Secondo l’adunanza plenaria del Consiglio di Stato la violazione grave e definitivamente accertata, con mancato possesso continuativo dei requisiti di regolarità fiscale e contributiva integra causa di esclusione.

Il concorrente che partecipa a una gara deve possedere, continuativamente, i necessari requisiti di ammissione e ha l’onere di dichiarare, sin dalla presentazione dell’offerta, l’eventuale carenza di uno qualunque dei requisiti e di informare tempestivamente la stazione appaltante di qualsivoglia sopravvenienza tale da privarlo degli stessi.

Carenze che possono riguardare anche i requisiti di regolarità fiscale su pagamenti non inerenti direttamente l’Agenzia delle Entrate, ma anche altre amministrazioni: ne discende quindi che eventuali mancati pagamenti determinano automaticamente la decadenza dei requisiti e dell’eventuale aggiudicazione di una gara.

A specificarlo è stato il Consiglio di Stato, con la sentenza dell’Adunanza Plenaria del 24 aprile 2024, n. 7, con cui ha annullato l’aggiudicazione di un appalto di servizi, in quanto l’operatore era privo del requisito di regolarità fiscale, integrando una causa da esclusione ai sensi dell’art. 80 del d.Lgs n. 50/2016 (Codice dei Contratti Pubblici).

Nel dettaglio, l’OE aveva versato il contributo unificato su un precedente giudizio solo al momento della presentazione dell’offerta, ma non le sanzioni dovute per il ritardato pagamento, pari a 18mila euro. Tale irregolarità fiscale, definitivamente accertata, avrebbe, quindi, dovuto comportare l’esclusione.

Secondo il TAR invece l’aggiudicazione continuava a essere legittima, perché l’importo del contributo unificato non sarebbe “stato notificato all’impresa” e che lo stesso sarebbe stato da quest’ultima “conosciuto a gara avviata e puntualmente corrisposto”.

Da qui l’appello, sull’assunto che il giudice di prime cure avrebbe erroneamente disconosciuto la sussistenza della prospettata causa di esclusione dalla gara e ignorato la mancata dichiarazione da parte dell’aggiudicataria.

Sulla questione il Consiglio di Stato ha adottato lordinanza 4 gennaio 2024, n. 161, rimettendo all’Adunanza Plenaria un possibile contrasto giurisprudenziale in quanto:

  • un orientamento richiama la regola generale della necessaria continuità nel possesso dei requisiti di partecipazione per tutta la durata della procedura di gara;
  • un altro afferma che nelle gare pubbliche, le certificazioni relative alla regolarità contributiva e tributaria delle imprese partecipanti, emanate dagli organi preposti, si impongono alle stazioni appaltanti che non possono in alcun modo sindacarne il contenuto, non residuando alle stesse alcun potere valutativo sul contenuto o sui presupposti di tali certificazioni; orientamento a sua volta in contrasto con un ulteriore consolidato principio pronunciiato dall’Adunanza plenaria nella sentenza n. 8/2015, secondo cui, proprio perché la verifica può avvenire in tutti i momenti della procedura allora in qualsiasi momento della stessa deve ritenersi richiesto il costante possesso dei detti requisiti di ammissione, a garanzia della permanenza della serietà e della volontà dell’impresa di presentare un’offerta credibile e dunque della sicurezza per la stazione appaltante dell’instaurazione di un rapporto con un soggetto, che, dalla candidatura in sede di gara fino alla stipula del contratto e poi ancora fino all’adempimento dell’obbligazione contrattuale, sia provvisto di tutti i requisiti di ordine generale e tecnico-economico-professionale necessari per contrattare con la P.A.

    La sentenza dell’Adunanza Plenaria

    Secondo il Collegio, va ribadito l’orientamento per il quale i certificati rilasciati dalle autorità competenti, in ordine alla regolarità fiscale o contributiva del concorrente, hanno natura di dichiarazioni di scienza e si collocano fra gli atti di certificazione o di attestazione facenti prova fino a querela di falso, per cui si impongono alla stazione appaltante, esonerandola da ulteriori accertamenti: tale orientamento riguarda, unicamente, il profilo della prova circa la sussistenza del requisito e degli accertamenti richiesti al fine di verificare la veridicità delle dichiarazioni all’uopo rese dal concorrente in sede di gara, come si desume dall’art. 86, comma 2, del D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, applicabile alla fattispecie ratione temporis .

    Inoltre il concorrente che partecipa a una procedura a evidenza pubblica deve possedere, continuativamente, i necessari requisiti di ammissione e ha l’onere di dichiarare, sin dalla presentazione dell’offerta, l’eventuale carenza di uno qualunque dei requisiti e di informare, tempestivamente, la stazione appaltante di qualsivoglia sopravvenienza tale da privarlo degli stessi.

    Sul punto, l’art. 85, comma 1, del D. Lgs. n. 50 del 2016 dispone che il concorrente, al momento della presentazione della domanda di partecipazione, autodichiari, attraverso il documento di gara unico europeo (DGUE), l’assenza di cause di esclusione di cui al precedente art. 80. Pur se l’art. 85 non prevede espressamente il dovere di comunicare alla stazione appaltante le eventuali cause di esclusione dalla gara verificatesi in un momento successivo alla presentazione dell’offerta, il relativo onere dichiarativo deve ricollegarsi, alla necessità, sancita dall’art. 1, comma 2-bis, della L. 7 agosto 1990, n. 241, che: “I rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione (siano) improntati ai princìpi della collaborazione e della buona fede”. Tale disposizione, infatti, ha posto un principio generale sull’attività amministrativa e si estende indubbiamente anche allo specifico settore dei contratti pubblici.

    Poiché i requisiti di partecipazione devono sussistere per tutta la durata della gara e sino alla stipula del contratto (e poi ancora fino all’adempimento delle obbligazioni contrattuali), discende, de plano, il dovere della stazione appaltante di compiere i relativi accertamenti con riguardo all’intero periodo.

    La regola si desume anche dall’art. 80, comma 6, del D. Lgs. n. 50 del 2016, il quale stabilisce che: “Le stazioni appaltanti escludono un operatore economico in qualunque momento della procedura, qualora risulti che l’operatore economico si trova, a causa di atti compiuti o omessi prima o nel corso della procedura, in una delle situazioni di cui ai commi 1,2, 4 e 5”.

    A tal fine, con specifico riguardo al requisito concernente l’assenza di debiti tributari, la certificazione rilasciata dall’amministrazione fiscale competente ai sensi dell’art. 86, comma 2, lett. b), del D. Lgs. n. 50/2016, deve coprire l’intero lasso temporale rilevante, ovvero quello che va dal momento di presentazione dell’offerta sino alla stipula del contratto.

    Inoltre, indipendentemente dalle verifiche compiute dalla stazione appaltante, il concorrente che impugna l’aggiudicazione può sempre dimostrare, con qualunque mezzo idoneo allo scopo, sia che l’aggiudicatario fosse privo, ab origine, della regolarità fiscale, sia che egli abbia perso quest’ultima in corso di gara.

    Per quanto riguarda la certificazione rilasciata dall’Agenzia delle Entrate, ovvero dagli enti previdenziali e assistenziali (DURC), per la consolidata giurisprudenza compete al giudice amministrativo accertare, in via incidentale nell’ambito del giudizio relativo all’affidamento del contratto pubblico, la idoneità e la completezza della certificazione presa in considerazione, quale atto interno della fase procedimentale di verifica dei requisiti di ammissione dichiarati dal concorrente.

    Cause di  esclusione: irregolarità fiscale e contributiva

    Andando al caso specifico, il contributo unificato va ascritto alla categoria delle entrate tributarie, delle quali condivide tutte le caratteristiche essenziali, “quali la doverosità della prestazione e il collegamento della stessa ad una pubblica spesa, cioè quella per il servizio giudiziario, con riferimento ad un presupposto economicamente rilevante”. Identica natura fiscale va riconosciuta alle sanzioni pecuniarie conseguenti al mancato o al ritardato pagamento del contributo unificato, trattandosi di obbligazioni accessorie che hanno fondamento in un rapporto di tipo tributario.

    Il mancato pagamento delle sanzioni irrogate a seguito del mancato versamento del contributo unificato nei tempi previsti integra quindi la causa di esclusione prevista dall’art. 80, comma 4, del D. Lgs. n. 50 del 2016, laddove la violazione sia grave e definitivamente accertata.

    Di conseguenza l’aggiudicataria risultava priva del requisito della regolarità fiscale, con una violazione tributaria grave e definitivamente accertata.

    Non rileva il fatto che al momento della presentazione dell’offerta nel cassetto fiscale non risultassero pendenze tributarie o che la regolarità fiscale fosse stata accertata dall’Agenzia delle Entrate e dall’ANAC tramite l’AVCPASS, in quanto:

    • il contributo unificato non rientra tra le imposte amministrate dall’Agenzia delle Entrate, per cui i debiti a esso relativi vengono iscritti nel ‘cassetto fiscale’ solo a seguito dell’emissione del ruolo e non incide su certificato rilasciato dal Fisco;
    • altrettanto irrilevante è il documento acquisito tramite il sistema AVCPASS. Tale documento non reca alcuna indicazione in ordine a eventuali debiti derivanti dal mancato o ritardato pagamento del contributo unificato e delle relative sanzioni.

    In ogni caso, nell’ambito del giudizio contro il provvedimento di aggiudicazione di una gara, il giudice ha sempre il potere di accertare la idoneità e la completezza delle certificazioni rilasciate dalle competenti amministrazioni in ordine al possesso dei requisiti di partecipazione.

    L’appello è stato quindi accolto e l’aggiudicazione annullata, con subentro della seconda classificata previo riscontro, da parte della stazione appaltante, del possesso dei requisiti di partecipazione alla gara.

     

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