04/09/2020 – Urbanistica. Sequestro preventivo opere abusive ultimate

Urbanistica. Sequestro preventivo opere abusive ultimate
Pubblicato: 03 Settembre 2020
Cass. Sez. III n. 20866 del 15 luglio 2020 (CC 13 feb 2020)

Il sequestro preventivo di opere costruite abusivamente è ammissibile anche nell’ipotesi in cui l’edificazione sia ultimata, fermo restando l’obbligo di motivazione del giudice circa le conseguenze ulteriori sul regolare assetto del territorio rispetto alla consumazione del reato. Tali conseguenze ulteriori sono ravvisabili nel paventato aumento del carico urbanistico e nelle ulteriori conseguenze dovute all’uso ed al godimento dell’opera abusiva al di fuori di ogni controllo prescritto in funzione della tutela degli interessi pubblici coinvolti. L’incidenza sul “carico urbanistico” va valutata avendo riguardo agli indici della consistenza dell’insediamento edilizio, del numero dei nuclei familiari, della dotazione minima degli spazi pubblici per abitare nonché della domanda di strutture e di opere collettive.

RITENUTO IN FATTO

    1. Il sig. Fedele Graziano ricorre per l’annullamento dell’ordinanza del 17/09/2019 del Tribunale di Crotone che ha rigettato la domanda di riesame del decreto del 12/08/2019 del GIP del medesimo tribunale che, ritenuta la sussistenza indiziaria dei reati di cui agli artt. 44, lett. b), 71 e 95, d.P.R. n. 380 del 2001, ha ordinato il sequestro preventivo del fabbricato in cemento armato di sua proprietà sito in Strongoli, contrada Focà.

        1.1. Con unico motivo deduce, ai sensi dell’art. 606, lett. b), cod. proc. pen., la mancanza assoluta di motivazione ovvero la sua natura apparente in ordine al proprio coinvolgimento nei fatti per i quali si procede e alla indicazione delle ragioni della cautela. Quanto al primo profilo, sostiene di aver ereditato il fabbricato (realizzato dal padre nell’anno 2005) nella sua attuale consistenza; quanto al secondo, afferma che il fabbricato non è in costruzione essendo completamente rifinito e abitabile in ogni sua parte, tant’è – conclude sul punto – che in caso di rinvio a giudizio dovrà essere assolto quantomeno per prescrizione dei reati. Tali argomenti sono stati inutilmente devoluti al tribunale del riesame che li ha negletti con motivazione apparente e graficamente inesistente.

CONSIDERATO IN DIRITTO

    2. Il ricorso è fondato.

    3. Il ricorrente risponde, a titolo provvisorio, dei reati di cui agli artt. 44, lett. b), 71 (in relazione agli artt. 64 e 65), e 95 (in relazione agli artt. 93 e 94), d.P.R. n. 380 del 2001, per aver edificato, in zona sismica, un manufatto in cemento armato, esteso 280 metri quadrati ed alto 3 metri, senza permesso di costruire, senza la direzione dei lavori da parte di un tecnico competente, senza aver effettuato la denunzia dei lavori al Genio civile, senza l’autorizzazione della Regione e senza aver effettuato alcuna comunicazione del progetto e della relazione sulla fondazione.

        3.1. Dalla lettura del provvedimento impugnato risulta che l’immobile era stato effettivamente realizzato in assenza dei titoli abilitativi i quali erano stati richiesti dal ricorrente solo a seguito del provvedimento cautelare, «sicché – afferma il Tribunale – è legittimo ritenere che nel caso di specie la libera disponibilità del bene pertinente al reato integri il pericolo concreto ed attuale dell’aggravarsi dell’offesa al bene protetto, ossia l’equilibrio urbanistico del territorio la cui eventuale trasformazione deve essere necessariamente sottoposta al controllo pubblico. Pertanto, il motivo di gravame attinente alla non sussistenza dei presupposti di cui all’art. 321, co. 1 c.p.p. non merita accoglimento». Quanto alla dedotta mancanza di dolo, il Tribunale, richiamato l’orientamento costante della giurisprudenza di legittimità secondo il quale in sede cautelare reale il difetto dell’elemento soggettivo deve essere di immediato rilievo, afferma che «nel caso di specie l’assenza del dato soggettivo non emerge affatto ictu oculi e non permette (…) di escludere la sussistenza del fumus commessi delicti». Quanto, invece, all’epoca di ultimazione dei lavori, l’ordinanza, pur nell’immutato quadro cautelare, ritiene comunque necessario «appurare con precisione l’epoca di commissione dei fatti e, dunque, di inizio e di ultimazione dei lavori».

    4. Tanto premesso, è necessario ribadire che avverso le ordinanze emesse a norma degli artt. 322-bis e 324 cod. proc. pen., il ricorso per Cassazione è ammesso solo per violazione di legge.

        4.1. Come più volte spiegato dalla Corte di cassazione, «in tema di riesame delle misure cautelari reali, nella nozione di “violazione di legge” per cui soltanto può essere proposto ricorso per cassazione a norma dell’art. 325, comma 1, cod. proc. pen., rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, ma non l’illogicità manifesta, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. e) dell’art. 606 stesso codice» (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004; si vedano anche, nello stesso senso, Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, Pellegrino, e Sez. U, n. 5 del 26/02/1991, Bruno, nonchè Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, Angelini; Sez. 1, n. 6821 del 31/01/2012, Chiesi; Sez. 6, n. 20816 del 28/02/2013, Buonocore).

        4.2. Motivazione assente è quella che manca fisicamente (Sez. 5, n. 4942 del 04/08/1998, Seana; Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, Angelini) o che è graficamente indecifrabile (Sez. 3, n. 19636 del 19/01/2012, Buzi); motivazione apparente, invece è solo quella che «non risponda ai requisiti minimi di esistenza, completezza e logicità del discorso argomentativo su cui si è fondata la decisione, mancando di specifici momenti esplicativi anche in relazione alle critiche pertinenti dedotte dalle parti» (Sez. 1, n. 4787 del 10/11/1993, Di Giorgio), come, per esempio, nel caso di utilizzo di timbri o moduli a stampa (Sez. 1, n. 1831 del 22/04/1994, Caldaras; Sez. 4, n. 520 del 18/02/1999, Reitano; Sez. 1, n. 43433 dell’8/11/2005, Costa; Sez. 3, n. 20843, del 28/04/2011, Saitta) o di ricorso a clausole di stile (Sez. 6, n. 7441 del 13/03/1992, Bonati; Sez. 6, n. 25361 del 24/05/2012, Piscopo) e, più in generale, quando la motivazione dissimuli la totale mancanza di un vero e proprio esame critico degli elementi di fatto e di diritto su cui si fonda la decisione, o sia priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidonea a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U., n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov; nello stesso senso anche Sez. 4, n. 43480 del 30/09/2014, Giovannini, Rv. 260314, secondo cui la motivazione dell’ordinanza confermativa del decreto di sequestro probatorio è meramente apparente – quindi censurabile con il ricorso per cassazione per violazione di legge – quando le argomentazioni in ordine al “fumus” del carattere di pertinenza ovvero di corpo del reato dei beni sottoposti a vincolo non risultano ancorate alle peculiarità del caso concreto).

        4.3. Anche l’omesso esame di punti decisivi per l’accertamento del fatto, sui quali è stata fondata l’emissione del provvedimento di sequestro, si traduce in una violazione di legge per mancanza di motivazione, censurabile con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 325, comma primo cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 28241 del 18/02/2015, Baronio, Rv. 264011; Sez. 1, n. 48253 del 12/09/2017, Serra, n.m.; Sez. 3, n. 38026 del 19/04/2017, De Cicco, n.m.; Sez. 3, n. 38025 del 19/04/2017, Monti, n.m.).

        4.4. Il ricorrente deduce il vizio di motivazione apparente circa il proprio coinvolgimento oggettivo e soggettivo (vizio astrattamente deducibile) introducendo, a sostegno, un argomento (mancanza di colpa) che rende irrilevante il vizio stesso e superflua, al momento, alcuna indagine sulla sua effettiva sussistenza.

        4.5. Non è necessario soffermarsi sulla questione relativa alla incidenza dell’elemento soggettivo del reato nei procedimenti cautelari reali (elemento il cui peso specifico è limitato dalla sola evidenza della sua assenza); è dirimente la considerazione che, trattandosi di sequestro preventivo cd. “impeditivo”, adottato cioè ai sensi del primo comma dell’art. 321 cod. proc. pen., non rileva in alcun modo chi sia l’autore del fatto per il quale si procede (la cui sussistenza indiziaria non è nemmeno in discussione) prevalendo su tutte l’oggettiva finalità cautelare perseguita dal provvedimento.

        4.6. Sul punto, il tribunale argomenta nei termini sopra indicati ma rimanda ad una fase successiva l’accertamento relativo all’epoca di consumazione dei reati che il ricorrente aveva affermato essere già estinti per prescrizione.

        4.7. E’ noto l’insegnamento della Corte secondo il quale il reato di costruzione abusiva ha natura permanente che: a) cessa con il totale esaurimento dell’attività illecita e, quindi, soltanto quando siano terminati i lavori di rifinitura (Sez. U, n. 17178 del 27/02/2002, Cavallaro, Rv. 221399; Sez. 3, n. 3183 del 18/01/1984, Rv. 163580, con richiamo a numerosi precedenti conformi, nonché, più recentemente, Sez. 3, n. 46215 del 03/07/2018, Rv. 274201; Sez. 3, n. 48002 del 17/09/2014, Surano, Rv. 261153, secondo cui deve ritenersi “ultimato” solo l’edificio concretamente funzionale che possegga tutti i requisiti di agibilità o abitabilità, di modo che anche il suo utilizzo effettivo, ancorché accompagnato dall’attivazione delle utenze e dalla presenza di persone al suo interno, non è sufficiente per ritenere sussistente l’ultimazione dell’immobile abusivamente realizzato, coincidente generalmente con la conclusione dei lavori di rifinitura interni ed esterni; Sez. 3, n. 8172 del 27/01/2010, Vitali, Rv. 246221): b) ovvero, se precedente, con il provvedimento di sequestro, che sottrae all’imputato la disponibilità di fatto e di diritto dell’immobile (Sez. 3, n. 5654 del 16/03/1994, Rv. 199125).

        4.8. Ciò non equivale ad affermare, in tema di reati edilizi, che una volta ultimata, l’opera abusiva non sia più suscettibile di essere sottoposta a sequestro preventivo ai sensi dell’art. 321, comma 1, cod. proc. pen. Il pericolo che la disponibilità dell’immobile abusivo possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato urbanistico-edilizio non è affatto scongiurato dalla sua ultimazione.

        4.9. La Corte di cassazione si è autorevolmente espressa, sul punto, affermando il principio secondo il quale il sequestro preventivo di cosa pertinente al reato è consentito anche nel caso di ipotesi criminosa già perfezionatasi, purché il pericolo della libera disponibilità della cosa stessa – che va accertato dal giudice con adeguata motivazione – presenti i requisiti della concretezza e dell’attualità e le conseguenze del reato, ulteriori rispetto alla sua consumazione, abbiano connotazione di antigiuridicità, consistano nel volontario aggravarsi o protrarsi dell’offesa al bene protetto che sia in rapporto di stretta connessione con la condotta penalmente illecita e possano essere definitivamente rimosse con l’accertamento irrevocabile del reato (Sez. U, n. 12878 del 29/01/2003, Innocenti, Rv. 223721).

        4.10. Costituisce declinazione “urbanistica” del suddetto principio quello più recentemente riaffermato da Sez. 3, n. 52051 del 20/10/2016, Rv. 268812, secondo cui il sequestro preventivo di opere costruite abusivamente è ammissibile anche nell’ipotesi in cui l’edificazione sia ultimata, fermo restando l’obbligo di motivazione del giudice circa le conseguenze ulteriori sul regolare assetto del territorio rispetto alla consumazione del reato; Sez. 2, n. 17170 del 23/04/2010, Rv. 246854; Sez. 3, n. 4745 del 12/12/2007, Rv. 238783). Tali conseguenze ulteriori sono state ravvisate dalla Corte di cassazione nel paventato aumento del carico urbanistico e nelle ulteriori conseguenze dovute all’uso ed al godimento dell’opera abusiva al di fuori di ogni controllo prescritto in funzione della tutela degli interessi pubblici coinvolti (Sez. 3, n. 9058 del 22/01/2003, Rv. 224173; nello stesso senso, Sez. 3, n. 42717 del 10/09/2015, Rv. 265195; Sez. 3, n. 6599 del 24/11/2011, dep. 2012, Rv. 252016, secondo cui l’incidenza sul “carico urbanistico” va valutata avendo riguardo agli indici della consistenza dell’insediamento edilizio, del numero dei nuclei familiari, della dotazione minima degli spazi pubblici per abitare nonché della domanda di strutture e di opere collettive; Sez. 3, n. 825 del 04/12/2008, Rv. 242156).

        4.11. Il pericolo di aggravamento del carico urbanistico ovvero della ulteriore lesione degli interessi pubblici coinvolti con la realizzazione dell’opera abusiva non deriva dal sol fatto della consumazione del reato, ma va individuato e spiegato caso per caso; trattandosi di esigenza cautelare, la sua attuale e concreta sussistenza non può mai essere ritenuta “in re ipsa”. Se, dunque, in caso di immobile in corso d’opera, è sufficiente giustificare il sequestro preventivo con la necessità di interrompere la permanenza del reato impedendo che venga portato a compimento, in caso di immobile già ultimato è necessario che il giudice spieghi in che modo la sua disponibilità incida negativamente sul carico urbanistico; formule stereotipate non sono consentite.

        4.12. Il Tribunale del riesame, invece, si limita a richiamare i principi affermati da questa Corte in materia di astratta sequestrabilità dell’immobile abusivo già ultimato ma non indica, in concreto, quali siano le esigenze cautelari che attualmente giustificano il sequestro stesso. La citazione dei principi espressi dalla Corte in questa materia non è sufficiente se non si dimostra in che modo si applicano al caso concreto.

        4.13. La questione, tra l’altro, si lega a doppio filo a quella relativa all’epoca di effettiva ultimazione dei lavori e alla dedotta prescrizione del reato; fatti del cui accertamento il tribunale del riesame si deve far carico, non potendo essere rinviata a indagini o fasi processuali successive visto che la prescrizione fa venir meno il fumus del reato per il quale si procede (Sez. 3, n. 24162 del 06/04/2011, Rv. 250641, secondo cui è illegittimo il sequestro preventivo di un bene, anche se finalizzato alla confisca, in caso di intervenuta prescrizione del reato ancor prima dell’esercizio dell’azione penale, rilevando tale aspetto, sotto il profilo della mancanza del “fumus” del reato, anche in sede di riesame).

        4.14. Ne consegue che l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al tribunale di Crotone per nuovo esame.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Crotone per nuovo esame.

Così deciso in Roma, il 13/02/2020.

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