16/04/2020 – Urbanistica. Giudice amministrativo e diniego sanatoria

Urbanistica. Giudice amministrativo e diniego sanatoria
Pubblicato: 15 Aprile 2020
Cass. Sez. III n. 10460 del 23 marzo 2020 (CC  16 gen 2020)

La sospensiva, da parte del giudice amministrativo, del provvedimento di diniego sull’istanza di concessione in sanatoria non produce effetti automatici sul potere dovere del giudice penale di disporre ed attuare l’ordine di demolizione, atteso che in tale caso occorre accertare, anche con riferimento alle argomentazioni svolte nel ricorso proposto al giudice amministrativo, se il provvedimento cautelare di sospensione sia stato emesso per la sussistenza di vizi formali o sostanziali dell’atto impugnato o se derivi da carenza di motivazione senza incidenza sulla concedibilità o meno della richiesta di concessione in sanatoria. La pubblica amministrazione nell’esercizio dei propri poteri e di quelli di autotutela ben può rinnovare un atto che ritiene viziato, al fine di far cessare eventualmente la materia del contendere nel giudizio amministrativo, e procedere al conseguente annullamento di ufficio di quello viziato, sostituirlo con altro, giacché molte volte la pronuncia giurisdizionale di merito di annullamento si fonda su vizi formali eliminabili dall’autorità amministrativa.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’impugnata ordinanza, il Tribunale di Agrigento, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta di sospensione dell’ordine di demolizione delle opere abusive di cui alla sentenza di applicazione di pena della Pretura di Agrigento del 30/01/1992, irrevocabile il 22/02/1992, avanzata da Cappello Salvatore.

2. Avverso l’ordinanza Cappello Salvatore ha proposto, a mezzo del difensore di fiducia, ricorso per cassazione, deducendo due motivi di ricorso.

– Violazione di legge in relazione alle norme sul processo amministrativo (art. 60 del d.lgs 2 luglio 2010, n. 104) con riguardo all’ordine di demolizione e correlato vizio di motivazione.

Premette il ricorrente che la sig.ra Taranto Antonina, proprietaria dell’immobile abusivo, aveva avanzato richiesta di concessione edilizia in sanatoria ai sensi della legge 724 del 1994 e di autorizzazioni e pareri competenti, che più volte sollecitato, il Comune di Lampedusa, con nota prot. n. 3789 del 16/03/2017, aveva richiesto una integrazione documentale, che la Taranto aveva dato corso alla richiesta ed aveva prodotto i documenti in suo possesso evidenziando che la documentazione  mancante non le era stata rilasciata dagli enti competenti, che il Comune, in data 02/04/2019, comunicava l’avvio di procedimento per il diniego della concessione edilizia in sanatoria per assenza di comunicazione della documentazione integrativa, che, successivamente, il Comune comunicava che il fabbricato era nell’elenco della Procura di Agrigento tra quelli soggetti a demolizione. In tale situazione, il ricorrente avanzava richiesta ex art. 666 cod.proc.pen. con la quale chiedeva la sospensione dell’ordine medesimo essendo concretamente prevedibile un esito favorevole del giudizio pendente avanti al TAR avverso al provvedimento di diniego di concessione edilizia in sanatoria quantomeno fino all’esito della procedura interinale ex art. 56 CPA, avente ad oggetto la sospensione cautelare del diniego fissata per l’udienza del 24/10/2019, richiesta che veniva respinta con il provvedimento qui impugnato.

Secondo il ricorrente il Giudice avrebbe respinto l’istanza sull’erroneo rilievo che la mera pendenza di un procedimento amministrativo non consentiva al giudice di valutare la positiva e rapida emissione di un provvedimento favorevole incompatibile con l’ordine di demolizione, e in violazione di legge (art. 55 del CPA) poiché il TAR Sicilia aveva accolto, con provvedimento monocratico e poi collegiale, la domanda di sospensione cautelare sul doppio presupposto della sussistenza del fumus boni iuris e del periculum in mora, tant’è che il provvedimento monocratico cautelare era stato poi confermato con provvedimento collegiale, con ordinanza del 18/07/2019. Erronea sarebbe poi l’affermazione che, essendo stato acquisito al patrimonio comunale, sul bene non sarebbe più possibile l’esecuzione dell’ordine di demolizione.

– Violazione di cui all’art. 606, comma 1 lett. b) cod.proc.pen. in relazione alla natura giuridica del Protocollo d’Intesa che non esclude la possibilità di sospendere l’ordine di demolizione, essendo tale ordine, emesso dal giudice penale, espressione di un potere autonomo, che tuttavia deve essere coordinato con la normativa di riferimento e con le scelte della PA, sicchè deve essere revocato in presenza di provvedimento con esso incompatibile, e, sotto altro aspetto, l’esecuzione non potrebbe essere demandata alla Pubblica Amministrazione non essendo ammissibile l’esecuzione di un provvedimento del Giudice da parte di quest’ultima.

3. Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta con cui ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. – Il ricorso non è fondato per le ragioni qui di seguito esposte.  

Va anzitutto rammentato, come osserva il Procuratore generale nella requisitoria scritta, che in tema di reati edilizi, la revoca/sospensione dell’ordine di demolizione (e anche di rimessione in pristino), può essere disposto dal giudice dell’esecuzione previo accertamento di una situazione (presentazione di istanza di condono o provvedimento stesso) che lo renderebbero incompatibile (tra le tante Sez. 3, n. 9145 del 01/07/2015, Manna, Rv 266763).  

In presenza di un’istanza di condono o di sanatoria successiva al passaggio in giudicato della sentenza di condanna, il giudice dell’esecuzione investito della questione è tenuto a un’attenta disamina dei possibili esiti e dei tempi di definizione della procedura ed, in particolare: a) ad accertare il possibile risultato dell’istanza e se esistono cause ostative al suo accoglimento; b) nel caso di insussistenza di tali cause, a valutare i tempi di definizione del procedimento amministrativo e sospendere l’esecuzione solo in prospettiva di un rapido esaurimento dello stesso (ex plurimis, Sez. 3, n. 47263 del 25/09/2014, Russo, Rv. 261212; Sez. 3, n. 11149 del 7/12/2011), avendo, il giudice dell’esecuzione, l’obbligo di revocare l’ordine di demolizione del manufatto abusivo impartito con la sentenza di condanna o di patteggiamento, ove sopravvengano atti amministrativi con esso del tutto incompatibili (Sez. 3, n. 55028 del 09/11/2018, B., Rv. 274135 – 01; Sez. 3, ord. n. 25212 del 18/01/2012 Rv. 253050; Sez.  3, n. 24273 del 24/03/2010, P.G. in proc. Petrone, Rv. 247791).

5. Quanto al primo motivo di ricorso è stato affermato, con risalenti pronunce cui va data continuità, che la sospensiva, da parte del giudice amministrativo, del provvedimento di diniego sull’istanza di concessione in sanatoria non produce effetti automatici sul potere dovere del giudice penale di disporre ed attuare l’ordine di demolizione, atteso che in tale caso occorre accertare, anche con riferimento alle argomentazioni svolte nel ricorso proposto al giudice amministrativo, se il provvedimento cautelare di sospensione sia stato emesso per la sussistenza di vizi formali o sostanziali dell’atto impugnato o se derivi da carenza di motivazione senza incidenza sulla concedibilità o meno della richiesta di concessione in sanatoria (Sez. 3, n. 3531 del 08/11/2000, Consolo, Rv. 218180 – 01; Sez. 3, n. 14009 del 05/03/2002, Romano, Rv. 221451 – 01).

In altra pronuncia (Sez. 3, Sentenza n. 3286 del 22/10/1999, Foci, Rv. 215667 – 01) nel riaffermare che l’intervenuta sospensione da parte dell’autorità giudiziaria amministrativa in sede cautelare dell’ordinanza di demolizione emessa dal Sindaco non comporta di per sé alcun obbligo di sospensione della medesima, ha evidenziato che la pubblica amministrazione nell’esercizio dei propri poteri e di quelli di autotutela ben può rinnovare un atto che ritiene viziato, al fine di far cessare eventualmente la materia del contendere nel giudizio amministrativo, e procedere al conseguente annullamento di ufficio di quello viziato, sostituirlo con altro, giacché molte volte la pronuncia giurisdizionale di merito di annullamento si fonda su vizi formali eliminabili dall’autorità amministrativa.

Ed è proprio la sottolineata diversità dei contenuti della giurisdizione amministrativa e di quella penale che consente di ritenere non influente l’intervenuta sospensiva da parte del TAR, qualora non sia espressamente motivata con riferimento al fumus di possibili vizi relativi a violazioni sostanziali della normativa urbanistica, laddove permane il potere di sindacato del giudice penale nella valutazione dell’incompatibilità dell’ordine di demolizione con la situazione esistente.

L’autonomia dei due giudizi, i differenti interessi tutelati dai due settori e le caratteristiche dei diversi procedimenti escludono qualsiasi invasione di sfere di competenza di altri poteri da parte di quello giudiziario penale.

Tale posizione è stata costantemente ribadita nella giurisprudenza di legittimità allorquando ha affrontato il tema dei rapporti tra processo amministrativo e quello penale e, segnatamente il vincolo del giudicato amministrativo in quello penale, nel senso che il che “al Giudice penale è preclusa la valutazione della legittimità dei provvedimenti amministrativi che costituiscono il presupposto dell’illecito penale qualora sul tema sia intervenuta una sentenza irrevocabile del Giudice amministrativo, ma tale preclusione non si estende ai profili di illegittimità, fatti valere in sede penale, che non siano stati dedotti ed effettivamente decisi in quella amministrativa”. La Corte, in motivazione, afferma che, “anche in considerazione del carattere autonomo della giurisdizione penale rispetto a quella amministrativa e della assoluta rilevanza ed inderogabilità del potere del Giudice ordinario di sindacare l’atto amministrativo illegittimo”, è da ritenere che “tale effetto preclusivo sussista con riferimento ad un provvedimento giurisdizionale del Giudice amministrativo passato in giudicato, che abbia espressamente esaminato lo specifico profilo di illegittimità dell’atto fatto valere, incidentalmente, in sede penale, dovendo altrimenti ritenersi (…) che la preclusione del cosiddetto giudicato amministrativo non si estende a tutte le questioni deducibili, ma esclusivamente a quelle che sono state dedotte ed effettivamente decise” (cfr. Sez. 1, n. 11596 del 11/01/2011 – dep. 23/03/2011, P.G. in proc. Keller, Rv. 249871 – 01).

6. Sul punto il ricorso del Cappello che lamenta l’inosservanza delle norme sul processo amministrativo con riguardo al rilievo della sospensione ivi accordata quale fatto impeditivo della permanenza dell’ordine di demolizione è affetto da genericità non avendo indicato, il ricorrente, le ragioni per le quali sarebbe stato accolto il ricorso cautelare e i profili di illegittimità eventualmente riscontrati che avrebbe potuto avere riflesso sull’ordine di demolizione.

Sotto altro profilo, sussiste anche la genericità estrinseca del ricorso dal momento che non si confronta con l’ordinanza impugnata che dà atto di avere esaminato l’ordinanza interinale del giudice amministrativo per escludere la ricorrenza di elementi da cui desumere una situazione di contrasto/incompatibilità dell’ordine di demolizione con gli interessi della pubblica amministrazione (pag. 3), rilevando, quanto al profilo della sospensione, che non erano neppure individuabili a breve i termini di definizione.

Con riferimento all’ulteriore profilo la censura non coglie nel segno. L’avvenuta acquisizione del bene al patrimonio del Comune, ai sensi dell’art. 31 comma 3 del d.p.R. n. 380 del 2001, eseguita ope legis all’accertata inottemperanza dell’ordine di demolizione non comporta, come deduce il ricorrente, l’ineseguibilità dell’ordine medesimo, bensì fa cessare l’interesse alla revoca o alla sospensione dell’ordine di demolizione in capo al responsabile dell’illecito (Sez. 3, n. 35203 del 18/06/2019, Centioni, Rv. 277500 – 01), mentre l’ineseguibilità dell’ordine medesimo consegue in presenza di verifica di una situazione di contrasto della demolizione con prevalenti interessi pubblici, come, ad esempio, la destinazione del manufatto abusivo ad edificio pubblico (Sez. 3, n. 2582 del 23/05/2018, P.M. in proc. Russo, Rv. 274817 – 01), situazione da escludere nel caso in esame laddove la pubblica amministrazione ha manifestato l’interesse alla demolizione inserendo il manufatto tra quelli da demolire.

7. Il secondo motivo non è fondato.

Spetta al pubblico ministero la competenza ad eseguire l’ordine di demolizione del manufatto abusivo disposto con la sentenza di condanna per violazione della normativa urbanistica ed antisismica, essendo vincolato nello svolgimento di tale attività solo al rispetto della legge e non all’osservanza di circolari interpretative del dato normativo emesse dalla pubblica amministrazione o di direttive adottate da uffici requirenti diversi da quello di appartenenza per disciplinare le modalità della sua azione (Sez. 3, n. 28781 del 16/05/2018, Milone,  Rv. 273359 – 01; Sez. 3, n. 30679 del 20/12/2016, Pintacorona, Rv. 270230 – 01). In questa ultima pronuncia si è chiarito, in caso analogo di demolizione nella provincia di Agrigento, che nonostante la natura di sanzione amministrativa accessoria riconosciuta alla demolizione, il relativo provvedimento ingiuntivo ha carattere pacificamente giurisdizionale e non amministrativo, sicché esso, al pari delle altre statuizioni contenute nella sentenza definitiva, è soggetto all’esecuzione nelle forme previste dal codice di procedura penale (Sez. U, n. 15 del 19/06/1996, dep. 24/07/1996, P.M. in proc. Monterisi, Rv. 205336).

Da cui consegue, come osservato dal giudice dell’esecuzione nell’ordinanza impugnata, che il protocollo d’intesa tra la Procura della Repubblica di Agrigento e il Comune di Lampedusa e Linosa disciplina le concrete modalità̀ esecutive dell’attività̀ demolitoria.  Si è, infatti, in presenza di una mera attività̀ esecutiva che si inserisce nel contesto di un’attività̀ giurisdizionale, costituita dall’ordine di demolizione emanato dal Pubblico ministero, di cui, peraltro, si è riscontrata la piena legittimità̀.

L’attività̀ esecutiva in questione, infatti, non è specificamente normata e, come tale, appare suscettibile di essere modulata dal competente ufficio di procura anche secondo forme di intesa con soggetti pubblici, quali le pubbliche amministrazioni nel cui territorio l’attività esecutiva deve essere compiuta, conformemente ad una prassi operativa, del tutto legittima, che, sempre più spesso, individua nei dirigenti degli uffici giudiziari, i quali ne hanno la rappresentanza esterna, gli attori di processi negoziali diretti a trovare forme di sinergia istituzionale per lo svolgimento di determinate attività esecutive o per la concreta regolamentazione operativa di servizi pubblici complementari (ancora Sez. 3, n. 30679 del 20/12/2016, Pintacorona, Rv. 270230 – 01).

8. Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

    Così deciso il 16/01/2020

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