04/04/2017 – Cari nemici di UNSCP

Cari nemici di UNSCP

 

E’ passata più di una settimana dall’articolo di Gomez che poi ha determinato la risposta “istituzionale” del segretario dei segretari, che era, nei fatti, una dichiarazione di guerra contro le altre sigle del sindacalismo della dirigenza pubblica, cui è seguita una – se possibile – più severa presa di posizione di Le Donne a beneficio della platea domestica di FB.  

Nello stesso contesto emotivo è nata la critica di Moscara (con plauso di Ricciardi e degli unionisti in s.p.e. su FB) a Luigi Oliveri, reo di aver ricordato i tragici errori di strategia commessi dal Sindacato “storico della categoria” (come amano definirsi quelli di UNSCP).

A queste prese di posizione dei leader UNSCP (da molti mesi, invece, assenti su questioni molto più rilevanti) è seguito il solito chiacchiericcio da social network, cui confesso di aver “incautamente” preso parte (del resto, ormai, quod non est in facieLibro non est in mundo), con puntualizzazioni, ripicche, polemiche, battute e battutacce, senza alcun costrutto.

Ho provato a provocare un dibattito serio, che spostasse l’attenzione dalla quisquilia sollevata dall’articolo di Gomez alle irrisolte contraddizioni che riguardano questa professione, che restano tali (irrisolte) anche dopo la sentenza della Corte 251/2016.

Dovremmo approfittare di questo “tempo supplementare” insperatamente concessoci dalla buona sorte, per provare a costruire una piattaforma unitaria da presentare al governo della imminente nuova legislatura. Ossia a quello che, molto probabilmente, rimetterà mano alla questione segretari. Un dossier che rimane drammaticamente aperto oramai da almeno mezzo secolo (cioè almeno da quando alcune amministrazioni locali, già alla metà degli anni ’60 del secolo scorso, sollevarono questione di legittimità costituzionale di una figura imposta ad extra. Questione notoriamente “risolta” dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 52/1969, ma riaperta dalla riforma del titolo V della Costituzione, già “anticipatamente scontata” dalla stessa Consulta con la sentenza n. 22/1997, con cui dichiarava ammissibile il referendum per l’abolizione dei segretari comunali).

Ossia non si tratta di una fissazione di Matteo Renzi (come si illudono molti dei nostri) ma di una ferita oggettivamente aperta nell’assetto istituzionale di questo Paese.

La figura apicale, come è stato confermato dalle pochissime e superficiali battute intercorse sul web, resta l’opzione di UNSCP che, però, rappresenta poco più del 10% di questa categoria (14% per essere precisi).

Per loro è un totem; per la maggioranza di noi una maledizione.

Un argomento mi pare dirimente per delegittimare la posizione di UNSCP, unica sigla sindacale che – vale ricordare – nel corso del dibattito sulla riforma MADIA ha assunto una posizione di “apertura” e di “disponibilità” verso la riforma stessa (e già questo ci dovrebbe far riflettere molto).  

Come si può costruire qualcosa di positivo a partire da una ferale “abolizione”? Unscp si è “autorassicurata” con l’argomento che si aboliva la figura ma non le funzioni! Sarebbe come consolarsi, affermando che si può affrontare serenamente la morte perché la legge tutela i nostri lasciti!

Se si dovesse ripartire da dove ci si è fermati (ossia dall’art. 11 della l. 124/2015), cosa molto probabile, le contraddizioni che hanno portato alla morte del segretario non soltanto non sarebbero risolte ma sarebbero amplificate. L’attuazione dell’indirizzo politico, al di là della inconsistenza pratica e della intrinseca pericolosità di una definizione così estesa, consegna definitivamente il segretario all’ambito in cui, secondo la Consulta, si può applicare lo spoil system.

Ma come si può conciliare un regime di spoil system con le gravose funzioni di “garanzia” che nel contempo la stessa riforma Madia conservava in capo al segretario, secondo l’opzione, rigorosamente “made in UNSCP”, secondo cui il segretario (e solo lui) “potest duobus dominis servire”?

A tacere di ogni altra considerazione, in un Paese ed in una società ormai ossessivamente votati alla ricerca di un capro espiatorio per ogni circostanza, perché addossare sul segretario due funzioni così generiche e così “alternative” come: l‘“attuazione dell’indirizzo politico” ed il “controllo della legalità dell’azione amministrativa”?

Non posso astenermi dal riproporre la domanda più scontata: cosa si può estrarre dall’immenso cilindro costituito da una funzione definita come: “attuazione dell’indirizzo politico”? Chi riesce a tracciare in proposito una ragionevole “actio finium regundorum”?

Perché solo per gli enti locali si prevede una simile mostruosità?

Vorrei ricordare ai cari nemici (perché tali sono) di UNSCP che uno sproposito del genere si pone in frontale contrasto con l’art. 97 della Costituzione, il quale – vale sottolinearlo in tempi in cui della Costituzione molti si riempiono la bocca – stabilisce, con sana ragionevolezza, che “Nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari.”.

Capito? Nell’ordinamento degli uffici le “le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari” devono essere “determinate”, ossia: circoscritte, delimitate, precisate e non lasciate all’alea di definizioni assolute ed indefinite. Attuazione dell’indirizzo politico, in enti con finalità generali, significa potenzialmente essere responsabili di tutto.

Come se non bastasse questa irresponsabile arditezza, vi si somma anche il “controllo della legalità dell’azione amministrativa”.

Si è mai visto, nel diritto amministrativo, un organo di controllo che sia anche titolare di funzioni di “attuazione dell’indirizzo politico”?

Perché sottoporre i segretari a queste innaturali e pericolose acrobazie, per di più senza alcuna rete di protezione?

Ricordo che un padre nobile di questa professione, in un suo testo ancora in voga negli anni ’90 del secolo scorso e pubblicato per i tipi di Maggioli, affermava che per fare il segretario comunale ci volevano le risorse di “Superman”. Oggi, se fosse passata la riforma della L. 124/15, neppure le strabilianti capacità dell’eroe dei fumetti sarebbero più sufficienti.

All’epoca, la Marianna nazionale giocava ancora con le bambole ed il n. 4) della lett. b) dell’art. 11 della L. 124/2015, se mai fosse stato concepito, sarebbe stato ritenuto uno sproposito.

Che la tua condanna alla tortura la pronunci un tuo antagonista è circostanza che si sopporta, specie se i rapporti di forza ti vedono battuto. Ma che la firmi (o addirittura la richieda) chi si arroga la pretesa di parlare a tuo nome è insopportabile.

Tenetelo a mente, cari nemici di UNSCP.

Così, per l’ennesima volta, mi tocca ricordare a voi ed ai miei colleghi, i moniti di B. Brecht: “Al momento di marciare molti non sanno che alla loro testa marcia il nemico. La voce che li comanda è la voce del loro nemico. E chi parla del nemico è lui stesso il nemico.”.

 

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