15/02/2019 – Urbanistica. Convenzione urbanistica

Urbanistica. Convenzione urbanistica

 

Pubblicato: 15 Febbraio 2019

TAR Abruzzo (PE) Sez. I n. 377 del 27 dicembre 2018

La convenzione urbanistica, quale strumento di attuazione del piano regolatore generale, avente ad oggetto la definizione dell’assetto urbanistico di una parte del territorio costituisce un accordo sostitutivo di provvedimento, ed è espressione di esercizio consensuale di un potere pianificatorio, che sfocia in un progetto ed in una serie di disposizioni urbanistiche generanti obblighi od oneri. Esso produce, quindi, un vincolo bilaterale per le parti, che è assoggettato alla disciplina di cui all’ art. 11 della legge n. 241/90 e, quindi, ai principi civilistici in materia di obbligazioni e contratti, per gli aspetti non incompatibili con la generale disciplina pubblicistica.

Pubblicato il 27/12/2018

N. 00377/2018 REG.PROV.COLL.

N. 00414/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’ Abruzzo

sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 414 del 2017, proposto da

Società Iniziative Immobiliari Abruzzesi s.p.a, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Vincenzo Di Baldassarre e Pasqualina Di Cicco, con domicilio eletto in forma digitale come in atti nonché in forma fisica presso lo studio dell’avv. Vincenzo Di Baldassarre in Pescara, via Venezia, 25;

contro

Comune di Pescara, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Paola Di Marco, con domicilio eletto in forma digitale come da PEC da Registri di Giustizia nonché in forma fisica presso il suo studio in Pescara, piazza Italia, n.1;

per l’annullamento

– della determinazione dirigenziale n. 73 del 29.11.2017 del Responsabile del Settore Programmazione del Territorio – Edilizia Integrata – Patrimonio Immobiliare del Comune di Pescara, con cui è stata disposta la “risoluzione del contratto per inadempimento ai sensi dell’art. 1453 cc in relazione alla convenzione urbanistica rep. n. 69733 racc. 22442 per notaio Marra sottoscritta in data 7/10/2010 tra il Comune di Pescara e la soc. Iniziative Immobiliari Abruzzesi Spa per l’attuazione del Comparto 9.16 denominato “La City””, contestualmente demandando all’Avvocatura comunale la conseguente azione legale risarcitoria, nonché procedendo “all’escussione della polizza fideiussoria SACE bt Credit”.

Visti il ricorso ed i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Pescara;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 dicembre 2018 la dott.ssa Renata Emma Ianigro e uditi per le parti l’avv. Pasqualina Di Cicco anche in sostituzione di Vincenzo Di Baldassarre per la parte ricorrente, e l’avv. Paola Di Marco per l’amministrazione comunale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso iscritto al n. 414/2017, la società Iniziative Immobiliari Abruzzesi s.p.a., impugnava, chiedendone l’annullamento, la determinazione dirigenziale n. 73 del 29.11.2017 con cui il Comune di Pescara pronunciava la risoluzione del contratto per inadempimento ai sensi dell’art. 1453 c.c. in relazione alla convenzione urbanistica rep. n. 69733 racc. 22442 sottoscritta per notaio Marra in data 7.10.2010 per l’attuazione del Comparto 9.16 denominato “La City” in via Tiburtina, e procedeva contestualmente all’escussione della polizza fideiussoria SACE bt Credit Surety n. 5671.00.27.2799552980 del 10.09.2010 relativamente alle opere di urbanizzazione mancanti per l’importo di € 992.264,23”.

Esponeva che:

– la convenzione urbanistica stipulata con il Comune di Pescara il 7.10.2010 aveva ad oggetto l’esecuzione delle opere di urbanizzazione, previste a scomputo degli oneri concessori, del piano attuativo di iniziativa privata approvato con delibera C.C. n.37 dell01.03.2010, per la realizzazione di un complesso immobiliare successivamente trasformato in uffici pubblici per essere destinato a sede regionale con delibere di variazione di destinazione d’uso G.M. n. 271 del 29.03.2013 e n. 567 del 12.07.2013;

– l’esecuzione delle opere di urbanizzazione, dell’importo complessivo di € 1.105.689,23 come da progettazione esecutiva approvata con determina n. 404/2010, era stata oggetto di sospensione in corso d’opera a fronte di problematiche emerse quanto alla necessità di predisporre una perizia suppletiva di variante per la ricognizione e modifica di parti della rete fognaria e per interventi di miglioramento determinati da esigenze sopravvenute, per cui in data 9.12.2013 aveva dichiarato di volersi avvalere della proroga triennale dei termini di inizio e ultimazione dei lavori di cui all’art. 30 comma 3 bis della legge n. 98/2013;

– il cantiere era stato interessato dal procedimento penale n. 5512/2015 attivato dalla Procura della Repubblica di Pescara per la verifica della legittimità dell’iter urbanistico/edilizio di attuazione del comparto, e ciò aveva determinato la sospensione dei lavori delle opere edilizie e di urbanizzazione onde evitare l’adozione di provvedimenti cautelari di tipo reale;

– in seguito alle dimissioni del R.u.p. in data 30.06.2016, ed agli incontri intercorsi con l’amministrazione nelle date del 27 e 29 settembre 2016, con nota del 30.09.2016 aveva richiesto un differimento triennale del termine di scadenza dei lavori del 6.10.2016 per l’esecuzione delle opere di urbanizzazione stante la non imputabilità all’istante dello stato di sospensione dei lavori, e, su sollecitazione dell’amministrazione, aveva proceduto in data 10.11.2016 alla nomina del R.u.p.per l’approvazione della richiesta di variante presentata in data 14.04.2015 prot. n. 42990.

Ciò premesso, lamentava che pur avendo il R.u.p. proceduto in data 27.09.2017 all’approvazione della variante, indicando in 360 giorni il termine ultimo per l’ultimazione dei lavori con decorrenza dalla sottoscrizione del verbale di ripresa degli stessi, il Comune di Pescara, dopo aver inoltrato il 23.06.2017 comunicazione di avvio del procedimento di risoluzione contrattuale della convenzione per l’intervenuta scadenza del termine di ultimazione dei lavori, con gli atti impugnati ha pronunciato la risoluzione del contratto per inadempimento ai sensi dell’art. 1453 c.c. procedendo contestualmente all’escussione della polizza fideiussoria.

A sostegno del ricorso deduceva i seguenti motivi di diritto:

1) Violazione e/o falsa applicazione di legge e, segnatamente, dell’art. 1453 c.c. e dei principi codicistici in materia di risoluzione contrattuale, della legge 7.08.1990 n. 241, degli artt. 41 e 97 Cost., e dei principi che informano la trasparenza, l’efficienza ed il buon andamento dell’azione amministrativa;

Il provvedimento impugnato è censurabile per illegittima applicazione della disposizione codicistica di cui all’art. 1453 c.c., dal momento che la convenzione urbanistica in esame non contiene alcuna disposizione volta a disciplinare le conseguenze delle violazioni o inadempienze agli obblighi contrattuali e tantomeno contiene clausole risolutive espresse.

Nella specie, non operando la risoluzione di diritto, lo scioglimento del rapporto potrebbe conseguire esclusivamente ad una pronuncia giudiziale di natura costitutiva su richiesta della parte interessata, che resterebbe comunque subordinata ad un giudizio di accertamento della gravità dell’inadempimento e della sua oggettiva imputabilità alla parte inadempiente. L’ente comunale, con la gravata determina, ha fatto un’applicazione illegittima dell’art. 1453 c.c. pretendendo di risolvere unilateralmente ed arbitrariamente il negozio per cui è causa in difetto di accertamento di alcuno dei suoi presupposti, laddove le asserite inadempienze ovvero i ritardi nell’attuazione delle opere di urbanizzazione non risultano minimamente riconducibili alla condotta dlela società rlicorrente.

2) Violazione e/o falsa applicazione di legge, e segnatamente degli artt. 1,3, e 97 della legge n. 241/1990 e dei principi di efficienza e di cautela che devono informare l’azione amministrativa, eccesso di potere nelle sintomatiche figure di carenza dei presupposti, travisamento dei fatti, violazione del giusto procedimento, difetto di istruttoria, assenza e comunque difetto di motivazione sotto il profilo dell’insufficienza e dell’approssimazione, dell’illogicità, dell’incongruenza e della perplessità, della contraddittorietà, del difetto di ponderazione, dell’illogicità manifesta, dell’irragionevolezza, dell’ingiustizia grave e manifesta, dello sviamento di potere;

a) In relazione alle sopravvenute problematiche esecutive ed alla perizia di variante in corso d’opera;

La sospensione dei lavori si è resa necessaria a fronte delle oggettive problematiche sopravvenute in fase esecutiva, non previste né tantomeno prevedibili al momento della redazione della progettazione, e comunque conosciute dal Comune in quanto derivate dalla difficoltosa ricognizione della linea fognaria e dalle prescrizioni impartire dall’A.c.a., società in house gestore del servizio idrico integrato per conto del Comune di Pescara, cui è seguita la presentazione di una perizia di variante, nonché la querelle tra il r.u.p. e l’amministrazione sull’incidenza della variante sul quadro economico di progetto.

b) In relazione al procedimento penale n. 5512/2015;

Le evidenti esigenze investigative ed ispettive connesse al procedimento penale hanno prodotto la sospensione dei lavori stante la necessità di non alterare lo stato dei luoghi oggetto di verifica, di evitare l’adozione di una misura reale e di non procrastinare una condotta suscettibile di aggravare il reato oggetto di contestazione.

La richiesta di proroga dei termini di esecuzione delle opere di urbanizzazione è stata necessitata dall’esigenza di attendere la definizione del procedimento penale, nell’interesse della stessa amministrazione, tenuto conto che le contestazioni sollevate dalla Procura riguardavano sia la fase autorizzativa che quella esecutiva dell’opera, nonché l’assunta illegittimità del titolo ascrivibile all’amministrazione stessa.

L’amministrazione, di contro, ha assunto una condotta contraria ai principi di efficienza e ragionevolezza dell’azione amministrativa, oltre che ostativa e contraddittoria.

L’atto impugnato, sulla scorta di una incompleta ricostruzione della vicenda, fonda la propria motivazione su affermazioni lapidarie e laconiche, senza fare alcun riferimento alla pendenza della procedura di variante ed alla pregiudiziale richiesta di proroga dei termini avanzata dalla ricorrente, ed è del tutto disancorato dal procedimento amministrativo in corso, stante la pregiudizialità della conclusione del procedimento connesso alla richiesta di proroga avanzata dalla ricorrente prima della comunicazione di avvio della risoluzione. Allo stesso modo il Comune ha ignorato che la procedura di variante si era favorevolmente conclusa sin dal 27.09.2017, ossia in un momento antecedente la determina di risoluzione della convenzione.

L’illegittima risoluzione operata ai sensi dell’art. 1453 c.c. inficia inevitabilmente, per carenza dei presupposti, anche la parte del provvedimento con cui è stata deliberata l’escussione della polizza fideiussoria con conseguente richiesta inviata alla compagnia assicurativa con nota del 30.11.2017 prot. 172166.

Sulla base di tali motivi, concludeva per l’accoglimento del ricorso, con ogni conseguenziale statuizione anche in ordine alle spese di lite.

Costituitosi il Comune di Pescara, eccepiva, preliminarmente, l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione per la parte relativa all’escussione della garanzia non coperta dalla giurisdizione esclusiva in materia di edilizia ed urbanistica (cfr Cass. S.S.U.U. 23.02.2010 n. 4319; 5 febbraio 2008 n. 2655; Cons. St. sez. V, 26 ottobre 2011 n.5711) vertendosi in presenza di un contratto autonomo di garanzia ove era stata concordata una garanzia c.d. “a prima richiesta”. Opponeva inoltre la carenza di interesse a ricorrere trattandosi di un giudizio avente ad oggetto la volontà dell’ente di avviare un’azione giudiziale ex art. 1453 c.c. per la risoluzione della convenzione di lottizzazione e non già una risoluzione di diritto ex artt. 1454 o 1456 c.c.. Deduceva la pacifica applicabilità ad una convenzione di lottizzazione del rimedio di cui all’art. 1453 c.c., precisando che, non essendo prevista in convenzione una clausola risolutiva espressa ai sensi dell’art. 1456 c.c., si trattava di un mero avvio dell’azione legale di risoluzione per inadempimento come desumibile dalla richiesta trasmessa con nota prot. 335920 del 20.12.2017 all’avvocatura comunale. Sosteneva da ultimo la natura pretestuosa dei motivi posti a base del ricorso stante la gravità dell’inadempimento ricavabile dall’ esecuzione del solo 15% delle opere di urbanizzazione previste nell’arco di sei anni, tenuto conto che, a far data dalla sospensione dei lavori intervenuta il 2.11.2012 la variante è stata approvata solo il 2.10.2017 e quindi dopo 5 anni per fatto imputabile alla ricorrente, e che all’epoca dell’avvio del giudizio penale l’esecuzione dei lavori era già ferma da oltre due anni. Concludeva quindi per la reiezione del ricorso con vittoria delle spese di lite.

Con ordinanza n. 6 del 15.01.2018 veniva accolta sotto il profilo del danno la domanda di sospensione cautelare limitatamente all’ escussione della polizza fideiussoria, e alla pubblica udienza di discussione del 7.12.2018 il ricorso veniva introitato per la decisione.

2. Preliminarmente va riconosciuta la giurisdizione del T.a.r. adito rispetto alla parte del provvedimento impugnato con cui il Comune ha pronunciato la risoluzione per inadempimento della convenzione urbanistica sottoscritta il 7.10.2010 con la società ricorrente per l’attuazione del comparto 9.16 denominato “la City”.

La convenzione urbanistica, quale strumento di attuazione del piano regolatore generale, avente ad oggetto la definizione dell’assetto urbanistico di una parte del territorio costituisce un accordo sostitutivo di provvedimento, ed è espressione di esercizio consensuale di un potere pianificatorio, che sfocia in un progetto ed in una serie di disposizioni urbanistiche generanti obblighi od oneri. Esso produce, quindi, un vincolo bilaterale per le parti, che è assoggettato alla disciplina di cui all’ art. 11 della legge n. 241/90 e, quindi, ai principi civilistici in materia di obbligazioni e contratti, per gli aspetti non incompatibili con la generale disciplina pubblicistica.

Pertanto, la controversia riguardante l’esatta esecuzione di obblighi nascenti da una convenzione di lottizzazione, nonché la risoluzione di una convenzione urbanistica, e quindi di un accordo sostitutivo di provvedimento amministrativo, rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’ art. 133, comma 1, lett. a), n. 2, c.p.a estesa alle controversie relative alla formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi integrativi o sostitutivi di un provvedimento (cfr. Cass. SS.UU. n. 19914 del 5.10.2016; Cass. SS.UU. n. 2546 del 3.2.2011; Cons. di Stato sez. IV, n. 6033 del 28.11.2012; Cons. di Stato sez. IV, n. 5904 del 23.8.2010; Cons. di Stato sez. IV, n. 214 del 22.1.2010; T.a.r. Marche n. 512 del 12.9.2016; T.a.r. Emilia Romagna – Parma n. 137 del 20.4.2016; T.a.r. Lazio-Latina n. 180 del 25.3.2016; T.a.r. Umbria n. 261 del 23.3.2016; T.a.r. Puglia-Bari n. 531 del 17.4.2014).

La stessa Corte Costituzionale, nella sentenza n. 179/2016 in una controversia relativa all’azionabilità degli obblighi nascenti da una convenzione urbanistica ad iniziativa dell’amministrazione, ha evidenziato che, nella materia in esame, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo si può radicare sia sulla disposizione dell’art. 133, comma 1, lettera a), numero 2), sia su quella della lettera f), del medesimo art. 133, comma 1, del d.lgs. n. 104 del 2010 che riguarda gli atti ed i provvedimenti delle pubbliche amministrazioni in materia di urbanistica e di edilizia, evidenziando, quanto rilevato in sede di regolazione della giurisdizione dalla giurisprudenza di legittimità circa il collegamento funzionale delle convenzioni urbanistiche al procedimento di rilascio dei titoli abilitativi edilizi, dei quali esse condizionano l’adozione e integrano il contenuto (si veda ex plurimis, Corte di cassazione, sezioni unite civili, ordinanza 14 gennaio 2014, n. 584 e Consiglio di Stato, sezione quarta, 12 novembre 2009, n. 7057).

3. Ciò premesso, va in primo luogo respinta l’eccezione di carenza di interesse diretto concreto ed attuale sollevata dal Comune resistente sul presupposto che la delibera impugnata avrebbe un valore di mera proposta all’Avvocatura comunale di adire le vie legali per la risoluzione della Convenzione urbanistica, non potendo il Comune pronunciarla in via diretta in mancanza di ua clausola risolutiva espressa.

L’eccezione non ha pregio.

3.1 Va innanzitutto evidenziato che il provvedimento impugnato esprime la determinazione del Comune di Pescara di sciogliersi dal vincolo di cui alla convenzione urbanistica stipulata il 7.10.2010 con la società ricorrente e, contrariamente a quanto dedotto, non riveste un valore di “mera proposta” non impugnabile in quanto rivolta all’Avvocatura comunale onde procedere in via giudiziale per ottenere una declaratoria con sentenza della risoluzione della convenzione in argomento per grave inadempimento imputabile alla società ricorrente.

A ben vedere, come può ben evincersi dalla parte dispositiva, il Comune, con la determina dirigenziale gravata, dichiarava la risoluzione del contratto per inadempimento ai sensi dell’art. 1453 c.c. della convenzione urbanistica sottoscritta il 7.10.2010 per l’attuazione del comparto 9.16 denominato “la City”, disponendo la trasmissione del provvedimento all’Avvocatura comunale “per la conseguente azione legale risarcitoria” e non per far accertare in sede giudiziale la sussistenza dei presupposti per procedere alla risoluzione della convenzione.

3.2 Sotto altro profilo non può sostenersi che l’amministrazione, in mancanza di una clausola risolutiva espressa, non potesse unilateralmente sciogliersi dal vincolo contrattuale.

A prescindere dalla loro discussa qualificazione formale, gli accordi ex art. 11 legge n. 241/1990 non possono qualificarsi da un punto di vista sostanziale come contratti di diritto privato, trattandosi di contratti di diritto pubblico di cui rivestono tutti gli elementi caratterizzanti: esercizio di un potere amministrativo; preordinazione al perseguimento dell’interesse pubblico; radicamento della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in ordine alle relative controversie.

La qualificazione degli accordi ex art. 11 legge n. 241/1990 come contratti di diritto pubblico comporta che delle relative controversie debba integralmente occuparsi il giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva (diversamente dal contratto di diritto privato, anche stipulato da una Amministrazione, fisiologicamente conosciuto dal giudice ordinario per quanto concerne gli aspetti afferenti alla fase esecutiva, salvo le questioni eventualmente relative alla formazione della volontà dell’Amministrazione in sede di evidenza pubblica, per le quali è munito di giurisdizione il giudice amministrativo).

Gli accordi ex art. 11 legge n. 241/1990, coerentemente con la loro natura giuridica, non sono affatto disciplinati dall’insieme delle regole proprie del diritto privato (codice civile e leggi speciali), bensì unicamente dai “principi” del codice civile in materia di obbligazioni e contratti (prevedendo il comma 2 dell’art. 11 legge n. 241/1990 due clausole di salvezza: applicabilità di tali principi “ove non diversamente previsto” ed “in quanto compatibili”).

E comunque, indipendentemente dalla possibile qualificazione privatistica, le convenzioni in materia urbanistica, lasciano sempre integra la potestà pubblicistica del Comune, giacché la natura dell’accordo sostitutivo del provvedimento che approva la convenzione facultizza comunque l’amministrazione, ai sensi dell’art. 11 comma 4 l. 7 agosto 1990 n. 241, a sciogliersi dall’accordo per sopravvenuti motivi di pubblico interesse, nonché a regolare unilateralmente ed autoritativamente i rapporti e le attività oggetto di convenzione. Rispetto alle convenzioni urbanistiche, che partecipano della natura ibrida degli accordi di cui all’art. 11 della legge n. 241/1990, la pubblica amministrazione, anche quando agisce iure privatorum, non può non conservare la sua natura pubblicistica ed i suoi atti di intervento assumono, di regola, sempre la forma e la natura di atti amministrativi o, rectius, di provvedimenti amministrativi. Ed infatti, le convenzioni urbanistiche stipulate tra pubblica amministrazione e privati, in quanto inserite nell’ambito del procedimento amministrativo, costituiscono pur sempre espressione di un potere discrezionale della stessa pubblica amministrazione. Tali accordi, inserendosi nell’alveo dell’esercizio di un potere, ne mutuano le caratteristiche e la natura, essendo in particolare collegati al “vincolo teleologico” del perseguimento dell’interesse pubblico, al pari dell’agire della pubblica amministrazione tramite provvedimenti, salva l’applicazione dei principi civilistici in materia di obbligazioni e contratti per aspetti non incompatibili con la generale disciplina pubblicistica.

Ne consegue che, una volta concluso l’accordo, non è neanche precluso all’amministrazione l’esercizio di poteri autoritativi per ragioni di pubblico interesse, come quando si ravvisino le condizioni per il recesso previsto dal comma 4 dell’art. 11. Il recesso unilaterale rientra difatti tra i poteri generali della P.A. quando stipula un accordo sostitutivo o integrativo del contenuto discrezionale del provvedimento con un privato ex art. 11 legge 241/1990 da cui è, conseguentemente, possibile per l’amministrazione svincolarsi in presenza di un interesse pubblico ritenuto prevalente, il che può ben accadere quando il privato fallisca, abbia eseguito soltanto una parte delle opere oggetto dell’accordo e l’amministrazione consideri prevalente la ricomposizione dell’assetto urbanistico dell’area che avrebbe dovuto essere oggetto di intervento.

Pertanto il Comune, stipulando una convenzione contenente obblighi per l’impresa realizzatrice preordinati all’interesse pubblico alla realizzazione di opere di urbanizzazione previste dalla strumentazione urbanistica non perde la potestà di intervenire, sia con strumenti pubblicistici , in conseguenza delle mutate condizioni, che non garantissero il perseguimento dell’interesse pubblico sotteso al programma convenzionale, sia mediante strumenti civilistici, compatibili con la struttura dell’accordo, come la risoluzione per inadempimento, atteso l’interesse dell’ente a realizzare integralmente il programma stabilito in convenzione entro i termini ivi previsti.

La facoltà dell’amministrazione di intervenire in via di autotutela con la risoluzione dell’accordo stipulato ex art.11 della legge n. 241/1990 è stata peraltro riconosciuta dalla Corte Costituzionale nella motivazione della su richiamata pronuncia n. 179/2016 con cui ha riconosciuto l’ammissibilità e la compatibilità costituzionale del processo c.d. “a parti invertite” in cui sia la stessa amministrazione ad agire in giudizio per ottenere l’esecuzione coattiva di un accordo stipulato ex art. 11 della legge n. 241/1990. Ivi la Corte ha puntualizzato che escludere l’azionabilità in via giudiziale di una convenzione su iniziativa dell’amministrazione porterebbe ad un sistema in cui l’amministrazione, anche quando abbia stipulato un accordo sostitutivo o integrativo del procedimento, potrebbe reagire all’inadempimento del privato “soltanto in via di autotutela” amministrativa, essendole preclusa la via della tutela giurisdizionale dinanzi al giudice amministrativo. Ed ha aggiunto che in tal caso: “L’accertamento giudiziale dell’inadempimento della parte privata finirebbe per essere condizionato alla previa instaurazione del contenzioso da parte del privato. L’oggetto stesso del giudizio verrebbe unilateralmente determinato dal privato mediante i motivi di ricorso, non potendo l’amministrazione modificarlo o ampliarlo attraverso una domanda riconvenzionale. Tutto ciò appare difficilmente compatibile con i principi di cui agli artt. 24 e 111 Cost.”.

Di qui pertanto deve escludersi la fondatezza della eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse sul presupposto che l’atto impugnato fosse prodromico alla proposizione di un’azione volta ad accertare in via giudiziale la risoluzione per inadempimento della convenzione.

4. Nel merito il ricorso è fondato e va accolto come di seguito argomentato risultando condivisibili le censure proposte quanto alla non imputabilità alla società ricorrente del ritardo delle opere di urbanizzazione concordate.

Va innanzitutto precisato che, ai sensi della Convenzione i proponenti assumevano a proprio totale carico gli oneri per la esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria, e la proprietà delle opere di urbanizzazione realizzate sarebbe stata attribuita automaticamente in forma gratuita al Comune. Ai sensi dell’art. 9 le opere di urbanizzazione primaria sarebbero state eseguite da un operatore economico individuato dai proponenti mediante procedura negoziata ai sensi del combinato disposto degli artt. 57 comma 6 e 122 comma 8 del d.lgs. n. 163/2006, il contenuto del contratto d’appalto e del capitolato sarebbe stato liberamente determinato dal proponente, la progettazione esecutiva era un’obbligazione contrattuale dell’aggiudicatario e doveva essere presentata al Comune per l’approvazione prima dell’inizio dei lavori, e la direzione dei lavori ed il coordinamento per la sicurezza in fase di esecuzione sarebbero stati affidati e svolti da soggetti abilitati liberamente individuati dai proponenti con nominativo da comunicare al Settore Lavori Pubblici competente del Comune .

Ciò premesso, parte ricorrente ha documentato che, alla data del 2.11.2012, i lavori non erano stati sospesi immotivatamente, ma per ragioni dovute a “cause impreviste ed imprevedibili” che, ai sensi dell’art. 132 del d.lgs. n. 163/2006 avevano comportato la necessità di predisporre una variante per il miglioramento dell’opera e della sua funzionalità. In tal senso depone la comunicazione formale del 2.11.2012 allegata agli atti del Comune resistente, con cui la società ricorrente, vista l’istanza di perizia di variante del 5.10.2012 ed il sopralluogo del 16.10.2012, comunicava che le lavorazioni erano sospese e che sarebbero state riprese in seguito all’approvazione della variante in corso d’opera in fase di ridefinizione. In data 4.06.2013 la società ricorrente trasmetteva al Comune la relazione del r.u.p. sulla richiesta di variante con i relativi allegati, ed il Comune di Pescara, con nota prot. n. 95723 del 4.07.2013 restituiva il fascicolo alla ricorrente sul rilievo che, sulla base della normativa vigente in materia di lavori pubblici, rientrava nella competenza del R.u.p., nominato dalla società ricorrente quale stazione appaltante dei lavori, l’approvazione delle varianti migliorative con importo di spesa non superiore al valore del 5% dell’importo dell’originario contratto (art. 161 del regolamento di cui al d.p.r. n.207/010). Sicchè con atto prot. n. 1630 del 16.07.2013 il r.u.p indiceva per la data del successivo 23 luglio una Conferenza di Servizi tra gli enti interessati finalizzata all’approvazione del progetto di variante. Alla Conferenza di Servizi seguita la richiesta prot. 163543 del 9.12.2013, inviata per conoscenza anche al Comune di Pescara, con cui il R.U.P., all’esito della Conferenza di Servizi, richiedeva al Direttore dei Lavori, progettista della variante, di integrare la documentazione richiesta dal Servizio del Verde e dalla Snam Rete Gasa al fine del rilascio dei rispettivi pareri necessari ai fini della conclusione dell’iter di approvazione.

Nelle more dell’iter avviato per l’approvazione della variante, per effetto dell’intervento delle disposizioni di cui all’art. 30 comma 3 bis della legge n. 98 del 9 agosto 2013, la società ricorrente, con comunicazione prot. n. 5282 del 9.12.2013, premesso di aver ottenuto con atto prot.184690 del 28.12.2011 una proroga di sei mesi sui tempi di consegna, dichiarava di volersi avvalere della proroga triennale prevista dalla citata disposizione.

Posto che, sulla base della citata proroga, il termine di ultimazione dei lavori veniva a scadere, come riconosciuto dal Comune, in data 6.10.2016, è da evidenziare che prima della relativa decorrenza, la società ricorrente, con una prima comunicazione del 12.07.2016 richiedeva un incontro formale rappresentando le intervenute dimissioni del r.u.p. in data 30.06.2016 e la necessità di rivalutare le scadenze dei titoli rilasciati anche alla luce di quanto emerso dalla consulenza tecnica svolta nel giudizio penale. Successivamente con atto prot. n. 129078 del 30.09.2016, richiedeva un’ulteriore proroga triennale dei termini per l’esecuzione delle opere di urbanizzazione di cui alla Convenzione del 7.10.2010, facendo presente che l’iter non aveva avuto seguito poiché:

– era ancora pendente innanzi alla Procura della Repubblica di Pescara il procedimento penale iscritto al r.g.n.r. n. 5512/2015 volto alla verifica della legittimità dell’iter urbanistico/edilizio per l’attuazione del Comparto, le cui esigenze investigative ed ispettive avevano inevitabilmente comportato la sospensione dei lavori, al fine di non alterare lo stato dei luoghi oggetto di verifica ed escludere l’adozione di provvedimenti cautelari di tipo reale;

– nel corso dei colloqui avuti con l’Autorità Giudiziaria, era emersa la concreta possibilità di una richiesta di sequestro laddove, portandosi avanti i lavori, si ravvisasse l’ipotesi di progressione del reato;

– il proseguire de i lavori avrebbe costituito ragione di pregiudizio per l’impresa essendo in contestazione la fase autorizzativa e non la fase esecutiva;

– permaneva la sospensione dei lavori per la mancata definizione della variante.

Delle circostanze sovra esposte vi è prova in atti risultando allegato il verbale di ispezione dei luoghi eseguito il 30 luglio 2015 dagli agenti della Squadra Mobile della Questura di Pescara, Settore Criminalità Organizzata.

Analogamente dalla richiesta di rinvio a giudizio depositata il 27.06.2016 dal Pubblico Ministero della Procura della Repubblica del Tribunale di Pescara si ricava, evidentemente, la contestazione di un reato di concorso in abuso d’ufficio a carico, tra gli altri, degli amministratori comunali e dei legali rappresentati della società ricorrente per l’approvazione del piano attuativo di iniziativa privata e degli altri atti istruttori e deliberativi connessi e conseguenziali in specifica violazione della disciplina urbanistica di zona sulla base di norme di legge primaria e secondaria.

Sulla base di tali premesse, il Comune di Pescara, lungi dal pronunciarsi sulla sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della proroga richiesta sin dal mese di Settembre del 2016, con comunicazione di avvio del procedimento del 23.06.2017, comunicava l’intenzione di addivenire alla risoluzione contrattuale della convenzione che veniva poi deliberata con la determina del 29.11.2017 impugnata. E ciò, nonostante nelle more la Società ricorrente avesse proceduto in data 2.10.2017 alla approvazione della variante da parte del r.u.p. nominato in sostituzione del tecnico dimissionario.

La motivazione del provvedimento impugnato risulta evidentemente inficiata dai lamentati vizi di illogicità e contraddittorietà poiché attestata sulla scadenza del termine di esecuzione dei lavori in pendenza di una richiesta di proroga mai definita, e senza palesare le ragioni per cui un’eventuale ulteriore proroga non poteva essere concessa. Essa inoltre è affetta da incongruenza laddove l’amministrazione interviene a pronunciare la risoluzione per grave inadempimento quando ormai erano venuti meno i motivi che avevano determinato la sospensione dei lavori, e di ciò il Comune aveva piena consapevolezza. Del resto l’esistenza di indagini penali da parte della Procura che coinvolgevano l’accertamento della liceità dei titoli edilizi rilasciati comportavano la necessità oggettiva di non alterare lo stato dei luoghi in ragione degli accessi effettuati dagli agenti di Polizia Giudiziria. Ed è intuibile che ciò abbia avuto un ruolo determinante anche nei tempi dell’iter di approvazione della variante avviato e non giunto ancora a definitiva conclusione. Peraltro la riconducibilità all’esercizio dell’autotutela del potere dell’amministrazione di sciogliersi unilateralmente dal vincolo derivante dall’accordo stipulato, comporta che l’atto debba risultare rispondente ad un prioritario motivo di interesse pubblico che nella specie non può che rapportarsi alla necessità dell’amministrazione procedente di vedere prontamente conclusi i lavori di realizzazione delle opere di urbanizzazione concordati con la società ricorrente. Dalle argomentazioni contenute nel provvedimento impugnato, a fronte di una variante ormai approvata e della possibilità di proseguire i lavori intrapresi, non si comprende quale sia l’interesse pubblico prevalente del Comune a rescindere il vincolo con la ricorrente, lasciando parzialmente inattuato il piano attuativo, e senza considerare i tempi necessari e gli ulteriori oneri occorrenti per l’affidamento dei lavori a terzi.

Quanto alla ritenuta insussistenza dei presupposti di operatività della invocata risoluzione, va comunque puntualizzato che il diritto di recesso, o comunque la risoluzione stragiudiziale del contratto, presuppone pur sempre l’inadempimento della controparte avente i medesimi caratteri di quello che giustifica la risoluzione giudiziale e che, pertanto, al fine di un legittimo esercizio di tale diritto con conseguente escussione della somma prestata a titolo di fideiussione deve sussistere un inadempimento gravemente colpevole, cioè imputabile (ex artt. 1218 e 1256 c.c.) e di non scarsa importanza (ex art. 1455 c.c.).

In particolare l’imputabilità dell’inadempimento è presupposto indefettibile poiché, in assenza di esso, verrebbe meno il requisito richiesto dall’art. 1218 c.c., affinché il debitore possa considerarsi tenuto al risarcimento del danno, del quale la garanzia fideiussoria costituisce una liquidazione anticipata. Tale principio è condiviso dalla pressoché costante giurisprudenza secondo cui la risoluzione per inadempimento può operare solo quando l’inadempimento della controparte sia colpevole e di non scarsa importanza in relazione all’interesse dell’altro contraente. Pertanto nell’indagine sull’inadempienza contrattuale occorre in ogni caso una valutazione del comportamento del contraente, in modo da stabilire se egli con il proprio comportamento sia stato causa del venir meno dell’interesse dell’altro al mantenimento del negozio.

Ed infatti il fondamento tipico della risoluzione va rinvenuto nell’interesse della ricorrente a non essere vincolata da un accordo ormai inattuabile per causa imputabile alla controparte, in virtù di un inadempimento rilevante nella complessiva economia del rapporto che altera il sinallagma funzionale degli accordi intervenuti rendendone irrealizzabile la causa.

Una volta accertata, alla luce di quanto sopra argomentato la non imputabilità alla società ricorrente nel ritardo nella approvazione della variante che aveva determinato la sospensione dei lavori, e venuto meno il fatto ostativo con l’approvazione della medesima prima dell’adozione del provvedimento impugnato, non si comprende, quali siano le ragioni per escludersi ogni ragionevole affidamento circa la futura esecuzione del contratto da parte della medesima ricorrente.

Da quanto esposto consegue pertanto l’accoglimento del ricorso con conseguente annullamento della delibera di risoluzione impugnata.

All’accertamento dell’insussistenza dei presupposti del grave inadempimento addebitato alla ricorrente consegue altresì la caducazione, per sopraggiunta inefficacia, dell’escussione della polizza fideiussoria relativamente alle opere di urbanizzazione mancanti, rispetto alla quale deve intendersi venuto l’interesse della parte resistente ad ottenere una pronuncia declinatoria della giurisdizione.

Quanto alle spese vista la peculiarità delle questioni trattate ricorrono giusti motivi per disporne la integrale compensazione tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo sezione staccata di Pescara (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla la delibera di risoluzione impugnata nei termini di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Pescara nella camera di consiglio del giorno 7 dicembre 2018 con l’intervento dei magistrati:

Alberto Tramaglini, Presidente

Renata Emma Ianigro, Consigliere, Estensore

Massimiliano Balloriani, Consigliere

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