12/01/2016 – responsabilità politica e istruttoria tecnica. I politici regionali: non prendetevela con noi …

La CONFERENZA DELLE REGIONI E DELLE PROVINCE AUTONOME segnala al Parlamento ed al Governo le modifiche da apportare alla disciplina in materia di vigilanza e sanzioni contenuta nel capo VII del D.LGS 8 aprile 2013, n. 39.

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Premessa

Il decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39 (Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell’articolo 1, commi 49 e 50, della legge 6 novembre 2012, n. 190) ha sistematizzato e modificato la disciplina in tema di inconferibilità e di incompatibilità degli incarichi presso le Pubbliche Amministrazioni. Dopo l’esplicitazione dei principi generali nel Capo I e la previsione delle singole fattispecie nei Capi da II a VI, il Capo VII è dedicato a Vigilanza e sanzioni per i casi di mancato rispetto delle prescrizioni contenute nel medesimo decreto.

In particolare:

• l’articolo 17 prevede che gli atti di conferimento degli incarichi adottati in violazione del decreto e i relativi contratti sono nulli;

• l’articolo 18 dispone, tra l’altro, che i componenti degli organi che hanno conferito incarichi dichiarati nulli:

– rispondano per le conseguenze economiche degli atti adottati (comma 1);

 – non possano conferire gli incarichi di propria competenza per un periodo di tre mesi (comma 2). La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome ritiene tale sanzione oltremodo eccessiva, considerato che prevede una sospensione significativa dalle funzioni di alta amministrazione che l’organo è chiamato a svolgere, frequentemente, in ragione del suo mandato.

Sull’argomento, è intervenuta anche l’Autorità nazionale anticorruzione – ANAC con atti di segnalazione al Parlamento e al Governo n. 4 del 10 giugno e n. 5 del 9 settembre scorsi, chiedendo un intervento urgente del Legislatore.

La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome condivide con forza la necessità di provvedere alla sollecita riforma della disciplina in argomento, per le motivazioni di seguito rappresentate.

 

Automaticità della sanzione

L’ANAC afferma, nei citati atti di segnalazione, che l’automaticità della sanzione, senza alcuna valutazione dei comportamenti individuali dei componenti dell’organo che ha conferito l’incarico, costituisce l’aspetto più critico della disciplina.

Le stesse considerazioni sono contenute nelle delibere ANAC n. 66 e n. 67 del settembre 2015, di cui si citano alcuni passi salienti: “ … L’Autorità è consapevole che la norma pone non pochi problemi ermeneutici ed applicativi perché sembra costruire la sanzione in parola come automatica e sostanzialmente oggettiva e non individua nemmeno uno specifico procedimento per la sua applicazione …”;

“ … malgrado il legislatore sembra aver costruito come automatica la sanzione inibitoria, essa non possa essere irrogata – pena la sua incostituzionalità … – senza che sia apprezzato anche il profilo psicologico di cd colpevolezza da parte dell’autore … ”.

In coerenza con l’atto di segnalazione ANAC n. 5, la Conferenza auspica che la sanzione sia subordinata al previo accertamento – nel rispetto del principio del contradditorio – della sussistenza di colpa o dolo, che essa sia fondamentalmente di natura pecuniaria e sia commisurata alla gravità della condotta.

 

Responsabilità politica e istruttoria tecnica

Oltre a condividere quanto affermato dall’Autorità nazionale, le Regioni osservano che, nella maggior parte dei casi, il conferimento degli incarichi è disposto dall’organo di indirizzo politico dell’ente a seguito di istruttoria condotta dagli uffici competenti, volta a verificare le condizioni di legittimità per l’assegnazione dell’incarico, ivi compresa l’assenza delle cause di inconferibilità/incompatibilità previste dal d.lgs. n. 39/2013.

Non pare, quindi, ragionevole che il sistema sanzionatorio colpisca così duramente l’organo di indirizzo politico che, di fatto, pur esprimendo una scelta di cui porta la responsabilità, non interviene nella fase propedeutica, curata, come detto, dalle competenti strutture amministrative dell’ente.

È preferibile, piuttosto, che la legge deleghi agli enti la definizione delle fasi procedurali e l’individuazione dei responsabili degli accertamenti sul possesso dei requisiti in capo ai soggetti da nominare.

Al riguardo, il Responsabile della prevenzione della corruzione, dovrebbe avere il compito di prefigurare la procedura e di sorvegliarne il corretto espletamento, mentre, la responsabilità del procedimento dovrebbe essere assegnata agli uffici della ripartizione amministrativa di volta in volta, interessata a seconda dell’oggetto dell’incarico, escludendo poteri istruttori in capo al Responsabile della prevenzione della corruzione, per non pregiudicare la sua terzietà e, in definitiva, la sua funzione di garante del rispetto della normativa in materia di prevenzione della corruzione.

Da ultimo, la responsabilità dell’Ente dovrebbe essere esclusa nel caso di accertata mendacità della dichiarazione sulla insussistenza di cause di inconferibilità o incompatibilità, rilasciata dall’interessato.

 

Atti compiuti dall’incaricato

Infine, la Conferenza rileva che permane incertezza in ordine alla validità degli atti compiuti dal soggetto incaricato prima dell’accertamento e della dichiarazione di nullità dell’incarico. In osservanza ai principi di certezza del diritto e di legittimo affidamento, la Conferenza ritiene che gli atti compiuti dal soggetto, il cui incarico è dichiarato nullo, prima della formalizzazione della nullità dell’incarico stesso, non possano che conservare la propria validità anche dopo l’accertamento e la dichiarazione di nullità e auspica che tale validità sia regolare e statuita con un atto legislativo. Roma, 17 dicembre 2015

 

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