15/10/2016 – questo il documento che Vighenzi, Lasec e Mal avevano trasmesso al Consiglio di Stato

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Al Consiglio di Stato

Segreteria Sezione Atti Normativi  

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Oggetto: Atto del Governo sottoposto a parere del Consiglio di Stato- Schema di decreto legislativo recante disciplina della dirigenza della Repubblica ( n 328) .

 

Le scriventi Associazioni Professionali, cui aderiscono numerosi segretari comunali, intendono richiamare l’attenzione di codesta Preg.ma Commissione sul nuovo quadro normativo delineato dallo schema di decreto in oggetto per tutta la dirigenza ed in particolare per i segretari comunali. Esprimono ansia ed apprensione per la preannunciata abolizione della categoria che sta trovando ora attuazione, per il fatto che nel decreto non vi è traccia di quelle sia pur minime garanzie del diritto al lavoro che la legge delega aveva preannunciato e che fanno prefigurare per tutti i segretari comunali in servizio un licenziamento di massa, senza colpa ne giusta causa, che non ha precedenti nella storia della Repubblica.

In termini generali preoccupa noi segretari comunali una espansione massima a tutti i livelli dirigenziali dello spoil system, proprio perché lo abbiamo subito per quasi venti anni e ne conosciamo limiti e incongruenze. Come ciò si concili con i ripetuti interventi della Corte costituzionale resta di comprendere.

Le nuove e complesse disposizioni ideate per la disciplina dei ruoli e degli incarichi da conferire ai dirigenti pubblici non obbediscono al principio costituzionale del buon andamento dell’amministrazione. Tale principio, posto dall’art. 97 della Costituzione, apparentemente soltanto una enunciazione astratta e programmatica, ha invece valore cogente, e la Corte stessa ne ha individuato il contenuto precettivo nel successivo comma dello stesso articolo in cui si dispone che “nell’ordinamento degli uffici  [devono essere] determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari”, affinché non si creino uffici e personale in assenza di un vero e proprio ordinamento specifico o di cui non siano esattamente individuate le funzioni. (1)

Correlati al principio del buon andamento ammessi a tutela costituzionale, secondo la giurisprudenza della Corte Costituzionale, sono il diritto al lavoro e gli interessi occupazionali, la tutela dell’unità familiare, la razionale organizzazione degli uffici, la regolarità e continuità dell’azione amministrativa. Inevitabilmente, come rileva la giurisprudenza della Corte più recente, il principio di buon andamento si collega con il principio di imparzialità della p.a. (2), concretizzato con la separazione della sfera politica dalla sfera amministrativa (3), di continuità dell’azione amministrativa, di giusto procedimento per la revoca di dirigenti. (4)

La sentenza della Corte n. 233/2006  e le successive in materia hanno posto in relazione una serie di disposizioni che disciplinano i rapporti tra organi politici ed organi amministrativi, privilegiando, in particolare, il principio di continuità dell’azione amministrativa che fonda la sua genesi proprio sull’art. 97 della Costituzione, ma evidenziando diverse specificità tutte meritevoli di tutela.

Il nuovo decreto, invece, ponendo una normativa di carattere generale e complessa,  rischia di vanificare l’orientamento della Corte Costituzionale che, nel corso degli ultimi anni, ha inteso limitare l’applicazione dello spoil system agli incarichi fiduciari, contigui e necessari agli organismi politici in quanto abilitati ad attuarne progetti ed obiettivi (5).

La gravità della situazione emerge in tutta la sua evidenza se si considera che il rinvio, contenuto nel nuovo art.23 ter del TUPI , agli articoli 33 e 34 dello stesso, comporta che se il dirigente, dopo due anni di disponibilità, non trovasse altro posto dirigenziale disponibile , si troverà di fronte alla risoluzione del rapporto di lavoro ed alla cancellazione dal ruolo. Se si considera che il numero dei posti dirigenziali è destinato a variare, anche in  relazione a fattori contingenti non preventivamente considerati, per effetto delle riorganizzazioni o di possibili gestioni associate, la possibilità di vedersi espulsi dal mondo del lavoro è molto elevata.

Non può poi non rilevarsi che le tre commissioni poste a presidio delle procedure di individuazione dei dirigenti, così come delineate dallo schema di decreto, non sono in grado di assicurare “indipendenza., terzietà, onorabilità e assenza di conflitto di interessi”, richiesti dall’art.11 della legge delega, in quante mera espressione della “parte datoriale”; in nessuna fase del processo è previsto il coinvolgimento di rappresentanze dei lavoratori.

Si aggiunga infine il riferimento al comma 2 del nuovo art 19 bis, che demanda alle singole PA la definizione dei requisiti necessari per ricoprire il posto di dirigente, con la prevedibile conseguenza di avere dei requisiti con vistose difformità da ente ad ente  ( ….o sartoriali, nella peggiore delle ipotesi).

Con riferimento alla situazione specifica dei segretari, le incongruenze e le contraddittorietà rispetto alla legge delega sono tali e numerose che in questa sede ci limitiamo a segnalare le più eclatanti, con riserva di dettagliare in proseguo, se necessario :

1) l’art.10 al comma 2 non solo non indica come e quando i segretari saranno assunti dalle amministrazioni locali ma, cosa ancor più grave, pone il limite della dotazione organica .

Come può essere rispettato detto limite, se finora i segretari non sono stati conteggiati nelle dotazioni organiche?  È evidente che il riferimento dovrebbe essere fatto, se del caso, ai limiti della spesa di personale quali risultano delle vigenti disposizioni, con un adeguato meccanismo agevolativo analogo a quello introdotto per il personale delle soppresse province, e che la normativa dovrebbe contemplare espressamente che la figura del segretario sia sostituita di diritto da quella del dirigente apicale e che il rapporto di lavoro sia trasferito d’ufficio in capo all’amministrazione in cui questo presta servizio. Negli enti locali dotati di direttore generale, il segretario generale dovrà invece assume la qualifica di dirigente generale con lo svolgimento delle funzioni finora svolte da segretario comunale, fino alla scadenza dell’incarico . Ciò se si intende dare attuazione alla legge delega., e non invece cancellare con un tratto di penna i diritti di lavoratori che finora sono stati al servizio dello Stato.

2) Che l’intento sia quello di espellere i segretari dal mondo del lavoro si desume anche dall’assenza di un sia pur minimo meccanismo surrogatorio che consenta di rendere effettivo  l’obbligo degli eell di istituire la figura del dirigente apicale, previsto dall’art 11 della L.124. Se il decreto delegato non fisserà un termine entro cui le amministrazioni locali debbano procedere alla istituzione del dirigente apicale, e l’intervento di un commissario ad acta, dotato di tutte le prerogative degli organi competenti, in caso di inadempienza,  si prospetterà agli attuali segretari un licenziamento di massa .

3) ambigua e pericolosa appare la norma contenuta nel secondo periodo del comma 1 quater del novellato art.16, laddove dapprima si parla genericamente di enti locali di minori dimensioni demografiche (mentre il comma 2 dell’art 27 bis ha già definito detti enti rinviando a quelli con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti o 3.000 se appartengono o sono appartenuti a comunità montane ). Ma le insidie sono contenute nel penultimo periodo del comma, laddove sembra far salva la possibilità di far svolgere le funzioni del dirigente apicale anche ai funzionari. Autorevoli commentatori si sono già espressi su questa linea che è assolutamente in contrasto con i principi della legge delega ( Arturo Bianco sole24 ore di lunedì 5 settembre ). La norma impone una sua riformulazione

Molte altre sono le norme che destano viva preoccupazione, come il comma 8 dell’art 19 ter che rinvia senza alcuna condizione (assenza di candidati o dirigenti in possesso dei requisiti, ad esempio)  all’art 110 del tuel, o ancora il comma 1 del nuovo art.27 bis che prevede un sistema di nomina incongruente con la qualifica di dirigente generale del dirigente apicale sancita dal comma 1 quater dell’art 16.

Per non parlare poi della immediata e improvvida abrogazione del Dpr 465/1997 contenuta nell’articolo 15 dello schema di decreto , che lascia la categoria senza disciplina nella fase transitoria , e della previsione , contenuta nel comma 1 dell’art 9, che si pone in contrasto con la legge delega laddove consente la nomina del dirigente apicale da tutti i ruoli della dirigenza, anziché del ruolo della dirigenza degli enti locali, come prescrive il secondo periodo del comma 1, lett.b, n.4 dell’art 11 della L.124/2015.

E’ evidente che la categoria paga lo scotto di essere stata chiamata a garantire la legalità in un’epoca in cui l’interesse a questo ruolo è solo apparente, ma sinceramente non crediamo di  meritare una fine così ingloriosa, non fosse altro perché fino ad oggi siamo stati al servizio dello Stato in forza di un contratto in cui abbiamo riposto fiducia ed a cui abbiamo avuto accesso a seguito di pubblici concorsi e severe procedure selettive.  .

Addì, 13 settembre  2016

 

(1). (Sentenza della Corte Costituzionale n. 14/1962).

(2) (Sentenza della Corte Costituzionale n. 141/1999).

(3 (Sentenza della Corte Costituzionale n. 333/1993).

(4) (Sentenze della Corte Costituzionale n. 103 e 104 del 2007 e n. 390/2008).

(5) (Sentenza della Corte Costituzionale n. 124/2011).

 

 

 

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