16/02/2016 – Accesso e rapporti con la privacy

Accesso e rapporti con la privacy

 

February 15, 2016

 

Art. 7-bis (Limiti alla pubblicazione)-1. Gli obblighi di pubblicazione dei dati personali diversi dai dati sensibili e dai dati giudiziari, di cui all’articolo 4, comma 1, lettere d) ed e), del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, comportano la possibilità di una diffusione dei dati medesimi attraverso siti istituzionali, nonché il loro trattamento secondo modalità che ne consentono la indicizzazione e la rintracciabilità tramite i motori di ricerca web ed il loro riutilizzo ai sensi dell’articolo 7 nel rispetto dei principi sul trattamento dei dati personali.

2. La pubblicazione nei siti istituzionali, in attuazione del presente decreto, di dati relativi a titolari di organi di indirizzo politico e di uffici o incarichi di diretta collaborazione, nonché a dirigenti titolari degli organi amministrativi è finalizzata alla realizzazione della trasparenza pubblica, che integra una finalità di rilevante interesse pubblico nel rispetto della disciplina in materia di protezione dei dati personali.

3. Le pubbliche amministrazioni possono disporre la pubblicazione nel proprio sito istituzionale di dati, informazioni e documenti che non hanno l’obbligo di pubblicare ai sensi del presente decreto o sulla base di specifica previsione di legge o regolamento, nel rispetto dei limiti indicati dall’articolo 5-bis, procedendo alla anonimizzazione dei dati personali eventualmente presenti.

4. Nei casi in cui norme di legge o di regolamento prevedano la pubblicazione di atti o documenti, le pubbliche amministrazioni provvedono a rendere non intelligibili i dati personali non pertinenti o, se sensibili o giudiziari, non indispensabili rispetto alle specifiche finalità di trasparenza della pubblicazione.

5. Le notizie concernenti lo svolgimento delle prestazioni di chiunque sia addetto a una funzione pubblica e la relativa valutazione sono rese accessibili dall’amministrazione di appartenenza. Non sono invece ostensibili, se non nei casi previsti dalla legge, le notizie concernenti la natura delle infermità e degli impedimenti personali o familiari che causino l’astensione dal lavoro, nonché le componenti della valutazione o le notizie concernenti il rapporto di lavoro tra il predetto dipendente e l’amministrazione, idonee a rivelare taluna delle informazioni di cui all’articolo 4, comma 1, lettera d) del decreto legislativo n. 196 del 2003.

6. Restano fermi i limiti alla diffusione e all’accesso delle informazioni di cui all’articolo 24, commi 1 e 6, della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modifiche, di tutti i dati di cui all’articolo 9 del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322, di quelli previsti dalla normativa europea in materia di tutela del segreto statistico e di quelli che siano espressamente qualificati come riservati dalla normativa nazionale ed europea in materia statistica, nonché quelli relativi alla diffusione dei dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale.

7. Al fine di assicurare la trasparenza degli atti amministrativi non soggetti agli obblighi di pubblicità previsti dal presente decreto, la Commissione di cui all’articolo 27 della legge 7 agosto 1990, n. 241, continua ad operare anche oltre la scadenza del mandato prevista dalla disciplina vigente, senza oneri a carico del bilancio dello Stato.

8. Sono esclusi dall’ambito di applicazione del presente decreto i servizi di aggregazione, estrazione e trasmissione massiva degli atti memorizzati in banche dati rese disponibili sul web.

Il nuovo articolo 7-bis del d.lgs 33/2013 prova a fare, finalmente, chiarezza e mettere ordine relativamente ai complessi rapporti tra trasparenza e diritto alla riservatezza.

Come è noto, tra l’allora Civit e l’Autorità garante per il diritto alla riservatezza non vi fu assolutamente identità di idee su come considerare gli obblighi di pubblicazione, in applicazione del d.lgs 33/2013. Il Garante della privacy disapprovò la sostanziale “liberalizzazione” dei dati stabiliti col d.lgs 33/2013, tanto da adottare le “Linee guida in materia di trattamento di dati personali, contenuti anche in atti e documenti amministrativi, effettuato per finalità di pubblicità e trasparenza sul web da soggetti pubblici e da altri enti obbligati” (Pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale n. 134 del 12 giugno 2014), che per molti versi inseriscono impedimenti ed ostacoli alla considerazione di “accessibilità totale” ai dati prevista dalla norma.

Con l’articolo 7-bis si cerca di rimediare e stabilire regole più certe nella complicata relazione tra trasparenza e privacy, problema comunque irrisolto della normativa nazionale.

Col primo comma dell’articolo in esame si regolano i rapporti tra privacy e obblighi di pubblicazione dei dati personali che abbiano ad oggetto, però, dati “diversi dai dati sensibili e dai dati giudiziari, di cui all’articolo 4, comma 1, lettere d) ed e), del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196”.

In questo caso, la norma prevede:

  1. la piena possibilità di una diffusione dei dati attraverso siti istituzionali;

  2. il loro trattamento secondo modalità che ne consentono la indicizzazione e la rintracciabilità tramite i motori di ricerca web ed il loro riutilizzo ai sensi dell’articolo 7 del d.lgs 33/2013, nel rispetto dei principi sul trattamento dei dati personali (in particolare, della non eccedenza).

In termini più semplicistici, dunque, tutti i dati soggetti a pubblicazione obbligatoria ai sensi del d.lgs 33/2013 non possono trovare ostacolo nella normativa sulla privacy e, quindi, si pubblicano per effetto della specifica autorizzazione ex lege disposta col comma 1. Ovviamente, tale autorizzazione non si estende a dati riservatissimi, come quelli sensibili e giudiziari.

Il comma 2 si riferisce in particolare alla pubblicazione nei siti istituzionali dei molteplici dati imposti dal d.lgs 33/20913 relativi a:

  1. titolari di organi di indirizzo politico;

  2. titolari di uffici o incarichi di diretta collaborazione con gli organi di indirizzo politico;

  3. dirigenti titolari degli organi amministrativi.

La norma prevede la finalizzazione ex lege alla realizzazione della trasparenza pubblica, precisando che ciò risponde a finalità di rilevante interesse pubblico nel rispetto della disciplina in materia di protezione dei dati personali. Dunque, i soggetti ai quali si riferisce il comma 2 in esame non potranno opporre la riservatezza alle pubblicazioni obbligatorie relative ai dati previsti dal d.lgs 33/2013, dato il fine di rilevanza pubblica. Nello stesso tempo, si rafforza la posizione del responsabile della trasparenza, che grazie a questo chiarimento normativo non solo potrà, ma soprattutto dovrà disporre la pubblicazione integrale dei dati, senza alcuna reticenza.

Mentre i commi 1 e 2 si occupano di dati oggetto di pubblicazione obbligatoria, il comma 3 tratta la più complessa questione connessa a dati, informazioni e documenti che le pubbliche amministrazioni non soggetti a pubblicazione obbligatoria.

Anche in questo caso il legislatore risolve i problemi di compatibilità con la disciplina della privacy, disponendo espressamente che le PA possono pubblicare nel proprio sito istituzionale dati, informazioni e documenti non soggetti ad obblighi normativi o regolamentari di pubblicazione alle seguenti condizioni:

  1. nel rispetto dei limiti indicati dall’articolo 5-bis del d.lgs 33/2013 (cui si rinvia);

  2. procedendo alla anonimizzazione dei dati personali eventualmente presenti.

     

Pertanto, i dati non soggetti a pubblicazione obbligatoria non potranno essere pubblicati se dalla loro conoscenza pubblica possano conseguire lesioni agli interessi pubblici inerenti:

a) la sicurezza pubblica;

b) la sicurezza nazionale;

c) la difesa e le questioni militari;

d) le relazioni internazionali;

e) la politica e la stabilità finanziaria ed economica dello Stato;

f) la conduzione di indagini sui reati e il loro perseguimento;

g) il regolare svolgimento di attività ispettive;

nonché pregiudizio per la tutela dei seguenti interessi privati:

interessi privati:

a) la protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia;

b) la libertà e la segretezza della corrispondenza;

c) gli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d’autore e i segreti commerciali.

Del resto, l’articolo 5-bis sottrae i dati lesivi degli interessi sopra indicati perfino all’accesso civico, che avviene attraverso istanza: non avrebbe alcun senso prevedere ipotesi di diniego all’accesso civico di dati, se poi questi vengono pubblicati.

Resta il problema della carenza di un sistema oggettivo e misurabile per verificare fino a dove le amministrazioni riterranno che si estenda il rischio di ledere la tutela degli interessi visti sopra.

Sostanzialmente, il comma 3 pur autorizzando in via generale le amministrazioni a pubblicare anche dati non obbligatori finisce per rivelarsi un forte deterrente.

In ogni caso, il comma 4 dell’articolo 7-bis ricorda che anche laddove cui norme di legge o di regolamento prevedano la pubblicazione di atti o documenti, le pubbliche amministrazioni deggono rendere non intelligibili i dati personali:

1) non pertinenti;

2) o, se sensibili o giudiziari, non indispensabili rispetto alle specifiche finalità di trasparenza della pubblicazione.

Si tratta di limiti, questi, invalicabili del diritto alla riservatezza. La trasparenza e la conoscenza non debbono mai varcare i confini dell’utilità pubblica, sicchè dati eccedenti e non rilevanti non vanno mai resi pubblici.

In sostanza, il sistema migliore per fornire trasparenza dell’azione amministrativa è sempre quello dell’aggregazione dei dati e dell’anonimizzazione, fermo restando l’obbligo di entrare maggiormente nel dettaglio quando le norme lo impongano, per fini di trasparenza superiori a quelli della riservatezza, espressamente disposti dalla legge, come nel caso del comma 2 dell’articolo in commento.

Ma, esempio ancora migliore della possibilità di pubblicare dati di dettaglio è dato dal comma 5 dell’articolo 7-bis, a termini del quale sono rese accessibili dall’amministrazione di appartenenza tutte le notizie concernenti:

  1. lo svolgimento delle prestazioni di chiunque sia addetto a una funzione pubblica

  2. e la relativa valutazione.

Quindi, è espressamente consentito di accedere (sia mediante le pubblicazioni obbligatorie, sia mediante l’esercizio dell’accesso civico) alle notizie che descrivano lo svolgimento anche dettagliato delle attività lavorative dei dipendenti pubblici, ma anche di chi svolga una funzione pubblica onoraria o mediante contratto di servizio; molto chiara è la possibilità/dovere di rendere accessibili anche le valutazioni, la cui pubblicazione, quindi, non può considerarsi violazione del diritto alla riservatezza.

Sempre a mente del comma 5, non sono invece ostensibili, se non nei casi previsti dalla legge:

  1. le notizie concernenti la natura delle infermità e degli impedimenti personali o familiari che causino l’astensione dal lavoro

  2. le componenti della valutazione o le notizie concernenti il rapporto di lavoro tra il predetto dipendente e l’amministrazione, idonee a rivelare taluna delle informazioni di cui all’articolo 4, comma 1, lettera d) del decreto legislativo n. 196 del 2003, cioè i “dati sensibili”, e, quindi, “i dati personali idonei a rivelare l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l’adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale”.

Il comma 6 lascia fermi e vigenti i limiti alla diffusione e all’accesso:

  1. delle informazioni di cui all’articolo 24, commi 1[1] e 6[2], della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modifiche,

  2. di tutti i dati di cui all’articolo 9[3] del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322,

  3. di quelli previsti dalla normativa europea in materia di tutela del segreto statistico

  4. di quelli che siano espressamente qualificati come riservati dalla normativa nazionale ed europea in materia statistica,

  5. di quelli relativi alla diffusione dei dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale

Il comma 7 dispone la continuazione dell’operatività della Commissione di cui all’articolo 27 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi) anche oltre la scadenza del mandato prevista dalla disciplina vigente, senza oneri a carico del bilancio dello Stato, allo scopo di assicurare la trasparenza degli atti amministrativi non soggetti agli obblighi di pubblicità previsti dal d.lgs 33/2013.

Il comma 8, ultimo della norma in commento, chiarisce che le disposizioni del d.lgs 33/2013 non riguardano i servizi di aggregazione, estrazione e trasmissione massiva degli atti memorizzati in banche dati rese disponibili sul web.

 

[1] Se ne riporta il testo:

Il diritto di accesso è escluso:

a) per i documenti coperti da segreto di Stato ai sensi della legge 24 ottobre 1977, n. 801, e successive modificazioni, e nei casi di segreto o di divieto di divulgazione espressamente previsti dalla legge, dal regolamento governativo di cui al comma 6 e dalle pubbliche amministrazioni ai sensi del comma 2 del presente articolo;

b) nei procedimenti tributari, per i quali restano ferme le particolari norme che li regolano;

c) nei confronti dell’attività della pubblica amministrazione diretta all’emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione;

d) nei procedimenti selettivi, nei confronti dei documenti amministrativi contenenti informazioni di carattere psico-attitudinale relativi a terzi”.

 

[2] Se ne riporta il testo:

Con regolamento, adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Governo può prevedere casi di sottrazione all’accesso di documenti amministrativi:

a) quando, al di fuori delle ipotesi disciplinate dall’articolo 12 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, dalla loro divulgazione possa derivare una lesione, specifica e individuata, alla sicurezza e alla difesa nazionale, all’esercizio della sovranità nazionale e alla continuità e alla correttezza delle relazioni internazionali, con particolare riferimento alle ipotesi previste dai trattati e dalle relative leggi di attuazione;

b) quando l’accesso possa arrecare pregiudizio ai processi di formazione, di determinazione e di attuazione della politica monetaria e valutaria;

c) quando i documenti riguardino le strutture, i mezzi, le dotazioni, il personale e le azioni strettamente strumentali alla tutela dell’ordine pubblico, alla prevenzione e alla repressione della criminalità con particolare riferimento alle tecniche investigative, alla identità delle fonti di informazione e alla sicurezza dei beni e delle persone coinvolte, all’attività di polizia giudiziaria e di conduzione delle indagini;

d) quando i documenti riguardino la vita privata o la riservatezza di persone fisiche, persone giuridiche, gruppi, imprese e associazioni, con particolare riferimento agli interessi epistolare, sanitario, professionale, finanziario, industriale e commerciale di cui siano in concreto titolari, ancorché i relativi dati siano forniti all’amministrazione dagli stessi soggetti cui si riferiscono;

e) quando i documenti riguardino l’attività in corso di contrattazione collettiva nazionale di lavoro e gli atti interni connessi all’espletamento del relativo mandato”.

 

[3] Se ne riporta il testo:

9. Disposizioni per la tutela del segreto statistico.

1. I dati raccolti nell’àmbito di rilevazioni statistiche comprese nel programma statistico nazionale da parte degli uffici di statistica non possono essere esternati se non in forma aggregata, in modo che non se ne possa trarre alcun riferimento relativamente a persone identificabili, e possono essere utilizzati solo per scopi statistici (13).

2. I dati di cui al comma 1 non possono essere comunicati o diffusi se non in forma aggregata e secondo modalità che rendano non identificabili gli interessati ad alcun soggetto esterno, pubblico o privato, né ad alcun ufficio della pubblica amministrazione. In ogni caso, i dati non possono essere utilizzati al fine di identificare nuovamente gli interessati.

3. In casi eccezionali, l’organo responsabile dell’amministrazione nella quale è inserito lo ufficio di statistica può, sentito il comitato di cui all’art. 17, chiedere al Presidente del Consiglio dei Ministri l’autorizzazione ad estendere il segreto statistico anche a dati aggregati.

4. Fatto salvo quanto previsto dall’art. 8, non rientrano tra i dati tutelati dal segreto statistico gli estremi identificativi di persone o di beni, o gli atti certificativi di rapporti, provenienti da pubblici registri, elenchi, atti o documenti conoscibili da chiunque“.

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