10/06/2019 – Ennesimo sindaco arrestato per corruzione, ma con un ottimo piano anticorruzione

Ennesimo sindaco arrestato per corruzione, ma con un ottimo piano anticorruzione

Quanti altri arresti di sindaci e parte dei funzionari dell’ente compiacenti occorreranno per comprendere che il sistema anticorruzione vigente è scritto sulla carta e che la sua efficacia è di cartone?

Per sola curiosità: utilizziamo un motore di ricerca di internet, nel quale inserire le parole “sindaco, arrestato, corruzione”: chiunque potrà rendersi conto dell’estensione senza controllo alcuno del fenomeno.

Tra gli accadimenti più recenti, l’arresto del sindaco del comune di San Pietro in Clarenza, in provincia di Catania (o Città metropolitana di Catania? Ah, saperlo…).

Lo schema è piuttosto consueto. Un sindaco crea una rete formidabile di consensi, tanto da essere eletto con oltre l’80% dei voti, mediante l’accordo con un imprenditore di una società che può garantire al medesimo sindaco favori molto importanti: in particolare, assunzioni (dietro raccomandazioni), molte assunzioni. Ovviamente, l’imprenditore deve ricevere una ricompensa: nel caso di specie, l’affidamento diretto e continuativo (e soprattutto lucroso) del servizio raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani, che permette la creazione di un piccolo monopolio, tale da consentire il giro di assunzioni pilotate ed il mantenimento del consenso.

Ovviamente, il sindaco non può agire da solo. Dunque, fondamentale è l’apporto di un funzionario interno dell’ente, competente alla gestione, che materialmente si prende la briga di affidare all’impresa i vari contratti, per altro non certo a seguito di gare di appalto, ma per effetto di reiterate ordinanze contingibili ed urgenti.

L’urgenza, ovviamente, non esiste: è il frutto di un sistema scientifico, nel quale non si pensa nemmeno ad imbastire un capitolato di gara per tempo; si deve lasciare passare il tempo nell’inerzia, per creare poi l’emergenza, da affrontare con l’ordinanza, utilizzata surrettiziamente come presupposto per gli affidamenti senza appalto.

Lo schema descritto non è per nulla originale. L’abitudine di assegnare mediante ordinanza di urgenza uno tra i servizi più costosi ed esposti non solo a reati contro la PA, ma anche ad infiltrazioni pericolosissime della criminalità organizzata, è diffusissima. Molti funzionari comunali hanno interpretato a modo loro, insieme con sindaci ed assessori, alcune sentenze amministrative che nel passato hanno riconosciuto la legittimità di simili ordinanze, emesse, però, in situazioni di emergenza vera, per evitare problemi e danni alla salute pubblica. Da qui, si è passati in molte realtà ad avvalersi come fosse ordinario di uno strumento di emergenza, ma utilissimo per evitare le gare e pilotare gli appalti.

Basta semplicemente la sintesi dei fatti riportata sopra per capire che molte cose non vanno in un simile sistema: continui affidamenti senza gara, nessun capitolato, ordinanze adottate dal sindaco che non ha competenza nella gestione e così via.

Che un modo di agire di tal fatta implichi di per se stesso elevatissimi rischi di mala amministrazione, conflitti di interesse e corruzione è in re ipsa.

Il tutto, quindi, potrebbe essere il frutto dell’assenza di un approfondito e forbito piano triennale di prevenzione della corruzione? Assolutamente no. Il comune di San Pietro in Clarenza è dotato di un piano coi fiocchi e i controfiocchi. Non manca niente: persino una analisi aggiornata del “contesto esterno” e del “contesto interno”. In piena sintonia con gli indirizzi dell’Anac, per giunta. Estrapoliamo dal piano: “Il presente Piano triennale per la prevenzione della corruzione e della trasparenza (P.T.P.C.T.) è stato redatto in conformità a quanto previsto dai suddetti riferimenti normativi e aggiornamenti . Si è tenuto conto in particolare di quanto contenuto nella deliberazione ANAC n.1074 del 21 novembre 2018 che contiene suggerimenti in merito alla rotazione , incompatibilità sopravvenuta , gestione fondi comunitari e gestione dei rifiuti“!!.

E l’analisi del contesto interno cosa afferma? “Dalla verifica agli atti in ufficio si evince che alla data del 31/12/2018

1) Non sono state rilevate presenze di fenomeni di corruzione ;

2) Non ci sono state segnalazioni qualificate di fenomeni di corruzione e di cattiva gestione;

3) Non ci sono stati condanne penali di amministratori, responsabili e dipendenti, né procedimenti

penali in corso a carico di amministratori, responsabili e dipendenti;

4) non ci sono state condanne per maturazione di responsabilità civile irrogate all’ente;

5) Non sono emerse sanzioni disciplinari irrogate né procedimenti disciplinari in corso

6) non ci sono state segnalazioni di illegittimità pervenute da parte dei dipendenti;

7) non ci sono segnalazioni di illegittimità pervenute da parte di amministratori;

8 ) non ci sono segnalazioni di illegittimità pervenute da parte di cittadini e/o associazioni“.

Un mondo dorato e bucolico, nel quale tutto procede a meraviglia, senza conflitti di interessi, senza reati, senza fenomeni corruttivi, senza segnalazioni.

Peccato, però, che la vita reale spesso si presenti come parallela ed incompatibile con quanto raccontano i molti, purtroppo inutili, piani di prevenzione della corruzione adottati dalle migliaia di amministrazioni, che mai fin qui hanno avuto un minimo ruolo per prevenire o impedire i continui e diffusissimi fenomeni corruttivi.

Chi scrive sostiene da sempre che una delle scelte più infauste delle (troppe) riforme sbagliate della PA inseguitesi da quasi 30 anni è stata l’eliminazione totale dei controlli preventivi esterni di legittimità.

Nel caso di San Pietro in Clarenza, una voce autorevole, che resta comunque ampiamente minoritaria se non isolata, si leva esattamente nella stessa direzione: quella del procuratore della Repubblica Carmelo Zuccaro.

Afferma il procuratore: “E’ talmente evidente l’illegittimità di questi atti […] che, effettivamente, sarebbe bastato un controllo più attento, qualora le autorità amministrative preposte al settore l’avessero fatto, per farlo individuare. Molte volte il ritardo con cui certe magagne vengono scoperte, parlo di gravi illeciti, nasce dal fatto che non c’è un buon controllo amministrativo“.

Questi sono i termini, drammaticamente concreti e reali, del problema. L’abbandono del sistema dei controlli preventivi si è crogiolato nell’illusione che potessero bastare i controlli interni o un apparato burocratico formalistico come quello della normativa anticorruzione, per fermare la corruzione.

Non è così. I controlli interni dovrebbero spettare, in primo luogo, ai funzionari addetti alla gestione. Ma, per un sindaco è semplicissimo aggirare l’ostacolo: basta fare pressioni su alcuni di essi o sceglierli dall’esterno tra i fedelissimi, e il gioco è fatto. Per altro, può anche essere sufficiente la pressione morale della conferma dell’incarico, causata dalla precarizzazione dei ruoli di vertice.

Il segretario comunale può essere un argine? Spesso, il segretario comunale è troppo solo. Può trovarsi schiacciato tra l’amministrazione e parte dell’apparato compiacente; oppure vittima egli stesso del ricatto della precarietà dell’incarico; ma può anche essere esso stesso scelto tra i “fedelissimi”, considerato il sistema di attribuzione degli incarichi per nulla selettivo ma estremamente arbitrario, che purtroppo una sentenza assolutamente inopportuna e criticabile, tanto più criticabile alla luce di fatti come quelli di San Pietro in Clarenza, come la 23/2019 della Consulta ha lasciato in piedi.

Il sistema è tutto un velo ipocrita. L’inefficacia praticamente assoluta dei controlli interni e piani anticorruzione che riempiono l’apparato di adempimenti burocratici (col paradosso che l’Anac sanziona i funzionari per mancati adempimenti formali, ma non ha alcuna arma per impedire i fatti corruttivi), fa sì che prima si creano le basi per la creazione di reti di malaffare e corruzione; poi, si aspetta l’intervento della magistratura e delle indagini penali, per mettere una pezza, quando ormai i reati sono stati consumati da anni e l’inefficienza dei servizi rende difficilissima la vita dei cittadini.

Certo, i controlli preventivi non hanno potuto impedire Tangentopoli, ai suoi tempi. Affermazione tanto vera, quanto “facile” e banale. Non perchè un sistema, che molti magistrati ritengono indispensabile, quale quello dei controlli preventivi abbia dei difetti, si deve passare alla sua cancellazione, visto che nei fatti ciò non fa altro se non facilitare l’opera dei corrotti e dei corruttori.

Un legislatore più saggio avrebbe riformato i controlli, espulso dai suoi organismi qualsiasi rappresentanza politica, potenziato gli strumenti e velocizzato gli adempimenti. Cosciente che comunque anche così la corruzione non si ferma. Ma, un controllo preventivo avrebbe potuto probabilmente fare da sponda al segretario comunale che “osasse” rilevare l’evidente illegittimità di appalti affidati continuativamente senza gara e sulla base di ordinanze contingibili e urgenti. Sponda in assenza della quale, il segretario o è costretto a girarsi dall’altra parte, o a trovarsi solo, mobbizzato e a rischio di restare senza sede. Mentre il piano triennale di prevenzione della corruzione recita “tutto bene, madama la marchesa”.

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