto 2, nonché la successiva aggiudicazione a quest’ultima del medesimo lotto. Il Tribunale amministrativo, con sentenza 26 maggio 2020, n. 5552, ha in parte dichiarato inammissibile e per il resto respinto il primo ricorso (R.G. n. 4414/2019) e i motivi aggiunti; ha accolto in parte i motivi aggiunti al secondo ricorso (R.G. n. 12390/2019), annullando l’aggiudicazione a Winner Italia; ha accolto, infine, la domanda di subentro del Gruppo Poligrafico Tiberino nel contratto stipulato tra Winner Italia e Poste Italiane. In particolare, il primo giudice ha accolto la doglianza relativa alla mancata dichiarazione in gara, da parte dell’aggiudicataria, dei contratti continuativi di cooperazione, e alla inammissibilità degli stessi per non essere stati stipulati in data anteriore alla indizione della procedura di gara (risulterebbe, infatti, che almeno due dei tre contratti in questione riportano la data del 17 dicembre 2018, successiva alla spedizione del bando, in violazione dell’art. 105, comma 3, lett. c-bis, del Codice dei contratti pubblici, di cui al d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50).

3. – La soccombente Poste Italiane ha proposto appello, chiedendo la riforma della sentenza sulla scorta di plurimi motivi che saranno esaminati in prosieguo.

4. – Resiste in giudizio il Gruppo Poligrafico Tiberino, chiedendo il rigetto dell’appello.

5. – Si è costituita in giudizio la Winner Italia s.r.l., con intervento adesivo all’appello principale di Poste Italiane.

6. – All’udienza del 14 gennaio 2021, la causa è stata trattenuta in decisione.

7. – Con il primo motivo d’appello Poste Italiane deduce l’erroneità della sentenza per la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, in relazione all’accoglimento della censura sollevata da GPT sulla inammissibilità dell’utilizzo dei contratti continuativi di collaborazione da parte dell’aggiudicataria. Secondo l’appellante, la censura aveva per oggetto esclusivamente la congruità dell’offerta economica, non il difetto di requisiti di partecipazione dell’aggiudicataria Winner Italia (come ritenuto dal primo giudice).

8. – Con il secondo motivo d’appello Poste Italiane deduce l’ingiustizia della sentenza nella parte in cui ha applicato l’art. 105, comma 3, lett. c-bis), del Codice dei contratti pubblici, alla fattispecie per cui è causa. Il primo giudice avrebbe erroneamente interpretato la disposizione citata, configurando una causa di esclusione in relazione alla mancata dichiarazione in gara dei contratti continuativi di cooperazione, sebbene né la normativa generale di riferimento (l’art. 105, comma 3, cit.), né la lex specialis di gara, stabiliscano l’obbligo di corredare l’offerta con i contratti continuativi di cooperazione e non sanzionino con l’esclusione la mancata allegazione (anzi, la norma prevederebbe espressamente la facoltà per l’aggiudicatario di produrre tali contratti alla stazione appaltante sino alla data di stipulazione del contratto di appalto). Che non si tratti di una causa di esclusione deriverebbe quindi anche dal principio di tassatività delle cause di esclusione.

Inoltre, i contratti continuativi di cooperazione, diversamente dal subappalto, non hanno ad oggetto le prestazioni dell’appalto, ma quei beni e servizi dei quali l’appaltatore necessita per poter eseguire la prestazione oggetto del contratto.

Secondo l’appellante, è del tutto irrilevante la qualificazione giuridica dei contratti di collaborazione indicati dall’aggiudicataria in fase di giustificativi; rileverebbe esclusivamente che l’offerta dell’aggiudicataria sia risultata congrua e che il costo del personale sia stato giustificato, a prescindere dalla tipologia di contratto di lavoro. In altri termini, si sostiene che nella fase procedimentale di verifica dell’anomalia e di esame delle giustificazioni a tal fine presentate dall’offerente, non assume rilevanza la questione della qualificazione dei contratti di consulenza o collaborazione utilizzati dall’impresa.

9. – Con il terzo motivo l’appellante deduce che il motivo accolto in sentenza avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile, perché riguarderebbe questioni di valutazione tecnica dell’offerta in sede di giudizio di anomalia, riservate alla stazione appaltante.

10. – Con l’ultimo motivo di appello viene contestata la sentenza anche nella parte in cui ha accolto la domanda di subentro nel contratto.

11. – Le censure sinteticamente esposte possono essere esaminate congiuntamente, data la loro stretta connessione.

12. – Preliminarmente è infondata la dedotta violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Dalla piana lettura dei ricorsi proposti in primo grado dal GPT risulta che il motivo dedotto in primo grado (cfr. pag. 23 dei motivi aggiunti al ricorso R.G. n. 12390/2019) faceva puntualmente riferimento anche al fatto che l’aggiudicataria non avesse «rappresentato preventivamente, già nella domanda di partecipazione e comunque all’interno della documentazione amministrativa di gara, la volontà di ricorrere ai contratti continuativi di cooperazione. Necessità invece dettata dall’esigenza di garantire che il contratto di cooperazione sia preesistente rispetto all’indizione alla gara e, quindi, che preveda una regolamentazione generale dei rapporti tra le due imprese “cooperanti”, che non dev’essere specificamente rivolta ad una singola commessa. Di contro, Winner non ha neppure prodotto, esibito e depositato i medesimi contratti a seguito dell’aggiudica, in violazione dell’obbligo imposto dall’art. 105, c. 3, d.lgs. 50/2016. Esibizione essenziale perché, come per il subappalto, anche la cooperazione dev’essere autorizzata dalla stazione appaltante, pena la sua inutilizzabilità […]». La censura, quindi, aveva per oggetto non solo l’inutilizzabilità dei contratti continuativi di cooperazione per giustificare la congruità dell’offerta ma denunciava anche l’inammissibilità dell’offerta per la violazione della disciplina in tema di subappalto.

13. – Passando all’esame delle questioni sostanziali, l’appello è fondato.

13.1. – Nell’interpretazione dell’art. 105, comma 3, lett. c-bis), cit. (secondo cui «non si configurano come attività affidate in subappalto […] le prestazioni rese in favore dei soggetti affidatari in forza di contratti continuativi di cooperazione, servizio e/o fornitura sottoscritti in epoca anteriore alla indizione della procedura finalizzata alla aggiudicazione dell’appalto») si è affermato in giurisprudenza che le prestazioni oggetto di siffatti contratti sono rivolte a favore dell’operatore economico affidatario del contratto di appalto con il soggetto pubblico e non invece direttamente a favore di quest’ultimo come avviene nel caso del subappalto (cfr. Cons. di Stato, V, 27 dicembre 2018, n. 7256; si veda anche Cons. St., V, 22 aprile 2020, n. 2553). È stato altresì affermato che «l’istituto de quo, proprio perché si configura come derogatorio rispetto alla generale disciplina del subappalto, è evidentemente ancorato ai medesimi presupposti applicativi, a cominciare dalla determinazione contenutistica della prestazione eseguibile mediante il ricorso all’impresa “convenzionata”» (in tal senso Cons. di Stato, III, 18 luglio 2019, n. 5068). In questa prospettiva il difetto di qualsiasi elemento della fattispecie descritta all’art. 105, comma 3, lett. c-bis), comporterebbe l’applicazione integrale della disciplina sul subappalto; e in particolare di quanto previsto dall’art. 105, comma 4, lett. c) (secondo cui «i soggetti affidatari dei contratti di cui al presente codice possono affidare in subappalto le opere o i lavori, i servizi o le forniture compresi nel contratto, previa autorizzazione della stazione appaltante purché (…) all’atto dell’offerta siano stato indicati i lavori o le parti di opere ovvero i servizi e le forniture o parti di servizi e forniture che si intende subappaltare»).

13.2. – Tuttavia l’impostazione del problema in termini di deroga della norma sui contratti continuativi di cooperazione rispetto alla disciplina del subappalto non tiene conto della differenza specifica che intercorre tra i due tipi di contratti, che emerge anche dalle norme sopra richiamate. L’art. 105, comma 3, cit., non può essere configurato come una norma derogatoria del subappalto posto che essa muove dalla considerazione della specificità di determinate categorie di forniture e di servizi e, sulla base della natura peculiare di dette prestazioni (e della diversità del regolamento contrattuale in termini di rapporti tra le parti del contratto e di rapporti con l’amministrazione appaltante), giunge alla conclusione che i contratti continuativi di cooperazione non sono contratti di subappalto (l’incipit dell’art. 105, comma 3, cit. fornisce un’univoca indicazione testuale in tal senso: «Le seguenti categorie di forniture o servizi, per le loro specificità, non si configurano come attività affidate in subappalto […]»). La norma sui contratti di cooperazione delimita i confini rispetto alla nozione di subappalto applicabile nella disciplina sui contratti pubblici ma non è una norma derogatoria del regime sul subappalto (né di natura eccezionale).

13.3. – La distinzione tra le due figure contrattuali, come ben rilevato anche dalla giurisprudenza sopra richiamata, si fonda non solo, come si è veduto, sulla specificità delle prestazioni, ma anche sulla diversità degli effetti giuridici dei due tipi di contratto. Le prestazioni alla base dei due contratti sono infatti dirette a destinatari diversi: nel caso del subappalto, il subappaltatore esegue direttamente parte delle prestazioni del contratto stipulato con l’amministrazione, sostituendosi all’affidatario; nell’altro caso, le prestazioni sono rese in favore dell’aggiudicatario che le riceve, inserendole nell’organizzazione di impresa necessaria per adempiere alle obbligazioni contrattuali e le riutilizza inglobandole nella prestazione resa all’amministrazione appaltante. Nel subappalto vi è un’alterità anche sul piano organizzativo, tra appaltatore e subappaltatore, poiché la parte di prestazione contrattuale è affidata dall’appaltatore a un terzo che la realizza direttamente attraverso la propria organizzazione; mentre nel contratto di cooperazione la prestazione resa è inserita all’interno dell’organizzazione imprenditoriale dell’appaltatore. I due contratti sono quindi diversi quantomeno sul piano funzionale.

13.4. – La disciplina in tema di subappalto non è quindi immediatamente estendibile, se non si dimostri che il contratto continuativo di cooperazione costituisca solo uno schermo per il contratto di subappalto (il che, nella concreta fattispecie, non risulta; e nemmeno nel ricorso in primo grado si sostiene questo).

In particolare, detta disciplina non è automaticamente applicabile nel caso in cui il contratto di cooperazione sia stato stipulato dopo l’indizione della gara (purché prima della stipula del contratto d’appalto), elemento introdotto per evidenti finalità antielusive della disciplina del subappalto, ma che non incide sulla natura del contratto e delle prestazioni.

Pertanto, per quel che rileva nel caso di specie, ferma la diversità funzionale tra i due contratti, non si giustifica l’applicazione della norma che impone all’operatore economico di dichiarare all’atto dell’offerta le parti dei lavori, dei servizi o delle forniture che intende subappaltare (art. 105, comma 4). Per un verso, infatti, proprio per la diversa natura giuridica dei due rapporti, l’operazione ermeneutica si tradurrebbe in un’inammissibile estensione analogica della norma sul subappalto. Per altro verso, finirebbe per l’integrare una causa di esclusione dalla procedura di gara non prevista dalla legge e quindi in contrasto col principio di tassatività cristallizzato nell’art. 83, comma 8, del Codice dei contratti pubblici.

14. – Alla luce delle considerazioni svolte, deriva come ulteriore conseguenza che la questione dell’ammissibilità o meno dell’impiego dei contratti continuativi da parte dell’aggiudicataria Winner Italia non può assumere alcun rilievo nell’ambito del sub-procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta, il cui scopo ultimo è solo quello di stabilire la sostenibilità economica dell’offerta.

Pertanto, anche sotto questo profilo, l’appello è fondato.

15. – In conclusione, l’appello va accolto e, previa riforma della sentenza impugnata, vanno respinti i ricorsi R.G. n. 4414/2019 ed R.G. n. 12390/2019, nonchè i motivi aggiunti proposti nei due ricorsi in primo grado.

16. – La disciplina delle spese giudiziali del doppio grado di giudizio segue la regola della soccombenza, nei termini di cui al dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, rigetta i ricorsi R.G. n. 4414/2019 ed R.G. n. 12390/2019, nonchè i motivi aggiunti proposti nei due ricorsi in primo grado.

Condanna il Gruppo Poligrafico Tiberino S.r.l. al pagamento delle spese giudiziali, per il doppio grado di giudizio, in favore di Poste Italiane e di Winner Italia s.r.l., che liquida in euro 6.000,00 (seimila/00) per ciascuna parte, oltre agli accessori di legge se dovuti e alla rifusione del contributo unificato versato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso nella camera di consiglio del giorno 14 gennaio 2021, tenuta da remoto secondo quanto stabilito dall’art. 25, comma 1, del decreto-legge 18 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, con l’intervento dei magistrati:

 

Carlo Saltelli, Presidente

Fabio Franconiero, Consigliere

Valerio Perotti, Consigliere

Giovanni Grasso, Consigliere

Giorgio Manca, Consigliere, Estensore

 

     
L’ESTENSORE   IL PRESIDENTE
Giorgio Manca   Carlo Saltelli
     

IL SEGRETARIO

 

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