02/03/2022 – Dipendenti Pubblici e Aspettativa per Dottorato di Ricerca: alcuni chiarimenti

Dipendenti Pubblici e Aspettativa per Dottorato di Ricerca: alcuni chiarimenti nella risposta ad un quesito formulato da un nostro lettore, a cura del Dottor Andrea Bufarale.


QUESITO

Avrei bisogno di informazioni su un caso particolare che mi riguarda, vi seguo sempre e non saprei a chi altro chiedere.

Sto per iniziare a svolgere un dottorato di ricerca, il che, essendo dipendente pubblico, mi permetterà di usufruire dell’ aspettativa per dottorato. In questo periodo di tre anni, con ogni probabilità, uscirà un concorso interno alla mia amministrazione che mi interesserebbe.

Ora, le domande sono:

  • Posso partecipare a questo concorso? ( a questa domanda credo di poter rispondere anche io, in quanto non credo ci siano problemi e quindi potrei partecipare.)
  • Dovessi vincere il concorso cosa accadrebbe? Avrei la possibilità di terminare il dottorato e quindi posticipare l’eventuale corso di formazione e immissione nel nuovo ruolo? O dovrei obbligatoriamente rinunciare al dottorato e rientrare dall’ aspettativa? (ricordo che l’aspettativa sarebbe concessa dalla stessa amministrazione)

Dipendenti Pubblici e Aspettativa per Dottorato di Ricerca: alcuni chiarimenti

Risposta a cura di Andrea Bufarale

L’aspettativa per dottorato di ricerca consiste nel diritto spettante al dipendente pubblico di essere collocato in aspettativa dall’amministrazione di appartenenza nel caso in cui risulti ammesso ad un corso di dottorato di ricerca presso una università. Si tratta quindi di un’aspettativa per motivi di studio e può durare per tutta la durata del dottorato di ricerca. Non deve essere confusa con i permessi studio.

Inizialmente la pubblica amministrazione era tenuta a concedere l’aspettativa al proprio dipendente ammesso ad un corso di dottorato.

Oggi, invece, a seguito della c.d riforma Gelmini – L. n. 240/2010, la concessione dell’aspettativa non è più un obbligo per la Pubblica Amministrazione ma può essere concessa previa verifica della compatibilità con le esigenze di servizio dell’amministrazione stessa.

Circa il trattamento economico spettante al dipendente pubblico che fruisce di questa aspettativa, bisogna distinguere due casi:

  • dottorato con borsa
  • o dottorato senza borsa (o con rinuncia alla stessa).

Nel primo caso, cioè quando il corso di dottorato di ricerca prevede una borsa (un compenso/assegno mensile a carico dell’università), il pubblico dipendente viene collocato in aspettativa senza assegni, cioè un’aspettativa senza retribuzione a carico dell’amministrazione pubblica di appartenenza.

Qualora, invece, il pubblico dipendente venga ammesso ad un corso di dottorato senza borsa, o nel caso in cui il lavoratore rinunci preventivamente alla borsa in questione, l’amministrazione pubblica di appartenenza è tenuta a concedere l’aspettativa retribuita, cioè con la retribuzione mensile ordinariamente versata al dipendente.

Il periodo di aspettativa è utile ai fini della progressione di carriera e ai fini pensionistici (pensione e liquidazione).

Tanto ciò premesso, in merito ai quesiti posti cerchiamo di andare con ordine.

Per quanto riguarda la partecipazione al concorso, riteniamo che non vi sia alcuna causa ostativa alla partecipazione (previa verifica dei requisiti previsti dal bando) in quanto comunque durante l’aspettativa si continua ad avere un rapporto di lavoro con l’amministrazione che viene soltanto “congelato” per la durata del dottorato.

Per ciò che invece concerne il secondo aspetto, ovvero la vittoria del concorso pubblico presso l’Amministrazione, questo sicuramente avrà come “conseguenza” una mutazione dello status giuridico ed economico del dipendente posto precedentemente in aspettativa.

Per forza di questo, riteniamo che se il dipendente vincitore di concorso manifesti la propria intenzione di proseguire con il Dottorato di ricerca, quest’ultimo deve necessariamente procedere con una nuova richiesta di aspettativa da inoltrare all’Amministrazione di appartenenza in quanto la stessa potrebbe anche ritenere mutate le proprie esigenze organizzative rispetto alla prima concessione.

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