06/05/2020 – L’avvalimento: un percorso ancora tortuoso

L’avvalimento: un percorso ancora tortuoso
 
Indice
1.     Il contratto di avvalimento: natura ed oggetto……………………………………………………………………. 1
1.1.      L’Adunanza Plenaria n. 23/2016 e il novellato art. 89, comma 1, D.Lgs. n. 50/2016…………. 4
1.2.      La specificità del contratto di avvalimento in funzione dell’effettività del prestito del requisito 5
2.     Il sindacato di merito sull’adeguatezza dei requisiti prestati…………………………………………………… 7
3.     Il soccorso istruttorio nell’ambito dell’avvalimento…………………………………………………………….. 8
4.     I requisiti suscettibili di avvalimento con particolare riferimento alle “esperienze professionali pertinenti”        11
5.     La risoluzione del contratto di appalto per mancato impiego effettivo delle risorse dell’ausiliaria 13
6.     La confusione tra avvalimento e subappalto…………………………………………………………………….. 14
6.1.      La funzione di integrazione dei requisiti in fase di gara……………………………………………….. 14
6.2.      L’autonomia organizzativa ed il regime delle responsabilità…………………………………………. 16
7.     I contrasti con il diritto eurounitario……………………………………………………………………………….. 19
 
 
La giurisprudenza e la dottrina si sono interrogate a lungo sulla natura del contratto di avvalimento[1], propendendo per lo più per la qualificazione di contratto atipico o comunque di rapporto negoziale riconducibile, a seconda dello specifico caso concreto, ai più svariati tipi contrattuali con cui un’impresa si avvale della collaborazione di altra impresa[2]. Sul punto, il Consiglio di Stato con l’Adunanza Plenaria n. 23 del 4.11.2016 ha chiarito che “il contratto di avvalimento (qualificabile come contratto atipico) presenta tratti propri: i) del contratto di mandato di cui agli articoli 1703 e seguenti del codice civile, ii) dell’appalto di servizi, nonché iii) aspetti di garanzia atipica nei rapporti fra l’impresa ausiliaria e l’amministrazione aggiudicatrice per ciò che riguarda l’assolvimento delle prestazioni dedotte in contratto”.
Ad oggi, la giurisprudenza riconosce pacificamente il carattere di onerosità del contratto di avvalimento[3]. Anche allorquando non venga espressamente stabilito un corrispettivo, dunque, deve emergere l’interesse di carattere direttamente o indirettamente patrimoniale che ha indotto l’ausiliaria ad assumere gli obblighi derivanti dal contratto[4]. Del resto, altrimenti ragionando, non si comprenderebbe perché un operatore economico dovrebbe scegliere di assumere il ruolo di impresa ausiliaria, con le connesse responsabilità e in assenza di un corrispettivo, piuttosto che partecipare direttamente alla gara, se del caso in associazione temporanea o in consorzio con altri operatori.
Per quanto concerne l’oggetto dell’avvalimento, la disposizione di riferimento è certamente l’art. 89, comma 1 del D.Lgs. n. 50/2016, sul quale ci si soffermerà nel successivo paragrafo, sebbene interessanti spunti si rinvengano anche nell’art. 88, comma 1, lett. a) del regolamento di attuazione del precedente Codice, il d.P.R. 207/2010, tutt’ora in vigore[5], che statuisce che il contratto “deve riportare in modo compiuto, esplicito ed esauriente: a) oggetto: le risorse e i mezzi prestati in modo determinato e specifico”. È dunque espressamente richiesto un preciso onere di specificità.
Già nella vigenza del precedente Codice, in giurisprudenza è stato chiarito che, ai sensi degli artt. 1418, 1325 e 1346 c.c.[6], l’indeterminatezza e/o l’indeterminabilità delle risorse oggetto di avvalimento comporta la nullità del relativo contratto. Difatti, l’esigenza di una puntuale individuazione dell’oggetto dell’avvalimento “oltre ad avere un sicuro ancoraggio sul terreno civilistico, nella generale previsione codicistica che configura quale causa di nullità di ogni contratto l’indeterminatezza (ed indeterminabilità) del relativo oggetto, trova la propria essenziale giustificazione funzionale, inscindibilmente connessa alle procedure contrattuali del settore pubblico, nella necessità di non permettere -fin troppo- agevoli aggiramenti del sistema dei requisiti di ingresso alle gare pubbliche (requisiti pur solennemente prescritti e, di solito, attentamente verificati nei confronti dei concorrenti che se ne dichiarino titolari in proprio)”[7].
Il dibattito giurisprudenziale ha poi condotto alla distinzione tra avvalimento di garanzia per i requisiti di capacità economica e finanziaria e avvalimento tecnico-operativo per i requisiti di capacità tecniche e professionali. La fondamentale differenza è che mentre il primo si sostanzia essenzialmente nell’impegno a garantire l’impresa ausiliata mediante le proprie complessive risorse economiche[8], quindi trattasi di requisiti immateriali (quali, ad esempio, il capitale sociale e il fatturato globale), l’avvalimento tecnico-operativo consiste invece nella messa a disposizione di mezzi e risorse per la concreta esecuzione dell’appalto. Tuttavia, anche in ordine a tale classificazione sono sorte talune complessità interpretative, in particolare con riferimento al requisito del fatturato cd. specifico, secondo un orientamento considerato quale avvalimento di garanzia e secondo altro orientamento ritenuto invece avvalimento operativo[9].
Inoltre, sempre con riferimento alla distinzione tra le due tipologie di avvalimento, la giurisprudenza ha prospettato ricostruzioni contrapposte anche per quanto riguarda il profilo della specificità caratterizzante l’oggetto del contratto di avvalimento. Secondo una prima ricostruzione, sarebbe  necessario dettagliare le risorse e i mezzi prestati soltanto nei casi di avvalimento di tipo tecnico-operativo, mentre, per altro orientamento, minoritario, tale specificazione sarebbe imprescindibile in entrambi i casi, atteso che, si evidenzia, se l’illustrata ripartizione fosse ammessa, si svuoterebbe di significato l’art. 88, d.P.R. n. 207/2010[10].
Dall’obbligo di specificità dell’oggetto consegue la nullità del contratto e quindi legittimità del provvedimento di esclusione del concorrente per genericità del contratto di avvalimento[11].
 
 
La dibattuta questione della determinatezza delle risorse prestate è approdata in Consiglio di Stato in sede di Adunanza Plenaria[12]. Con ordinanza n. 52/2016, il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la regione siciliana ha ritenuto opportuno sottoporre all’attenzione del Supremo Consesso tre questioni di diritto che avevano dato luogo – o avrebbero potuto dar luogo – a contrasti giurisprudenziali[13]. In particolare, per quello che maggiormente interessa in questa sede, è stato chiesto se “l’articolo 88 d.P.R. 207/2010 – nel richiedere che il contratto deve riportare in modo compiuto, esplicito ed esauriente, l’oggetto indicando le risorse e i mezzi prestati in modo determinato e specifico – riguarda unicamente la determinazione dell’oggetto del contratto (così legittimando anche interpretazioni di tipo estensivo) oppure, oltre all’oggetto, anche il cd. requisito della forma-contenuto (…)”[14].
Con la sentenza n. 23/2016 il Consiglio di Stato si è inizialmente soffermato sulla diversità tra la previsione dell’art. 1346 c.c., secondo cui l’oggetto del contratto deve essere “possibile, lecito, determinato o determinabile”, e quella dell’art. 88, co. 1 del d.P.R. 207/2010, secondo cui il contratto di avvalimento deve indicare “le risorse e i mezzi prestati in modo determinato e specifico”. Dopo aver dato atto dei diversi orientamenti formatisi sul tema del contenuto del contratto di avvalimento e aver sostenuto l’importanza di offrire un’interpretazione dell’istituto conforme ai principi del diritto europeo, il Consiglio ha concluso che: “deve ritenersi che l’articolo 88 del d.P.R. 207 del 2010, per la parte in cui prescrive che il contratto di avvalimento debba riportare “in modo compiuto, esplicito ed esauriente (…) le risorse e i mezzi prestati in modo determinato e specifico”, non legittimi né un’interpretazione volta a sancire la nullità del contratto a fronte di un oggetto che sia stato esplicitato in modo (non determinato, ma solo) determinabile, né un’interpretazione volta a riguardare l’invalidità del contratto connessa alle modalità di esplicitazione dell’oggetto sulla base del cd. ‘requisito della forma-contenuto[15]. Dunque, la conclusione a cui il Supremo Consesso è giunto è quella di escludere la sanzione di nullità per i contratti di avvalimento dall’oggetto solo determinabile e ciò per due ordini di ragioni: in primo luogo, in virtù del principio per cui l’oggetto del contratto di avvalimento non dovrebbe sottostare a requisiti ulteriori e più stringenti rispetto a quelli previsti per la generalità dei contratti (ex artt. 1325 e 1346 c.c.) e, in secondo luogo, in virtù del principio di tassatività delle cause di nullità, atteso che nessuna delle disposizioni applicabili ratione temporis conteneva espressamente l’indicazione di tale vizio.
Tuttavia, proprio quest’ultimo assunto, ad oggi, non sembrerebbe più attuale, atteso che il D. Lgs. n. 56/2017 ha introdotto al comma 1 dell’art. 89 del D.Lgs. n. 50/2016 una espressa previsione di nullità in ordine alla specificazione dei requisiti forniti e delle risorse messe a disposizione dall’impresa ausiliaria.
Dunque, alla luce di questa novellata formulazione, l’orientamento sopra descritto sembrerebbe superato o quanto meno occorrerebbe una nuova pronuncia della Plenaria sul tema. Del resto, come si è ricordato, era la stessa sentenza n. 23/2016 che poneva le basi del suo ragionamento sull’assenza di espresse sanzioni di nullità, semmai introducibili de iure condendo[16].
Ciò è per l’appunto avvenuto ad opera di una legge speciale di fonte primaria (il D.Lgs. n. 56/2017) che ben può derogare alla previsione del codice civile sulla sufficienza della mera determinabilità dell’oggetto.
L’attuale comma 1 dell’art. 89 pare dunque militare nel senso della necessaria determinatezza dell’oggetto del contratto di avvalimento, a pena di nullità.
Tema diverso è quello della eventuale incompatibilità della previsione sulla nullità contenuta nella norma in questione con il diritto eurounitario per violazione del principio di proporzionalità; questione comunque che, deve segnalarsi, non ha attirato l’attenzione della Commissione Europea nella Infrazione n 2018/2273, riguardante talune disposizioni, anche in tema di avvalimento, del nostro Codice novellato dal D.Lgs. n. 56/2017 ma, per l’appunto, non la novella del comma 1.
Si evidenzia infine  che, nonostante l’illustrata novella normativa, talune recenti sentenze richiamano ancora la sentenza della Adunanza Plenaria n. 23/2016 facendo dunque intuire di ritenere attuale la sufficienza di un oggetto contrattuale meramente determinabile[17]; posizione che è auspicabile possa spingersi ad interpretare espressamente la portata della suddetta novella previsione di nullità.
 
 
In ordine alla specificazione delle risorse del contratto di avvalimento è stato più volte chiarito che lo scopo di tale prescrizione è raggiunto ogniqualvolta la stazione appaltante sia messa in grado di comprendere quali siano gli impegni concretamente assunti dall’ausiliaria nei confronti della concorrente nonché di verificare, in sede di gara, e controllare, in sede di esecuzione, che la messa a disposizione del requisito non sia meramente cartolare, ma sia basata sulla prestazione effettiva di attività e/o di mezzi dall’una impresa in favore dell’altra.
È dunque evidente che il grado di specificità del contenuto del contratto di avvalimento assume poi rilievo in sede di esecuzione dell’appalto, ossia quando la stazione appaltante concretamente verifica, ai sensi dell’art. 89, comma 9,  se i requisiti, le risorse ed i mezzi promessi dall’ausiliaria siano effettivamente messi a disposizione dell’ausiliata ed impiegati per tutta la durata dell’appalto[18]: è stata dunque scrupolosamente recepita dal Codice la prescrizione della legge delega n. 11/2016 sull’effettività del prestito delle risorse.
Di conseguenza, deve senz’altro ritenersi esclusa la validità di un contratto di avvalimento che applichi formule contrattuali del tutto generiche ovvero meramente riproduttive del dato normativo o contenenti una parafrasi della clausola della lex specialis descrittiva del requisito oggetto di avvalimento[19].
Se ciò è facilmente comprensibile con riferimento all’avvalimento operativo, più difficile è percepire l’effettività del prestito con riferimento ai requisiti di capacità economico-finanziaria e, dunque, in relazione all’avvalimento di garanzia ed a tal proposito la giurisprudenza prospetta la distinzione tra “risorse” , necessariamente da specificarsi, in quanto rientrano nella nozione di “beni in senso tecnico-giuridico, cioè di cose che possono formare oggetto di diritti ex art 81 c.c.” e “requisiti generali (requisiti di carattere economico, finanziario , tecnico-organizzativo, ad es. il fatturato globale o la certificazione di qualità)”, di cui sarebbe sufficiente la determinabilità.[20] .
Tuttavia, non può sfuggire che l’attenzione ermeneutica si trova inevitabilmente a traslare dall’ontologia della suddetta distinzione, in sé plausibile, al contenuto delle due categorie concettuali, in virtù dei dubbi che insorgono, ad esempio, in ordine alla inclusione tra i requisiti generali dei requisiti tecnico-organizzativi, difatti tipicamente connotanti l’avvalimento operativo e non anche quello di garanzia.
Comunque, calando tale distinzione sui contenuti dell’art. 89 coerentemente dovrebbe approdarsi alla conclusione che sia il comma 1, che dispone la nullità per la mancata specificazione dei requisiti forniti e delle risorse messe a disposizione, sia il comma 9, laddove prevede da parte della stazione appaltante in corso di esecuzione le verifiche sostanziali sull’effettivo impiego delle risorse, sarebbero riferibili all’avvalimento operativo e non anche a quello di garanzia. Unica criticità di tale approdo, con precipuo riferimento al tenore letterale di cui al comma 1, consiste nella menzione non solo delle “risorse” ma anche dei “requisiti”.
In conclusione, come  precedentemente accennato, vi è in  giurisprudenza una divisione in tema  tra chi ritiene l’onere di specificità attenuato nel caso di prestito dei requisiti economici e patrimoniali e chi, al contrario, insiste sul carattere di specificità del contratto di avvalimento a prescindere dalla tipologia del requisito prestato[21]. Secondo quest’ultimo orientamento, dunque, anche nel caso dell’avvalimento di garanzia è necessario che emerga con certezza, in modo circostanziato, l’impegno contrattuale dell’ausiliaria a prestare e mettere a disposizione dell’ausiliata la sua complessiva solidità finanziaria e il suo patrimonio esperienziale, così garantendo affidabilità e un concreto supplemento di responsabilità.
 
 
     Alcune pronunce giurisprudenziali si spingono a sindacare nel merito l’adeguatezza in concreto dei requisiti prestati.
In questa direzione è la sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, 23 febbraio 2017, n. 852 in cui il contratto di avvalimento prodotto in gara dall’operatore economico – benché sufficientemente determinato nell’oggetto – è stato ritenuto “inidoneo” all’assolvimento dello scopo a cui l’avvalimento è preposto, in quanto le risorse prestate risultavano del tutto inadeguate e insufficienti. In particolare, secondo il Collegio, quando oggetto dell’avvalimento è un’attestazione SOA di cui il concorrente è privo, ai fini dell’idoneità del contratto, occorre che l’ausiliaria metta a disposizione dell’ausiliata l’intera organizzazione aziendale, comprensiva di tutti i fattori della produzione e di tutte le risorse che, complessivamente considerate, le hanno consentito di acquisire l’attestazione. Poiché dunque, nel caso di specie, l’avvalimento si era concretizzato soltanto nel prestito di alcuni limitati beni, di una non rilevante somma di denaro rispetto all’importo a base d’asta e di un solo lavoratore (e non anche dell’intero complesso aziendale dell’ausiliaria né nella messa a disposizione della certificazione di qualità di quest’ultima), il contratto è stata giudicato non idoneo allo scopo[22].
Almeno un’altra pronuncia entra parimenti nel merito dell’idoneità delle risorse, sebbene con precipuo riferimento ad un avvalimento cd. frazionato, in cui quindi una parte della classifica di importo di una categoria SOA era già in possesso del concorrente: fattispecie che, evidentemente, alla luce della commistione di risorse di concorrente ed ausiliaria, è di più complessa interpretazione.
Si tratta della sentenza del Consiglio di Stato  14 giugno 2019, n. 4024 che ha riformato la pronuncia del TAR Lombardia, sede di Brescia, n. 1195/2018[23]. In particolare, se in primo grado il Tribunale adito aveva giudicato le risorse messe a disposizione insufficienti ed inadeguate anche in termini di peso economico rispetto all’intero appalto[24], i Giudici di Palazzo Spada hanno invece ritenuto le risorse e i mezzi prestati sufficienti. Difatti, secondo quanto precisato, nei casi di avvalimento cd. frazionato, la valutazione dell’adeguatezza delle risorse concretamente prestate deve essere parametrata solo rispetto a quella parte di prestazione che il concorrente non sarebbe stato in grado di dimostrare in proprio e per cui, appunto, ha manifestato la volontà di ricorrere all’avvalimento e non rispetto alla totalità dell’appalto[25].
Queste pronunce assumono un rilievo particolarmente significativo, nella misura in cui ammettono una sindacabilità nel merito dell’adeguatezza delle risorse prestate nel contesto del contratto di avvalimento, toccando quindi un aspetto ulteriore rispetto al tema della determinatezza e/o determinabilità dell’oggetto del contratto già vagliato dalla giurisprudenza amministrativa.
In sostanza, quindi, alla Amministrazione sarebbe richiesto un duplice controllo: in primo luogo, sulla determinatezza del contratto di avvalimento e, in secondo luogo, sull’adeguatezza di mezzi e risorse, il che, è di palmare evidenza, in tal ultimo caso implica un controllo in sede giurisdizionale sull’operato discrezionale dell’Amministrazione. Tuttavia, se in mancanza della specificità, il contratto di avvalimento è certamente da dichiararsi nullo in quanto contra legem (ex art. 89, comma 1, D. Lgs. n. 50/2016), non risulta chiarito quale vizio affligga il contratto in cui le risorse prestate siano in concreto insufficienti. Tale contratto sembrerebbe da ritenersi inidoneo allo scopo a cui è preposto, quindi nullo per difetto della causa in concreto, con la conseguenza dell’esclusione del concorrente dalla gara per mancanza dei requisiti.
 
 
La già citata ordinanza del CGARS n. 52/2016 di rimessione alla Plenaria (n. 23/2016) ha affrontato anche i profili connessi alla possibilità di attivare il soccorso istruttorio per colmare eventuali incompletezze del contenuto del contratto di avvalimento.
Già nella vigenza del Codice del 2006 sul tema si erano formati orientamenti giurisprudenziali contrapposti[26]. Come si ricorderà, l’art. 46, comma 1-ter del D.Lgs. n. 163/2006 aveva esteso l’applicazione dell’art. 38, comma 2-bis[27], legittimando l’attivazione del soccorso istruttorio nel caso di incompletezze o irregolarità delle dichiarazioni, anche di soggetti terzi, prodotte in gara dai concorrenti. Una parte della giurisprudenza[28] riteneva applicabile l’istituto anche nei casi in cui la mancanza fosse relativa al contratto di avvalimento, essendo quest’ultimo destinato a fornire i cd. requisiti speciali a cui la disposizione faceva riferimento. Diversamente, per altro orientamento, anche dopo l’ampliamento del suo ambito applicativo, il soccorso istruttorio non avrebbe potuto trovare applicazione in quanto il contratto di avvalimento non rappresenta un documento da allegare alla domanda per dimostrare il possesso di un requisito, ma è il presupposto per la partecipazione alla gara ed è esso stesso il requisito mancante all’impresa ausiliata[29]. Sul punto – ricorda poi l’Ordinanza di rimessione – anche l’ANAC nel 2015[30] si era pronunciata con specifico riferimento al soccorso istruttorio, chiarendo che non può essere strumentalmente utilizzato per l’acquisizione in gara di un requisito o di una condizione di partecipazione, mancante alla scadenza del termine di presentazione dell’offerta, pena, evidentemente, l’alterazione della par condicio. Sempre secondo l’Autorità, infatti, il nuovo soccorso istruttorio avrebbe piuttosto dovuto operare limitatamente all’ipotesi di mancata allegazione, per mera dimenticanza, del contratto di avvalimento che, in ogni caso, fosse stato già siglato alla data di presentazione dell’offerta nonché nel caso di assenza degli altri adempimenti prescritti in ordine all’avvalimento.
Alla luce delle diverse posizioni difformi, si invocava l’intervento dell’Adunanza Plenaria sull’utilizzo o meno del soccorso istruttorio anche con riferimento ad incompletezze del contratto di avvalimento che, sotto un profilo civilistico, portano ad affermare la nullità del negozio per mancanza di determinatezza del suo oggetto[31]. Tuttavia, tale questione non è stata poi oggetto di pronuncia espressa da parte del Consiglio di Stato poiché, come si è detto, è stato ritenuto ammissibile il contratto di avvalimento dall’oggetto anche solo determinabile e si è concluso che, rispetto al caso di specie, non si ponesse dunque la necessità di una integrazione mediante soccorso istruttorio.
Nel nuovo Codice il soccorso istruttorio ha trovato la sua compiuta disciplina al comma 9 dell’art. 83[32]. Le possibili integrazioni sono state circoscritte alle sole carenze degli elementi formali della domanda ed è, dunque, precluso sanare quelle cd. irregolarità essenziali che non consentono l’individuazione del contenuto della domanda o del soggetto responsabile della stessa.
Tale divieto, unitamente al principio elaborato dalla giurisprudenza secondo cui la nullità per indeterminatezza ed indeterminabilità dell’oggetto dei contratti di avvalimento osta all’attivazione del soccorso istruttorio, attesa l’inidoneità dei medesimi a produrre effetti[33], ha condotto ad escludere l’attivazione del soccorso istruttorio per colmare le lacune dei contratti di avvalimento, essendo necessario che gli stessi siano validi fin dal principio con la conseguente impossibilità di apportarvi integrazioni postume[34].
A tal proposito deve evidenziarsi un problema di “asimmetria” rispetto a quanto previsto dall’art. 89, comma 3 del D.Lgs. n. 50/2016, che consente (rectius: impone) al concorrente ausiliato di sostituire i propri ausiliari nel caso in cui, all’esito di apposite verifiche condotte dalla stazione appaltante, gli stessi risultino privi dei requisiti[35].
In definitiva, da un lato si consente l’integrazione ex post di una condizione di partecipazione con la sostituzione dell’ausiliaria mentre, dall’altro, la genericità del contratto di avvalimento viene sanzionata con la nullità, restando preclusa la possibilità del soccorso istruttorio. La ragione – ma non la giustificazione – di tale differente regime potrebbe risiedere nella circostanza che la prescrizione sulla sostituzione dell’ausiliario privo dei necessari requisiti è di fonte comunitaria e la sanzione di nullità per genericità del contratto di avvalimento è frutto di autonoma ideazione del nostro Legislatore.
            Resta infine da interrogarsi sulla possibilità di attivazione del soccorso istruttorio nei casi in cui il contratto di avvalimento, giudicato come determinato e specifico, non risulti adeguato al fine dell’esecuzione dell’appalto, secondo quel sindacato di merito che, come detto, si è affacciato negli anni più recenti nel nostro panorama giurisprudenziale. Alla luce delle considerazioni sopra esposte si ritiene che anche in questo caso il soccorso istruttorio debba ritenersi escluso. Tuttavia, non si può trascurare di segnalare il diverso orientamento espresso dall’ANAC, secondo cui il soccorso istruttorio sarebbe precluso solo nel caso di nullità del contratto per indeterminatezza assoluta dell’oggetto ovvero per mancata produzione del contratto al momento della presentazione dell’offerta (purché non sottoscritto prima della scadenza dei termini) e non anche “qualora la Stazione appaltante avesse inteso non sufficienti i mezzi e/o il personale messo a disposizione dall’ausiliaria per l’esecuzione dell’appalto [36].
 
 
La già illustrata differenza tra l’avvalimento cd. di garanzia e l’avvalimento cd. tecnico-operativo si traduce anzitutto, come detto, in un diverso grado di analiticità e specificità nell’indicazione di quanto prestato, a pena di nullità, del contratto di avvalimento (art. 89, comma 1, D.Lgs. n. 50/2016) e, in secondo luogo, si riverbera anche in sede di esecuzione, laddove l’effettivo impiego delle risorse prestate sembrerebbe valutato a pena di risoluzione del contratto di appalto solo per quanto riguarda l’avvalimento tecnico-operativo (art. 89, comma 9, D.Lgs. n. 50/2016).
Nel contesto di quest’ultimo, è possibile individuare la specifica fattispecie costituita dal prestito dei titoli di studio e professionali ovvero delle esperienze professionali pertinenti. Tale ipotesi, come specificato a norma del comma 1 dell’art. 89 del Codice, richiede che “gli operatori economici possono avvalersi delle capacità di altri soggetti solo se questi ultimi eseguono direttamente i lavori o i servizi per cui tali capacità sono richieste”.
Sul punto, recenti pronunce giurisprudenziali, valorizzando il tenore letterale della disposizione, hanno precisato che non sarebbe sufficiente il mero prestito delle risorse e dei mezzi da parte dell’ausiliaria, dovendo eseguire essa stessa, direttamente, la prestazione. Con la sentenza 3.4.2019, n. 2191, il Consiglio di Stato (Sezione Quinta) ha ricondotto il requisito dello svolgimento dei “servizi analoghi” nella nozione di “esperienze professionali pertinenti” e affermato che in tali ipotesi il contratto di avvalimento dovrebbe contemplare l’assunzione da parte dell’ausiliaria di un concreto ed effettivo ruolo esecutivo. Tale pronuncia ha confermato l’orientamento già espresso dalla medesima Sezione, con la sentenza 6.10.2018, n. 5750, in cui si precisa anche che la mancata assunzione dell’obbligo di eseguire direttamente la prestazione in capo all’ausiliaria nel contratto di avvalimento rappresenta una lacuna non colmabile con soccorso istruttorio, trattandosi di un’ipotesi di assenza di elemento essenziale di tipo negoziale, funzionale alla validità della dichiarazione[37].
Tale indicazione deve essere confrontata con quanto previsto dal comma 8 del medesimo articolo, secondo cui “Il contratto è in ogni caso eseguito dall’impresa che partecipa alla gara”. A ben vedere, l’esecuzione diretta di cui al comma 1 non può considerarsi in contrasto con la citata previsione del comma 8 poiché non può confondersi l’esecutore materiale delle prestazioni con il titolare del contratto, per l’appunto il concorrente che, difatti, ai sensi del comma 8, ottiene il certificato di esecuzione.
Tuttavia, problemi di compatibilità potevano ravvisarsi rispetto alla seconda parte del medesimo comma 8, secondo cui “l’impresa ausiliaria può assumere il ruolo di subappaltatore nei limiti dei requisiti prestati”. Difatti, appariva evidente il rischio che la previsione di una esecuzione diretta dei lavori o dei servizi da parte dei suddetti soggetti di cui al comma 1 finisse per consentire il sub-affidamento di una quota di prestazione all’ausiliaria, anche al di fuori dei limiti previsti per il subappalto. Tale rischio era tanto più reale quanto più veniva esteso il concetto di “esperienze professionali pertinenti”, fino talvolta a ricomprendervi qualsiasi requisito di natura tecnico-professionale afferente a precedenti esperienze degli operatori economici: paradossalmente, l’impresa ausiliaria avrebbe potuto anche essere chiamata ad eseguire integralmente la prestazione[38].
Sebbene, ad oggi, la questione non appaia più dirimente per effetto della sentenza della Corte di Giustizia 26.09.2019, C-63/18 che, come noto, ha sancito l’illegittimità dei limiti apposti al subappalto[39]– anche se tuttora talune interpretazioni della sentenza non appaiano in sintonia con la medesima[40]– non può non rammentarsi che, secondo i chiarimenti forniti dall’ex AVCP e dal Ministero delle Infrastrutture nel 2012, nonché la giurisprudenza più datata, la summenzionata previsione codicistica sul subappalto nel contesto dell’avvalimento (art 49, c 10 del vecchio codice) veniva interpretata nel senso che anche in tale fattispecie si rendeva necessario rispettare il limite del 30%[41], così come per il subappalto tout court, nonché ottenere l’autorizzazione della stazione appaltante[42].
In ogni caso, si è dell’avviso che, a prescindere dalla questione sui limiti, sia attuale la precisazione fornita dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella sentenza del 7.4.2016, C-324/14, secondo cui il concetto di “esperienze professionali pertinenti” dovrebbe essere circoscritto alle sole esperienze di carattere strettamente personale e/o specialistiche che non possono essere trasmesse al concorrente se non mediante l’impiego diretto da parte di questi dei singoli soggetti “titolati” che in seno all’ausiliaria hanno maturato l’esperienza richiesta[43].
A tale orientamento ha di recente aderito il Consiglio di Stato che riferisce l’applicazione dell’art. 89, comma 1 del D.Lgs. n. 50/2016 alle sole prestazioni infungibili[44], con ciò ponendosi in discontinuità rispetto al più estensivo approccio che aveva connotato precedenti sentenze[45].
In attesa di un auspicabile intervento dell’Adunanza Plenaria che risolva il conflitto tra le due Sezioni in ordine al perimetro del concetto di “esperienze professionali pertinenti”, nell’auspicata direzione di circoscrivere la nozione alle sole prestazioni infungibili, sembrerebbe invece potersi considerare chiara la modalità di applicazione della regola espressa dal comma 1 dell’art. 89: la previsione non si traduce  nell’obbligo di esecuzione diretta da parte dell’ausiliaria, dunque in una ipotesi di subappalto obbligatorio, bensì nell’obbligo di impiego dei soggetti “titolati” dell’ausiliaria nel contesto del team dispiegato dal concorrente.
 
 
Al di fuori della specifica ipotesi di cui al comma 1, secondo periodo, riguardante il prestito dei titoli di studio e delle esperienze professionali pertinenti, le ipotesi generali di prestito di requisiti di carattere tecnico e professionale costituiscono i casi di cd. avvalimento operativo puro, la cui disciplina prosegue nel comma 9 dell’art. 89[46].
La stazione appaltante ha il compito di effettuare in corso di esecuzione le verifiche sostanziali circa l’effettivo possesso dei requisiti e delle risorse oggetto dell’avvalimento da parte dell’impresa ausiliaria, nonché l’effettivo impiego delle risorse medesime nell’esecuzione dell’appalto. A tal fine, il RUP deve accertare che le prestazioni oggetto di contratto siano svolte direttamente dalle risorse umane e strumentali dell’impresa ausiliaria che il titolare del contratto utilizza in adempimento degli obblighi derivanti dal contratto di avvalimento. Tale previsione, a partire dal correttivo D.Lgs. n. 56/2017, è stabilita a pena di risoluzione dell’intero contratto di appalto.
Ed è proprio l’effettivo impiego delle risorse dell’ausiliaria a fare emergere la necessità di delineare in modo chiaro le linee di confine e di distinzione tra avvalimento operativo e subappalto, ciò che costituisce il precipuo oggetto del paragrafo che segue.
Deve poi segnalarsi che, al suddetto requisito dell’effettività, l’ANAC sembrava voler aggiungere quello dell’esclusività per cui “nel caso in cui l’avvalimento abbia ad oggetto risorse materiali, mezzi e risorse messe a disposizione dall’impresa ausiliaria devono essere destinati esclusivamente all’esecuzione dell’appalto per il tempo necessario, con l’impossibilità, per l’impresa ausiliaria, di utilizzarli nella propria attività aziendale” [47].
 
 
Veniamo ora agli elementi distintivi tra il subappalto e l’avvalimento. Si considereranno, in particolare, la funzione di integrazione dei requisiti di partecipazione alle gare e le differenze che rilevano sul piano delle responsabilità e dell’organizzazione delle risorse.
 
 
            Al fine di trattare la prima questione, circa la potenziale valenza di integrazione dei requisiti in fase di gara dei due istituti, non può prescindersi dal considerare l’ipotesi del cd. subappalto necessario.
            Come noto, una questione particolarmente dibattuta, prima dell’entrata in vigore del nuovo Codice, era quella relativa all’obbligatorietà o meno dell’indicazione del nominativo del subappaltatore in sede di offerta. Tale dibattito giurisprudenziale culminò nella decisione dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 9/2015[48]. In quella sede è stato chiarito che l’indicazione del nome del subappaltatore non è obbligatoria all’atto dell’offerta, neanche nei casi in cui, ai fini dell’esecuzione delle lavorazioni relative a categorie scorporabili a qualificazione necessaria, risulta indispensabile, in assenza dei relativi requisiti in capo al concorrente, il loro subappalto a un’impresa provvista delle relative qualificazioni.
Le motivazioni che venivano addotte erano numerose ed andavano ben oltre il già chiaro tenore letterale dell’art. 118 del D.Lgs. n. 163/2006 che richiedeva solamente l’indicazione delle lavorazioni da subappaltare e non anche dei nomi dei subappaltatori. Tra queste certamente, in primo luogo, spiccava la ritenuta inammissibilità di una violazione dell’art. 92 del d.P.R. n. 207/2010, che difatti prescrive come sufficiente per la partecipazione alla gara il possesso della qualificazione nella categoria prevalente purché per l’importo totale dei lavori (salvo poi, naturalmente, subappaltare l’esecuzione dei lavori di cui alle categorie scorporabili a qualificazione obbligatoria non possedute dal concorrente a soggetti debitamente qualificati) e che, dunque, non contempla in alcun modo una indicazione del subappaltatore in sede di gara.
In secondo luogo, una attenta ricostruzione normativa faceva emergere che la legge n. 109/94 prevedeva l’indicazione, già in fase di offerta,  di una rosa di imprese subappaltatrici (sino a sei) entro le quali sarebbe poi stata scelta quella da incaricare del subappalto, ma tale previsione fu poi abrogata con la legge n. 415/1998, il che inequivocabilmente costituiva testimonianza del fatto che il Legislatore del Codice del 2006 , non intervenendo su tale dato normativo, non avesse voluto prescrivere l’indicazione del subappaltatore in gara tra le condizioni di validità del subappalto.
            In definitiva, a fronte di un assetto normativo di riferimento compiuto e privo di antinomie, il Consiglio di Stato ha ritenuto che non potesse trovare applicazione alcuna interpretazione di tipo analogico e non potesse, dunque, enuclearsi la regola non scritta sulla necessità dell’indicazione del nome del subappaltatore già nella fase dell’offerta[49]. Da qui, si concludeva che il subappalto è un istituto che attiene alla fase di esecuzione dell’appalto e dunque il suo mancato funzionamento dev’essere trattato alla stregua di un inadempimento contrattuale.
            Tanto precisato, era ragionevole attendersi che, a partire dalla pronuncia in esame, fosse definitivamente chiarita anche la netta differenza che intercorre tra l’istituto dell’avvalimento e quello del subappalto. Difatti, quest’ultimo opera esclusivamente sul piano dell’esecuzione del contratto e, pertanto, anche nel caso di “subappalto necessario” (per l’esecuzione, giammai per la qualificazione) lo stesso non può che considerarsi come “esecutivo” e mai “qualificante” ai fini della partecipazione alla gara.
            Nonostante ciò, in talune pronunce successive all’Adunanza Plenaria n. 9/2015 si sono riscontrati orientamenti discordanti sul tema[50]. Ad esempio, si è parlato di “natura polivalente” del subappalto necessario di cui “ferma restando la sua collocazione in fase di esecuzione, non può essere trascurata anche un’incidenza in chiave partecipativa[51]. A ben vedere, non è al subappalto bensì all’avvalimento che può essere attribuita natura polivalente: funzione in fase di gara volta all’integrazione dei requisiti di qualificazione ed in fase esecutiva consistente nel prestito delle risorse.
Inoltre, alcune pronunce  hanno richiamato la suddetta Adunanza Plenaria come sentenza che avrebbe ammesso il ricorso al subappalto necessario e qualificante[52].
            Certamente non può omettersi di considerare che con l’avvento del nuovo Codice dei contratti pubblici il panorama normativo di riferimento è cambiato rispetto a quello considerato dalla Plenaria: infatti, le direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE hanno rimesso ad ogni Stato membro -ovvero alle stazioni appaltanti – la scelta discrezionale di chiedere all’offerente l’indicazione in gara dei nominativi dei subappaltatori proposti[53]. In recepimento delle Direttive, come noto, il nostro Legislatore, attenendosi alle prescrizioni della legge delega n. 11/2006[54], ha introdotto all’art. 105, comma 6, del D.Lgs. n. 50/2016 l’obbligo di indicazione della terna dei subappaltatori per gli appalti di lavori, servizi e forniture di importo pari o superiore alle soglie comunitarie[55].
Ed è evidentemente con riguardo a tale nuovo assetto normativo che il subappalto può dirsi divenuto “necessario”: l’indicazione in gara della terna dei subappaltatori attribuisce difatti un nuovo ed inedito ruolo al subappalto di integrazione dei requisiti di qualificazione e non più solo una funzione in sede esecutiva.
Tuttavia, ad oggi, in considerazione dell’ulteriore mutamento normativo sopravvenuto, operato dal D.L. n. 32/2019, non dovrebbe più residuare alcuna incertezza: infatti, in particolare tramite la sospensione dell’obbligo di indicazione della terna dei subappaltatori e la novella dell’art. 80 del D.Lgs. n. 50/2016, che ha anche espunto il riferimento ai motivi di esclusione dei subappaltatori quali causa di esclusione per gli appaltatori, è stato nuovamente confermato il ruolo del subappalto come esclusivamente ascrivibile alla fase esecutiva[56].
 
 
Veniamo ora ai profili della responsabilità e dell’organizzazione delle risorse.
Come detto, ai sensi del comma 9 dell’art. 89 D.Lgs. n. 50/2016, l’avvalimento operativo puro si configura come il contratto in base al quale l’impresa ausiliata utilizza i mezzi e le risorse dell’ausiliaria “in via immediata”, senza dunque alcuna intermediazione di quest’ultima[57]. In sostanza, pur servendosi dei mezzi altrui, l’impresa ausiliata rimane nell’ambito dell’avvalimento se mantiene la direzione, il coordinamento e il controllo dell’esecuzione dell’appalto.
È in questa direzione che si è espressa la giurisprudenza, individuando, a contrario, quale tratto distintivo in capo al subappaltatore l’effettiva autonomia organizzativa, alla quale deve aggiungersi l’assunzione del rischio economico dell’esecuzione[58].
A testimonianza della complessità di focalizzare in talune fattispecie gli elementi distintivi tra i due istituti, si segnala un corposo filone giurisprudenziale in tema di procedure per l’affidamento del servizio di refezione/catering, in cui si discute se il possesso e la messa a disposizione in capo al concorrente di un centro di cottura debba qualificarsi quale subappalto ovvero avvalimento e, dunque, quale requisito di esecuzione dell’appalto ovvero di partecipazione alla gara.
Secondo la sentenza del TAR Lazio n. 2120/2017, la messa a disposizione del centro di cottura costituirebbe oggetto di avvalimento, ciò a dispetto della circostanza che, a ben vedere, nella fattispecie esaminata non sembra esservi alcun diretto utilizzo del centro medesimo da parte dell’impresa ausiliata[59]. Il centro cottura, infatti, rimarrebbe in uso esclusivo della ditta ausiliaria, in quanto unica titolare della relativa autorizzazione sanitaria.
Orbene, è proprio l’autonomia organizzativa dell’impresa ausiliaria ad insinuare il dubbio della qualificazione della fattispecie in esame come subappalto e non come avvalimento, dal ché sembrerebbe conseguirne la necessità di un’ulteriore indagine dei contenuti del contratto: quella relativa all’assunzione dei rischi gestionali, nel subappalto gravanti sul subappaltatore, nell’avvalimento attribuiti all’impresa concorrente ausiliata.
Per l’inquadramento come avvalimento si è espresso anche il TAR Brescia con la sentenza n. 1364/2017[60], riformata poi con la pronuncia del Consiglio di Stato n. 5047 del 24.8.2018. Nella fattispecie esaminata, la disponibilità del centro di cottura era valutata dalla lex specialis non quale requisito di ammissione alla gara, bensì ai fini dell’esecuzione, quale componente dell’offerta tecnica a cui era quindi attribuito un determinato punteggio. Dunque, anche sotto questo profilo, pare emergere una incongruenza di ragionamento: se si fa riferimento ad un requisito di esecuzione, l’istituto da utilizzare dovrebbe essere quello del subappalto, atteso che l’avvalimento non può mai essere utilizzato per fare punteggio in sede di offerta, ma solo per integrare i requisiti di qualificazione[61].
Il già labile confine tra i due istituti si assottiglia ancora di più quando si considera l’ipotesi prevista dal comma 8 dell’art. 89 di subappalto nel contesto dell’avvalimento. Come già detto, secondo l’orientamento della giurisprudenza più datata nonché del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e dell’ex AVCP, ciò poteva avvenire solo “nel limite dei requisiti prestati” nonché nel rispetto dei limiti della quota subappaltabile previsti dall’art. 118 del previgente Codice[62].
Da questo orientamento appaiono discostarsi due sentenze del TAR Piemonte confermate dal Consiglio di Stato[63]. Si consideri, tra queste, la recentissima sentenza n. 389 del 16.1.2020 del Consiglio di Stato in cui si esclude espressamente, nel contesto dell’art. 89, co. 8, la rilevanza del tetto massimo previsto per il subappalto, ritenuto, peraltro, incidentalmente superato alla luce dell’orientamento espresso dalla Corte di Giustizia. Il Consiglio di Stato ha motivato la sua conclusione sulla base delle diversità che intercorrono tra i due istituti, con particolare riferimento al diverso regime di responsabilità dell’impresa ausiliaria rispetto a quella subappaltatrice, che non consentirebbero di equiparare il subappalto nel contesto dell’avvalimento al “subappalto vero e proprio [64]. Tuttavia, ciò che ci si limita ad evidenziare è che tale statuizione non fa alcuna menzione di quanto illo tempore chiarito dall’ex AVCP e dal MIT e dalla precedente giurisprudenza sul punto, secondo cui, come si è visto, quando si dispone il subappalto nel contesto dell’avvalimento il primo dovrebbe soggiacere all’obbligo di autorizzazione e al limite quantitativo, sostanzialmente in conformità con le cautele antimafia che connotano in Italia il subappalto, evidenziate dal Consiglio di Stato nei pareri sullo schema del Codice e sul suo decreto correttivo,  richiamati, da ultimo, nell’ordinanza di rimessione alla Corte di Giustizia UE n. 3553/2018 sul tema dei limiti al subappalto[65].
       Peraltro, nella fattispecie in esame del subappalto nel contesto dell’avvalimento, l’istituto in grado di contemperare le contrapposte esigenze del limite al subappalto ispirate dalla prevenzione dei fenomeni mafiosi e dell’effettività dell’utilizzo delle risorse prestate potrebbe essere quello del distacco: l’impresa ausiliaria potrebbe assumere il ruolo di subappaltatrice nei limiti previsti per il subappalto, ricorrendo, per la parte in eccedenza, al distacco del proprio personale all’appaltatore[66].
In buona sostanza, comunque, si può anche ritenere del tutto condivisibile considerare illimitato il subappalto nel contesto dell’avvalimento, il che è d’altra parte in linea con le censure della Corte di Giustizia al limite al subappalto tout court[67], ma ciò dovrebbe coerentemente suggerire al nostro Legislatore la rimozione dalla nostra normativa di tutti i limiti e le restrizioni al subappalto ed all’avvalimento che, come vedremo nel successivo paragrafo, hanno formato oggetto della procedura di infrazione comunitaria n. 2018/2273.
            L’ultimo profilo che resta da considerare per dipanare la questione è se possa ancora parlarsi di avvalimento – ovvero se si sia già sconfinati nell’ambito del subappalto – allorquando nel contratto venga messa a disposizione l’intera azienda e/o uno specifico ramo di azienda funzionalmente autonomo invece che singoli e determinati mezzi e risorse. L’orientamento della giurisprudenza sul tema è nel senso che nell’avvalimento operativo puro “non emerge il tratto tipico dell’affitto di azienda che, come è noto, ha per oggetto “il complesso produttivo unitariamente considerato, secondo la definizione normativa di cui all’art. 2555 c.c.” (Cass., Sez. III, 8 luglio 2010 n. 16138) “e non un singolo strumento della produzione o addirittura dei requisiti di carattere economico-finanziario” (CGARS, sez. giurisd., 19/02/2016, n. 52).
In definitiva, quindi, gli elementi qualificanti il subappalto – e dunque il discrimine rispetto all’avvalimento operativo puro – sono rappresentati dall’organizzazione dei mezzi e delle risorse necessari e dalla gestione a proprio rischio ed è da qui che deriva anche un differente regime in tema di responsabilità tra i due istituti.
Difatti, con riferimento al subappalto, la Cassazione ha precisato che, in virtù dell’autonomia del subappaltatore nell’esecuzione delle opere affidategli dal subcommittente, la responsabilità del primo nei confronti del committente originario può essere affermata solo e in quanto lo stesso si sia discostato da quanto previsto nel contratto di subappalto[68]. Nel caso invece di discrepanza fra quanto stabilito nel contratto di appalto e in quello di subappalto sull’esecuzione dell’opera è il subappaltante che deve rispondere nei confronti del committente. Il subappaltatore risponde dunque nei confronti del subappaltante, oltre che per inadempimento contrattuale, anche per difetti e difformità dell’opera (artt. 1667 e 1668 c.c.) nonché delle evenienze previste dall’art. 1669 c.c. (difetti e rovina dell’immobile entro 10 anni) ed infine è esclusivo responsabile per i danni arrecati a terzi nell’esecuzione dell’opera[69].
 
 
Già nella vigenza del precedente Codice dei contratti pubblici del 2006, con nota del 30 gennaio 2008, n. 2007/2309, la Commissione Europea aveva aperto una procedura di infrazione contro l’Italia, osservando che i limiti alla facoltà di avvalimento previsti dai commi 6 e 7 del previgente art. 49 fossero in contrasto con la normativa comunitaria[70]. Le due disposizioni, in seguito rispettivamente modificate e soppresse ad opera del D.lgs. n. 152/2008 (cd. III Correttivo), facevano riferimento, la prima al divieto di cd. avvalimento plurimo, per cui ogni concorrente poteva avvalersi di una sola impresa ausiliaria per ciascun requisito e la seconda alla facoltà della stazione appaltante di circoscrivere il ricorso all’avvalimento, limitandolo ai soli requisiti economici o tecnici o consentendolo solo in una determinata misura percentuale[71].
Inoltre, proprio al fine di evitare una procedura di infrazione, già il comma 10 dell’art. 49 era stato modificato ad opera del D.Lgs. n. 6/2007 (cd. II Correttivo)[72]. Difatti, sull’originaria formulazione del comma in questione, che escludeva che l’ausiliaria potesse assumere anche il ruolo di subappaltatore, si erano espressi negativamente, seppur in un parere informale, i Servizi legali della Commissione[73]. Pertanto, il Consiglio di Stato, nel proprio parere sugli atti normativi n. 3641/2006, aveva ravvisato l’opportunità di intervenire sulla disposizione prevedendo la facoltà per l’impresa ausiliaria di assumere il ruolo di subappaltatore, indicazione per l’appunto poi recepita dal cd. II Correttivo al Codice del 2006[74].
Anche con riferimento al Codice vigente, la Commissione Europea, tramite la procedura di infrazione n. 2273/2018, tra le disposizioni considerate incompatibili rispetto al diritto europeo ne ha censurate talune riguardanti l’avvalimento e il subappalto. Tali istituti, che nell’ottica europea sostanzialmente non dovrebbero incontrare limitazioni, subiscono invece nella nostra normativa talune restrizioni, incompatibili, secondo la Commissione, con i contenuti delle direttive UE del 2014, rispetto al principio di proporzionalità, nonché, più in generale, con riguardo ai principi di ampliamento della concorrenza e di favor partecipationis delle PMI.
Con particolare riguardo ai rilievi mossi per il tramite della procedura di infrazione relativamente all’art. 89 del D.Lgs. n. 50/2016, la Commissione ha censurato anzitutto il divieto del cd. avvalimento a cascata di cui al comma 6, ossia il divieto per l’impresa ausiliaria di avvalersi, a sua volta, delle capacità di un altro soggetto[75]. Da quanto emerge dalle direttive del 2014 è consentita la facoltà di avvalersi di qualsiasi soggetto “indipendentemente dalla natura giuridica dei rapporti” che intercorrono tra ausiliata ed ausiliaria e tale frase impedisce, secondo la Commissione, di vietare l’avvalimento a cascata.
Sul tema la giurisprudenza amministrativa formatasi nella vigenza del precedente Codice, che non prevedeva espressamente il divieto di avvalimento a cascata, si è sempre espressa in favore di tale divieto, sostanzialmente argomentando che il vincolo di responsabilità solidale che lega direttamente ed immediatamente l’ausiliaria al concorrente verrebbe infranto dal coinvolgimento di un ulteriore soggetto da parte dell’ausiliaria[76].
Sempre nella vigenza del Codice previgente, un peculiare precipitato del divieto di avvalimento a cascata era rappresentato dal divieto per il progettista indicato nell’offerta di cui il concorrente intendeva avvalersi – per dimostrare il possesso dei requisiti relativi alla prestazione progettuale di un contratto misto, in primis il cosiddetto appalto integrato[77]– di ricorrere a sua volta all’avvalimento.
Anche per tale peculiare ipotesi la giurisprudenza e l’ex AVCP si erano diffuse sulle motivazioni a sostegno di tale divieto, consistenti in sostanza nell’inammissibilità di privare di qualsivoglia garanzia la stazione appaltante, la quale, con tutta evidenza, non ha rapporti diretti con i progettisti indicati e, a maggior ragione, non ne avrebbe con eventuali ausiliari degli stessi[78]. Più nel dettaglio, secondo la giurisprudenza il progettista indicato rappresenterebbe un mero collaboratore esterno al quale sarebbe quindi precluso il ricorso all’avvalimento, riservato esclusivamente ai soggetti che rivestono la qualità di concorrenti nella gara[79].
Il tema è tornato ad essere di particolare attualità alla luce dell’ordinanza del Consiglio di Stato 9 aprile 2020, n. 2331, di rimessione all’Adunanza Plenaria, la quale pone per l’appunto la questione della legittimità o meno del ricorso all’avvalimento da parte del progettista indicato in ragione del contrasto tra la giurisprudenza nettamente prevalente e la sentenza del Tar Friuli Venezia Giulia n.18/2013 oggetto di causa nonché la sentenza del Consiglio di Stato 2.10.2014, n. 4929.
 Il Tar FVG si limita a ritenere che in base ai principi comunitari (art 47 e 48 della direttiva 2004/18) e nazionali (art 49 del D.Lgs. n. 163/06) dell’istituto dell’avvalimento possano avvalersi anche i progettisti indicati.
Il Consiglio di Stato, con la citata sentenza n. 4929/2014, è pervenuto alle medesime conclusioni nel dichiarato intento di esprimersi in conformità con la sentenza della Corte di Giustizia 10 ottobre 2013, C-94/2012, ravvisando in  tale pronuncia un chiarimento sul fatto che l’avvalimento si applicherebbe non ai soli “concorrenti” ma a tutti gli “operatori economici”, tenuti a qualsiasi titolo a dimostrare i requisiti in sede di gara, pervenne a consentire l’avvalimento da parte del progettista indicato. Tale approdo non persuade, in quanto appare  esclusivamente fondato su una interpretazione della nozione di “operatori economici” che non sembra trovare  riscontro nella direttiva 2004/18/UE[80] che, difatti, utilizza tale termine solo per indicare i “concorrenti”, i quali, a seconda del tipo di procedura di gara, vengono denominati “candidati” (coloro che chiedono di partecipare ad una procedura ristretta o negoziata) o  “offerenti”(coloro che hanno presentato un’offerta). In buona sostanza , la categoria degli “operatori economici che non domandano di partecipare alla gara” non sembra esistere proprio in quanto il termine “operatori economici” non viene mai utilizzato per indicare soggetti che concorrenti non sono: prova ne sia che gli “ausiliari” sono nella direttiva denominati “altri soggetti”[81] e non “operatori economici”.
Nel merito poi della citata sentenza della CGUE C-94/12, come si è visto[82], questa concerne il tema dell’avvalimento plurimo e frazionato, all’epoca precluso dall’art. 49, comma 6 del vecchio codice, disposizione di cui la Corte ha sancito l’incompatibilità con il diritto comunitario. In sostanza, il tema era circoscritto ad indagare se al concorrente/operatore economico fosse consentito o meno ricorrere a più di una impresa per integrare un requisito mancante e giammai si estendeva alla verifica se tale avvalimento plurimo o frazionato fosse consentito ad “altri soggetti” (le imprese ausiliarie, nella fattispecie sottoposta alla Corte), non qualificabili come operatori economici. Fattispecie dunque diversa da quella esaminata dal Consiglio di Stato, dove per l’appunto il tema consisteva nello stabilire se fosse consentito il ricorso all’avvalimento da parte del progettista indicato, che non solo non è un operatore economico/concorrente ma, secondo la nostra giurisprudenza, è un mero collaboratore del concorrente, dunque non qualificabile neanche come ausiliario (difatti, come evidenziato nella ordinanza n. 2331/2020, non assume alcuna responsabilità solidale e non è tenuto alle dichiarazioni previste per l’ausiliario). Nel contesto dell’ordinamento comunitario, poi, il progettista indicato non è istituto contemplato, dunque non è neanche ascrivibile tra gli “altri soggetti”[83].
    D’altra parte, l’impostazione dell’art 53 comma 3 del D.Lgs. n.163/06 sembra non equivocabile: per partecipare a gare che, oltre alla esecuzione, hanno per oggetto anche la progettazione, o si possiedono i requisiti per quest’ultima, o ci si avvale di progettisti qualificati da indicare nell’offerta o si partecipa in raggruppamento con soggetti qualificati per la progettazione. Dunque, se in luogo di includere il progettista qualificato nel proprio raggruppamento , ciò che poi consentirebbe al RTI concorrente di utilizzare l’avvalimento, si opta per ricorrere ad una forma di collaborazione esterna, quale quella del progettista indicato, non può ammettersi la scelta di un soggetto che, oltre a non rispondere di alcuna responsabilità solidale e a non rilasciare alcuna dichiarazione sia anche privo dei requisiti ed al quale si consente poi di utilizzare l’avvalimento: è del tutto evidente che l’istituto in questione si rivelerebbe sprovvisto di qualsivoglia ratio.
Ulteriore perplessità suscitata dalla sentenza n. 4929/2014 deriva dalla circostanza  che la medesima non si concreta in alcun modo in un revirement giurisprudenziale[84], ma piuttosto in una pronuncia sostanzialmente isolata e a tutt’oggi, infatti, non solo non vi sono state sentenze nello stesso senso ma sul tema generale del divieto di avvalimento a cascata sotto la vigenza del vecchio codice si sono susseguite numerose pronunce sino all’approdo di un espresso divieto normativo ad opera dell’art 89, comma 6 del nuovo codice.
La procedura di infrazione n. 2018/2273 ha poi giudicato incompatibile con il diritto europeo anche la previsione del comma 7, nelle parti in cui non consente che diversi offerenti si avvalgano del medesimo soggetto ausiliario ovvero che l’operatore economico partecipi alla medesima gara sia in veste di offerente che di impresa ausiliaria. Ad avviso della Commissione, siffatti divieti sarebbero incompatibili rispetto al principio di proporzionalità comunitario, in quanto il loro carattere incondizionato non consentirebbe alla stazione appaltante una valutazione della specifica fattispecie concreta[85]. Con riferimento al presunto conflitto di interessi sotteso all’introduzione nel nostro sistema di tali divieti dovrebbe piuttosto essere consentito all’operatore economico di dimostrare, caso per caso, che il fatto di aver partecipato alla stessa gara ovvero di essere collegato ad altri partecipanti non abbia influito sul proprio comportamento nell’ambito della procedura né abbia inciso sulla propria capacità di rispettare gli obblighi contrattuali.
Da ultimo, la Commissione europea ha preso in considerazione, censurandola, anche la previsione di cui al comma 11 che esclude l’avvalimento qualora l’appalto comprenda opere che richiedono lavori di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica. Anche in questo caso, oltre a rilevare l’incompatibilità di tale limitazione rispetto a quanto statuito dal diritto europeo[86], la Commissione ha ravvisato una violazione del principio di proporzionalità che imporrebbe semmai di escludere l’avvalimento in relazione agli specifici “lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità” compresi nell’appalto e non di escludere l’avvalimento per l’intero appalto.
Nonostante tutti i rilievi evidenziati dalla Commissione, il nostro Legislatore sembra orientato a mostrare resistenza e difatti le modifiche al Codice apportate dal decreto “sblocca cantieri” (in particolare mediante l’art. 1) con la sua legge di conversione n. 55/2019 hanno riguardato altri profili contenuti nella procedura di infrazione ma nessuna delle disposizioni sull’avvalimento.
Oltre alle frequenti censure da parte della Commissione Europea e della Corte di Giustizia subite dal nostro Legislatore in materia di avvalimento, sono talvolta le stazioni appaltanti ad introdurre clausole negli atti di gara che appaiono di dubbia compatibilità con il diritto eurounitario ed a tal proposito il Consiglio di Stato, con sentenza non definitiva 17.03.2020, n.1920, ha ritenuto di rimettere alla Adunanza Plenaria taluni quesiti nel contesto di una controversia originata in relazione ad una clausola secondo cui “i concorrenti che ricorrono all’istituto dell’avvalimento devono, pena esclusione, essere in possesso di propria attestazione SOA”.[87]  Orbene, la decisione è rilevante perché, in caso di ritenuta nullità, ai sensi dell’art 83, comma 8 del Codice, la disciplina processuale applicabile sarebbe quella dell’art 31, comma 4, del Codice del processo amministrativo; nell’ipotesi di ritenuta annullabilità sarebbe invece applicabile l’art. 120, comma 5 del CPA.
Certamente, comunque, una siffatta clausola, in evidente contraddizione con la funzione stessa dell’avvalimento, che è proprio quella di ampliare la concorrenza tramite l’utilizzo dei requisiti altrui, è in contrasto con la disciplina di matrice eurounitaria.
 
In definitiva, da una parte, il copioso contenzioso sull’avvalimento ed in particolare in questi primi mesi del 2020 si registrano ben tre pronunce di rimessione alla Adunanza Plenaria ed una alla Corte di Giustizia UE, dall’altra, le numerose censure sull’art. 89 da parte della Commissione Europea, nessuna delle quali ad oggi recepita dal nostro Legislatore, delineano un assetto dell’istituto non solo non definitivo ma anche ben lungi dall’essere sostanzialmente definito quantomeno per gli aspetti di maggior rilievo: un percorso ancora tortuoso.
 
 
 
 
Claudio Guccione
 
Pubblicato il 5 maggio 2020
 
 

[1] Sulla natura giuridica del contratto di avvalimento, tra i contributi in dottrina vedasi G.P. Cirillo, Il contratto di avvalimento nel nuovo codice dei contratti pubblici: il persistente problema della sua natura giuridica, in www.giustiziamministrativa.it, 20.4.2016.
[2] In questi termini R. De Nictolis, I nuovi appalti pubblici – Appalti e concessioni dopo il d.lgs. 56/2017, Zanichelli ed., 2017, pag. 1008.
Altra dottrina ravvisa nell’avvalimento un “contratto mutevole”, caratterizzato da una “causa costante” (il prestito dei requisiti di partecipazione) e da una “causa variabile” (consistente nella messa a disposizione di beni od utilità corrispondenti al requisito prestato): cfr. F. Cintioli, Il contratto di avvalimento tra diritto comunitario e diritto italiano, in www.giustiziamministrativa.it.
[3] Tuttavia, il punto non è sempre stato così pacifico. Ciò ben emerge nell’ordinanza del C.G.A.R.S. n. 52/2016 di rimessione alla citata Adunanza Plenaria che ripercorre analiticamente i diversi orientamenti giurisprudenziali, riassumendo che: “per un orientamento, avallato dalla giurisprudenza di primo grado, sarebbero corrette queste considerazioni: a) gli obblighi interni tra avvalente e avvalso sarebbero del tutto irrilevanti ai fini della partecipazione e dell’aggiudicazione della gara sussistendol’irrilevanza per la stazione appaltante dei rapporti sottostanti esistenti fra il concorrente e il soggetto imprenditoriale avvalso (omissis) nella precipua considerazione che la finalità dell’istituto dell’avvalimento è chiaramente quella di consentire la massima partecipazione alle gare ad evidenza pubblica, permettendo alle imprese non in possesso dei requisiti tecnici, di sommare, unicamente per la gara in espletamento, le proprie capacità tecniche ed economico-finanziarie a quelle di altre imprese’ (TAR Veneto, I, 20 ottobre 2010 n. 5528); b) il contratto di avvalimento sarebbe negozio atipico assimilabile al mandato (TAR Campania, Salerno, I, 28 marzo 2012 n.607) e quindi potrebbe essere concluso – non esistendo “alcun vincolo in ordine alla causa negoziale” (TAR Toscana, I, 21 marzo 2013 n. 443) – senza la pattuizione di un corrispettivo potendo al più soccorrere la previsione di cui all’art. 1709 c.c. (ancora TAR Veneto, I, 20 ottobre 2010 n. 5528); c) il contratto, in mancanza di esplicita previsione di legge, non sarebbe assoggettato ad alcun onere formale e potrebbe “rivestire qualunque forma, anche non esattamente documentale e la sua esistenza può essere provata in qualunque modo idoneo” (TAR Lazio, I, 3 dicembre 2009 n. 12455); d) conseguentemente potrebbe essere “configurato quale contratto unilaterale con obbligazioni assunte da una sola delle parti e nel quale la presunzione di onerosità può essere superata da una prova contraria, ovvero dalla prassi” (ancora TAR. Lazio, Roma, I, 3 dicembre 2009 n. 12455)”.
[4] Così C.G.A.R.S., Sez. giur., ord. 19.2.2016, n. 52 -cit; sent. 21.1.2015, n. 35; TAR Lazio, Sez. I, sent. 2.12.2016, n. 12069; Sez. III, sent. 16.11.2016, n. 11382.
[5] In generale, sulla perdurante vigenza delle previsioni in tema di qualificazione delle imprese di cui agli artt. 60-96 del d.P.R. n. 207/2010, le disposizioni transitorie e di coordinamento di cui all’art. 216, co. 14 del D.Lgs. n. 50/2016 hanno chiarito che: “Fino all’adozione del regolamento di cui all’art. 216, co. 27-octies, continuano ad applicarsi, in quanto compatibili, le disposizioni di cui alla Parte II, Titolo III (articoli da 60 a 96: sistema di qualificazione delle imprese), nonché gli allegati e le parti di allegati ivi richiamate, del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207” (comma così modificato dall’art. 1, co. 20, lett. gg), della legge n. 55/2019). Sul punto, cfr. ANAC, Comunicato del Presidente del 3.8.2016, secondo cui “nelle more della loro adozione – in virtù̀ di quanto stabilito dall’articolo 83, co. 2 e 216 co.14 del medesimo nuovo codice ed in ossequio alla necessità di una interpretazione sistematica delle disposizioni tesa ad evitare situazioni di vacatio legis – le disposizioni tutte del d.p.r., poco sopra richiamate, devono ritenersi, medio tempore, ancora vigenti”.
Con particolare riferimento alla vigenza dell’art. 88, comma 1, lett. a), cfr. TAR Sicilia, Catania, sent. 20.1.2017, n. 122: “poiché non sono ancora entrati in vigore “pertinenti atti attuativi (del D.Lgs. n. 50/2016)”, cui l’art. 217, lettera u) dello stesso subordina la cedevolezza delle disposizioni del D.P.R. n. 207/2010, deve a tutt’oggi ritenersi in vigore la previsione del primo comma del suo art. 88”.
[6] Cfr. C.d.S., Sez. III, sent. 17.6.2014, n. 3058; Sez.VI, 8.5.2014, n. 2365; TAR Campania, sent. 22.7.2015, n. 3884.
[7] C.d.S., Sez.VI, sent. n. 2365/2014, cit.
[8] Tale differenza è ben evidenziata nella sentenza del C.d.S., Sez. V, 22.12.2016, n. 5423: “Nelle gare pubbliche, allorquando un’impresa intenda avvalersi, mediante stipula di un contratto di avvalimento, dei requisiti finanziari di un’altra (c.d. avvalimento di garanzia) (…), non occorre che la dichiarazione negoziale costitutiva dell’impegno contrattuale si riferisca a specifici beni patrimoniali o indici materiali atti ad esprimere una determinata consistenza patrimoniale e, dunque, alla messa a disposizione di beni da descrivere ed individuare con precisione, essendo sufficiente che da essa dichiarazione emerga l’impegno contrattuale della società ausiliaria a prestare ed a mettere a disposizione della c.d. società ausiliata la sua complessiva solidità finanziaria ed il suo patrimonio esperienziale, garantendo con essi una determinata affidabilità ed un concreto supplemento di responsabilità». Quand’anche si tratti di fatturato specifico (conseguito quale corrispettivo per l’esecuzione di prestazioni analoghe a quelle oggetto di affidamento), la relativa dimostrazione non richiederebbe una compiuta indicazione nel contratto di avvalimento degli elementi organizzativi dell’ausiliaria concretamente messi a disposizione per l’esecuzione dell’appalto, salvo che il soggetto interessato sia in condizione di «enucleare dalla normativa di gara specifiche indicazioni sulla base delle quali ritenere che il requisito in questione, malgrado il suo ancoraggio al fatturato, avesse in realtà una connotazione squisitamente tecnico-operativa, correlata ad una ben individuata organizzazione produttiva da mettere a disposizione per l’esecuzione del servizio”.
Sul punto, cfr. anche TAR Lazio, Sez. III, sent. 10.05.2019, n. 5880, che chiarisce ulteriormente come, ai fini della distinzione tra avvalimento di garanzia e operativo, non si debba considerare unicamente la nomenclatura utilizzata nel bando di gara, dovendosi piuttosto procedere anche ad una riqualificazione se, considerando lo scopo per cui il requisito viene richiesto, emerge che lo stesso va a costituire un requisito suscettibile dell’altra tipologia di avvalimento.
[9] Il tema è lucidamente illustrato da C. Contessa, in “L’avvalimento- Rassegna monotematica di giurisprudenza”, che riferisce, con particolare riguardo al tema del fatturato specifico, che “si è talvolta ritenuto che l’oggetto specifico dell’obbligazione sia costituito non già dalla messa a disposizione da parte dell’impresa ausiliaria di strutture organizzative e mezzi  materiali, ma dal suo impegno a garantire con le proprie complessive risorse economiche, il cui indice è costituito dal fatturato, l’impresa ausiliata (in tal senso: C.d.S., III, 11.7.2017, n. 3422).
Secondo tale approccio, in definitiva, l’avvalimento avente ad oggetto la messa a disposizione del requisito del fatturato specifico avrebbe ad oggetto la messa a disposizione di un requisito di carattere economico-finanziario e presenterebbe una sostanziale identità di ratio con l’istituto del cd. avvalimento di garanzia.
Un diverso (e allo stato maggioritario) orientamento ritiene invece che l’avvalimento del requisito del fatturato specifico abbia ad oggetto un requisito di capacità tecnica e che, conseguentemente, postuli la prova rigorosa dell’effettiva messa a disposizione dei relativi elementi costitutivi. È stato in particolare chiarito che l’avvalimento di un tale requisito di natura tecnica non può essere generico (e ciò non si può limitare a un richiamo ‘meramente cartaceo o dichiarato’ allo svolgimento da parte dell’ausiliario di attività che evidenzino le sue precedenti esperienze), ma deve comportare il trasferimento, dall’ausiliario all’ausiliato, delle competenze tecniche acquisite con le precedenti esperienze (trasferimento che, per sua natura, implica l’esclusività di tale trasferimento, ovvero delle relative risorse, per tutto il periodo preso in considerazione dalla gara- in tal senso: C.d.S., V, sent. 23.2.2015, n. 864; III, sent. 5.7.2017, n. 3328)”.
[10] Cfr. C.d.S., Sez. V, sent. 22.10.2015, n. 4860, richiamata da TAR Sardegna, Sez. I, sent. 26.5.2016, n. 458: “anche nel caso di ‘avvalimento di garanzia’, l’unico limite imposto al riguardo dall’ordinamento è che l’avvalimento non si risolva nel prestito di una mera ‘condizione soggettiva’, del tutto disancorata dalla concreta messa a disposizione di risorse materiali, economiche o gestionali, dovendo l’impresa ausiliaria assumere l’obbligazione di mettere a disposizione dell’impresa ausiliata, in relazione all’esecuzione dell’appalto, le proprie risorse e il proprio apparato organizzativo in tutte le parti che giustificano l’attribuzione del requisito di qualità (e, quindi, a seconda dei casi, i mezzi, il personale, la prassi e tutti gli altri elementi aziendali qualificanti, in relazione all’oggetto dell’appalto)”; C.d.S. Sez. III, sent. 22.1.2014 n. 294 che ha affermato che “l’avvalimento di garanzia non deve rimanere svincolato da qualsivoglia collegamento con risorse materiali o immateriali, che snaturerebbe l’istituto, in elusione dei requisiti stabiliti da bando di gara, esibiti solo in modo formale, frustrandone la funzione di garanzia; (…) l’avvalimento di garanzia può svolgere la sua funzione di assicurare alla stazione appaltante un partner commerciale con solidità patrimoniale proporzionata ai rischi di inadempimento contrattuale, solo se rende palese la concreta disponibilità attuale di risorse e di dotazioni aziendali di cui si dà mandato all’ausiliata di avvalersi”.
[11] Sul punto TAR Lazio, sent. n. 5880/2019, cit: “l’indicazione contrattuale degli elementi in questione è necessaria per definire l’oggetto dell’avvalimento ai sensi dell’art. 1346 cod. civ., donde la nullità (strutturale) del contratto medesimo in base alla comminatoria dell’art. 1418, comma 2, cod. civ., laddove risulti impossibile individuare un’obbligazione assunta dall’ausiliario su un oggetto puntuale e che sia coercibile per l’aggiudicatario, oltre che per la stazione appaltante (in virtù della responsabilità solidale prevista, un tempo, dall’art. 49, comma 4, d.lgs. n. 163 del 2006 e, oggi, dall’art. 89, comma 5, d.lgs. n. 50/2016)”.
Confrontare anche C.d.S., Sez. V, sent. 4.11.2016, n. 4630; Sez. III, sent. 22.1.2014, n. 294; sent. 17.6.2014, n. 3058; Sez. IV, sent. 9.2.2015, n. 662; Sez. V, sent. 22.10.2015, n. 4860; cfr. ANAC P. Prec. n. 34 del 13.3.2013; P. Prec. n. 139 del 30.7.2013; P. Prec. n. 82 del 28.10.2014; P. Prec. n. 24 del 12.3.2015; P. Prec. n. 246 del 2.3.2016.
[12] Per un approfondimento: G.C. Figuera, “L’avvalimento secondo l’Adunanza Plenaria”, in Urbanistica e appalti, n. 3/2017, pp. 410 ss.
[13] C.G.A.R.S., Sez. giur., ord. n. 52/2016, cit.
[14] Gli altri due quesiti erano così articolati: “(…) 2) se nell’ipotesi di categorie che richiedono particolari requisiti – come nel caso di specie risulta per la categoria OS18A – tali particolari requisiti debbano essere indicati in modo esplicito nel contratto di avvalimento oppure possano essere desunti dall’interpretazione complessiva del contratto; 3) se l’istituto del soccorso istruttorio, come disciplinato dopo le novità introdotte dal d.l. 90/2014, possa essere utilizzato anche con riferimento ad incompletezze del contratto di avvalimento che, sotto un profilo civilistico, portano ad affermare la nullità del negozio per mancanza di determinatezza del suo oggetto” (C.G.A.R.S., Sez. giur., ord. n. 52/2016, cit).
[15] C.d.S. Ad. Plenaria, n. 23/2016, cit.
[16] La tesi a cui era approdato il Consiglio di Stato poggiava le basi sull’assunto per cui: “che anche a ritenere (ipotesi qui denegata) che il Legislatore possa in astratto introdurre forme di nullità di protezione a tutela dei requisiti di ‘forma-contenuto’ del contratto di avvalimento, ciò sarebbe possibile solo de iure condendo, laddove – al contrario – la disamina puntuale delle disposizioni che qui rilevano (e, segnatamente, degli articoli 49 e 50 del previgente ‘Codice dei contratti’, così come dell’articolo 88 del previgente ‘Regolamento’) non conforta affatto la tesi prospettata con il grado di chiarezza e tassatività che – al contrario – l’imposizione di così stringenti vincoli formali avrebbe imposto in modo indefettibile” (par. 5.5, C.d.S., Ad. Plenaria, n. 23/2016, cit.).
[17] Vedasi, la sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, sent. 25.7.2019, n. 5257, secondo cui, con riguardo all’avvalimento operativo, “è imposto alle parti di indicare nel contratto i mezzi aziendali messi a disposizione dell’ausiliata per eseguire l’appalto con la precisazione di cui Cons. Stato, Ad. plen., 4.11.2016, n. 23”. Si confronti anche C.d.S., Sez. V, sent. 19.7.2018, n. 4396.
[18] La legge delega n. 11 del 2016 per l’emanazione del nuovo Codice dei contratti pubblici  per l’appunto reca uno specifico criterio di delega in tema di avvalimento (criterio zz) in cui espressamente si dispone che “ (…) si imponesse l’indicazione dettagliata nel contratto di avvalimento delle risorse e dei mezzi prestati; si rafforzassero gli strumenti di verifica circa l’effettivo possesso dei requisiti e delle risorse oggetto di avvalimento da parte dell’impresa ausiliaria, ‘nonché circa l’effettivo impiego delle risorse medesime nell’esecuzione dell’appalto”.
Sul carattere di effettività dell’avvalimento, cfr. ex multis C.d.S., Adunanza Plenaria 4.11.2016, n. 23, cit.; Sez. V, sent. 5.4.2019, n. 2243; Sez. III, sent. 15.5.2018, n. 2894; Sez. V, sent. 22.1.2015, n. 275; sent. 23.10.2014, n. 5244; Sez. VI, sent. 13.6.2013, n. 7755; C.d.S., Sez. III, sent. 18.4.2011, n. 2344.
TAR Lazio, sent. 5880/2019, cit.: “La ratio cui risponde tale orientamento giurisprudenziale è quella, oramai generalmente riconosciuta, di evitare che il rapporto di avvalimento si trasformi in una sorta di ‘scatola vuota’, atteso che ‘l’avvalimento, per com’è configurato dalla legge, deve essere reale e non astratto, cioè non è sufficiente ‘prestare’ il requisito o la certificazione posseduta ed al contempo assumere sul punto impegni del tutto generici, a pena di svuotare di significato l’essenza dell’istituto […]’ (cfr. così Cons. Stato, III, 12 novembre 2014, n. 5573, richiamata di recente da Cons. Stato, III, 5 marzo 2018, n. 1338; ancor più recentemente vedi Cons. Stato, V, 30 gennaio 2019, n. 755)”.
[19] In questi termini, C.d.S., Sez. V, sent. 30.1.2019, n. 755; sent. 6.8.2012, n. 4510.
[20] Cfr. C.d.S. Ad. Plen. 4.11.2016, n. 23, cit.; Sez. V, sent. 16.7.2018, n. 4329; sent. 26.11.2018, n. 6690; sent. 10.4.2020, n. 2359.
[21] Sul carattere di effettività con specifico riferimento all’avvalimento cd. di garanzia cfr. C.d.S., Sez. III, sent. 5.3.2018, n. 1339; Sez. V, sent. 22.11.2017, n. 5429.
In senso contrario: T.R.G.A. Trento, sent. 11.06.2018 n. 128; C.d.S., Sez. V, sent. 28.2.2018, n. 1216 che dopo aver precisato la distinzione tra avvalimento di garanzia ed avvalimento tecnico ha aggiunto che “nel primo caso (in cui l’impresa ausiliaria si limita a ‘mettere a disposizione’ il suo valore aggiunto in termini di solidità finanziaria e di acclarata esperienza di settore), non è, in via di principio, necessario che la dichiarazione negoziale costitutiva dell’impegno contrattuale si riferisca a specifici beni patrimoniali o ad indici materiali atti ad esprimere una certa e determinata consistenza patrimoniale e, dunque, alla messa a disposizione di beni da descrivere ed individuare con precisione, ma è sufficiente che dalla ridetta dichiarazione emerga l’impegno contrattuale a prestare ed a mettere a disposizione dell’ausiliata la complessiva solidità finanziaria ed il patrimonio esperienziale, così garantendo una determinata affidabilità e un concreto supplemento di responsabilità»; di converso «nel caso di avvalimento c.d. tecnico od operativo (che ha ad oggetto requisiti diversi rispetto a quelli di capacità economico-finanziaria) sussiste sempre l’esigenza di una messa a disposizione in modo specifico di risorse determinate: onde è imposto alle parti di indicare con precisione i mezzi aziendali messi a disposizione dell’ausiliata per eseguire l’appalto»”. Cfr. anche C.d.S., Sez. V, sent. 14.5.18, n. 2855; sent. 28.2.18, n. 1216; sent. 30.10.2017, n. 4973; Sez. III, sent. 11.7.2017, n. 3422; Sez. V, sent. 15.3.2016, n. 1032.
[22] La sentenza n. 852/2017 chiarisce anzitutto alcuni aspetti relativi alla attestazione SOA che “è il risultato di una valutazione complessiva dei diversi elementi facenti parte dell’organizzazione aziendale, che non coincide con la semplice sommatoria degli stessi e che non ne consente una considerazione frammentaria. Conseguentemente il contratto di avvalimento finalizzato a fornire all’impresa ausiliata l’attestazione SOA deve avere ad oggetto il prestito dell’insieme delle risorse e, ai sensi dell’art. 88, comma 1, del D.P.R. n. 207/2010, tale oggetto dev’essere puntualmente determinato ovvero agevolmente determinabile dal tenore complessivo del contratto (Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Sta con sentenza 4/11/2016, n. 23). Ma qualora l’oggetto non presenti alcun aspetto di indeterminatezza, in quanto determinato o determinabile nel senso sopra descritto, il contratto è comunque inidoneo allo scopo per cui è stato stipulato ovvero per l’acquisizione della qualificazione mancante, se le risorse “prestate” risultino del tutto insufficienti” (C.d.S., sent. 852/2017, cit.).
[23] C.d.S., Sez. V, sent. 14.6.2019, n. 4024, in riforma della sentenza TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, sent. 10.12.2018, n. 1195.
[24] TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, sent. 10.12.2018, n. 1195: “(…) un diversamente limitato apporto, in concreto offerto, di risorse professionali e strumentali, la cui inadeguatezza risalta vieppiù ove si consideri la rilevanza assunta dalla componente strutturale in termini di peso economico rispetto all’intero appalto. (…)’inadeguatezza della dotazione di risorse umane e strumentali, per come illustrata nel contratto di avvalimento all’esame rileva obiettivamente quale elemento di invalidità del predetto strumento contrattuale; conducendo, conseguentemente, alla declaratoria di illegittimità dell’ammissione alla gara della parte controinteressata”.
[25]Nel caso di specie, invece, non vi è dubbio che l’ausiliata …ha speso in gara anche la qualificazione autonomamente posseduta, in relazione alla parte di esecuzione dell’opera di cui trattasi che la capogruppo mandataria, estranea all’avvalimento, non aveva assunto in proprio.
(…) Alla loro stregua, non è revocabile in dubbio che il contratto di avvalimento in parola è funzionale a colmare la carenza di qualificazione dell’ausiliata siccome delimitata non solo da quanto espressamente dichiarato in sede di partecipazione alla gara, ma anche, in contratto, mediante il riferimento alla “porzione” o alla “parte” di opera di categoria OG1 per cui la … non possiede la corrispondente classifica, menzionata negli artt. 1 e 4: l’oggetto del prestito va pertanto rapportato al solo segmento dei lavori che quest’ultima non sarebbe stata in grado di eseguire in proprio, e a cui si riferisce la manifestazione, di cui in premessa, della volontà di ricorrere all’avvalimento. (…) le risorse si appalesano infatti del tutto idonee a integrare l’apparato produttivo dell’ausiliata, carente solo in parte della prescritta certificazione di qualità” (C.d.S. sent. n. 4024/2019).
Altra recente pronuncia che entra nel merito della adeguatezza delle risorse nel contesto dell’avvalimento frazionato è la C.d.S., Sez. V, sent. 17.3.2020 n. 1916.
[26] La disciplina di riferimento nel previgente D. Lgs. n. 163/2006 si rinveniva dal combinato disposto degli articoli 38, co. 2-bis e 46, co. 1-ter. Il primo disponeva che “La mancanza, l’incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e delle dichiarazioni sostitutive di cui al comma 2 obbliga il concorrente che vi ha dato causa al pagamento, in favore della stazione appaltante, della sanzione pecuniaria stabilita dal bando di gara, in misura non inferiore all’uno per mille e non superiore all’uno per cento del valore della gara e comunque non superiore a 50.000 euro, il cui versamento è garantito dalla cauzione provvisoria. In tal caso, la stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere. Nei casi di irregolarità non essenziali ovvero di mancanza o incompletezza di dichiarazioni non indispensabili, la stazione appaltante non ne richiede la regolarizzazione, né applica alcuna sanzione. In caso di inutile decorso del termine di cui al secondo periodo il concorrente è escluso dalla gara (…)”; il secondo che “Le disposizioni di cui all’art. 38, comma 2-bis applicano a ogni ipotesi di mancanza, incompletezza o irregolarità degli elementi e delle dichiarazioni, anche di soggetti terzi, che devono essere prodotte dai concorrenti in base alla legge, al bando o al disciplinare di gara”.
[27] L’estensione dell’applicazione del soccorso istruttorio è avvenuta per opera del D.L. n. 90/2014.
[28] In questo senso cfr. TAR Campania, Sez. I, sent. 10.7.2015, n. 3670.
[29] In questo senso cfr. TAR Sicilia, Catania, Sez. I, sent. 27.3.2015, n. 905.
[30] ANAC, Determinazione 8.1.2015, n. 1 recante “Criteri interpretativi in ordine alle disposizioni di cui all’art. 38, comma 2-bis e dell’art. 46, comma 1-ter, del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163”, pubblicata sulla G.U. 28 gennaio 2015, n. 22.
Si confrontino anche la determinazione ANAC n. 1/2012 e le considerazioni espresse sulla stessa da M. Frontoni-L. Savelli, Subappalto e avvalimento. Tra qualificazione ed esecuzione nel codice dei contratti pubblici, prefazione di M. Corradino, Giappichelli ed., 2018, pag. 301.
[31] In tal senso CGARS, ord. n. 52/2016, cit., par. 7.
[32] Art. 83, co. 9, D.Lgs. n. 50/20165: “Le carenze di qualsiasi elemento formale della domanda possono essere sanate attraverso la procedura di soccorso istruttorio di cui al presente comma. In particolare, in caso di mancanza, incompletezza e di ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e del documento di gara unico europeo di cui all’art. 85, con esclusione di quelle afferenti all’offerta economica e all’offerta tecnica, la stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere. In caso di inutile decorso del termine di regolarizzazione, il concorrente è escluso dalla gara. Costituiscono irregolarità essenziali non sanabili le carenze della documentazione che non consentono l’individuazione del contenuto o del soggetto responsabile della stessa”.
[33] In tal senso TAR Sardegna, Sez. I, sent. 22.12.2015, n. 1230.
[34] Cfr., ex multis, C.d.S., Sez. V, sent. 30.4.2019, n. 2191; sent. 6.10.2018, n. 5750; sent. 30.3.2017, n. 1456; Sez. III, sent. 19.6.2017, n. 2985; sent. 29.1.2016, n. 346; TAR Lazio, Latina, sent. 30.5.2019, n. 401; TAR Liguria, Sez. II, sent. 2.12.2016, n. 1201; TAR Piemonte, Sez. I, sent. 24.2.2017, n. 277: “non si ritiene che la stazione appaltante avrebbe potuto ricorrere al potere di soccorso istruttorio (…), in quanto, nello specifico caso, esso avrebbe dato adito non già ad una richiesta di chiarimenti sull’effettiva portata delle dichiarazioni rese, essendo il significato di queste ultime ben chiaro; bensì, ad una integrazione ex post della dichiarazione negoziale dell’ausiliaria, tramite inserimento nel contratto di avvalimento di elementi essenziali mancanti (cfr. da ultimo Cons. St., Ad. Plen., 25 febbraio 2014, n. 9)”.
Sulle mere irregolarità formali che possono, invece, essere corrette ed integrate tramite soccorso istruttorio, con particolare riferimento alla sottoscrizione del contratto di avvalimento, cfr. la recente sentenza TAR Calabria, Sez. I, sent. 22.2.2019, n. 388.
In difformità rispetto all’orientamento maggioritario, il TAR Calabria, Reggio Calabria, Sez. I, sent. 17.1.2017, n. 26 ha riconosciuto una apertura: “in ogni caso il partecipante aveva fornito un sufficiente principio di prova circa il possesso del requisito e che pertanto, nel dubbio e a fini di maggiore chiarezza, l’Amministrazione avrebbe dovuto comunque attivare il doveroso “soccorso istruttorio” al fine di consentire la migliore illuminazione di ciò che, per vero, già sembrava esistere, come detto, alla stregua di una lettura combinata e secondo buona fede dell’intera documentazione allegata alla domanda”.
[35] Cfr. art. 89, co. 3, D.Lgs. n. 50/2016: “La stazione appaltante verifica, conformemente agli articoli 85, 86 e 88, se i soggetti della cui capacità l’operatore economico intende avvalersi, soddisfano i pertinenti criteri di selezione o se sussistono motivi di esclusione ai sensi dell’articolo 80. Essa impone all’operatore economico di sostituire i soggetti che non soddisfano un pertinente criterio di selezione o per i quali sussistono motivi obbligatori di esclusione. Nel bando di gara possono essere altresì indicati i casi in cui l’operatore economico deve sostituire un soggetto per il quale sussistono motivi non obbligatori di esclusione, purché si tratti di requisiti tecnici”.
Tale possibilità rappresenta una novità del Codice del 2016 ed è stata introdotta con valore irretroattivo: non è operante per le gare indette sotto la vigenza delle direttive precedenti e del Codice del 2006, come chiarito anche dalla Corte di Giustizia dell’UE: cfr. CGUE, sent. 14.9.2017, C-223/2016, Casertana Costruzioni.
Questione connessa alla disposizione di cui al comma 3 è quella sollevata dalla Terza Sezione del Consiglio di Stato alla Corte di Giustizia dell’UE con riferimento al comma 1 dell’art. 89 nella parte in cui dispone che nel caso di dichiarazioni mendaci dell’ausiliaria la stazione appaltante esclude il concorrente. In particolare, con ordinanza 20.03.2020, n. 2005 è stata rimessa alla Corte la seguente questione pregiudiziale: “Se l’art. 63 della direttiva 2014/24 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, relativo all’istituto dell’avvalimento, unitamente ai principi di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui agli articoli 49 e 56 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), osti all’applicazione della normativa nazionale italiana in materia di avvalimento e di esclusione dalle procedure di affidamento, contenuta nell’articolo 89, comma 1, quarto periodo, del codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, secondo la quale nel caso di dichiarazioni non veritiere rese dall’impresa ausiliaria riguardanti la sussistenza di condanne penali passate in giudicato, potenzialmente idonee a dimostrare la commissione di un grave illecito professionale, la stazione appaltante deve sempre escludere l’operatore economico concorrente in gara, senza imporgli o consentirgli di indicare un’altra impresa ausiliaria idonea, in sostituzione della prima, come stabilito, invece nelle altre ipotesi in cui i soggetti della cui capacità l’operatore economico intende avvalersi non soddisfano un pertinente criterio di selezione o per i quali sussistono motivi obbligatori di esclusione
Ulteriore pronuncia rilevante sul tema in questione è rappresentata dall’Ordinanza della Quinta Sezione del Consiglio di Stato 9.04.2020, n. 2332 che, in una fattispecie concernente le dichiarazioni rese da una impresa ausiliaria, ha rimesso alla Adunanza Plenaria l’approfondimento della questione relativa “alla portata, alla consistenza, alla perimetrazione ed agli effetti degli obblighi dichiarativi gravanti sugli operatori economici in sede di partecipazione alla procedura evidenziale, con particolare riguardo ai presupposti per l’imputazione della falsità dichiarativa, ai sensi di cui alle lettere c) e f-bis) del comma 5 dell’art 80 del d.lgs. n. 50/2016. Questione sulla quale, alla luce della recente elaborazione giurisprudenziale, è dato registrare un non sopito contrasto”.
[36] Delibera ANAC n. 413 del 2.5.2018.
[37] Ad analoghe conclusioni è giunta anche l’ANAC con la Delibera del 1.3.2017, n. 221.
[38] Sull’eterogeneità delle figure che vengono ricomprese dalla giurisprudenza nelle “esperienze professionali pertinenti” e sul perimetro della stessa nozione, si segnalano la sentenza C.d.S., Sez. V, sent. 3.4.2019, n. 2191, avente ad oggetto il servizio di ristorazione scolastica e C.d.S., Sez. V, sent. 6.10.2018, n. 5750, avente ad oggetto il servizio di trasporto scolastico.
[39] La Corte di Giustizia europea ha chiarito che “la direttiva 2014/24 dev’essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che limita al 30% la parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi”.
[40] Per una interpretazione riduttiva della sentenza della CGUE vedasi Tar Lazio, Sez. I, 24.04.2020, n. 4183 secondo cui “la Corte ha considerato in contrasto con le direttive comunitarie in materia il limite fissato, non escludendo invece che il legislatore nazionale possa individuare comunque, al fine di evitare ostacoli al controllo dei soggetti aggiudicatari, un limite al subappalto proporzionato rispetto a tale obiettivo. Pertanto non può ritenersi contrastante con il diritto comunitario l’attuale limite pari al 40% delle opere, previsto dall’art 1, comma 18, della legge n. 55/2019”.
Sulla portata della sentenza della CGUE si confronti la posizione espressa dall’ANAC tramite il Comunicato del Presidente del 23/10/2019, recante “compatibilità clausole del Bando-tipo n. 1 con il decreto legislativo 19 aprile 2016, n. 50, come novellato dal d.l. 18.4.2019 n. 32, convertito in legge del 14.6.2019 n. 55”, nonché tramite l’Atto di segnalazione a Governo e Parlamento n. 8 del 13.11.2019, “Concernente la disciplina del subappalto di cui all’art. 105 del d.lgs. 18.4.2016, n. 50”, approvato con delibera n. 1035.
[41] Tale limite, come noto, è stato poi innalzato al 40% dell’importo complessivo del contratto ad opera dell’art. 1, co. 18, primo periodo della L. n. 55/2019.
[42] Cfr. ex AVCP, Determinazione 1.8.2012, n. 2. Nello stesso senso, la Circolare del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 30.10.12, n. 4536, recante “Primi chiarimenti in ordine all’applicazione delle disposizioni di cui al d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 in particolare alla luce delle recenti modifiche e integrazioni intervenute in materia di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture”.
In particolare, secondo quanto chiarito dall’ex AVCP nella vigenza del vecchio art. 49 del D.Lgs. n. 163/2006, tale soluzione interpretativa si giustifica perché “Anche se la previsione della responsabilità solidale e delle altre garanzie sopra individuate avrebbe potuto condurre il legislatore ad un diverso assetto della materia, l’utilizzo del subappalto, anche nel perimetro tracciato dall’avvalimento, deve essere coordinato con le prescrizioni contenute nell’art. 118 del Codice e nelle norme regolamentari (art. 170 del Regolamento) che dettano la disciplina pubblicistica del subappalto, non espressamente derogate dalla disciplina sull’avvalimento. Tale istituto si muove su un piano diverso sotto il profilo strutturale in quanto mezzo per qualificare un concorrente in relazione ad una specifica gara, altrimenti privo di requisiti; concorrente che, se consegue l’aggiudicazione, esegue il contratto (“il contratto è in ogni caso eseguito dall’impresa aggiudicataria”). Il subappalto, quindi, non potrà superare i limiti previsti dal Codice e dal Regolamento e sarà sottoposto alle condizioni ivi previste in fase di esecuzione del contratto. Ne consegue che, a normativa vigente, mentre in fase di qualificazione il concorrente può utilizzare liberamente l’avvalimento, qualora esso si concretizzi in subappalto, quest’ultimo incontra i limiti previsti dalla disciplina speciale pubblicistica per esso stabilita” cfr. ex AVCP det. n. 2/2012.
Analogamente il Ministero delle Infrastrutture ha precisato che “l’art. 49, comma 10, del codice consente di mutare l’avvalimento in subappalto, (…). Tuttavia, ciò potrà avvenire nel rispetto dei limiti posti dall’art. 118 del codice per cui, a titolo esemplificativo, nel caso di avvalimento per metà dei requisiti di gara, lo stesso non potrà divenire subappalto del 50% (e quindi oltre il limite del 30%) ma potrà mutare in subappalto per il 30% massimo, utilizzando l’istituto dell’avvalimento per il restante 20%; ovviamente, sono fatte salve le ipotesi di lavorazioni o attività scorporabili, per le quali un avvalimento complessivo delle stesse potrà, specularmente, mutare in subappalto complessivo. Analogamente, la trasformazione de qua dovrà essere, altresì, rispettosa dell’assunto di cui all’art. 49, comma 10, del codice, laddove consente all’impresa ausiliaria di assumere il ruolo di subappaltatore “nei limiti dei requisiti prestati”, nel senso che un avvalimento del 10% dei requisiti potrà divenire un subappalto fino al 10%, nonostante il limite normativamente imposto sia pari al 30%” cfr. Circolare MIT n. 4536/2012.
Nello stesso senso si era già precedentemente espressa anche la giurisprudenza, chiarendo che “La genericità del comma 10 dell’art. 49 del D.Lgs. n. 163/2006 e l’assenza di espressa deroga alla disciplina generale escludono che, nel caso in cui l’ausiliario sia coinvolto nell’esecuzione delle prestazioni in qualità di subappaltatore, il subappalto possa essere retto da regole diverse da quelle ordinarie” (C.d.S., Sez. V, sent. 20.6.2011, n. 3698).
Successivamente il tema è stato ripreso anche dall’ANAC: cfr. documento in consultazione recante “Proposta al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti finalizzata all’adozione del decreto di cui all’art. 83, comma 3 del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, nella parte relativa ai casi e alle modalità di avvalimento” dove all’art. 4, comma 3 si precisa che “la possibilità dell’impresa ausiliaria di assumere il ruolo di subappaltatore prevista dall’art.89, comma 8 del Codice è subordinata al rispetto dei limiti quantitativi previsti dagli art. 105 e 174 del Codice”; Par. del 21.2.2018, n. 181: la disposizione  di cui all’art. 89, comma 8 sopra citata, il cui fine unico è quello di  chiarire che, a normativa vigente, mentre in fase di qualificazione il  concorrente può utilizzare liberamente l’avvalimento, qualora esso si  concretizzi in subappalto, quest’ultimo incontra i limiti previsti dalla  disciplina speciale pubblicistica per esso stabilita (…l’impresa ausiliaria può assumere il  ruolo di subappaltatore nei limiti dei requisiti prestati)”.
[43] Ciò è quanto indirettamente si deduce dalla richiamata sentenza della Corte di Giustizia che nel delimitare, a contrario, l’ambito di operatività dell’avvalimento cd. tecnico-operativo, caratterizzato dall’impiego effettivo delle risorse prestate dall’ausiliaria (di cui al nostro art. 89, co. 9), lo esclude nei casi in cui “le capacità di cui dispone un soggetto terzo, e che sono necessarie all’esecuzione di detto appalto, non siano trasmissibili al candidato o all’offerente, di modo che quest’ultimo può avvalersi di dette capacità solo se il soggetto terzo partecipa direttamente e personalmente all’esecuzione di tale appalto” (cfr. punto 49, sent. CGUE C-324/14), ipotesi nelle quali si deve ricorrere invece all’esecuzione personale e diretta del soggetto titolato (ossia l’ipotesi delle “esperienze professionali pertinenti” di cui al nostro art. 89, co. 1).
Sul punto, si confronti anche G. Palazzesi, Avvalimento ed esperienze professionali pertinenti: brevi riflessioni su un orientamento che non persuade, LexItalia.it, 6.5.2019.
[44] Il riferimento è alla sentenza n. 1704 del 9.3.2020, tramite cui la III Sez. del C.d.S. ha precisato che “Ad una piana lettura del divisato dato normativo (art. 89, comma 1) è di tutta evidenza come il meccanismo sostitutivo rivendicato dall’appellante abbia una portata circoscritta a determinati e ben individuati requisiti (“…si avvalga di altri soggetti per sopperire alla mancanza di titoli di studio e professionali di cui all’allegato XVII, parte II, lettera f) o di esperienze professionali pertinenti”) e la valenza eccezionale della disposizione suindicata preclude l’estensione del suo ambito operativo a fattispecie diverse da quelle ivi espressamente contemplate. Ed, invero, le prestazioni relative all’appalto qui in rilievo non rivelano caratteri infungibili e, dunque, non richiedono la spendita di alcun “titolo di studio” e/o di alcuna “esperienza professionale pertinente”, ovvero di capacità non agevolmente trasferibili con la messa a disposizione che discende dall’avvalimento qui in rilievo”.
[45] Cfr. l’orientamento della V Sez. del C.d.S e, in particolare, la sent. 3.4.2019, n. 2191 e la sent. 6.10.2018, n. 5750 che riferiscono la disposizione di cui all’art. 89, co. 1 a qualsivoglia servizio, senza limitarne l’applicazione alle sole prestazioni che richiedono l’impiego di capacità non trasmissibili.
[46] Tale è la nozione per così dire classica dell’avvalimento operativo inerente i requisiti tecnici-operativi: deve trattarsi di un rapporto che dia titolo all’impresa ausiliata di utilizzare i mezzi dell’impresa ausiliaria in via immediata e, cioè, senza l’intermediazione di quest’ultima, altrimenti la fattispecie si atteggerebbe a mero subappalto (A. Cianflone – G. Giovannini, L’appalto di opere pubbliche, Giuffrè ed.).
[47] Cfr. ANAC Consultazione del 13.6.2017, poi non sfociata in linee guida. L’ANAC prosegue poi esplicitando che si tratta comunque di una regola non inderogabile poiché “Nel caso di assoluta impossibilità di separare le risorse e i mezzi prestati dal complesso aziendale dell’impresa ausiliaria oppure qualora l’impossibilità di utilizzazione degli stessi comporti un sacrificio insostenibile per l’impresa ausiliaria stessa, quest’ultima potrà servirsi dei mezzi e delle risorse prestate anche per le proprie attività, purché le necessità dell’esecutore abbiano comunque la priorità e quest’ultimo possa, in qualunque momento, acquisire la disponibilità materiale dei mezzi e delle risorse oggetto del contratto. Tale condizione deve risultare espressamente dal contratto di avvalimento”. Di diverso avviso il Consiglio di Stato, Ad, Plen n. 23/2016, cit., secondo il quale l’applicazione del principio di proporzionalità induce ad interpretare le disposizioni in tema di avvalimento applicando un canone di effettività ma senza che ciò comporti l’instaurazione di un sostanziale rapporto di esclusiva.
[48] Il thema decidendum sottoposto all’esame dell’Adunanza Plenaria n. 9 del 2 novembre 2015 verteva sulla necessità o meno di indicare il nominativo del subappaltatore in sede di gara nell’ipotesi in cui il subappalto fosse relativo a lavorazioni appartenenti ad una categoria cd. “a qualificazione obbligatoria” che il concorrente non poteva eseguire autonomamente (cd. “subappalto necessario”). Sul punto, infatti, si registrava un contrasto giurisprudenziale di cui il Supremo Consesso Amministrativo da’ preliminarmente conto: secondo la prima tesi, “la necessità della dimostrazione, ai fini della partecipazione alla procedura, della qualificazione per tutte le lavorazioni per le quali la normativa di riferimento la esige implicava, quale indefettibile corollario, la necessità dell’indicazione del nominativo del subappaltatore già nella fase dell’offerta di guisa da permettere alla stazione appaltante il controllo circa il possesso in capo alla concorrente di tutti i requisiti di capacità richiesti per l’esecuzione dell’appalto” (C.d.S., Sez. V, sent. 25.2.2015, n. 944; sent. 10.2.2015, n. 676; sent. 28.8.2014, n. 4405; Sez. IV, sent. 26.8.2014, n. 4299; Sez. IV, 26.5.2014, n. 2675; Sez. IV, 13.3.2014, n. 1224; Sez. III 5.12.2013, n. 5781); secondo la diversa e minoritaria lettura, viceversa, “una corretta esegesi delle regole che presidiano i requisiti di qualificazione, e che escludono che, ai fini della partecipazione alla gara, sia necessario il possesso della qualificazione anche per le opere relative alle categorie scorporabili (esigendo il ricorso al subappalto solo per quelle a qualificazione necessaria e nella sola fase dell’esecuzione dell’appalto), impone la diversa soluzione dell’affermazione del solo obbligo di indicazione delle lavorazioni che il concorrente intende affidare in subappalto, ma non anche del nome dell’impresa subappaltatrice” (C.d.S., Sez. IV, sent. 4.5.2015, n. 2223; Sez. V, sent. 7.7.2014, n. 3449; sent. 19.6.2012, n. 3563).
[49] Il contesto normativo di riferimento era costituito dagli artt. 92 “requisiti del concorrente singolo e di quelli riuniti” e 109 “criteri di affidamento delle opere generali e delle opere specializzate non eseguite direttamente” d.P.R. n. 207/2010; 37 “raggruppamenti temporanei e consorzi ordinari di concorrenti” e 118 “subappalto. Attività che non costituiscono subappalto e tutela del lavoro” D. Lgs. n. 163/2006.
[50] Cfr. C.d.S., Sez. IV, sent. 3.3.2016, n. 879; Sez. III, sent. 18.11.2016, n. 4798 che richiedono la necessaria indicazione del subappaltatore nelle ipotesi in cui il subappalto si renda necessario a cagione del mancato autonomo possesso da parte del concorrente dei necessari requisiti di qualificazione.
[51] TAR Napoli, Sez. I, sent. 1.3.2018, n. 1336. Sul punto, si confronti anche la recente sentenza TAR Lazio, Sez. I-bis, sent. 7.1.2019, n. 146: anch’essa valorizza infatti la natura polivalente dell’istituto, richiedendo tuttavia non la specifica indicazione del nominativo del subappaltatore quanto piuttosto delle opere o dei servizi che si intendono subappaltare.
[52] TAR Pescara, Sez. I, sent. 3.6.2019, n. 144.
[53] Art. 71, co. 2, Direttiva n. 2014/24/UE, secondo cui “nei documenti di gara l’amministrazione aggiudicatrice può chiedere o può essere obbligata da uno Stato membro a chiedere all’offerente di indicare, nella sua offerta, le eventuali parti dell’appalto che intende subappaltare a terzi, nonché i subappaltatori proposti”.
[54] Cfr. art. 1, co. 1, lett. rrr): “introduzione nei contratti di lavori, servizi e forniture di una disciplina specifica per il subappalto, prevedendo in particolare: (…) l’espressa individuazione dei casi specifici in cui vige l’obbligo di indicare, in sede di offerta, una terna di nominativi di subappaltatori per ogni tipologia di attività prevista in progetto”. 
[55] Secondo le modifiche apportate poi dal correttivo D.Lgs. n. 56/2017 l’obbligo era riferibile alle attività maggiormente esposte al rischio di infiltrazione mafiosa, ai sensi dell’art. 53, co. 1, l. n. 190/2012.
[56] Sulla diversità di presupposti e funzioni che caratterizzano avvalimento e subappalto, con esclusione del ruolo del subappalto ai fini di integrazione dei requisiti, cfr. ANAC Det., dell’1.8.2012, n. 2; Par. del 20.12.2017, n. 1333; Par. del 21.2.2018, n. 181, cit., in cui si chiarisce che “i  requisiti posseduti dalle imprese indicate come subappaltatrici dall’impresa  istante non concorrono in alcun modo ad integrare i requisiti richiesti per la  partecipazione alla gara né quelli richiesti ai fini del conseguimento di un  maggiore punteggio tecnico, e che non depone in senso contrario la disposizione  di cui all’art. 89, comma 8 sopra citata, il cui fine unico è quello di  chiarire che, a normativa vigente, mentre in fase di qualificazione il  concorrente può utilizzare liberamente l’avvalimento, qualora esso si  concretizzi in subappalto, quest’ultimo incontra i limiti previsti dalla  disciplina speciale pubblicistica per esso stabilita (…l’impresa ausiliaria può assumere il  ruolo di subappaltatore nei limiti dei requisiti prestati)”.
[57] Già nella vigenza del previgente Codice la giurisprudenza si era espressa in tal senso: cfr.  C.d.S., Sez. V, sent. 12.6.2009, n. 3791, secondo cui “L’avvalimento, previsto dall’art. 49 del codice dei contratti pubblici, implica che il concorrente, che abbia dichiarato di volersi avvalere delle risorse di una impresa ausiliaria, di esse deve avere una disponibilità immediata, nel senso che, a prescindere dalla forma contrattuale scelta, deve poterle usare per eseguire il contratto senza l’intermediazione della suddetta impresa; segue da ciò che la disponibilità da questa assicurata al vincitore non può identificarsi nella mera possibilità dell’aggiudicatario di rivolgersi ad essa quale cliente per farle svolgere i lavori oggetto dell’appalto, atteso che un’interpretazione così lata del concetto di disponibilità si tradurrebbe in un subappalto generalizzato senza il rispetto dei limiti fissati, in tema di dichiarazione e programmazione, dall’art. 118 del succitato codice dei contratti pubblici”.
[58] Valga tra tutte, in questo senso, la sentenza n. 936/2015 del Consiglio di Stato[58], secondo cui al subappaltatore spetta l’organizzazione dei mezzi necessari e su di esso grava il rischio “anche a voler intendere la nozione di subappalto secondo un criterio di tipo sostanziale, in forza del quale rientrerebbe nella fattispecie in esame ogni ipotesi in cui l’appaltatore non esegue le prestazioni con la propria organizzazione, bensì mediante soggetti terzi, giuridicamente ed economicamente distinti, si deve comunque rilevare che il connotato indefettibile del subappalto è costituito dal fatto che venga demandata ad un soggetto terzo, giuridicamente ed economicamente distinto dall’appaltatore, l’esecuzione totale o parziale dell’opera o dei servizio appaltati, con organizzazione di mezzi e rischio a carico del subappaltatore. Se questa autonomia manca, come si è evidenziato ed accertato nel caso di specie, il soggetto opera come mero esecutore materiale in favore dell’appaltatore e il subappalto non può configurarsi”.
[59] TAR Lazio, Sez. I-bis, sent. 8.2.2017, n. 2120.
[60] TAR Brescia, Sez. II, sent. 21.11.2017, n. 1364.
[61] Il C.d.S., Sez. V, sent. 18.12.2017, n. 5929 e il TAR Napoli, Sez. II, sent. 3.4.2018, n. 2083 hanno chiarito che la disponibilità di un centro cottura si pone come requisito di esecuzione del contratto e non di partecipazione alla gara, giacché è nel momento della stipula del contratto che si attualizza per l’Amministrazione l’interesse a che il contraente abbia a disposizione una struttura per assicurare il servizio.
Sul punto, cfr. anche C.d.S., Sez. V, sent. n. 1916/2020, cit.
[62] Ex AVCP, Det. n. 2/2012, cit., Circolare MIT n. 4536/2012, cit., Doc. in consultazione ANAC, cit.; C.d.S. n. 3698/2011, cit. (cfr. nota 42).
[63] Il riferimento è alle sentenze TAR Piemonte, Sez. I, sent. 23.4.2019, n. 459, confermata dalla sentenza C.d.S., Sez. V del 16.1.2020, n. 389; TAR Piemonte sent. 18.3.2019, n. 291, confermata dalla sentenza C.d.S., Sez. V, sent. del 17.12.2019, n. 8535.
[64] Cfr. il diverso regime previsto dall’art. 89, co. 5 e dall’art. 105, co. 8, D.Lgs. n. 50/2016.
[65] Il riferimento è ai pareri del Consiglio di Stato nn. 855/2016 e 782/2017, nonché all’ordinanza di rimessione alla CGUE n. 3553 dell’11.6.2018 sui limiti al subappalto del 30% alla quota parte subappaltabile e del 20% al ribasso dei prezzi praticabili, giudicati infine illegittimi con pronuncia CGUE del 27.11.2019, C-402/18, cd. sentenza Tedeschi.
In particolare, nel parere n. 855/2016 reso sul progetto di nuovo codice dei contratti pubblici, l’organo consultivo ha osservato che “il legislatore nazionale potrebbe porre, in tema di subappalto, limiti di maggior rigore rispetto alle direttive europee, che non costituirebbero un ingiustificato goldplating, in quanto giustificati da pregnanti ragioni di ordine pubblico, di tutela della trasparenza e del mercato del lavoro”, mentre nel successivo parere n. 782/2017, reso sul progetto di decreto correttivo al codice, l’organo consultivo ha rilevato che “Le direttive del 2014, rispetto alle precedenti del 2004, per la prima volta includono nella disciplina del subappalto finalità che finora erano state specifiche della legislazione italiana, ossia una maggiore trasparenza e la tutela giuslavoristica. (…) la complessiva disciplina delle nuove direttive, più attente, in tema di subappalto, ai temi della trasparenza e della tutela del lavoro, in una con l’ulteriore obiettivo, complessivamente perseguito dalle direttive, della tutela delle micro, piccole e medie imprese, può indurre alla ragionevole interpretazione che le limitazioni quantitative al subappalto, previste dal legislatore nazionale, non sono in frontale contrasto con il diritto europeo. Esse vanno infatti vagliate, e possono essere giustificate, da un lato alla luce dei principi di sostenibilità sociale che sono alla base delle stesse direttive, e dall’altro lato alla luce di quei valori superiori, declinati dall’art. 36 TFUE, che possono fondare restrizioni della libera concorrenza e del mercato, tra cui, espressamente, l’ordine e la sicurezza pubblici”.
Pertanto, “In quest’ottica, l’obiettivo di assicurare l’integrità dei contratti pubblici e la loro immunità da infiltrazioni della criminalità potrebbe giustificare una restrizione alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi” (cfr. C.d.S., ord. n. 3553/2018).
[66] Cfr. Circolare della Direzione Centrale vigilanza, affari legali e contenzioso dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro alla Provincia autonoma di Trento, Servizio Lavoro del 19.6.2017, in cui si precisa che: “anche nell’ipotesi in cui il contratto di avvalimento non venga successivamente “formalizzato” in un contratto di appalto/subappalto intercorrente tra quest’ultima e l’impresa ausiliata, si ritiene che il corretto impiego dei lavoratori dipendenti dell’impresa ausiliaria debba essere sempre valutato alla stregua di quanto previsto all’art. 29 del D.Lgs. n. 276/2003. (…) In tal caso, tuttavia, occorre tener presente che ai fini della legittimità del distacco l’interesse dell’impresa ausiliaria distaccante non può in alcun modo coincidere con la mera messa a disposizione dei lavoratori ma trova ragione nell’oggetto del contratto di avvalimento la cui stipula determina l’assunzione ex lege di una responsabilità solidale da parte dell’impresa ausiliaria nei confronti dell’amministrazione appaltante relativamente ai lavori oggetto dell’appalto che si giustifica in ragione della effettiva partecipazione dell’ausiliaria all’esecuzione dell’appalto principale (crf. art. 89, comma 5, e T.A.R. Lombardia, Sez. III, 20 marzo 2013, n. 756)”.
[67] Ci si riferisce alla sentenza della CGUE del 26.9.2019, nel merito della quale si veda la nota 40.
[68] Così Cass. Civ, Sez. II, sent. 19.8.2010, n. 1875.
[69] Così Cass. Civ., Sez. II, sent. 13.2.2009, n. 3659; cfr. anche: “la responsabilità del subcommittente, in luogo del subappaltatore, avviene solo nel caso in cui esorbitando dalla mera sorveglianza sull’opera oggetto del contratto, ai fini di pervenire alla corrispondenza tra quanto pattuito e quanto viene ad eseguirsi, abbia esercitato un’ingerenza sull’attività di quest’ultimo così penetrante da ridurlo al ruolo di mero esecutore” (Tribunale Milano sez. X, 09/10/2013, n.12494) “in modo tale da comprimerne parzialmente l’autonomia organizzativa, incidendo anche sulla utilizzazione dei relativi mezzi” (Cass. Civ., Sez. II, sent. 24.9.2008, n. 24008).
[70] Art. 49, D.Lgs. n. 163/2006 commi 6 e 7 nella versione originaria: “6. Il concorrente può avvalersi di una sola impresa ausiliaria per ciascun requisito o categoria. Il bando di gara può ammettere l’avvalimento di più imprese ausiliarie in ragione dell’importo dell’appalto o della peculiarità delle prestazioni; ma in tale ipotesi, per i lavori non comunque ammesso il cumulo tra attestazioni di qualificazione SOA relative alla stessa categoria.  7. Il bando di gara può prevedere che, in relazione alla natura o all’importo dell’appalto, le imprese partecipanti possano avvalersi solo dei requisiti economici o dei requisiti tecnici, ovvero che l’avvalimento possa integrare un preesistente requisito tecnico o economico già posseduto dall’impresa avvalente in misura o percentuale indicata nel bando stesso”.
[71] Gli interventi di modifica del comma 6 e di soppressione del comma 7 sono stati operati dall’art. 1, co. 1, lett. n), nn. 1) e 2) del D.Lgs. 11.9.2008, n. 152.
Su quanto disposto dal comma 6 dell’art. 49, censurandolo, si è espressa anche la CGUE con la sent. 10.10.2013, C-94/12: “È pertanto d’uopo considerare che la direttiva 2004/18 consente il cumulo delle capacità di più operatori economici per soddisfare i requisiti minimi di capacità imposti dall’amministrazione aggiudicatrice, purché alla stessa si dimostri che il candidato o l’offerente che si avvale delle capacit di uno o di svariati altri soggetti disporrà̀ effettivamente dei mezzi di questi ultimi che sono necessari all’esecuzione dell’appalto. Un’interpretazione del genere è conforme all’obiettivo dell’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza nella misura più ampia possibile, obiettivo perseguito dalle direttive in materia a vantaggio non soltanto degli operatori economici, ma parimenti delle amministrazioni aggiudicatrici. Inoltre essa è anche idonea a facilitare l’accesso delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici, cui tende altresì la direttiva 2004/18, come posto in rilievo dal considerando 32”.
[72] Intervento operato tramite l’art. 2, co. 1, lett. d) del D.Lgs. 26.1.2007, n. 6.
[73] Art. 49, co. 10, D.Lgs. n. 163/2006 nella versione originaria: “Il contratto è in ogni caso eseguito dall’impresa che partecipa alla gara, alla quale è rilasciato il certificato di esecuzione, e l’impresa ausiliaria non può assumere a qualsiasi titolo il ruolo di appaltatore, o di subappaltatore”.
[74] Parere del Consiglio di Stato, espresso dalla sezione consultiva per gli atti normativi nell’adunanza del 28 settembre 2006, n. 3641.
[75] Siffatta disposizione del diritto interno risulta incompatibile rispetto a quanto disposto dagli artt. 38, par. 2 Dir. 2014/23/UE; art. 63, par. 1, Dir. 2014/24/UE; art. 79, parr. 1 e 2, Dir. 2014/25/UE.
[76] Sul punto, cfr. C.d.S., Sez. V, sent. 2.3.2018, n. 1295; Sez. VI, sent. 19.6.2017, n. 2977; Sez. V, sent. 26.7.2016, n. 3347.
[77] Nei casi di cui all’art. 53, co. 3, D.Lgs. n. 163/2006: “Quando il contratto ha per oggetto anche la progettazione, ai sensi del comma 2, gli operatori economici devono possedere i requisiti prescritti per i progettisti, ovvero avvalersi di progettisti qualificati, da indicare nell’offerta, o partecipare in raggruppamento con soggetti qualificati per la progettazione (…)”.
[78] In questo senso, ex plurimis, sentenze C.d.S., Sez. III, sent. 7.3.2014, n. 1072; Sez. IV, sent. 24.5.2013, n. 2832; Sez. III, sent. 1.10.2012 n. 5161; Sez. VI, sent. 2.5.2012, n. 2508; T.R.G.A. Trento, Sez. Un., sent. 31.1.2014, n. 30, giurisprudenza con la quale è in linea anche l’ex AVCP: cfr. determinazioni nn. 2/2012 e 4/2012.
Cfr. anche ANAC, documento di consultazione recante “Proposta al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti finalizzata all’adozione del decreto di cui all’art. 83, comma 3 del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, nella parte relativa ai casi e alle modalità di avvalimento” dove all’art. 6, co. 2 si precisa che “Nel caso previsto all’art. 11, commi 4 e 5, della proposta al MIT finalizzata all’adozione del decreto di cui all’art. 83, comma 2, nella parte relativa al sistema di qualificazione degli operatori economici, il progettista indicato in sede di offerta non può avvalersi a sua volta di altro soggetto per la dimostrazione dei requisiti richiesti”; proposta di decreto formulata nel 2018, recante “Proposta finalizzata all’adozione del decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti di cui all’articolo 83, comma 2, del decreto legislativo 50/2016 avente ad oggetto il sistema unico di qualificazione degli esecutori di lavori pubblici di importo pari o superiore a 150.000 euro” dove all’art. 55, co. 2 si precisa che “Nel caso previsto all’articolo 30, commi 4 e 5, il progettista indicato in sede di offerta non può avvalersi a sua volta di altro soggetto per la dimostrazione dei requisiti richiesti”.
[79] Proprio sulla base di queste considerazioni, il Consiglio di Stato, Sez. V, con ordinanza del 4.6.2015, n. 2737 ha rimesso alla Corte di Giustizia la questione della compatibilità dell’istituto dell’avvalimento rispetto alla figura del progettista indicato, proponendo il quesito “se sia compatibile con l’art. 48 direttiva CE 31 marzo 2004, n. 18 una norma come quella di cui al già analizzato art. 53, comma 3, d.lgs. 16 aprile 2006, n. 163, che ammette alla partecipazione un’impresa con un progettista “indicato”, il quale, secondo la giurisprudenza nazionale, non essendo concorrente, non potrebbe ricorrere all’istituto dell’avvalimento”. In seguito, sempre la V Sez. del Consiglio di Stato ha nuovamente sollevato la questione nei medesimi termini, tramite le ordinanze di rimessione del 17.2.2016, n. 636 e successivamente del 30.10.2017, n. 4982. Tuttavia, in tutti e tre i casi la CGUE non è potuta addivenire ad una pronuncia nel merito, essendo state le cause cancellate dal ruolo ovvero dichiarate manifestatamente irricevibili.
[80] Vedasi, in particolare, l’art. 1, co. 8 e l’art. 4, co. 1 della Dir. 2004/18/UE.
[81] Vedasi l’art. 48, co. 3 della Dir. 2004/18/UE.
[82] Cfr. nota 71.
[83] La Corte di Giustizia nella sentenza 14 febbraio 2019 C-710/17 (conseguente alla ordinanza di rimessione del Consiglio di Stato n. 4982 del 30 ottobre 2017) ha considerato l’art. 53, co. 3 del D.lgs. n. 163/2006 (di disciplina dell’istituto del progettista indicato), una disposizione specifica ed autonoma, non analoga ad alcuna disposizione della direttiva 2004/18, non potendo essere considerata una trasposizione dell’art. 48 di quest’ultima.
[84]  D’altra parte, la sentenza n. 4929/2014 non è stata neanche menzionata nelle prime due ordinanze del Consiglio di Stato di rimessione alla CGUE sulla questione – la n. 2737/2015 e la n. 636/2016 (citate in nota 79)-  che si sono limitate a riportare  il consolidato orientamento giurisprudenziale opposto.
[85] In violazione degli artt. 3, par. 1, Dir. 2014/23/UE; art. 18, par. 1, Dir. 2014/24/UE; art. 36, par. 1, Dir. 2015/25/UE.
[86] La disposizione di cui al comma 11 andrebbe oltre rispetto a quanto consentito dagli artt. 63, parr. 1 e 2 Dir. 2014/24/UE; art. 79, parr. 2 e 3, Dir. 2014/25/UE.
[87] Questi i quesiti formulati nella sentenza: “a) se rientrino nel divieto di clausole di esclusione c.d. atipiche, di cui all’art. 83, comma 8, ultimo inciso, del d.lgs. n. 50 del 2016, le prescrizioni dei bandi o delle lettere d’invito con le quali la stazione appaltante, limitando o vietando, a pena di esclusione, il ricorso all’avvalimento al di fuori delle ipotesi consentite dall’art. 89 del d.lgs. n. 50 del 2016, precluda, di fatto, la partecipazione alla gara degli operatori economici che siano privi dei corrispondenti requisiti di carattere economico-finanziario o tecnico-professionale; b) in particolare, se possa reputarsi nulla la clausola con la quale, nel caso di appalti di lavori pubblici di importo pari o superiore a 150.000 euro, sia consentito il ricorso all’avvalimento dell’attestazione SOA soltanto da parte di soggetti che posseggono una propria attestazione SOA ”.
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