06/05/2020 – La revisione dei prezzi si applica solo alle proroghe contrattuali e non ai rinnovi

La revisione dei prezzi si applica solo alle proroghe contrattuali e non ai rinnovi
di Federico Gavioli – Dottore commercialista, revisore legale e giornalista pubblicista
 
Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 1571, del 3 marzo 2020, ha respinto il ricorso di una società in proprio e quale mandataria dell’associazione temporanea di imprese costituita ribadendo un concetto ormai consolidato nella giurisprudenza amministrativa e cioè che la revisione dei prezzi possa applicarsi solo in caso di proroga, ma non anche in quello di rinnovo del contratto.
Il contenzioso
Una associazione di imprese – ATI – costituita dalla mandataria e dalla mandante ha assunto in gestione il servizio di pulizie delle strutture di una azienda sanitaria in forza del contratto d’appalto sottoscritto il 18.03.2010, il quale prevedeva tra l’altro la revisione del prezzo contrattuale ai sensi dell’art. 115D.Lgs. n. 163/2006 (vecchio codice degli appalti pubblici).
Non era prevista la possibilità di proroga.
In vista della scadenza contrattuale, la ASL ha indetto una nuova gara a procedura aperta per l’affidamento del medesimo servizio di pulizia.
Nelle more dell’espletamento di detta procedura, la ASL ha raggiunto un accordo con il gestore uscente per la prosecuzione del servizio in corso fino al 2014.
La fornitura del servizio è cessata definitivamente il 15.02.2014, senza che abbia avuto seguito il nuovo affidamento oggetto della procedura di gara indetta nel 2011.
L’ATI sin dalla seconda annualità del contratto ha presentato all’ASL diverse istanze volte ad ottenere la revisione dei prezzi per gli anni 2011, 2012 e 2013, per una somma quantificata in € 1.485.069,11, oltre IVA ed interessi moratori calcolati al saggio previsto dall’art. 5D.Lgs. n. 231/2002.
Con deliberazione dell’ottobre 2013 la ASL, preso atto delle domande di compenso revisionale presentate dall’ATI , ha disposto l’avvio del relativo procedimento istruttorio.
Tuttavia, riassumendo molto sinteticamente i fatti successivi, la domanda di revisione dei prezzi è stato respinta.
Il TAR ha rigettato il ricorso dell’ATI che si è rivolto al Consiglio di Stato.
L’analisi del Consiglio di Stato
I giudici amministrativi del Consiglio di Stato osservano che, con un primo articolato motivo l’ATI ha avanzato in primo grado la richiesta di accertamento del suo asserito diritto alla revisione dei prezzi relativamente agli anni 2012, 2013 e parte del 2014.
La sentenza impugnata, ha respinto la domanda assumendo che la ASL e l’ATI non avrebbero semplicemente prorogato il contratto originario, ma lo avrebbero rinnovato. E ciò in quanto “vi sono state non soltanto la rinegoziazione del complesso delle condizioni, ma anche un’istruttoria da parte dell’amministrazione, nonché l’espressa adesione alla proposta della medesima amministrazione da parte del contraente, specificamente ai prezzi ed alle condizioni tutte del nuovo rapporto”.
Il TAR ha inoltre dato atto che: “le previsioni contrattuali escludevano la possibilità di proroga” e che la ASL aveva chiesto all’appaltatore la disponibilità a rinnovare il contratto “dopo la scadenza dell’originario contratto (30.10.2011)”.
L’ATI appellante contesta le conclusioni accolte dal TAR ritenendo assorbente il fatto che la ASL avesse più volte riconosciuto il diritto alla revisione dei prezzi. Le uniche resistenze manifestate dall’amministrazione avrebbero riguardato la determinazione del quantum dovuto in relazione alla superfice oggetto di servizio.
Quanto alla natura degli accordi di prosecuzione del rapporto contrattuale, gli elementi posti in rilievo dal TAR non integrerebbero, a detta della parte appellante, indizi sintomatici della volontà della ASL di rinnovare il rapporto anziché di prorogarlo, posto che anche per una proroga è possibile rinegoziare le condizioni ed anche per essa si rendono necessari tanto un’istruttoria amministrativa quanto il consenso del prestatore del servizio ad eseguirlo alle condizioni stabilite.
Neppure avrebbe rilevanza il fatto, evidenziato dal TAR in relazione al primo semestre dell’anno 2012, che le proposte della ASL (del 4.1.2012 e 8.5.2012) siano state avanzate “dopo la scadenza del contratto, quando il precedente accordo aveva perso ogni efficacia”.
Già in precedenza, infatti, ovvero sin dalla seconda annualità del contratto (cioè dall’1.1.2011), l’ATI aveva richiesto la revisione prezzi e la stazione appaltante ne era perfettamente consapevole, tanto che con nota del 19.10.2011 aveva invitato la ditta a restare in attesa delle sue decisioni in merito. Non a caso, nella parte motivazionale delle delibere innanzi menzionate si legge che “non è ipotizzabile né l’interruzione dei rapporti contrattuali né, allo stato, soluzioni alternative”.
Sempre secondo la parte appellante, risulterebbe del tutto irrilevante, ai fini della tesi del rinnovo contrattuale, l’introduzione di una riduzione del 5% (e poi del 10%) dell’importo e delle connesse prestazioni del rapporto contrattuale in essere. Al contrario, detta rimodulazione dimostrerebbe che il “rapporto contrattuale” è rimasto invariato e di tanto costituirebbe ulteriore dimostrazione il fatto che la nota del febbraio 2012 della ASL è intervenuta prima della scadenza del rapporto, il quale è poi proseguito anche successivamente alle stesse condizioni preesistenti (fatta eccezione per la rimodulazione del 5%).
Il Consiglio di Stato ritiene che il motivo, nell’insieme delle articolate deduzioni con esso veicolate, non possa trovare accoglimento.
Il Consiglio di Stato osserva che è innanzitutto pacifico, poiché non contestato dall’ATI , che la revisione dei prezzi possa applicarsi solo in caso di proroga, ma non anche in quello di rinnovo del contratto (cfr. Cons. Stato, sez. VI, n. 3478/2019Cons. Stato, sez. V, n. 5021/2019Cons. Stato, sez. III, n. 5059/2018).
Si tratta quindi di accertare a quale dei due istituti debba essere ricondotta la fattispecie in esame.
In punto di fatto, il Consiglio di Stato ritiene potersi affermare, sulla base della documentazione in atti, che la ASL non ha mai acconsentito al riconoscimento della revisione prezzi nella misura e con le modalità pretese dalla ATI appellante.
In un primo momento, la tacita resistenza dell’amministrazione è stata vinta attraverso l’impugnazione del silenzio serbato sull’istanza di revisione. Ma anche nel prosieguo, una volta avviata l’attività istruttoria, la ASL ha continuato ad esprimere incertezza circa il fondamento della pretesa dell’ATI ed i possibili esiti del procedimento: ancora con un provvedimento dell’aprile 2014 la ASL ha espresso dubbi sul fatto che, con riferimento alle due componenti del costo complessivo (costo del lavoro e delle materie prime) si fosse determinato un incremento degli oneri di esecuzione del servizio tale da rendere non più congruo e remunerativo il prezzo a suo tempo aggiudicato. Con la successiva nota dell’ottobre 2014, la ASL ha comunicato che avrebbe avviato la relativa istruttoria secondo la procedura prevista all’art. 115 D.Lgs. 163/2006, riservandosi, tuttavia, di determinare solo all’esito l’effettiva sussistenza ed entità del preteso diritto alla revisione dei prezzi.
In conclusione, la ASL si è resa disponibile all’avvio dell’istruttoria, ma non si è sbilanciata nel riconoscere un suo sbocco conclusivo conforme alle pretese economiche della controparte.
I giudici di Palazzo Spada con riferimento alla riconduzione della prosecuzione del rapporto contrattuale allo schema della proroga piuttosto che a quello del rinnovo, ritengono che siano convincenti le conclusioni accolte dal TAR, in quanto fondate su due decisivi elementi:
i) le previsioni contrattuali non contemplavano la possibilità di proroga;
ii) il rinnovo è avvenuto dopo la scadenza del contratto. Dallo scambio epistolare intercorso tra le parti si evince che le proposte formulate dalla ASL in data 04.01.2012 e in data 08.05.2012, sono successive alla scadenza del contratto, e che dunque l’incontro delle volontà delle parti è avvenuto quando i precedenti accordi avevano perso ogni efficacia.
Le circostanze richiamate assumono particolare rilevanza alla luce dell’univoco indirizzo ermeneutico secondo il quale:
a) la revisione dei prezzi si applica solo alle proroghe contrattuali, come tali previste ab origine negli atti di gara ed oggetto di consenso a monte (cfr. Cons. Stato, sez. III, n. 209/2016);
b) la proroga interviene prima della scadenza, in quanto fa seguito ad un’intesa tra le parti che, senza incidere sull’oggetto del provvedimento autorizzatorio, abbia di mira il semplice spostamento in avanti del termine (non scaduto) di efficacia dell’originario provvedimento autorizzatorio (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 1013/2014 e Cons. Stato, sez. VI, n. 1502/2013).
Nel caso di specie, come sin qui chiarito, la proroga non era prevista nel contratto e la prosecuzione del rapporto è stata concordata solo dopo la sua scadenza.
Per il Consiglio di Stato risulta a questo punto irrilevante la circostanza che il servizio non sia stato mai interrotto, ma sia proseguito fino a febbraio 2014, e che negli scambi epistolari tra le parti si sia fatto riferimento alla “proroga del termine”: si tratta, infatti, di elementi estrinseci, di rilievo indiziario in un’ottica di corretto inquadramento della fattispecie ma comunque superabili da indici interpretativo di maggior rilievo sostanziale, quali quelli poc’anzi segnalati.
Il Consiglio di Stato respinge integralmente il ricorso; le spese di lite seguono la soccombenza dell’ATI ricorrente.

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