06/05/2020 – Applicazione del D.P.C.M. 26 aprile 2020: i chiarimenti del Viminale sui “congiunti” e l’obbligo di mascherina, ma rimangono i dubbi

Applicazione del D.P.C.M. 26 aprile 2020: i chiarimenti del Viminale sui “congiunti” e l’obbligo di mascherina, ma rimangono i dubbi
di Michele Deodati – Responsabile SUAP Unione Appennino bolognese e Vicesegretario comunale
 
Dopo il varo del D.P.C.M. 26 aprile 2020, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 108 del 27 aprile 2020, che ha inaugurato la “fase 2” nella gestione dell’emergenza sanitaria da COVID-19, il Ministero dell’Interno ha diramato il 2 maggio scorso una Circolare (n. 15350/117(2) prot. 0029415) indirizzata alle Prefetture e a vari Ministeri, con lo scopo di chiarire alcuni passaggi troppo poco chiari del D.P.C.M.
Il provvedimento del Presidente Conte ricalca in molti casi il precedente decreto del 10 aprile, ma ci sono anche rilevanti novità sugli spostamenti, che adesso non sono più limitati all’ambito comunale, ma possono estendersi per tutto il territorio regionale. Servono comunque validi motivi per spostarsi: comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità o motivi di salute (art. 1, comma 1, lett. a).
Il discusso tema dei “congiunti”
Ha avuto grande risonanza a livello mediatico il tema degli spostamenti per incontrare i “congiunti”, che dal 4 maggio sono possibili, purché si rispetti il divieto di assembramento e il distanziamento interpersonale di almeno un metro e vengano utilizzate protezioni delle vie respiratorie. Il temine “congiunti” rimane alieno al linguaggio giuridico, che parla solo di parenti e di affini, a cui si aggiungono le nozioni introdotte dalla L. n. 76/2016, e cioè i soggetti partecipi di una “unione civile” e i “conviventi di fatto”. Se nessun dubbio può sorgere rispetto ai coniugi, se leggiamo il Codice civile, anche i parenti, che la legge riconosce fino al 6° grado, rientrano senz’altro nell’espressione “congiunti”. Discorso analogo per gli affini, che sono i parenti di un coniuge rispetto all’altro. Quando si passa a parlare di unioni civili le cose cambiano, perché la parificazione con il matrimonio tradizionale esclude i rapporti di affinità. Sembra comunque difficile sostenere che un convivente non possa incontrare il figlio dell’altro convivente. Vedremo tra un attimo che proprio l’uso di un termine atecnico consente letture più ampie, come nel caso dei fidanzati. A tal proposito, le Sezioni Unite della Cassazione (Cass. civ. n. 9556/2002) hanno stabilito il principio secondo cui ai “prossimi congiunti” della persona che ha subito lesioni, a causa del fatto illecito altrui, spetta anche il risarcimento del danno morale concretamente accertato, in relazione alla particolare situazione affettiva intercorrente con la vittima. Quindi anche ai fidanzati, come ribadito dalla successiva sentenza 10 novembre 2014, n. 46351.
La posizione del Viminale sui “congiunti”
Nelle Circolare del 2 maggio, il Viminale ha chiarito che al termine “congiunti” deve essere attribuito l’ambito ricavabile in modo sistematico dal quadro normativo e giurisprudenziale.
La definizione ricomprende dunque sicuramente i coniugi, i rapporti di parentela, affinità e unione civile. E fin qui la lettura offerta dal Ministero rimane all’interno di un quadro normativo piuttosto netto: è infatti facile delimitare i rapporti in base a relazioni come coniugio, parentela (prevista dal Codice civile in linea retta e collaterale fino al sesto grado) affinità e unioni civili. Sennonché, a questo scenario si aggiungono le relazioni connotate da “duratura e significativa comunanza di vita e di affetti”, precisazione introdotta dalla Circolare, che rischia di intorbidire le acque ancora di più. A sostegno, il Ministero dell’Interno ha invocato il criterio utilizzato dalla lettera i) del D.P.C.M. in tema di cerimonie funebri, che però si riferisce pur sempre ai congiunti senza ulteriori precisazioni, se non in merito al loro numero, non superiore a quindici persone, e alle misure distanziometriche da mantenere per evitare assembramenti.
Via libera dunque agli incontri tra fidanzati, ma i paletti rimangono ancora per quanto riguarda gli amici.
La precisazione contenuta nella Circolare, per la sua indeterminatezza, rischia di diventare un lasciapassare per qualunque tipo di spostamento non immediatamente giustificabile in base ai criteri del lavoro, della necessità o dei motivi di salute. Sul fronte degli spostamenti, per evitare l’espandersi del contagio non resta che fare appello al senso di responsabilità di ognuno.
In ogni caso, è fatto divieto a tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi, con mezzi di trasporto pubblici o privati, in una regione diversa rispetto a quella in cui attualmente si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute; è in ogni caso consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza. Cadono dunque i divieti di spostamento fuori Comune, ma rimane l’obbligo di autocertificazione, in quanto le uscite devono essere comunque motivate. La Circolare chiarisce che una volta fatto rientro, non saranno più consentiti spostamenti al di fuori dei confini della regione in cui ci si trova, se non per i motivi indicati.
Per giustificare il motivo inerente al lavoro, basta anche fornire documentazione fornita dal datore di lavoro (ad esempio il tesserino o simili).
Per chi si trova ad avere una temperatura corporea maggiore a 37,5° C, la forte raccomandazione del decreto è da leggersi come un obbligo di rimanere a casa e di limitare al massimo i contatti sociali, contattando il medico curante.
Aree pubbliche e private
All’art. 1, comma 1, lettera d), il decreto conferma il divieto di assembramento di persone in luoghi pubblici o privati, conferendo al sindaco il potere di disporre la temporanea chiusura di specifiche aree in cui non sia possibile assicurare il rispetto di tale divieto. La successiva lettera e) rende nuovamente possibile l’accesso a parchi, ville e giardini pubblici, condizionando la fruizione di tali spazi al rispetto del limite di distanza di sicurezza interpersonale di un metro e al divieto di assembramenti. Le aree gioco per i bambini continuano a rimanere chiuse.
Attività motoria e sportiva
Se da un lato viene confermato il divieto di attività ludica o ricreativa all’aperto, è invece consentita l’attività sportiva individuale (con possibilità di un accompagnatore per minori o persone non completamente autosufficienti) al di là del limite precedente, fissato nei dintorni della propria abitazione. Adesso, per fare sport è possibile spostarsi anche oltre il proprio comune, ma occorre rispettare il limite di distanza di almeno due metri ed evitare assembramenti.
Cerimonie funebri
Per le cerimonie funebri, la partecipazione dei congiunti non deve essere superiore a quindici persone, fatte salve le misure distanziometriche da mantenere per evitare assembramenti.
Commercio al dettaglio e somministrazione
Non ci sono novità di rilievo sul fronte commerciale: vengono confermate le aperture per alimentari e altre attività, mentre la somministrazione di alimenti e bevande potrà riaprire i battenti, ma solo per attività di asporto previa prenotazione. Inoltre, sono vietati assembramenti e consumo sul posto. Via libera ufficiale, come già anticipato con altre indicazioni informali, al commercio al dettaglio di piante fiori, sementi e fertilizzanti.
Attività produttive
Con il decreto del 26 aprile si allarga il ventaglio delle attività che possono riaprire. Le imprese le cui attività non sono sospese rispettano i contenuti del protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus covid-19 negli ambienti di lavoro sottoscritto il 24 aprile 2020 fra il Governo e le parti sociali di cui all’allegato 6 del decreto, nonché, per i rispettivi ambiti di competenza, il protocollo condiviso di regolamentazione per il contenimento della diffusione del covid-19 nei cantieri, sottoscritto il 24 aprile 2020 fra il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e le parti sociali, di cui all’allegato 7 del decreto, e il protocollo condiviso di regolamentazione per il contenimento della diffusione del covid-19 nel settore del trasporto e della logistica sottoscritto il 20 marzo 2020, di cui all’allegato 8 del decreto. La Circolare chiarisce che per tali attività viene meno qualsiasi obbligo di preventiva comunicazione o autorizzazione. Il sistema precedente, basato appunto su comunicazioni e autorizzazioni, viene sostituito con una serie di controlli a posteriori sul rispetto dei protocolli.
L’aver ricompreso i protocolli tra le misure di contenimento del contagio, fa sì che la loro violazione comporti l’applicazione del sistema sanzionatorio previsto dall’art. 4D.L. n. 19/2020, che definisce sanzioni amministrative pecuniarie e accessorie, salvo che il fatto costituisca reato secondo le disposizioni sulla sicurezza sul lavoro (D.Lgs. n. 81/2008), già in sede di accertamento circa alcune violazioni, si potrà disporre la chiusura provvisoria dell’attività per non più di cinque giorni.
Obbligo di protezione delle vie respiratorie
Il decreto introduce un obbligo finora non previsto: quello di usare protezioni delle vie respiratorie lei luoghi chiusi accessibili al pubblico, inclusi i mezzi di trasporto, e comunque in tutte le occasioni in cui non sia possibile garantire continuativamente il mantenimento della distanza di sicurezza. Non sono soggetti a tale obbligo i bambini al di sotto dei sei anni e i soggetti con forme di disabilità non compatibili con l’uso continuativo della mascherina, ovvero i soggetti che interagiscono con questi ultimi.

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