05/09/2019 – Casi recenti in materia della tutela del paesaggio e dei beni culturali

Casi recenti in materia della tutela del paesaggio e dei beni culturali: il deposito g.p.l. a Chioggia – il centro commerciale nei pressi del Castello del Catajo – la creazione di nuovi spazi museali al Palazzo dei Diamanti di Ferrara[1]
 
1) Il quadro normativo: la convenzione europea sul paesaggio. 2) L’impianto di deposito di g.p.l. a Chioggia. 3) Il centro commerciale presso il Castello del Catajo. 4) La creazione di nuovi spazi museali al Palazzo dei Diamanti di Ferrara.
 
1) Il quadro normativo: la convenzione europea sul paesaggio.
La tutela del paesaggio è riconosciuta a livello europeo dalla convenzione europea sul paesaggio, sottoscritta a Firenze nell’anno 2000 nell’ambito del Consiglio d’Europa.
L’art. 1 della convenzione definisce il paesaggio come un’area, percepita dalla popolazione come patrimonio comune, il cui carattere è il risultato dell’azione e dell’interazione di fattori naturali e/o di fattori umani.
Le finalità della protezione del paesaggio si possono leggere nel preambolo della convenzione:
– deve essere perseguito lo sviluppo sostenibile, basato su un’equilibrata e armoniosa relazione tra esigenze sociali, attività economica e l’ambiente;
– il paesaggio ha un ruolo di importante interesse pubblico nei campi culturale, ecologico, ambientale e sociale e costituisce una risorsa favorevole per l’attività economica e la sua protezione, gestione e pianificazione possono contribuire alla creazione di posti di lavoro;
– il paesaggio contribuisce alla formazione delle culture locali ed è una componente fondamentale del patrimonio europeo naturale e culturale, contribuendo al benessere umano ed al consolidamento dell’identità europea;
– il paesaggio è una parte importante della qualità della vita delle popolazioni in qualunque ambiente: in aree urbane e nelle campagne, nelle aree degradate ed in quelle di alta qualità, in aree riconosciute di particolare bellezza ed in quelle comuni;
– la qualità e la varietà dei paesaggi europei costituisce una risorsa comune ed è importante la cooperazione in ambito europeo attraverso la protezione, la gestione e la pianificazione;
– deve essere introdotto un nuovo strumento rivolto esclusivamente alla protezione, gestione e pianificazione di tutti i paesaggi europei.
I trattati dell’Unione Europea contengono un riferimento indiretto alla tutela del paesaggio.
Infatti l’art. 191 del trattato sul funzionamento dell’Unione Europea impone l’obiettivo del mantenimento, protezione e miglioramento della qualità dell’ambiente.
L’art. 167 del trattato sul funzionamento dell’Unione Europea stabilisce che:
– l’Unione contribuisce alla sviluppo delle culture degli Stati membri, nel rispetto della loro diversità nazionale e regionale e allo stesso tempo mettendo in risalto il comune patrimonio culturale;
– l’Unione e gli Stati membri devono favorire la cooperazione con paesi terzi e con le competenti organizzazioni internazionali nella sfera della cultura ed in particolare con il Consiglio d’Europa.
Tra le direttive europee vanno considerate la direttiva “Habitat” sulla conservazione degli habitat naturali e della fauna selvatica e la direttiva sulla conservazione degli uccelli selvatici.
Le citate direttive europee riconoscono particolari caratteri naturali di aree, caratteri che contribuiscono alla formazione del paesaggio, sebbene non lo esauriscano.
D’altro canto un’area riconosciuta come paesaggio può non possedere le particolari caratteristiche naturali cui fanno riferimento le citate direttive europee.
La tutela del paesaggio e dei beni culturali costituisce principio fondamentale della Costituzione italiana (art. 9).
Ci sono dunque in Italia aree che costituiscono paesaggio protetto per effetto della legislazione e della pianificazione.
La protezione comporta essenzialmente due tipi di tutela: o sull’area è vietata qualsiasi modificazione oppure (ed è il caso più comune) la modificazione è possibile previo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, che ha il compito di valutare la compatibilità dell’intervento con il paesaggio.
2) L’impianto di deposito di g.p.l. a Chioggia.
È in costruzione un impianto di deposito di g.p.l. a Chioggia.
Chioggia è una città di 50 mila abitanti situata nella zona meridionale della laguna di Venezia.
L’impianto si trova a circa 300 metri dalle case di Chioggia. Ha una lunghezza di circa 70 metri, una lunghezza di circa 30 metri ed una larghezza di 20 metri.
Le caratteristiche dell’impianto impongono il previo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica con cui deve essere valutato se l’impianto genera un impatto compatibile con il paesaggio lagunare. 
Per tale tipo d’impianto la legislazione italiana prevede che le singole autorizzazioni necessarie nel caso di specie siano sostituite da un’unica autorizzazione il cui rilascio deve essere valutato congiuntamente nell’ambito di una conferenza cui partecipano le amministrazioni che sarebbero competenti a rilasciare le singole autorizzazioni.
La legislazione italiana prevede altresì che se il rappresentante delle diverse amministrazioni non partecipa alla conferenza o partecipa alla conferenza senza esprimere opposizione, si considera che egli abbia espresso voto favorevole.
Nel caso di specie l’autorizzazione paesaggistica doveva essere rilasciata dal comune di Chioggia.
Il comune di Chioggia ha partecipato alla conferenza di servizi senza esprimere opposizione e senza avere effettuato alcuna valutazione di compatibilità paesaggistica.
Al termine della conferenza di servizi è stata rilasciata l’autorizzazione unica, che include l’autorizzazione paesaggistica tacita.
Il comune di Chioggia non ha impugnato davanti al Tar l’autorizzazione unica di cui sopra.
Dopo l’infruttuoso scadere del termine d’impugnazione dell’autorizzazione unica, il comune di Chioggia ha adottato il provvedimento di demolizione della costruzione. Tale provvedimento è stato motivato con la mancanza della necessaria valutazione paesaggistica. 
La società che ha realizzato l’impianto ha impugnato l’ordine di demolizione.
Nel mese di Giugno dell’anno 2018 il tribunale amministrativo per il Veneto ha accolto il ricorso e tale sentenza è stata confermata dal Consiglio di Stato nel mese di Febbraio 2019.
Il Tar ha motivato che la valutazione paesaggistica doveva ritenersi compiuta favorevolmente per silenzio assenso e che il comune di Chioggia non ha tempestivamente impugnato l’autorizzazione unica.
Tale decisione appare tuttavia insoddisfacente perché implica che l’autorizzazione paesaggistica possa essere rilasciata per silenzio assenso. Sotto tale profilo si deve ricordare che secondo la Corte Costituzionale (n° 26 del 1996 e n° 404 del 1997) l’autorizzazione in materia ambientale non può essere rilasciata per silenzio assenso.
Probabilmente sarebbe stato il caso di sottoporre alla Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale della legge n° 241 del 1990, nella parte in cui consente l’espletamento della valutazione paesaggistica per silenzio assenso.
Considerando poi che nel presente convegno è trattata la valutazione scientifica collegata ai procedimenti in materia ambientale, si deve rilevare che il silenzio assenso comporta l’assenza di qualsiasi valutazione scientifica, in contrasto con l’art. 97 della Costituzione che impone il principio di buon andamento dell’amministrazione ed in contrasto con l’art. 9 della Costituzione che tutela il paesaggio.
3) Il centro commerciale presso il Castello del Catajo.
Una società intende costruire un grosso centro commerciale ai piedi dei colli Euganei. Il progetto prevede 38 mila metri quadrati di superficie con una lunghezza di 300 metri, una larghezza di circa 100 metri ed un’altezza di circa 15 metri. L’area progettuale si trova di fronte al Castello del Catajo non lontano da Padova.
Il progetto non è stato autorizzato. Erano in corso trattative con il comune riguardo le necessarie modifiche della pianificazione urbanistica.
Il castello del Catajo è inserito nel territorio del parco regionale dei colli Euganei
Già dagli anni ’90 vige il piano regionale ambientale del parco che stabilisce tra l’altro che è vietata qualsiasi costruzione che intercetti o precluda la prospettiva visuale del castello.
Al fine di eludere tale prescrizione la società pensava di costruire un colle artificiale tra il centro commerciale ed il castello del Catajo. In questo modo il centro commerciale non avrebbe interferito visivamente con il castello ed il colle artificiale si sarebbe mimetizzato con i colli circostanti.
È stata quindi sentita la necessità di introdurre uno strumento di tutela più incisivo.
La Soprintendenza nel mese di Aprile 2018 ha così imposto un vincolo di inedificabilità assoluta su un’area di circa 3 kilometri quadrati che copre l’area su cui era prevista la realizzazione del centro commerciale.
Il vincolo di inedificabilità assoluta non consente la prova dell’asserita mancanza di intersezione visiva rispetto al castello.
La motivazione del decreto di vincolo fa riferimento ad una documentata perizia scientifica. Tale perizia dimostra che l’area vincolata costituisce una cornice ambientale che ha una relazione visuale e prospettica con il castello e contribuisce a determinarne i caratteri di eccezionalità. Questa caratteristica di eccezionalità si riferisce non solo all’aspetto architettonico del castello (risalente al sedicesimo secolo), ma anche alla relazione del castello col territorio circostante.
Tale relazione riguarda sia le pendici collinari sia la pianura circostante. La pianura è caratterizzata dall’incrocio di canali, giardini, case di campagna, edifici agricoli. La presenza del castello dona significato al paesaggio nel suo complesso.
La società ha impugnato il decreto di vincolo della Soprintendenza.
Con sentenza del 10 Aprile 2019 il Tar Veneto ha respinto il ricorso, osservando tra l’altro che il decreto di vincolo è correttamente motivato sulla base di documentata perizia scientifica.
È pendente appello di fronte al Consiglio di Stato.
4) La creazione di nuovi spazi museali al Palazzo dei Diamanti di Ferrara.
Già nel 1914 era stato imposto il vincolo, tuttora vigente, a protezione del palazzo dei Diamanti di Ferrara, quale esempio significativo dell’architettura del sedicesimo secolo.
Oggetto di protezione è non solo il palazzo in sé, ma anche la visuale prospettica tra il palazzo ed il giardino di pertinenza.
Sul giardino non c’è un divieto assoluto d’inedificabilità, ma qualsiasi intervento deve essere previamente autorizzato dalla Soprintendenza al fine di garantire la compatibilità col vincolo.
Il comune di Ferrara aveva deciso di creare nuovi spazi museali, da costruire nel giardino. Si è cercato di prevedere una costruzione di basso impatto visivo, con ampie vetrate e murature di colore bianco.
Tuttavia la Soprintendenza ha denegato l’approvazione del progetto con la seguente motivazione:
– il progetto non rispetta il vincolo imposto nel 1914 perché danneggia la visuale prospettica tra il palazzo ed il giardino di pertinenza;
– il palazzo non è protetto per la sua capacità di contenere oggetti. L’esigenza di reperire nuovi spazi museali può essere soddisfatta, ricercando spazi ubicati altrove;
– la Soprintendenza ha richiamato la convenzione di Faro, sottoscritta anche dall’Italia nell’anno 2005 nell’ambito del Consiglio d’Europa, sulla protezione del patrimonio culturale ed in particolare l’art. 10 lettera c) della convenzione, secondo cui le modalità di utilizzo del bene culturale ne devono rispettare l’integrità senza comprometterne il valore intrinseco.
Il comune di Ferrara ha impugnato il diniego di approvazione del progetto.
Il Tar per l’Emilia Romagna, in data 9 Maggio 2019, ha respinto l’istanza cautelare. Il Tar, nel contesto di un sommario esame proprio del giudizio cautelare, ha ritenuto congrua la motivazione espressa dalla Soprintendenza.
In questo caso non si è di fronte ad un progetto “mostro”, come sembrerebbero quelli esaminati in precedenza. Tuttavia la motivazione della Soprintendenza è plausibile.
In teoria perizie scientifiche potrebbero sostenere l’una o l’altra tesi. In questo caso il ruolo decisivo è svolto dalla norma che attribuisce alla Soprintendenza la competenza esclusiva ad esprimere lo specifico interesse pubblico alla conservazione dei beni culturali. Pertanto il diniego di compatibilità del progetto è legittimo anche sotto tale profilo.
Inoltre la possibile esistenza di due perizie scientifiche con conclusioni differenti non è idonea a smentire la perizia elaborata dalla pubblica amministrazione se questa è comunque plausibile.
Astrattamente nella successiva fase di merito del giudizio, in cui l’esame giudiziale è più approfondito, le valutazioni del Tar potrebbero cambiare.
Tuttavia l’esame nel merito non avrà luogo.
Infatti nel mese di Giugno 2019 si sono svolte a Ferrara le nuove elezioni comunali. La nuova amministrazione ha deciso di rinunciare al ricorso.
 
Marco Morgantini                                      
Consigliere Tar Bologna
 
Pubblicato il 4 settembre 2019
 

[1] Relazione tenuta in data 29 Agosto 2019 al convegno del gruppo ambientale dell’associazione europea dei giudici amministrativi
 
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