16/04/2020 – Il parere contrario dell’organo di revisione non esonera il consiglio comunale dall’approvazione del rendiconto

Il parere contrario dell’organo di revisione non esonera il consiglio comunale dall’approvazione del rendiconto

a cura di Lucio Catania

 
Il Tar di Catania (sentenza n. 00669/2020 Reg. Prov. Coll., n. 01648/2018 Reg. Ric.) sancisce due importanti principi: il parere negativo dell’organo di revisione non determina sempre e comunque il rigetto della proposta approvativa del rendiconto e la mancata approvazione del rendiconto, in Sicilia, non può determinare lo scioglimento del Consiglio Comunale. L’assemblea consiliare, anche in presenza di notevoli anomalie nella gestione finanziaria dell’Ente, sfociate in episodi di rilevanza penale, può dettare specifiche misure idonee a garantire il rispetto della disciplina finanziaria nel corso dell’esercizio. In assenza di un’esplicita previsione nell’ordinamento regionale siciliano, secondo il Tar Catania, la Regione non può disporre lo scioglimento del Consiglio comunale per la mancata approvazione del rendiconto, non essendo direttamente applicabile la normativa nazionale.
Il parere negativo dell’organo di revisione non determina, sempre e comunque, il rigetto della proposta approvativa del rendiconto (ovvero del bilancio di previsione o di quella accertativa della salvaguardia degli equilibri), il Consiglio Comunale, infatti, può dettare (in questa come in altre materie in cui è prevista l’acquisizione di pareri, compresi quelli di cui all’art. 12 della L.R. n. 30/2000) specifiche misure idonee a garantire il rispetto della disciplina finanziaria nel corso dell’esercizio.

E’ quanto affermato dal Tar di Catania, chiamato a pronunciarsi sull’articolato procedimento con il quale l’Assessorato delle Autonomie locali e della Funzione pubblica della Regione Siciliana ha disposto l’intervento sostitutivo per la deliberazione del dissesto finanziario del Comune di Mascali, cui sono conseguiti la sospensione e il successivo scioglimento dell’organo assembleare in applicazione delle previsioni in tal senso contenute D. Lgs. n. 267/2000 (Testo unico degli enti locali).

Anche in presenza di notevoli anomalie nella gestione finanziaria dell’Ente, sfociate in episodi di rilevanza penale e malgrado il parere negativo dell’organo di revisione, l’assemblea consiliare può sempre dar seguito all’approvazione della proposta deliberativa, emendandola con prescrizioni operative idonee a salvaguardare gli equilibri finanziari dell’ente ed alla riconduzione della gestione ai corretti parametri della disciplina di bilancio così come fissata dalla parte seconda del D. Lgs. n. 267/2000 e dal D. Lgs. n. 118/2011 (applicabili in Sicilia, con riferimento alle disposizioni finanziarie, in forza del rinvio ex art. 1 della L.R. n. 48/1991 ed in forza del riparto di competenze in tema di bilanci pubblici ed armonizzazione).

Il Consiglio comunale di Mascali aveva omesso di approvare il rendiconto della gestione per l’esercizio finanziario 2016 sicché il competente Dipartimento regionale delle autonomie locali ha proceduto alla nomina di un commissario ad acta (D.A. n. 230/2017) per la predisposizione dello schema del predetto strumento finanziario. Su sollecitazione del medesimo commissario, la Giunta comunale, con deliberazione n. 57/2018, ha approvato lo schema di rendiconto: esso è stato quindi sottoposto al parere dell’organo di revisione il quale si è espresso in senso negativo. Tale parere negativo è stato successivamente reiterato, in presenza, tra l’altro, di irregolarità discendenti dall’avvenuta emissione di un mandato che avrebbe determinato una incongruenza tra il saldo di cassa e quello finanziario.

Il Consiglio comunale, pronunciatosi sulla proposta di approvazione del rendiconto di gestione, ne ha deliberato il rigetto in ragione dei vizi rilevati dall’organo di revisione e stante l’accertata inattendibilità del documento sottoposto alla sua approvazione, sia sul piano formale che su quello sostanziale.

Il rendiconto è stato, quindi, approvato dal Commissario ad acta, con la conseguente sospensione del Consiglio comunale ed il successivo scioglimento.

Secondo i ricorrenti, tra l’altro, il rendiconto della gestione non avrebbe potuto essere approvato dall’organo straordinario in presenza di un parere negativo dell’organo di revisione, mentre il Consiglio Comunale sarebbe esonerato da responsabilità per avere aderito al parere negativo dei revisori dei conti.

Secondo i giudici amministrativi aditi, la reiezione, sic et simpliciter, della proposta non poteva nel caso di specie – trattandosi di atto fondamentale per il funzionamento dell’Ente – che dar luogo all’intervento sostitutivo ai sensi dell’art. 24 della l.r. sic. n. 44 del 1991 ad opera dell’Amministrazione preposta alla vigilanza che, nell’ordinamento della Regione Siciliana, in applicazione della disciplina vigente, a partire dalle norme di attuazione dello statuto regionale (in materia, cfr. d. P.R. n. 977 del 1956) è individuata non già nella Prefettura come nel sistema tracciato dal D. Lgs. n. 267/2000 ma nel Dipartimento regionale delle autonomie locali presso l’omonimo Assessorato (ex Assessorato regionale degli enti locali).

Il Tar, però, si spinge oltre le censure proposte dai ricorrenti ed afferma un principio di grande rilevanza.

Secondo i giudici amministravi di Catania, la sanzione dello scioglimento per la mancata approvazione del rendiconto non sarebbe applicabile in Sicilia, poiché non espressamente richiamata con un’espressa disposizione legislativa regionale.

Secondo il Tar, il rinvio dinamico alla disciplina statale in tema di ordinamento finanziario e contabile stabilito dall’art. 1 della L.R. n. 48/1991 non si estenda alle competenze degli organi ed alle conseguenze proprie delle relative violazioni e inadempimenti essendo la relativa disciplina attribuita al legislatore regionale (né a diverse conclusioni può giungersi sulla base del nuovo titolo V della Costituzione e della disciplina sull’armonizzazione contabile del 2011).

La Corte Costituzionale con sentenza n. 39 del 2014 «[…] ha infatti […] chiarito […] che l’impugnato art. 11-bis stabilisce l’inapplicabilità delle disposizioni del citato decreto-legge agli enti ad autonomia speciale, fatta eccezione per i soli casi in cui singole disposizioni dello stesso decreto statuiscano espressamente in senso contrario. Tale interpretazione, col sancire la piena idoneità dell’art. 11-bis in esame a tutelare le prerogative degli enti ad autonomia differenziata, esclude che esso imponga alle ricorrenti […] di attuare disposizioni dello stesso decreto che contrastino con i loro rispettivi statuti speciali o con le relative norme di attuazione e comporta l’infondatezza delle questioni proposte dalle stesse ricorrenti sulla base dell’opposto erroneo presupposto interpretativo».

La sanzione dello scioglimento del Consiglio comunale in ambito regionale siciliano non sarebbe applicabile in assenza di una specifica disposizione legislativa regionale in tal senso.

L’interpretazione del Tar contrasta con quella della giurisprudenza contabile siciliana che, in sede consultiva e di controllo, ha ritenuto direttamente applicabile la norma statale.

In sede statale il legislatore ha espressamente equiparato, ai fini dell’intervento sostitutivo, l’omessa approvazione del rendiconto di gestione alla omessa approvazione del bilancio di previsione. Secondo i giudici amministrativi così non sarebbe in sede regionale.

Secondo il Tar, in Sicilia, la mancata approvazione del rendiconto non può porsi alla base di un provvedimento di scioglimento.

Il giudice amministrativo catanese ritiene che la previsione dello scioglimento perché il Consiglio comunale viola obblighi imposti dalla legge (previsione contenuta già nella L.r. n. 16/1963) non è sufficiente, visto che il legislatore statale per equiparare talune omissioni alla mancata approvazione del bilancio di previsione sul versante dello scioglimento dell’organo consiliare lo ha fatto espressamente, con un intervento legislativo.

L’Assessorato regionale alle Autonomie Locali, con la circolare n. 16/2013, aveva, diversamente dal Tar, ritenuto direttamente applicabile anche in Sicilia, la sanzione dello scioglimento, anche se attraverso la procedura prevista dalla normativa regionale vigente (intervento sostitutivo dello stesso Assessorato in vece del Prefetto).

Dal rinvio dinamico disposto dall’art. 58, comma 1, della legge regionale n. 26/1993 ne veniva fatta discendere l’equiparazione, al pari della disciplina nazionale, tra l’inadempienza derivante dalla mancata approvazione del rendiconto di gestione e quella derivante dalla mancata deliberazione del bilancio di previsione.

Non essendo, però, tale censura stata proposta dai ricorrenti, il ricorso è stato, comunque, rigettato.

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Pubblicato il 11/03/2020

N. 00669/2020 REG.PROV.COLL.

N. 01648/2018 REG.RIC.

R E P U B B L I C A I T A L I A N A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Prima) ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1648 del 2018, integrato da motivi aggiunti, proposto da Carmelo Caltabiano, Agata Cardillo, Grazia Carota, Rosario Di Mauro, Calogero Galati, Orazio Mangano, Veronica Musumeci, Emanuele Nigri, Ernesto Pariti, Emanuele Leonardo Previtera, Giuseppe Priolo, rappresentati e difesi dall’avv. Carmelo Assennato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del medesimo sito in Catania, via Gabriele D’Annunzio n. 158;

contro

– la Presidenza della Regione Siciliana, l’Assessorato delle autonomie locali e della funzione pubblica, in persona deli rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura dello Stato presso i cui uffici sono domiciliati per legge in Catania, via Vecchia Ognina, n. 149;

– il Comune di Mascali, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Lucio Fresta, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

– il Commissario straordinario pro tempore in sostituzione del consiglio del Comune di Mascali, non costituito in giudizio; per l’annullamento

a) quanto al ricorso introduttivo:

«- del d.a. n. 230 del 27.09.2018, emesso dall’Assessorato delle autonomie locali e della funzione pubblica della Regione Siciliana – Dipartimento delle autonomie locali, con il quale è stata disposta la sospensione del consiglio comunale di Mascali, nominando, al contempo, un commissario straordinario per la provvisoria gestione dell’organo;

– nonché gli atti presupposti, costituiti dalla delibera n. 2 del 17.08.2018 di approvazione del rendiconto di gestione dell’esercizio finanziario 2016, adottata con i poteri del consiglio comunale dal commissario ad acta;

– del decreto n. 237 del 7.08.2017 dell’Assessore delle Autonomie Locali e della Funzione Pubblica;

– della direttiva del dirigente Generale del detto Assessorato n. 18812 del 28.11.2017»;

b) quanto al primo e al secondo ricorso per motivi aggiunti:

– del decreto del Presidente della Regione Siciliana n. 606/GAB. del 24 ottobre 2018;

– nonché di ogni altro atto e provvedimento, presupposto e consequenziale.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Mascali;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Presidenza della Regione Siciliana e dell’Assessorato delle autonomie locali e della funzione pubblica della Regione Siciliana;

Visti gli atti tutti della causa;

Vista l’ordinanza an. 798/2018 con la quale è stata rigettata l’istanza cautelare proposta dai ricorrenti;

Vista l’ordinanza Cons. giust. amm. sic., sez. giur., n. 107/2019 con la quale è stato rigettato l’appello interposto da parte ricorrente avverso la predetta ordinanza;

Designato relatore il dott. Giuseppe La Greca;

Uditi nell’udienza pubblica del 13 febbraio 2020 gli avv.ti C. Assennato per i ricorrenti; L. Fresta per il Comune di Mascali e l’avvocato dello Stato P. Scardillo per la resistente Amministrazione regionale;

Rilevato in fatto e ritenuto in diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

1.- La vicenda contenziosa instaurata dai ricorrenti, dichiaratisi tutti consiglieri comunali in carica del Comune di Mascali, riguarda l’articolato procedimento con il quale l’Assessorato delle autonomie locali e della funzione pubblica della Regione Siciliana ha disposto l’intervento sostitutivo per la deliberazione del dissesto finanziario del medesimo Comune, cui sono conseguiti la sospensione e il successivo scioglimento dell’organo assembleare in applicazione delle previsioni in tal senso contenute d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267 («Testo unico degli enti locali»).

2.- I ricorrenti hanno, in via introduttiva, censurato il d.a. n. 230 del 27settembre 2018 con il quale la resistente Amministrazione regionale ha disposto la sospensione del Consiglio comunale, congiuntamente agli atti presupposti tra i quali quello con cui il commissario ad acta, nominato dal predetto Assessorato, ha approvato il rendiconto della gestione per l’esercizio finanziario 2016 in sostituzione dell’organo consiliare inadempiente.

3.- A sostegno di tale prima domanda di annullamento i ricorrenti hanno dedotto i vizi come di seguito rubricati:

1) Violazione di legge (art. 109-bis l.r. n. 16 del 1963 e art. 141 d. lgs. n. 267 del 2000); carenza di motivazione. Il provvedimento di sospensione sarebbe stato emesso sulla base della sola normativa regionale, laddove la fattispecie sarebbe disciplinata anche dalla normativa nazionale, in tesi, pacificamente applicabile, la quale imporrebbe la motivazione dell’atto;

2) Incompetenza, carenza di potere, difetto di istruttoria e di motivazione. Il provvedimento sarebbe stato emesso da organo incompetente (il Dirigente generale del Dipartimento delle autonomie locali in luogo dell’Assessore) e – illegittimamente – dopo la cessazione del periodo di incarico al commissario ad acta.

4.- Il primo ricorso per motivi aggiunti ha ad oggetto il decreto del Presidente della Regione Siciliana n. 606/GAB del 24 ottobre 2018 con il quale sono stati disposti lo scioglimento del Consiglio comunale in questione e la nomina del commissario straordinario. Con tale ricorso i ricorrenti, oltre a reiterare i motivi di doglianza già introdotti con l’atto introduttivo avverso gli atti presupposti, hanno dedotto, quanto al provvedimento di scioglimento, la carenza di motivazione e la violazione del combinato disposto dell’art. 109-bis l.r. sic. n. 16 del 1963 e dell’art. 141 d.lgs. n. 267 del 2000. L’Assessorato resistente, secondo quanto esposto, avrebbe dovuto preliminarmente contestare gli addebiti secondo la procedura dell’art. 54 della l.r. sic. n. 16 del 1963, il quale prevedrebbe la sanzione dello scioglimento quando il consiglio comunale violi obblighi imposti dalla legge ovvero compia gravi o ripetute violazioni di legge – debitamente accertate e contestate – le quali dimostrino la irregolarità di funzionamento dell’organo. In tal senso il provvedimento non conterrebbe un’adeguata motivazione circa la natura delle omissioni e la loro suscettibilità di essere sanzionate con lo scioglimento.

Ciò – secondo quanto evidenziato – in considerazione che:

– l’art. 227 d.lgs. n. 267 del 2000, in materia di rendiconto della gestione sarebbe applicabile in Sicilia comprensivo del rinvio ivi contenuto all’art., 141, comma 2, d.lgs. n. 267 del 2000, e ciò sulla base di quanto previsto nell’art. 58 della l.r. sic. n. 26 del 1993;

– secondo tale disposizione, il provvedimento approvativo del rendiconto deve, in tesi, tenere conto della relazione dell’organo di revisione;

– l’art. 141 del d.lgs. n. 267 del 2000 prevedrebbe lo scioglimento del consiglio comunale solo laddove sussistano «gravi violazioni» dell’ordinamento, quale quella di specie non sarebbe.

5.- Successive censure sono state proposte, con il secondo ricorso per motivi aggiunti, avverso il predetto provvedimento di scioglimento il quale presenterebbe ulteriori profili di illegittimità in considerazione che la resistente Amministrazione comunale avrebbe illegittimamente omesso di acquisire il parere del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana previsto dall’art. 54 della l.r. sic. n. 16 del 1963 e, comunque, il competente Assessorato regionale avrebbe dovuto adeguatamente motivare circa la sussistenza di una «grave omissione», tale da essere sanzionata con lo scioglimento dell’organo assembleare.

6.- Si sono costituiti in giudizio la Presidenza della Regione Siciliana, l’Assessorato delle autonomie locali e della funzione pubblica della Regione Siciliana e il Comune di Mascali.

6.1.- L’Avvocatura dello Stato ha chiesto, per conto dell’Amministrazione regionale, dichiararsi il difetto di legittimazione passiva nei confronti della Presidenza della Regione Siciliana; essa ha concluso per l’infondatezza del ricorso nel merito.

6.2.- Ad analoga conclusione di infondatezza del ricorso è pervenuto il Comune di Mascali.

7.- Con ordinanza n. 798/2018 è stata respinta l’istanza cautelare proposta dai ricorrenti; analoga pronuncia reiettiva della domanda di sospensione dell’esecuzione è intervenuta in grado d’appello con ordinanza Cons. giust. amm. sic., sez. giur. n. 107 del 2019.

8.- In prossimità della discussione del ricorso nel merito le parti hanno depositato memorie.

9.- All’udienza pubblica del 13 febbraio 2020, presenti i procuratori delle parti che hanno ribadito le rispettive tesi difensive, il ricorso, su richiesta degli stessi, è stato trattenuto in decisione.

10.- Il ricorso introduttivo ed i motivi aggiunti, alla stregua di quanto si dirà, sono infondati. Tale esito esonera il Collegio, per evidenti ragioni di economia processuale, dall’esame delle questioni in rito sollevate dalle controparti, fermo restando che non può dubitarsi della legittimazione dei ricorrenti quali consiglieri comunali del Comune di Mascali in considerazione che i provvedimenti impugnati, poiché incidono sul corretto funzionamento dell’organo, producono effetti negativi nei loro confronti incidendo sul relativo ius ad officium.

11.- Ai fini di una migliore intelligenza delle questioni prospettate è utile ricostruire succintamente le fasi salienti della vicenda procedimentale che hanno condotto all’articolata odierna domanda di annullamento.

11.1.- Il Consiglio comunale di Mascali ha originariamente omesso di approvare il rendiconto della gestione per l’esercizio finanziario 2016 sicché il competente Dipartimento regionale delle autonomie locali ha proceduto alla nomina di un commissario ad acta (d.a. n. 230/2017) per la predisposizione dello schema del predetto strumento finanziario. Su sollecitazione del medesimo commissario, la Giunta comunale, con deliberazione n. 57/2018, ha approvato lo schema di rendiconto: esso è stato quindi sottoposto al parere dell’organo di revisione il quale si è espresso in senso negativo. Tale parere negativo è stato successivamente reiterato, in presenza, tra l’altro, di irregolarità discendenti dall’avvenuta emissione di un mandato di € 98.786,14 che avrebbe determinato una incongruenza tra il saldo di cassa e quello finanziario.

Il Consiglio comunale, pronunciatosi sulla proposta di approvazione del rendiconto di gestione, ne ha deliberato il rigetto in ragione dei vizi rilevati dall’organo di revisione e stante l’accertata inattendibilità del documento sottoposto alla sua approvazione, sia sul piano formale che su quello sostanziale.

11.2.- Il predetto rendiconto è stato quindi approvato dal commissario ad acta con deliberazione n. 2/2018 (qui impugnata) cui è conseguita la sospensione del Consiglio comunale ed il successivo scioglimento.

12.- I ricorrenti muovono dall’impugnazione del provvedimento di sospensione dell’organo consiliare il quale costituirebbe la conseguenza dell’approvazione del rendiconto di gestione ad opera di un commissario ad acta la cui nomina (id est: proroga) sarebbe stata disposta dal Dirigente generale del Dipartimento regionale delle autonomie locali in luogo dell’Assessore.

Essi hanno evidenziato che:

a) l’approvazione del rendiconto sarebbe avvenuta sine titulo dal commissario ad acta il cui incarico sarebbe precedentemente scaduto e rinnovato, tardivamente, da organo – dirigenziale – non competente;

b) il rendiconto della gestione non avrebbe potuto essere approvato dall’organo straordinario in presenza di un parere negativo dell’organo di revisione;

c) nessuna grave violazione può essere, in tesi, imputata all’organo consiliare il quale avrebbe originariamente respinto la proposta approvativa del rendiconto formulata dal servizio finanziario dell’Ente in ragione del parere negativo dell’organo di revisione al quale sarebbe vincolato.

Dalla – asserita – illegittima adozione dello strumento finanziario del commissario acta discenderebbe l’illegittimità della sospensione dell’organo e del suo successivo scioglimento, il quale non sarebbe stato neppure preceduto dal parere del C.G.A.R.S. (previsto dall’art. 54, c. 3, l.r. sic. n. 16 del 1963) e non sarebbe sorretto dalle gravi violazioni previste dalla legge.

13.- Le doglianze non sono meritevoli di pregio.

14.- In presenza di una situazione di fatto quale quella che ha connotato la proposta di deliberazione approvativa del rendiconto di gestione, poi respinta dal Consiglio comunale, l’organo assembleare, malgrado le rappresentate notevoli anomalie della gestione finanziaria dell’ente sfociata anche in episodi di rilevanza penale e malgrado il parere negativo dell’organo di revisione, avrebbe potuto dar seguito all’approvazione della predetta proposta emendandola con prescrizioni operative idonee a salvaguardare gli equilibri finanziari dell’ente ed alla riconduzione della gestione ai corretti parametri della disciplina di bilancio così come fissata dalla Parte seconda del d. lgs. n. 267 del 2000 e dal d. lgs. n. 118 del 2011 (applicabili in Sicilia, con riferimento alle disposizioni finanziarie, in forza del rinvio ex art. 1 della l.r. n. 48 del 1991 ed in forza del riparto di competenze in tema di bilanci pubblici ed armonizzazione).

D’altronde, l’affermazione secondo cui il parere negativo dell’organo di revisione determinerebbe sempre e comunque il rigetto della proposta approvativa del rendiconto (ovvero del bilancio di previsione o di quella accertativa della salvaguardia degli equilibri) non è corretta, ben potendo l’organo assembleare dettare (in questa come in altre materie in cui è prevista l’acquisizione di pareri, compresi quelli di cui all’art. 12 della l.r. sic. n. 30 del 2000) specifiche misure idonee a garantire il rispetto della disciplina finanziaria nel corso dell’esercizio.

La reiezione, sic et simpliciter, della proposta non poteva nel caso di specie – trattandosi di atto fondamentale per il funzionamento dell’Ente – che dar luogo all’intervento sostitutivo ai sensi dell’art. 24 della l.r. sic. n. 44 del 1991 ad opera dell’Amministrazione preposta alla vigilanza che, nell’ordinamento della Regione Siciliana, in applicazione della disciplina vigente, a partire dalle norme di attuazione dello statuto regionale (in materia, cfr. d. P.R. n. 977 del 1956) è individuata non già nella Prefettura come nel sistema tracciato dal d. l.gs. n. 267 del 2000 ma nel Dipartimento regionale delle autonomie locali presso l’omonimo Assessorato (ex Assessorato regionale degli enti locali).

15.- Correttamente l’Amministrazione regionale resistente ha, dunque, disposto, come atto dovuto, l’intervento sostitutivo del commissario ad acta, la cui proroga, preordinata al raggiungimento del risultato, ossia all’adozione dell’atto obbligatorio per legge, non ha determinato un effetto invalidante sugli atti successivi.

E’ vero che la nota dirigenziale con la quale è stata disposta la «proroga» dell’incarico commissariale presenta profili di incompetenza, in considerazione anche della recente giurisprudenza di questo Tribunale (sentenza n. 2051 del 2019), qui ribaditi, con cui si è affermato che gli interventi sostitutivi negli enti locali non possono essere disposti dall’organo gestionale: tuttavia detta nota è del tutto irrilevante poiché con essa il Dirigente generale ha invitato i commissari nominati in diversi comuni della regione a concludere gli incarichi conferiti i cui termini dovevano, tutti, intendersi stabiliti in senso sollecitatorio. L’assenza di una connotazione provvedimentale della predetta nota rende del tutto irrilevante il vizio dedotto.

16.- Ciò detto, le doglianze con cui i ricorrenti censurano l’adozione del rendiconto della gestione da parte del commissario ad acta e la ritenuta assenza dei presupposti per farsi luogo alla sospensione e successivo scioglimento dell’organo si rivelano, così come prospettate, del tutto infondate. Come si vedrà, esse muovono da una distorsione prospettica dei medesimi ricorrenti e giungono a risultati che non sono in linea con le coordinate ordinamentali della Regione Siciliana, vero unico parametro di riferimento, la quale, si ricordi, in materia di competenza e funzionamento degli organi degli enti locali è titolare di una competenza legislativa esclusiva (art. 14 Statuto Reg. Sic. e relative norme di attuazione ex d. P.R. n. 977 del 1956).

17.- I ricorrenti evidenziano, a più riprese, la asserita difformità dell’operato dell’Amministrazione regionale e del commissario ad acta da essa inviato a deliberare il rendiconto rispetto ai parametri dell’art. 227, comma 2-bis e dell’art. 141 del d. lgs. n. 267 del 2000, ritenuti «pacificamente applicabili».

18.- Ora, deve evidenziarsi come tali disposizioni siano, allo stato, in Sicilia in parte qua (ossia quanto alla comminatoria di scioglimento) inapplicabili poiché non espressamente richiamate con un’espressa disposizione legislativa regionale: in entrambi i casi, si tratta di previsioni (quanto all’art. 227 limitatamente al comma 2-bis) che investono il tema del funzionamento degli organi e i corrispondenti interventi sostitutivi che, in ambito regionale siciliano, sono sottratti alla legislazione statale (cfr. art. 1, l.r. sic. n. 48 del 1991; artt. 109-bis e 144 l.r. sic. n. 16 del 1963).

Per completezza, va detto, per un verso, come il rinvio dinamico alla disciplina statale in tema di ordinamento finanziario e contabile stabilito dall’art. 1 della l.r. n. 48 del 1991 non si estenda alle competenze degli organi ed alle conseguenze proprie delle relative violazioni e inadempimenti essendo la relativa disciplina attribuita al legislatore regionale (né a diverse conclusioni può giungersi sulla base del nuovo titolo V della Costituzione e della disciplina sull’armonizzazione contabile del 2011); per altro verso, a ben vedere, la previsione dell’art. 227 comma 2-bis, così come modificata dall’art. 3, comma 1, lett. l d.l. n. 174 del 2012, conv. in l. n. 213 del 2012, si applica nelle Regioni a statuto speciale «nelle forme stabilite dai rispettivi statuti di autonomia e dalle relative norme di attuazione» (cfr. art. 11-bis d.l. n. 174 del 2012) non potendosi essa farsi rientrare nelle norme di coordinamento della finanza pubblica.

La Corte costituzionale con sentenza n. 39 del 2014 «[…] ha infatti […] chiarito […] che l’impugnato art. 11-bis stabilisce l’inapplicabilità delle disposizioni del citato decreto-legge agli enti ad autonomia speciale, fatta eccezione per i soli casi in cui singole disposizioni dello stesso decreto statuiscano espressamente in senso contrario. Tale interpretazione, col sancire la piena idoneità dell’art. 11-bis in esame a tutelare le prerogative degli enti ad autonomia differenziata, esclude che esso imponga alle ricorrenti […] di attuare disposizioni dello stesso decreto che contrastino con i loro rispettivi statuti speciali o con le relative norme di attuazione e comporta l’infondatezza delle questioni proposte dalle stesse ricorrenti sulla base dell’opposto erroneo presupposto interpretativo».

D’altronde, deve essere ricordato che la questione dell’applicabilità in Sicilia, in assenza di una specifica legge regionale di richiamo, di disposizioni inserite nell’ordinamento finanziario e contabile ma che sostanzialmente attengono al funzionamento degli organi degli enti locali non costituisce una novità.

Va, infatti, ricordato, come, all’epoca dell’emanazione del d. lgs. n. 77 del 1995 (poi trasposto, in via compilativa, nella Parte seconda del d. lgs. n. 267 del 2000), si pose, ad esempio, il problema dell’efficacia in Sicilia delle disposizioni ivi contenute in tema di variazioni al bilancio in via d’urgenza operate della giunta e di quelle tendenti alla diversa identificazione dell’organo «esecutivo» dell’ente: senza esitazione, ne fu chiaramente affermata l’inapplicabilità (parere Cons. giust. amm. sic., n. 402/95 del 14 novembre 1995).

E’ indubbio che la sanzione dello scioglimento del consiglio comunale in ambito regionale siciliano non è applicabile in assenza di una specifica disposizione legislativa regionale in tal senso. Detta misura è stata, invero, inopinatamente irrogata in forza di quanto previsto dalla circolare regionale (n. 16 del 2013, in G.U.R.S. del 18 ottobre 2013) richiamata nel provvedimento di scioglimento il cui contenuto non è convincente per l’apertura che esso offre ad un’interpretazione del tutto discontinua col sistema il quale, in realtà, attribuisce sempre (ad eccezione della fattispecie dell’infiltrazione mafiosa) al legislatore regionale siciliano la previsione dello scioglimento dell’organo, come esattamente accade per il bilancio di previsione.

19.- Ciò detto, un dato è certo: i ricorrenti, verosimilmente mutuando l’approccio interpretativo – autorevole ma qui non condiviso – pure offerto dalla giurisprudenza contabile siciliana che, in sede consultiva e di controllo, ha ritenuto direttamente applicabile la norma statale secondo l’impostazione ermeneutica offerta dalla circolare regionale, non hanno specificamente censurato tale aspetto. Essi si sono limitati a scrutinare le asserite difformità dell’operato dell’Amministrazione regionale ponendo quale parametro normativo di riferimento quello (inapplicabile al caso di specie) statale e, segnatamente, l’art. 141 d. lgs. n. 267 del 2000, che, peraltro, risulta essere qui del tutto rispettato. In tal senso è sufficiente osservare che secondo lo schema normativo statale la selezione della «gravità» dell’inadempimento è stata operata direttamente dal legislatore il quale ha correlato la – vincolata – sanzione dello scioglimento alla mera omissione dell’approvazione del rendiconto della gestione nel termine assegnato, sicché nessun ulteriore supporto motivazionale si poneva qui quale necessario.

20.- Né, sotto altro profilo, può sostenersi l’applicabilità della surrichiamata disciplina statale – come erroneamente argomentato dai ricorrenti – in forza del rinvio operato dall’art. 58 della l.r. sic. n. 26 del 1993. Se è vero che in sede statale il legislatore ha espressamente equiparato, ai fini dell’intervento sostitutivo, l’omessa approvazione del rendiconto di gestione alla omessa approvazione del bilancio di previsione, così non è in sede regionale. Tale previsione, diversamente da quanto prospettato, si riferisce alla distinta fattispecie delle conseguenze determinate dalla sola omessa approvazione del bilancio preventivo (ed atti ad esso equiparati quale è la verifica della salvaguardia degli equilibri ex art. 193 d. lgs. n. 267 del 2000) e della dichiarazione di dissesto, ma non anche agli interventi conseguenti all’omessa approvazione del rendiconto di gestione il quale è strumento finanziario avente altra natura e finalità sia sul piano formale, sia sul piano sostanziale. In altre parole si tratta di disposizione che, in ambito regionale, non può porsi alla base di un provvedimento di scioglimento per l’omessa approvazione del rendiconto il quale avrebbe potuto essere disposto soltanto dalla norma regionale.

Sul punto non è, del resto, superfluo evidenziare che ove il legislatore statale abbia inteso equiparare talune omissioni alla mancata approvazione del bilancio di previsione sul versante dello scioglimento dell’organo consiliare (ma anche sul piano sostanziale dei singoli istituti), lo ha fatto espressamente (cfr. art. 193, comma 4, d. lgs. n. 267 del 2000 sulla mancata adozione dei provvedimenti di riequilibrio), così come del resto lo ha fatto con riferimento all’omissione di atti equiparata alla mancata approvazione del rendiconto (art. 42, comma 12, d.lgs. n. 118 del 2011 in tema di applicazione del disavanzo di gestione al bilancio d’esercizio).

21.- Anche le ulteriori doglianze contenute nel secondo ricorso per motivi aggiunti sono prive di fondatezza:

– nessun parere del C.G.A.R.S. avrebbe dovuto essere acquisito, ove pur ritenuto applicabile l’art. 109-bis della l.r. n. 16 del 1963, dopo la l. n. 127 del 1997 (Cons. giust. amm., sez.riun. n. 975/2000)

– nessun difetto di motivazione può essere predicato in una situazione in cui il consiglio ha definitivamente deliberato di non approvare (id est: di bocciare) il rendiconto e nella quale la nomina del commissario ad acta, con le conseguenze che ne sono derivate, costituiva atto vincolato ed obbligatorio necessario per garantire la funzionalità dell’ente (art. 24, l.r. sic. n. 44 del 1991).

22.- Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso ed i motivi aggiunti devono essere rigettati con compensazione delle spese di lite tra tutte le parti in ragione della non completa perspicuità della disciplina di riferimento.

23.- Copia della presente sentenza va trasmessa alla Procura presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Siciliana congiuntamente a copia digitale del fascicolo di causa in ragione dei possibili profili di danno correlati al contenuto dei pareri dell’organo di revisione (cfr. sup. § 11.1).

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, Sezione prima, rigetta il ricorso introduttivo ed i motivi aggiunti in epigrafe indicati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Dispone la trasmissione di copia digitale della presente sentenza alla Procura presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Siciliana congiuntamente a copia digitale del fascicolo di causa.

Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 13 febbraio 2020 con l’intervento dei magistrati:

Maria Stella Boscarino, Presidente FF

Giuseppe La Greca, Consigliere, Estensore

Giuseppina Alessandra Sidoti, Primo Referendario

L’ESTENSORE                                                                                    IL PRESIDENTE

Giuseppe La Greca                                                                         Maria Stella Boscarino

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