15/04/2020 – gruppi consiliari

Oggetto
Gruppi consiliari.
Massima
1) La disciplina dei gruppi consiliari, ai sensi dell’art. 38, comma 2, del D. Lgs. 267/2000, è dettata dal regolamento sul funzionamento del consiglio comunale “nel quadro dei principi stabiliti dallo statuto”. Pertanto, le problematiche relative alla costituzione e al funzionamento dei gruppi consiliari devono essere valutate alla stregua delle specifiche norme statutarie e regolamentari di cui l’ente si è dotato.

2) Qualora un consigliere comunale esca dal gruppo di originaria appartenenza e non intenda aderire ad alcun gruppo esistente, dovrebbe essergli data la possibilità di aderire al gruppo misto, se esistente, o di costituirlo ex novo: la possibilità che il gruppo misto sia costituito anche da un solo componente soddisfa, infatti, il diritto di autodeterminazione del consigliere e consentirebbe il pieno rispetto del principio costituzionalmente garantito del divieto di mandato imperativo.

Funzionario istruttore
BARBARA RIBIS

barbara.ribis@regione.fvg.it

Parere espresso da
Servizio elettorale, Consiglio delle autonomie locali e supporto giuridico agli enti locali
Testo completo del parere
Il Consigliere comunale desidera sapere quale sia la “prassi corretta da seguire per dimettersi dal gruppo elettorale di appartenenza mantenendo però la posizione di consigliere comunale di minoranza indipendente”. La questione posta attiene la più ampia tematica della disciplina dei gruppi consiliari all’interno della compagine assembleare comunale.

In via preliminare si osserva che “il principio generale del divieto di mandato imperativo sancito dall’articolo 67 della Costituzione, e pacificamente applicabile ad ogni assemblea elettiva, assicura ad ogni consigliere l’esercizio del mandato ricevuto dagli elettori – pur conservando verso gli stessi la responsabilità politica – con assoluta libertà, ivi compresa quella di far venir meno l’appartenenza dell’eletto alla lista o alla coalizione di originaria appartenenza”[1].

Sempre in termini generali si chiarisce che, come rilevato dal Ministero dell’Interno, “i gruppi non sono configurabili quali organi dei partiti e, pertanto, non sembra sussistere in capo a questi ultimi una potestà direttamente vincolante sia per un membro del gruppo di riferimento, che per gli organi assembleari dell’ente”[2]. Interessante, al riguardo è una pronuncia del giudice amministrativo la quale ha precisato che “i gruppi consiliari, in seno al Consiglio comunale […] hanno […] una duplice natura. Essi infatti rappresentano, per un verso, la proiezione dei partiti all’interno delle assemblee, e, per altro verso, costituiscono parte dell’ordinamento assembleare, in quanto articolazioni interne di un organo istituzionale. È dunque possibile distinguere due piani di attività dei gruppi: uno, più strettamente politico, che concerne il rapporto del singolo gruppo con il partito politico di riferimento, l’altro, gravitante nell’ambito pubblicistico, in relazione al quale i gruppi costituiscono strumenti necessari per lo svolgimento delle funzioni proprie degli organi assembleari, contribuendo ad assicurare l’elaborazione di proposte e il confronto dialettico tra le diverse posizioni politiche e programmatiche”[3].

Con riferimento alla fattispecie in esame l’intenzione del consigliere comunale è quella di uscire dal gruppo originario di appartenenza costituito dai consiglieri eletti nella medesima lista. A seguito di tali dimissioni si porrebbe la questione di definire la nuova collocazione che assumerebbe l’indicato consigliere attesa la sua volontà di mantenere “la posizione di consigliere comunale di minoranza indipendente”.

La questione verrà nel prosieguo affrontata sotto il profilo della disciplina dei gruppi consiliari, e non già di quello dei gruppi politici, l’appartenenza o l’uscita dai quali è regolamentata dalle norme interne dei diversi movimenti politici, senza influenza diretta sull’attività del consiglio comunale.

Preliminarmente, si ricorda che la disciplina dei gruppi consiliari, ai sensi dell’articolo 38, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è dettata dal regolamento sul funzionamento del consiglio comunale “nel quadro dei principi stabiliti dallo statuto”, essendo riconosciuta ai consigli piena autonomia funzionale ed organizzativa. Pertanto, le problematiche relative alla costituzione e al funzionamento dei gruppi consiliari devono essere valutate alla stregua delle specifiche norme statutarie e regolamentari di cui l’ente si è dotato.

Tale disciplina è contenuta nell’articolo 30 dello statuto comunale e nell’articolo 8 del regolamento sul funzionamento del consiglio comunale.

Il primo (articolo 30 dello statuto) recita: “I consiglieri possono costituirsi in gruppi, designando il capogruppo, secondo quanto previsto nel regolamento e ne danno comunicazione al Segretario comunale. Qualora non si eserciti tale facoltà o nelle more della designazione, i capigruppo sono individuati nei consiglieri che abbiano riportato il maggior numero dei voti nella lista di appartenenza”.

Il secondo (articolo 8 del regolamento consiliare) prevede che:

“1. I Consiglieri eletti nella medesima lista formano, di regola, un Gruppo Consiliare.

2. Ciascun Gruppo è costituito da almeno due Consiglieri. Nel caso che una lista presentata alle elezioni abbia avuto eletto un solo Consigliere, a questi sono riconosciute le prerogative e la rappresentanza spettanti ad un Gruppo Consiliare.

3. I singoli Gruppi devono comunicare per iscritto al Sindaco il nome del Capo gruppo, durante la prima riunione del Consiglio neo-eletto. […]

4. Il Consigliere che intende appartenere ad un Gruppo diverso da quello in cui è stato eletto deve darne comunicazione al Sindaco, allegando la dichiarazione di accettazione del Capo del nuovo gruppo.

5. Il Consigliere che si distacca dal gruppo in cui è stato eletto e non aderisce ad altri gruppi non acquisisce le prerogative spettanti ad un gruppo consiliare. Qualora più Consiglieri vengano a trovarsi nella predetta condizione, essi costituiscono un gruppo misto che elegge al suo interno il Capo gruppo. Della costituzione del gruppo misto deve essere data comunicazione per iscritto al Sindaco, da parte dei Consiglieri interessati.

6. Omissis”.

In via preliminare necessita ricordare che l’interpretazione delle norme regolamentari in oggetto spetta in via esclusiva al consiglio comunale che è l’organo competente all’adozione delle stesse. Di seguito pertanto si forniscono delle possibili interpretazioni dell’articolo 8 del regolamento per il funzionamento del consiglio che possano essere di ausilio per la soluzione della questione posta.

Quanto alle modalità da porre in essere per uscire dal gruppo di appartenenza si ritiene applicabile il disposto di cui al comma 4 dell’articolo 8 citato secondo cui “Il Consigliere che intende appartenere ad un Gruppo diverso da quello in cui è stato eletto deve darne comunicazione al Sindaco”. Si ritiene che tale norma possa applicarsi non solo nel caso, espressamente disciplinato, di uscita da un gruppo e adesione ad altro già esistente ma anche nella diversa ipotesi in cui non esista un gruppo al quale aderire.

Peraltro, l’articolo 30 dello statuto comunale prevede che la costituzione dei gruppi consiliari debba essere comunicata al segretario comunale. Al fine di coordinare le due disposizioni si ritiene opportuno che la comunicazione da parte dell’amministratore locale venga effettuata nei confronti sia del sindaco che del segretario comunale.

Si pone, poi, la questione di individuare il gruppo di successiva appartenenza del consigliere comunale in rifermento.

Attesa, infatti, l’impossibilità per il consigliere di costituire da solo un gruppo autonomo, stante la previsione di cui al comma 2 dell’articolo 8 del regolamento consiliare in base al quale “ciascun gruppo è costituito da almeno due Consiglieri”, bisogna considerare la possibilità che lo stesso entri a far parte del gruppo misto o lo costituisca, se non esistente. Non pare invece sostenibile la possibilità che un amministratore locale non faccia parte di alcun gruppo consiliare. La mancata incardinazione in un gruppo consiliare, infatti, si tradurrebbe in un’inaccettabile penalizzazione per il consigliere, attesa l’esistenza di diverse norme nel nostro ordinamento che presuppongono l’appartenenza ad un gruppo consiliare[4].

Nel ribadire che la materia dei gruppi consiliari deve trovare la propria disciplina nelle norme statutarie e regolamentari dell’ente locale, si osserva che l’articolo 8, comma 5, del regolamento sul funzionamento del consiglio comunale parrebbe non consentire la possibilità di istituire il gruppo misto anche con la partecipazione di un unico componente. Esso, infatti, prevede che: “Il Consigliere che si distacca dal gruppo in cui è stato eletto e non aderisce ad altri gruppi non acquisisce le prerogative spettanti ad un gruppo consiliare. Qualora più Consiglieri vengano a trovarsi nella predetta condizione, essi costituiscono un gruppo misto che elegge al suo interno il Capo gruppo. Della costituzione del gruppo misto deve essere data comunicazione per iscritto al Sindaco, da parte dei Consiglieri interessati”.

Occorre, peraltro, considerare che in linea generale il gruppo misto è un gruppo consiliare con carattere residuale, nel quale confluiscono i consiglieri, anche di diverso orientamento, che non si riconoscono negli altri gruppi costituiti, o che non possono costituire un proprio gruppo per mancanza delle condizioni previste dallo statuto o dal regolamento e la cui costituzione non dovrebbe essere subordinata alla presenza di un numero minimo di componenti. La possibilità di consentire che il gruppo misto sia costituito anche da un solo componente soddisfa, in altri termini, il diritto di autodeterminazione del consigliere e consentirebbe il pieno rispetto del principio costituzionalmente garantito del divieto di mandato imperativo.

Si rileva, ancora, che fino a quando il gruppo misto è composto da un solo membro, lo stesso dovrebbe assumere automaticamente la veste di capogruppo.

Il Ministero dell’Interno, in diverse occasioni, nell’affrontare la questione in riferimento, pur premettendo che “le problematiche relative alla costituzione e funzionamento dei gruppi consiliari devono essere valutate alla stregua delle specifiche norme statutarie e regolamentari di cui l’ente locale si è dotato”[5], stante la piena autonomia funzionale e organizzativa riconosciuta ai consigli comunali, ha affermato che “l’esercizio del diritto di costituire il gruppo misto non dovrebbe essere subordinato alla presenza di un numero minimo di componenti”[6].

Concludendo, alla luce delle considerazioni suesposte le norme regolamentari del Comune dovrebbero rispettare i principi sopra espressi per quanto concerne la costituzione del gruppo misto. Si suggerisce, pertanto, di richiedere all’Ente di appartenenza di valutare l’opportunità di procedere alla modifica di quelle disposizioni che si pongano in contrasto con essi e che costituirebbero una lesione delle prerogative riconosciute ai consiglieri comunali.

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[1] Così T.A.R. Trentino Alto Adige, sentenza del 9 marzo 2009, n. 75.

[2] Ministero dell’Interno, parere del 21 gennaio 2020.

[3] T.A.R. Lazio, Roma, sez. II ter, sentenza del 15 dicembre 2004, n. 16240.

[4] Una tale necessità si desume da diverse previsioni che presuppongono l’esistenza dei gruppi consiliari all’interno del consiglio comunale. Si pensi, a titolo di esempio, alla norma di cui all’art. 38, comma 3, TUEL, ove si demanda al regolamento sul funzionamento del consiglio la disciplina, tra l’altro, anche della gestione delle risorse attribuite per il funzionamento dei gruppi consiliari regolarmente costituiti o all’art. 39, comma 4, TUEL il quale prevede che il presidente del consiglio comunale assicuri una adeguata e preventiva informazione ai gruppi consiliari sulle questioni sottoposte al consiglio.

[5] Ministero dell’Interno, parere del 12 agosto 2019.

[6] Ministero dell’Interno, parere del 22 novembre 2019. Nello stesso senso Ministero dell’Interno, parere del 21 luglio 2017.

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