06/04/2020 – Urbanistica. Destinazione urbanistica aree acquisite in sede di convenzione

Urbanistica. Destinazione urbanistica aree acquisite in sede di convenzione
Pubblicato: 03 Aprile 2020
TAR Lombardia (MI) Sez. II n. 444 del 5 marzo 2020

Le convenzioni urbanistiche rientrano nel novero degli accordi tra privati e amministrazione, ai sensi dell’articolo 11 della legge n. 241 del 1990. Pertanto, inserendosi nell’alveo dell’esercizio di un potere, le convenzioni ne mutuano le caratteristiche e la natura, salva l’applicazione dei principi civilistici in materia di obbligazione e contratti per aspetti non incompatibili con la generale disciplina pubblicistica. Di conseguenza, si tratta di un esercizio consensuale di un potere pianificatorio che sfocia in un progetto ed in una serie di disposizioni urbanistiche generanti obbligazioni ed oneri, rese pubbliche attraverso la trascrizione, che s’impongono anche agli aventi causa dal lottizzante in forza della loro provenienza e funzione sostitutiva . Ne consegue, inoltre, che le convenzioni urbanistiche, in ragione della possibile sopravvenienza di interessi pubblici, vanno sempre considerate rebus sic stantibus, fermo restando che il potere di variazione dello strumento generale richiede una adeguata motivazione sulla necessità di sacrificare le eventuali legittime aspettative maturate in capo ai privati. Va, quindi, affermata, sul piano generale, la possibilità del Comune di imprimere una diversa destinazione urbanistica alle aree acquisite in sede di convenzione; possibilità che vale, a fortiori, laddove decorra molto tempo dall’epoca di stipula della convenzione e il vincolo impresso perda di attualità ed interesse per la stessa Amministrazione comunale.

 
Pubblicato il 05/03/2020

N. 00444/2020 REG.PROV.COLL.

N. 01921/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1921 del 2018, proposto da

Antonio Gervasio, Giuseppe Allevi, Fausto Bazzana, Giuliano Bazzana, Matteo Modena, Giovanni Battaglia, Mauro Perissinotto, Massimo Mantovani, Erminio Tiozzo, Pierangelo Pizzi, Armando Petrera, Giancarlo Pedrazzi, Francesco Bizzotto, Aldo Gervasio, Maura Busi, Cinzia Crocco, Ottorino Pagani, Rocco Lavezzari, Stefano Ungarelli, Anna Menniello, Franco Radice, Salvatore Di Mario, Giuseppe Bizzotto, Paolo Zago, rappresentati e difesi dagli avvocati Mario Viviani ed Angela Sarli, con domicilio eletto presso gli avvocati Mario Viviani ed Angela Sarli, con studio ubicato in Milano, corso di Porta Vittoria, n. 17;

contro

Comune di Paderno Dugnano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Monica Modolo, con domicilio digitale presso la casella di posta elettronica certificata dell’avvocato Monica Modolo (monica.modolo@monza.pecavvocati.it);

nei confronti

– Daniele Gianantonio Panzeri, Luisa Panzeri, Società Immobiliare Sirma s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’avvocato Benedetto Giovanni Carbone, con domicilio eletto presso l’avvocato Benedetto Giovanni Carbone, con studio ubicato in Milano, via Agnello, n. 8;

– Eugenio Panzeri, non costituito in giudizio;

e con l’intervento di

Enrico Luciano Panzeri, Dario Riccardo Panzeri, rappresentati e difesi dall’avvocato Benedetto Giovanni Carbone, con domicilio eletto presso l’avvocato Benedetto Giovanni Carbone, con studio ubicato in Milano, via Agnello, n. 8;

per l’annullamento

– della deliberazione C.C. n. 23 del 9 maggio 2018, pubblicata all’albo pretorio dal 22 maggio 2018 al 6 giugno 2018 e pubblicata sul B.U.R.L. n. 25 (Serie avvisi e concorsi) del 20 giugno 2018, avente ad oggetto “Attuazione dell’Ambito Residenziale di completamento del tessuto esistente denominato ‘R.E.3’ – controdeduzioni alle osservazioni e approvazione definitiva del piano attuativo in variante al Piano delle Regole e al Piano dei Servizi del PGT vigente”;

– di ogni altro atto agli stessi presupposto, connesso e conseguente ivi compreso il decreto n. 1/2017 dell’Autorità competente per la V.A.S.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del comune di Paderno Dugnano e di Daniele Gianantonio Panzeri, Luisa Panzeri, Società Immobiliare Sirma s.r.l.;

Visto l’intervento di Enrico Luciano Panzeri e Dario Riccardo Panzeri;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 febbraio 2020 il dott. Lorenzo Cordi’ e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. I ricorrenti impugnano gli atti indicati in epigrafe deducendo di essere proprietari di alcuni alloggi del Condominio “Casa degli amici”, sito a Paderno Dugnano, in via Generale Dalla Chiesa, numeri civici dall’1 al 61. Tale insediamento residenziale è realizzato in attuazione del P.E.E.P. consortile C.I.M.E.P. ex L. n. 167/1962 (approvato con D.M. n. 260/1972) nell’ambito del lotto PA/5 bis-34. Con convenzione sottoscritta in data 3 maggio 2000 il C.I.M.E.P. trasferisce al comune di Paderno Dugnano la proprietà di alcune aree (di superficie complessiva di circa 106.217 mq.), “per l’inserimento nel suo patrimonio indisponibile con vincolo di destinazione d’uso” delle aree indicate in rosso nella planimetria allegata sub “C” alla convenzione. Il vincolo di destinazione d’uso è stabilito già nella deliberazione della Giunta comunale n. 394 del 31 agosto 1999 (allegata sub “B” alla convenzione; documento n. 5 dei ricorrenti). Si tratta, spiegano i ricorrenti, di aree a servizi pubblici; in particolare, le complessive aree cedute al Comune nel lotto PA/5 bis-34 hanno “destinazione a servizi, a strade ed a residenza” e, nel dettaglio, hanno destinazione, in parte, “a servizi e a verde pubblico attrezzato” e, in altra parte, “a sede viaria ricompresa all’interno” del PA/5bis-34 (allegato “F” alla convenzione). Tra le aree cedute rientrano anche i mappali 220, 74 e 46 del foglio 47, di complessivi mq 3.676, situati tra via Generale Dalla Chiesa e via Gorizia (documento n. 7 dei ricorrenti). Con la deliberazione della Giunta comunale n. 99/2010 è trasferita la proprietà delle aree del P.d.Z. a destinazione residenziale, concesse dapprima in diritto di superficie.

2. Passando alla disamina dell’assetto urbanistico dell’area i ricorrenti osservano come la variante generale al P.R.G. (approvata con deliberazione n. V/36389 del 18 maggio 1993) comprenda i terreni trasferiti al Comune con la convenzione del 3 maggio 2000 in area “VA- verde attrezzato” (documento n. 8 dei ricorrenti). La destinazione è sostanzialmente confermata dal P.G.T. (approvato con deliberazione C.C. n. 32 del 13 giugno 2013), che classifica l’area in questione come “VPE-spazi a verde della rete ecologica”. Secondo la previsione di cui all’articolo 49 delle N.T.A. del P.G.T., “le aree così classificate contribuiscono alla formazione della rete ecologica locale in area urbana. In tali aree dovranno essere incentivate nuove alberature, l’estensione delle aree verdi o la costruzione di siepi. Nelle aree così classificate non è ammessa la realizzazione di nuovi edifici”. Si tratta, infatti, di “aree del territorio comunale non soggette a trasformazione urbanistica, e per le quali non è consentita l’edificabilità”. Inoltre, l’area è inserita in “classe di sostenibilità elevata per la presenza dell’area boscata” (documento n. 9 dei ricorrenti). In ultimo, il rapporto ambientale V.A.S. definisce tali aree come “fasce filtro lungo gli assi stradali principali che, da un lato, creano una mitigazione rispetto all’impatto di grandi infrastrutture, dall’altro, fungono da ‘micro-polmoni’ che giocano un ruolo importante nel riequilibrio delle emissioni atmosferiche” nonché come “aree libere tra i quartieri del comune che fungono da penetrazioni verdi/corridoi ecologici minori” (documento n. 9 dei ricorrenti).

2.1. Esposta la condizione giuridica dell’area di interesse, i ricorrenti notano come i controinteressati siano proprietari di un compendio immobiliare situato a Paderno Dugnano, tra via Roma e via Camposanto. Tale compendio è compreso, per la quasi totalità, in “Ambito Residenziale di Completamento del tessuto esistente” (denominato “RE3”) ed è disciplinato dalla previsione di cui all’articolo 28, comma 4, delle N.T.A. del P.G.T. che detta le seguenti prescrizioni: a) altezza massima degli edifici di 14 metri per un numero massimo di tre piani abitabili fuori terra; b) distanza dai confini di 5 metri; c) rapporto di copertura massimo 50%; d) cessione gratuita all’Amministrazione comunale della porzione di ambito interna al perimetro del parco del Seveso in quanto destinata alla formazione del parco. Il P.G.T. del 2013 prevede inoltre, per il compendio, le seguenti caratteristiche progettuali/dimensionali: a) superficie territoriale mq. 14.032; b) superficie fondiaria mq 3.929; c) aree in cessione mq. 10.102; d) s.l.p. sviluppata dall’ambito mq. 4.911 (pari a mc. 14.733).

2.1.1. L’operatore interessato allo sviluppo del compendio descritto al precedente punto trasmette, in data 29 ottobre 2015, una proposta preliminare alla presentazione di piano attuativo con la quale chiede al Comune di valutare la possibilità di una diversa soluzione urbanistica. In particolare, l’operatore ipotizza di collocare i volumi edificabili su altra area, già nella disponibilità del Comune, esterna all’attuale perimetro dell’ambito “RE3”, a fronte della cessione delle aree di proprietà privata (documento n. 10 dei ricorrenti). L’area individuata è costituita dai mappali 220, 64 e 74 del foglio 47, situata tra via Gorizia e via Generale Dalla Chiesa e descritta al precedente punto 1 della presente sentenza. Con deliberazione n. 6 del 2016 la Giunta comunale esprime parere favorevole al progetto rimettendo gli atti al Consiglio comunale al fine di verificare la possibilità di approvazione di un programma integrato di intervento in variante al P.G.T. (documento n. 11 dei ricorrenti). L’operatore presenta, quindi, una proposta di P.I.I. in variante al P.G.T. che investe l’ambito residenziale di completamento “RE3 per le vie Camposanto/Roma/Gorizia/Generale Dalla Chiesa”. Tale proposta comporta la riperimetrazione delle aree interessate dal P.A. includendo sia quelle già costituenti l’ambito RE3 sia quelle di proprietà comunale poste tra via Generale Dalla Chiesa e via Gorizia nonché una differente collocazione dei volumi residenziali da realizzare “mediante permuta delle aree private con quelle pubbliche”. Si prevede, infatti, la cessione da parte del Comune della proprietà dei mappali 220, 74 e 46 “da destinare ad insediamento residenziale con nuovo accesso da via Generale Dalla Chiesa”. Il progetto prevede, inoltre, “la cessione gratuita” al Comune “delle aree di proprietà privata” dell’ambito RE3 “da destinare alla formazione del Parco del Seveso per la realizzazione di una rete ecologica comunale in zona centrale alla città”.

2.1.2. La proposta dell’operatore privato descritta al precedente punto è sottoposta a procedimento di verifica di assoggettabilità alla V.A.S. Tale procedimento si conclude con il decreto n. 1 del 3 ottobre 2017 (documento n. 13 dei ricorrenti) con cui l’Autorità competente esclude la necessità della V.A.S. per il P.I.I. introducendo alcune prescrizioni in tema di “viabilità, aria-energia, acqua, suolo, biodiversità, rumore, inquinamento luminoso e rifiuti”. Con deliberazione n. 52 del 18 dicembre 2017, il Consiglio Comunale adotta la proposta definitiva del Piano Attuativo in variante parziale al P.G.T. Tale deliberazione ritiene il Piano conforme agli obiettivi di riduzione del consumo di suolo di cui alla L.r. n. 31 del 2014 in quanto opera per il tramite della compensazione urbanistica, prevede la realizzazione di una volumetria inferiore rispetto a quella originariamente prevista nel diverso ambito e consente l’acquisizione di maggiori aree al Comune. Inoltre, secondo il Consiglio comunale la deliberazione accentua la qualità urbana prevedendo una diversa distribuzione degli spazi e delle superfici. Dichiarate inammissibili o non proponibili le osservazioni presentate nei termini di legge, il Consiglio approva il Piano in variante modificando la previsione di cui all’articolo 28 delle N.T.A. del P.G.T. che, per l’area di via Dalla Chiesa, prevede i seguenti “non rigidi parametri”: a) “altezza massima degli edifici 18 metri”; b) “distanza dai confini: stabilita convenzionalmente”; c) “rapporto di copertura massimo: 50%”; d) “superficie drenante: definita dal Regolamento Locale di Igiene”. Come già indicato, l’attuazione dell’ambito avviene mediante ricorso a compensazione urbanistica di cui all’articolo 11, comma 3, della L.r. n. 12/2005, mediante cessione in permuta delle aree di proprietà comunale poste lungo via Generale dalla Chiesa (superficie fondiaria individuata nella tavola PdR2) a compensazione della cessione al Comune delle aree edificabili di proprietà privata inserite nel perimetro d’ambito “RE3”. Si prevede, inoltre, la cessione gratuita delle ulteriori aree a servizi di proprietà dell’operatore inserite nel perimetro del parco del Seveso al fine di consentire la realizzazione del parco stesso e la realizzazione: a) delle opere pubbliche per la formazione del parco del Seveso; b) di interventi di riqualificazione delle aree pubbliche poste in via Generale dalla Chiesa e in via Gorizia al fine di favorirne la fruibilità; c) delle opere di urbanizzazione primaria connesse al comparto stesso. In ultimo, al fine di evitare l’eventuale futura maggiorazione del carico urbanistico complessivo, si esclude, per gli erigendi fabbricati, la possibilità di recupero ai fini abitativi dei sottotetti e di incremento della s.l.p. assegnata.

3. I ricorrenti deducono l’illegittimità dei provvedimenti impugnati articolando quattro motivi di ricorso.

3.1. Con il primo motivo (rubricato: “Violazione della destinazione a uso pubblico dell’area comunale – in parte trasferita in permuta agli operatori privati con il PII approvato – destinazione contrattualmente stabilita dal Comune con il CIMEP al momento del trasferimento del bene”), i ricorrenti deducono la violazione del vincolo di destinazione d’uso impresso dalla convenzione tra il C.I.M.E.P. e il Comune. Inoltre, ritengono i ricorrenti che l’edificazione prevista interromperebbe la continuità del parco e comprometterebbe, in modo definitivo, la funzione di tutela ecologica in un ambito fortemente urbanizzato e interessato da infrastrutture stradali di livello almeno regionale.

3.2. Con il secondo motivo di ricorso (rubricato: “Violazione, per falsa applicazione dell’art. 11, terzo comma, L.R. n.12/2005 – Eccesso di potere per sviamento e per difetto di ponderazione”), i ricorrenti osservano come la previsione in rubrica consenta, a compensazione della cessione gratuita al Comune, l’attribuzione di aree in permuta o diritti edificatori alle aree di proprietà privata destinate alla realizzazione di interventi di interesse pubblico e non disciplinate da piani. Nel caso di specie, invece, “aree pubbliche destinate alla realizzazione di interventi di interesse pubblico sono trasferite non al Comune ma al privato”, per il tramite di un piano attuativo. Si realizza, quindi, la permuta di un’area privata edificabile, che viene, in tutto o in parte, destinata a interventi di interesse pubblico mentre l’area, già comunale, destinata ad interventi di interesse pubblico viene trasferita al privato. Di qui l’illegittimità dei provvedimenti impugnati per contrasto con il meccanismo della compensazione previsto dalla Legge regionale n. 12 del 2005.

3.3. Con il terzo motivo (rubricato: “Difetto di istruttoria, di ponderazione e di motivazione -sotto diversi e concorrenti profili- in ordine alla scelta dell’area comunale su cui trasferire i volumi previsti per l’ambito “RE3”. – Eccesso di potere per sviamento. – Violazione dell’art.58, comma 2, D.Lgs. n.112/2008”), i ricorrenti deducono la carenza di adeguata istruttoria osservando come non sia presa in considerazione la funzione ecologica svolta dall’area di via Dalla Chiesa né sia effettuato un raffronto con ulteriori aree dello stesso operatore o di società dallo stesso controllate o con altre aree private eventualmente disponibili o, in ultimo, con altre aree comunali dismesse o da valorizzare. I ricorrenti deducono, inoltre, la carenza di un interesse pubblico all’alienazione dell’area come comproverebbe il mancato inserimento della stessa nel Piano delle alienazioni e delle valorizzazioni patrimoniali. Evidenziano, ancora, come le previsioni del P.G.T. relative al comparto RE3 assegnino volumetrie non effettivamente realizzabili; per tale ragione, la permuta sarebbe, piuttosto, diretta a consentire la realizzazione di una volumetria formalmente assegnata ma sostanzialmente irrealizzabile. In ultimo, i ricorrenti deducono la mancata valutazione degli effetti negativi sull’area di via Generale dalla Chiesa; la valutazione comunale si incentrerebbe solo sugli aspetti positivi per il comparto RE3 ma non considererebbe le ripercussioni che il progetto comporta sul diverso ambito.

3.4. Con il quarto motivo (rubricato: “Violazione degli artt.2 e 5 L.R. n.31/2014 e dell’art.70, primo comma, lett. b, N.d.A. del PTCP di Milano”), i ricorrenti deducono la violazione delle previsioni limitative del consumo di suolo richiamando, all’uopo, il parere reso dalla Città metropolitana di Milano.

4. In data 21 settembre 2018, si costituiscono in giudizio i signori Daniele Gianantonio Panzeri, Luisa Panzeri, Enrico Luciano Panzeri, Dario Riccardo Panzeri, nonché la Immobiliare Sirma s.r.l. deducendo l’infondatezza dei motivi di ricorso. Nella stessa data si costituisce in giudizio il comune di Paderno Dugnano che chiede di dichiarare il ricorso inammissibile (nella parte relativa alle censure avverso il provvedimento di esclusione della V.A.S.) e infondato. Non provvedono a costituirsi in giudizio gli ulteriori controinteressati pur se ritualmente intimati.

5. All’udienza in camera di consiglio del 25 settembre 2018, i ricorrenti rinunciano all’istanza cautelare formulata in via incidentale.

6. In vista dell’udienza pubblica del 18 febbraio 2020, tutte le parti costituite depositano memorie conclusionali. L’Amministrazione comunale ed i controinteressati depositano memorie di replica. All’udienza del 18 febbraio 2020 la causa è trattenuta in decisione.

7. Entrando in medias res, si rammenta come, con il primo motivo, i ricorrenti deducano la violazione del vincolo di destinazione d’uso impresso all’area dalla convenzione tra il C.I.M.E.P. e il Comune.

7.1. Il motivo è infondato.

7.2. Secondo un costante orientamento giurisprudenziale le convenzioni urbanistiche rientrano nel novero degli accordi tra privati e amministrazione, ai sensi dell’articolo 11 della legge n. 241 del 1990 (cfr., ex multis: Cassazione civile, sez. I, 28 gennaio 2015, n. 1615; Cassazione civile, sezioni unite, 9 marzo 2012, n. 3689; nella giurisprudenza di questa sezione, cfr.: T.A.R. per la Lombardia – sede di Milano, sez. II, 18 giugno 2018, n. 1525; Id., 20 febbraio 2020, n. 345). Pertanto, “inserendosi nell’alveo dell’esercizio di un potere”, le convenzioni “ne mutuano le caratteristiche e la natura, salva l’applicazione dei principi civilistici in materia di obbligazione e contratti per aspetti non incompatibili con la generale disciplina pubblicistica” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 17 giugno 2019, n. 4068). Di conseguenza, si tratta di un “esercizio consensuale di un potere pianificatorio che sfocia in un progetto ed in una serie di disposizioni urbanistiche generanti obbligazioni ed oneri, rese pubbliche attraverso la trascrizione, che s’impongono anche agli aventi causa dal lottizzante in forza della loro provenienza e funzione sostitutiva” (cfr., ancora, Consiglio di Stato, Sez. IV, 17 giugno 2019, n. 4068: cfr., inoltre, Consiglio di Stato, Sez. IV, 8 luglio 2013, n. 3597; sui limiti di efficacia soggettiva delle convenzioni, cfr.: T.A.R. per la Lombardia – sede di Milano, Sez. II, 16 dicembre 2019, n. 2675 e n. 2676). Ne consegue, inoltre, che “le convenzioni urbanistiche, in ragione della possibile sopravvenienza di interessi pubblici, vanno sempre considerate rebus sic stantibus, fermo restando che il potere di variazione dello strumento generale richiede una adeguata motivazione sulla necessità di sacrificare le eventuali legittime aspettative maturate in capo ai privati” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 17 giugno 2019, n. 4068). Va, quindi, affermata, sul piano generale, la possibilità del Comune di imprimere una diversa destinazione urbanistica alle aree acquisite in sede di convenzione; possibilità che vale, a fortiori, laddove decorra molto tempo dall’epoca di stipula della convenzione e il vincolo impresso perda di attualità ed interesse per la stessa Amministrazione comunale.

7.3. Declinando tali principi al caso di specie si osserva come il vincolo impresso all’area risalga alla convenzione stipulata nell’anno 2000. Con tale convenzione il Comune acquisisce al proprio patrimonio le aree destinandole a servizi pubblici e a verde attrezzato. Dalla documentazione versata in atti (cfr., in particolare, la tavola 5 del documento 8 dei controinteressati e le fotografie di cui al documento n. 8 dell’Amministrazione comunale), si evince come l’area non abbia, allo stato, alcun “utilizzo di interesse pubblico/istituzionale effettivo e concreto” (foglio 4 della memoria comunale del 21 settembre 2018). Il vincolo impresso dalla convenzione e, in particolare, le finalità che lo stesso intende conseguire vengono meno nel corso del tempo non traducendosi in un uso effettivo del bene comunale conformemente alle previsioni convenzionali. Simile situazione giustifica, quindi, lo ius poenitendi dell’Amministrazione che, nell’ambito di un’operazione complessa, intende, da un lato, consentire l’utilizzo dell’area per fini residenziali, acquisendo, in tal modo e al contempo, spazi ed aree di interesse pubblico in altro ambito del territorio comunale.

7.4. Simile decisione non è preclusa dalla ritenuta appartenenza al patrimonio indisponibile comunale che, secondo i ricorrenti, discende dal mancato inserimento dell’area in questione nel “Piano delle alienazioni e valorizzazioni patrimoniali”, adottato ai sensi dell’articolo 58, comma 2, del D.Lgs. n. 112/2008. Osservano i ricorrenti come, secondo la previsione di cui all’articolo 1, comma 2, lettera b), del Regolamento per l’alienazione dei beni immobili di proprietà comunale (documento n. 17 dei ricorrenti), facciano parte del patrimonio disponibile dell’Ente “i beni appartenenti al patrimonio indisponibile i quali con un atto di dismissione abbiano avuta riconosciuta la cessazione della loro destinazione ad un pubblico servizio”. Nel caso di specie, difetterebbe l’atto di dismissione con la conseguenza che le aree sono da considerarsi ancora parte del patrimonio indisponibile.

7.5. La tesi dei ricorrenti non risulta condivisibile assegnando una valenza integrale ed esclusiva al procedimento di dismissione regolato dal Piano delle alienazioni e valorizzazioni patrimoniali. Deve, invece, considerarsi il regime giuridico generale dettato dalle previsioni del codice civile e, in particolare, dalla regola di cui all’articolo 826 c.c. Ora, secondo una costante giurisprudenza sia civile che amministrativa, “affinché un bene non appartenente al demanio necessario possa rivestire il carattere pubblico proprio dei beni patrimoniali indisponibili, in quanto destinati a un pubblico servizio ai sensi dell’art. 826 comma 3 c.c., deve sussistere il doppio requisito (soggettivo e oggettivo) della manifestazione di volontà dell’ente titolare del diritto reale pubblico (e, perciò, un atto amministrativo da cui risulti la specifica volontà dell’ente di destinare quel determinato bene a un pubblico servizio) e dell’effettiva e attuale destinazione del bene al pubblico servizio” (Corte appello di Ancona. Sez. II civile, 24 settembre 2019, n. 1390; Consiglio di Stato, Sez. V, 8 luglio 2019, n. 4784). Laddove il vincolo di destinazione sia privato di attualità e di effettività il bene perde il regime giuridico connesso all’indisponibilità e rientra nel patrimonio disponibile comunale (cfr., a contrario,

Consiglio di Stato, Sez. V, 24 gennaio 2019, n. 596). E’ quanto accade nel caso di specie ove la previsione che imprime la destinazione perde di effettività nel corso del tempo e, di conseguenza, segna l’ingresso del bene nella diversa categoria del patrimonio disponibile.

7.6. Alla luce di quanto esposto non risultano, quindi, condivisibili le tesi dei ricorrenti in ordine all’impossibilità di procedere ad una diversa pianificazione e alla perdurante sussistenza di un vincolo di indisponibilità.

8. Inoltre, ritiene il Collegio come non comportino l’illegittimità dei provvedimenti impugnati le considerazioni dei ricorrenti secondo cui l’edificazione prevista interromperebbe la continuità del parco e comprometterebbe, in modo definitivo, la funzione di tutela ecologica in un ambito fortemente urbanizzato e interessato da infrastrutture stradali di livello almeno regionale.

8.1. Tale questione deve esaminarsi congiuntamente ai rilievi contenuti nel terzo motivo di ricorso ove si deducono numerose carenze in punto di istruttoria e di valutazione dell’interesse pubblico. Come notato in precedenza, infatti, il legittimo esercizio dello ius poenitendi comunale risulta subordinato ad una nuova valutazione dell’interesse pubblico spostando, quindi, l’attenzione del Collegio sulla correttezza della rinnovata valutazione effettuata dall’Amministrazione.

8.2. La parte del primo motivo in esame ed il terzo motivo sono infondati. Ciò esonera il Collegio dalla delibazione dell’eccezione di parziale inammissibilità articolata dalla difesa comunale.

8.3. In linea generale va premesso che “la pianificazione urbanistica implica valutazioni di opportunità sulla scorta di valutazioni comparative degli interessi pubblici in gioco, che sfuggono al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, a meno che non si dimostrino palesi travisamenti dei fatti, illogicità o irragionevolezze. Tale potere non è limitato solo alla disciplina coordinata dell’edificazione dei suoli ma, per mezzo della disciplina dell’utilizzo delle aree, è finalizzato a realizzare anche sviluppi economici e sociali della comunità locale nel suo complesso con riflessi qualvolta limitativi agli interessi dei singoli proprietari di aree. Quindi le scelte in concreto, effettuate con i detti obiettivi ed interessi pubblici agli stessi immanenti, devono corrispondere agli scopi prefissati nelle linee programmatiche per la gestione urbanistica del territorio” (Consiglio di Stato, sez. I, 29 gennaio 2015, n. 283). Negli stessi termini si esprime la giurisprudenza dell’intestato Tribunale secondo cui “le scelte urbanistiche compiute dalle autorità preposte alla pianificazione territoriale rappresentino scelte di merito, che non possono essere sindacate dal giudice amministrativo, salvo che non siano inficiate da arbitrarietà od irragionevolezza manifeste ovvero da travisamento dei fatti in ordine alle esigenze che si intendono nel concreto soddisfare” (T.A.R. per la Lombardia – sede di Milano, sez. II, 9 dicembre 2016, n. 2328; cfr., inoltre, T.A.R. per la Lombardia – sede di Milano, sez. II, 3 dicembre 2018, n. 2715; Id., 3 dicembre 2018, n. 2718; Id., 21 gennaio 2019, n. 119; Id., 5 luglio 2019, n. 1557; Id., 16 ottobre 2019, n. 2176; Id., 21 novembre 2019, n. 2458).

8.4. In sostanza, la giurisprudenza consente il controllo giurisdizionale dell’operato dell’Amministrazione avendo riguardo, ex aliis, alla coerenza della disciplina con gli “scopi prefissati nelle linee programmatiche per la gestione urbanistica del territorio”, alla ragionevolezza e non arbitrarietà delle scelte, e, in ultimo (seppur costituisca, invero, il primum movens di ogni valutazione discrezionale), alla corretta disamina e verifica della situazione di fatto correlata alle esigenze che l’Amministrazione intende perseguire.

8.5. Nel caso di specie, il Collegio non ravvisa alcuna inesattezza, illogicità o carenza di disamina nell’operato comunale. Infatti, i provvedimenti impugnati comportano il venir meno della possibilità di edificazione sulla aree di via Roma – via Camposanto con ricomprensione di queste nell’area nel Parco Seveso. Inoltre, l’area a parco e il parcheggio adiacente vengono attrezzati e riqualificati al fine di renderli fruibili e maggiormente funzionali. Per converso sulle aree non utilizzate di via Dalla Chiesa – via Gorizia, si realizza il trasferimento della cubatura edificatoria spettante ai controinteressati con l’apprestamento di ulteriori opere di urbanizzazione a servizio della zona (parcheggio pubblico, pista ciclabile, collegamento pedonale all’ingresso del Parco di via Gorizia, riqualificazione del parco e nuova viabilità di servizio). In sostanza, l’Amministrazione dispone una diversa collocazione dei volumi residenziali realizzando, al contempo, sia il mantenimento a verde dell’area di via Roma (originariamente suscettibile di edificazione) sia la parziale sistemazione/creazione di nuove attrezzature del Parco di via Gorizia e dell’area di via Dalla Chiesa pur se interessata dall’edificazione in ragione della compensazione realizzatasi.

8.6. La valutazione comunale risulta, pertanto, esente da vizi indicati dai ricorrenti. Inoltre, risulta sfornita di evidenze la deduzione secondo la quale le previsioni del P.G.T. relative al comparto RE3 assegnerebbero volumetrie non effettivamente realizzabili. Al contrario, si osserva come la perizia di stima acquisita prima di procedere alla compensazione urbanistica mediante permuta confermi la concreta edificabilità dell’area dimostrando la veridicità e correttezza di uno dei tasselli su cui poggia la valutazione (documento n. 7 del Comune).

8.7. In ultimo, non risulta condivisibile la tesi secondo cui l’Amministrazione ometta di verificare la situazione dell’area di via dalla Chiesa e le ripercussioni sulla stessa derivanti dal progetto. Simile tesi opera una valutazione atomistica delle due situazioni che, al contrario, devono considerarsi in modo unitario. La sussistenza di un reale interesse pubblico e il corretto esercizio del potere discrezionale non è misurabile prendendo in considerazione solo una delle due aree ma avendo riguardo all’intera operazione che si intende realizzare e che, come illustrato al precedente punto 8.5, non presenta elementi di illogicità o irrazionalità.

9. Con il secondo motivo di ricorso i ricorrenti deducono la violazione della previsione di cui all’articolo 11, comma 3, della L.r. n. 12 del 2005. Osservano i ricorrenti come, nel caso di specie, “aree pubbliche destinate alla realizzazione di interventi di interesse pubblico sono trasferite non al Comune ma al privato”, per il tramite di un piano attuativo. Si realizza, quindi, la permuta di un’area privata edificabile, che viene, in tutto o in parte destinata a interventi di interesse pubblico mentre l’area, già comunale, destinata ad interventi di interesse pubblico viene trasferita al privato.

9.1. Il motivo è infondato.

9.2. Osserva il Collegio come l’istituto della compensazione, a differenza di quello della perequazione, non ha quale precipua finalità quella di mitigare le disuguaglianze che si producono con la pianificazione urbanistica ma mira ad individuare una forma di remunerazione alternativa a quella pecuniaria per i proprietari dei suoli destinati all’espropriazione, consistente nell’attribuzione di diritti edificatori che potranno essere trasferiti, anche mediante cessione onerosa (articolo 11, commi 3 e 4 della L.r. n. 12 del 2005). Come osservato dalla Sezione, i modelli configurati dal legislatore regionale non hanno carattere stringente ma possono essere, per determinati aspetti, adattati dai Comuni al fine di assecondarli alle specifiche esigenze di pianificazione (T.A.R. per la Lombardia – sede di Milano, Sez. II, 11 giugno 2014, n. 1542). Infatti, “gli istituti della perequazione e della compensazione urbanistica trovano fondamento in due pilastri fondamentali del nostro ordinamento, che travalicano le previsioni contenute nelle diverse leggi regionali, e precisamente nella potestà conformativa del diritto proprietà di cui è titolare l’Amministrazione nell’esercizio della propria attività di pianificazione, ai sensi dell’art. 42, comma primo, Cost., e, al contempo, nella possibilità di utilizzare modelli consensuali per il perseguimento di finalità di interesse pubblico, secondo quanto previsto dagli artt. 1, comma 1bis e 11 della legge n. 241 del 1990 (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 13 luglio 2010 n. 4545; T.A.R. Campania, Salerno, sez. I, 5 luglio 2002 n. 670, T.A.R. Veneto sez. I, 19 maggio 2009, n. 1504)” (T.A.R. per la Lombardia – sede di Milano, Sez. II, 11 giugno 2014, n. 1542).

9.3. In ragione di quanto esposto, la Sezione correttamente ritiene possibili adattamenti dei modelli previsti dalla legislazione regionale al fine di soddisfare le esigenze delle Amministrazioni locali e di realizzare l’interesse pubblico. Interpretazione che, come riconosciuto dalla Sezione, “si pone in linea con i rilievi espressi da una parte della dottrina” che auspica “l’astensione dei legislatori regionali dal dettare normative stringenti in materia […] al fine di evitare che in tal modo si imbrigliassero eccessivamente le scelte compiute in sede di pianificazione” (T.A.R. per la Lombardia – sede di Milano, Sez. II, 11 giugno 2014, n. 1542, che richiama, sul punto, la delibera di Giunta Regionale n. VIII/1681 del 29 dicembre 2005, la quale, al punto 2.1.3, chiarisce che, con la previsione di cui all’articolo 11, il legislatore individua solo dei modelli di riferimento “che lasciano comunque grande spazio ad una vasta gamma di soluzioni soprattutto di tipo intermedio”).

9.4. Del resto, la possibilità di adattamento del modello di compensazione non è propriamente contestato da parte dei ricorrenti che, in memoria conclusiva, deducono la non operatività del principio esposto stante il non concreto perseguimento di un interesse pubblico. Tesi che il Collegio, tuttavia, non condivide per le ragioni già in precedenza illustrate che ritengono configurabile un interesse pubblico nell’operazione complessivamente effettuata dall’Amministrazione (cfr., retro, punti 8.4 ss. della presente sentenza).

9.5. In conclusione anche il secondo motivo deve ritenersi infondato.

10. Con l’ultimo motivo i ricorrenti deducono la violazione delle previsione della L.r. n. 31 del 2014 e dell’articolo 70, comma 1, lettera b) delle N.d.A. del P.T.C.P. In sostanza, secondo i ricorrenti i provvedimenti impugnati comporterebbero un indebito consumo di suolo.

10.1. La censura è infondata.

10.2. Come correttamente dedotto dall’Amministrazione e dai controinteressati, la complessiva operazione allestita dal Comune non determina consumo di suolo in quanto ciò che si realizza è una compensazione che redistribuisce i volumi edificatori già attribuiti ai privati. Inoltre, la volumetria complessiva realizzabile risulta inferiore rispetto alla previsione originaria che, come spiegato in precedenza, deve considerarsi come concretamente suscettibile di sviluppo e non meramente astratta.

10.3. Inoltre, nel caso di specie non opera la previsione di cui all’articolo 70, comma 1, lettera b) delle N.d.A. al P.T.C.P. la cui applicazione è, tra l’altro, solo ipotizzata dalla Città metropolitana. Infatti, come osservato dall’Amministrazione comunale, la Città metropolitana adotta il decreto del 13 giugno 2018 (Rep. Gen. n. 147/2018 – Atti n. 1330847.320187), avente ad oggetto: “Approvazione del documento contenente i criteri e gli indirizzi per l’attività istruttoria della Città Metropolitana in ordine alla valutazione di compatibilità degli strumenti urbanistici comunali. Aggiornamento 2018”. Tale documento correttamente evidenzia come le disposizioni contenute nella L.r. 31/2014 limitino l’operatività della previsione di cui all’articolo 70 comma 1, lettera b), delle N.d.A. al P.T.C.P. ai soli casi in cui lo strumento urbanistico preveda la riduzione del suolo agricolo. Ipotesi che non si verifica nel caso di specie con conseguente infondatezza del motivo.

11. Alla luce di quanto esposto il ricorso deve, pertanto, respingersi. Le spese di lite possono essere compensate, nei confronti del comune di Paderno Dugnano, ai sensi degli articolo 26 del codice del processo amministrativo e 92 del codice di procedura civile, come risultante dalla sentenza della Corte Costituzionale, 19 aprile 2018, n. 77 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di quest’ultima disposizione nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni, da individuarsi nella complessità delle questioni esaminate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

a) respinge il ricorso;

b) compensa le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 18 febbraio 2020 con l’intervento dei magistrati:

Italo Caso, Presidente

Antonio De Vita, Consigliere

Lorenzo Cordi’, Referendario, Estensore

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