16/02/2016 – I vincoli alla contrattazione nella Legge di Stabilità 2016

I vincoli alla contrattazione nella Legge di Stabilità 2016
 

di Arturo Bianco

La legge di stabilità 2016 contiene drastiche limitazioni alla contrattazione collettiva, tanto nazionale che decentrata integrativa. Per il rinnovo dei contratti nazionali del pubblico impiego viene dettata la soglia media di circa 5 euro mensili lordi come tetto degli aumenti; per il fondo per la contrattazione decentrata, o meglio per le risorse destinate al salario accessorio, si ripropongono con poche variazioni le previsioni dell’articolo 9, comma 2 bis, del D.L. n. 78/2010: viene stabilito il duplice vincolo che i fondi debbano restare nel tetto di quello del 2015 e che debbano essere ridotti in misura proporzionale alla diminuzione del personale, tenendo conto anche delle capacità assunzionali dell’amministrazione.

Non vi sono vincoli o rinvii agli effetti prodotti dalle progressioni orizzontali o economiche.

LA CONTRATTAZIONE NAZIONALE

Per il rinnovo dei contratti collettivi nazionali di lavoro dei dipendenti e dirigenti delle amministrazioni statali sono stanziati 300 milioni di euro; in questa cifra sono compresi 74 milioni di euro per il personale delle forze armate e dei corpi di polizia e 7 per il restante personale cd non contrattualizzato. Il che sembra determinare aumenti medi di circa 5 euro mensili lordi. 

Per le amministrazioni pubbliche non statali i maggiori oneri determinati dai rinnovi contrattuali devono essere sostenuti dai singoli enti, con ciò riprendendo indicazioni consolidate.  Per cui nei bilanci preventivi del 2016 essi andranno inseriti. La quantificazione sarà effettuata con un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri che doveva essere emanato entro la fine dello scorso mese di gennaio. Si deve ricordare che queste risorse si aggiungono ovviamente alla indennità di vacanza contrattuale in godimento.

L’avvio della contrattazione collettiva nazionale di lavoro è subordinato alla riduzione a 4 del numero dei comparti di contrattazione, dando applicazione alle previsioni dettate dal Dlgs n. 150/2009, cd legge Brunetta. E di fatto si deve considerare subordinato anche agli effetti che deriveranno dall’attuazione dei decreti attuativi della cd riforma Madia, legge n. 124/2015, stante che in questi provvedimenti è prevista la revisione delle disposizioni attualmente in vigore per la contrattazione nel pubblico impiego.

Dal che si può trarre la previsione che la contrattazione nazionale con ogni probabilità non si avrà prima della seconda parte dell’anno, stante che il termine per l’adozione del decreto delegato sulla riforma del lavoro pubblico scade a metà agosto e quello per l’adozione del decreto delegato sulla dirigenza scade a metà febbraio del 2017.

IL TETTO AL SALARIO ACCESSORIO

Le risorse per il salario accessorio vengono drasticamente contenute fino alla entrata in vigore dei decreti legislativi attuativi della riforma della dirigenza pubblica e delle disposizioni sul lavoro pubblico contenute nella legge n. 124/2015, cd riforma Madia. 

La disposizione, riprendendo il comma 2 bis dell’articolo 9 del D.L. n. 78/2010, stabilisce non si può superare l’ammontare “complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale”. Per cui occorre fare riferimento al fondo complessivo, senza la necessità di ottenere analoghi risultati sulle singole voci.

Occorre inoltre considerare che, sulla scorta delle indicazioni contenute nella deliberazione della sezione autonomie della Corte dei Conti n. 26/2014, sono comprese in tale vincolo anche le risorse destinate alle posizioni organizzative nei comuni privi di dirigenti. 

Si deve ritenere che siano esclusi dal tetto del fondo i compensi destinati alla incentivazione dei tecnici ex DLgs n. 163/2006, degli avvocati per i contenziosi conclusi con condanna dell’altra parte al pagamento delle spese legali, dei risparmi derivanti dalle risorse di parte stabile non utilizzate dell’anno precedente e dal fondo per il lavoro straordinario, nonché i trasferimenti Istat. Si deve chiarire se sono escluse anche le risorse finanziate da altri soggetti, le cd voci in conto terzi, quali i proventi delle sponsorizzazioni, le risorse da destinare ai vigili prelevate dalle sanzioni per le inosservanze al codice della strada, le risorse da destinare al personale degli uffici tributi per il recupero di evasione Ici, i proventi del condono edilizio, i rimborsi delle spese per le notificazioni etc.

LA RIDUZIONE DEL FONDO

Il fondo deve essere ridotto “in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio”, ma si deve tenere “conto del personale assumibile ai sensi della normativa vigente”. Vanno chiarite le modalità di applicazione di questa previsione, che è finalizzata ad includere nel personale in servizio anche quello di cui sono programmabili le assunzioni alla luce dei tetti fissati dalla stessa legge finanziaria in questa direzione.

Si deve ricordare che sul modo con cui operare la riduzione per la diminuzione del personale in servizio si sono fronteggiate tesi diverse. La Ragioneria Generale dello Stato ha elaborato il metodo della media aritmetica del personale in servizio ed invece la Conferenza dei Presidenti delle Regioni e la sezione regionale di controllo della Corte dei Conti della Lombardia hanno elaborato la indicazione per cui si deve fare riferimento ai risparmi effettivamente conseguito. Il documento della Conferenza Unificata del 10 luglio e la circolare dei Ministri della Funzione Pubblica, Affari Regionali ed Economia e Finanze dello 8 agosto 2014, ma anche numerose sezioni regionali di controllo della magistratura contabile, ci hanno detto che, nell’attesa di pervenire ad una indicazione univoca, ambedue tali metodologie possono essere applicate. 

Per cui sulle modalità di calcolo della decurtazione del fondo per la riduzione del personale in servizio si attendono indicazioni operative.

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