07/02/2020 – Niente Imu per attività didattiche, giudici contrari al beneficio

Niente Imu per attività didattiche, giudici contrari al beneficio
di Massimo Migliorisi
 
L’esenzione Imu, prevista dall’art. 7 lett. i) del dlgs n. 504/92 a favore di enti non commerciali che svolgono con modalità non commerciale alcune attività, continua a generare contenzioso ad esiti alterni con i comuni, determinato in particolare da una normativa nazionale poco precisa e sovente in contrasto con la normativa comunitaria in merito al divieto di «aiuti di stato». La Cassazione, di recente, si sta allineando alla posizione europea: con la sentenza 10124/19 ha affermato che rientra nella nozione di attività svolta in modo commerciale o economica, secondo il linguaggio europeo, qualunque attività organizzata per la prestazione di servizi a terzi dietro pagamento da parte dell’utente o di altri, di un corrispettivo funzionale e adeguato alla copertura dei costi e alla remunerazione dei fattori produttivi. La corte utilizza tale criterio per tutte le attività elencate nella lettera i). Sotto questo profilo, invece, il ministero, dapprima con il decreto 200/12 e poi con il decreto del 26/06/2014, ha affermato che per le attività ricettive, culturali, ricreative e sportive, così come le attività assistenziali e sanitarie non accreditate o convenzionate con lo Stato, per accedere all’esenzione è necessario che le attività siano svolte a titolo gratuito o dietro corrispettivo di importo simbolico o comunque non superiore alla metà dei corrispettivi medi previsti per analoghe attività svolte in modalità concorrenziali nello stesso ambito territoriale (corrispettivo medio che il comune deve individuare). Per le attività didattiche ha fissato un parametro nazionale di riferimento pari al costo medio per studente (es. 6.634,15 per la scuola primaria): se il corrispettivo medio richiesto è inferiore o uguale al costo medio per studente, ciò significa che l’attività didattica è svolta con modalità non commerciale e, quindi, non è assoggettabile a imposizione. Interessante, relativamente all’esenzione delle attività didattiche, è la recente sentenza della commissione tributaria provinciale di Napoli n. 14399 dell’1/10/2019 con la quale i giudici hanno rigettato il ricorso presentato da un istituto religioso avverso un avviso di accertamento Imu. Il comune, nonostante la dichiarazione Imu regolarmente presentata, aveva contestato l’omesso versamento del tributo su un fabbricato adibito a scuola primaria da parte dell’istituto. Quest’ultimo si era opposto sostenendo di essere in possesso dei requisiti soggettivi e oggettivi previsti dalla norma per il riconoscimento della esenzione, allegando altresì il bilancio dell’anno in contestazione e le rette pagate mensilmente dagli studenti, che dimostravano che il costo sostenuto dalle famiglie era inferiore al parametro ministeriale. I giudici, invece, hanno evidenziato che dal conto economico emergeva il carattere imprenditoriale dell’attività didattica, determinato sia dalla componente ricavi legata alle rette pagate (superiori al 50% dei ricavi complessivi) sia dall’entità dei costi, né poteva ritenersi simbolica la retta pagata, visto il totale complessivo. I giudici hanno concluso che un’attività può considerarsi non economica se svolta a titolo gratuito e dietro versamento simbolico. La particolarità della sentenza sta nel fatto che i giudici non hanno tenuto conto del parametro ministeriale fissato con il decreto del 26/06/2014, in base al quale l’istituto avrebbe avuto diritto all’esenzione, allineandosi, invece, alla giurisprudenza nazionale e Ue.

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