Il welfare integrativo ed il suo finanziamento

Un articolo di Arturo Bianco 

Sul finanziamento del welfare integrativo registriamo una pluralità di letture contrastanti: Mao Tse Tung avrebbe detto che “grande è la confusione sotto il cielo”, ma da questo non si può trarre la conclusione che lui traeva che “quindi, la situazione è eccellente”: si può solo sottolineare che gli operatori sono posti in una condizione di grande incertezza.

Sono due le sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti (Lombardia per due volte e Piemonte) che affermano che le risorse tratte dal fondo per la contrattazione decentrata e destinate al finanziamento di questo istituto vanno al di fuori del tetto del salario accessorio.

Di contro la Ragioneria Generale dello Stato si è pronunciata in senso negativo. Ed una sezione regionale di controllo della Corte dei Conti (Liguria) ha con due distinti pareri sposato prima la tesi favorevole alla esclusione delle risorse destinate a questa finalità dal tetto del salario accessorio e poi la tesi sul loro assoggettamento a questo tetto.

Non siamo in presenza di un tema di poco conto: è in gioco la possibilità di attivazione concreta di questo istituto, stante che si contano sulle dita gli enti che negli anni precedenti avevano già destinato risorse al finanziamento del welfare integrativo e che le risorse provenienti da piani di razionalizzazione di cui all’articolo 16 del d.l. n. 98/2011 sono ordinariamente di ridotta dimensione, per cui in termini sostanziali, le uniche possibilità di valorizzazione di questo istituto sono legate alla possibilità introdotta dai CCNL 17.12.2020 dei dirigenti e 16.11.2022 per il personale dirigente di spostare risorse dai fondi per la contrattazione decentrata.

E’ del tutto evidente che la valorizzazione di questo istituto come uno dei cardini per dare “attrattività al rapporto di lavoro” nelle pubbliche amministrazioni locali e regionali, come indicato dalla direttiva del comitato di settore per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro del personale delle funzioni locali e regionali del triennio 2022/2024, assume un significato concreto solamente se il finanziamento proveniente dalle risorse del fondo per la contrattazione decentrata va in deroga al tetto del salario accessorio.

Non si deve inoltre dimenticare della significativa apertura contenuta nell’articolo 1, commi 16 e 17, della legge n. 213/2023, cd di bilancio 2024, disposizione che si deve chiarire se applicabile, come sembra dal dettato legislativo, alle PA. Per questa disposizione, nell’anno 2024 sono esclusi dalla formazione del reddito imponibile i fringe benefits erogati dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze di acqua, luce e gas, per l’affitto della casa e/o per gli interessi sui mutui per la prima casa. Per la stessa disposizione, tale esenzione è riconosciuta fino a 2.000 euro per i dipendenti che hanno figli a carico e fino a 1.000 per gli altri ed essa si estende anche alla base imponibile della contribuzione previdenziale. Siamo in presenza di misure che incentivano il ricorso alla erogazione di benefici al personale dipendente.

LA INCLUSIONE NEL TETTO DEL SALARIO ACCESSORIO

Per la inclusione nel tetto del salario accessorio si sono pronunciate la deliberazione della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti della Liguria n. 27/2024, che modifica alcuni aspetti un precedente parere dello stesso consesso, ed il parere della Ragioneria Generale dello Stato n. 228052/2023.

Nella indicazione dei giudici contabili genovesi leggiamo espressamente che le risorse del Fondo per la contrattazione decentrata destinate al finanziamento del welfare integrativo vanno assoggettate al tetto del salario accessorio, con particolare e specifico riferimento alla utilizzazione a tal fine delle risorse di cui all’articolo 79, comma 2, lettera c), del CCNL 16.11.2002, cioè quelle collegate a “scelte organizzative, gestionali e di politica retributiva degli enti”.

Si perviene a questa lettura sulla base della seguente lettura: “con la certificazione dell’Organo di revisione economico-finanziaria, l’assoggettamento delle risorse del Fondo al limite in questione è da ritenersi definitivamente assolto, non potendo esser più ripetuto all’esito della contrattazione decentrata”; la successiva destinazione al finanziamento del welfare integrativo non può modificare tale assunto. Di conseguenza, “le misure di welfare integrativo possono essere finanziate a) utilizzando le risorse già destinate, negli esercizi precedenti, alle medesime finalità, nel rispetto del limite di spesa storica posto dall’articolo 82, comma 2, primo periodo, prima parte, del vigente CCNL Funzioni locali (che prevede che Gli oneri per la concessione dei benefici di cui al presente articolo sono sostenuti mediante utilizzo delle disponibilità già previste, per le medesime finalità, da precedenti norme”), limite finanziario autonomo e distinto rispetto a quello previsto dall’articolo 23, comma 2, del d.lgs. n. 75/2016; b) utilizzando, eventualmente, quota parte delle risorse che possono alimentare il fondo per la contrattazione integrativa ex articolo 79, del medesimo CCNL, come previsto dall’articolo 82, comma 2, primo periodo, seconda parte del CCNL (mediante utilizzo di quota parte del Fondo di cui all’articolo 79, nel limite definito in sede di contrattazione integrativa”), con conseguente incidenza e necessità di osservanza del limite di finanza pubblica posto dall’articolo 23, comma 2, del d.lgs. n. 75/2016; c) con le eventuali economie derivanti dai piani di razionalizzazione e riqualificazione della spesa, di cui all’articolo 16, commi 4 e 5, del d.l. n. 98/2011, come previsto dall’articolo 82, comma 2, secondo periodo, del CCNL”. Cioè si possono destinare pochissime risorse a questo istituto.

Sono analoghe le considerazioni della Ragioneria Generale dello Stato:  “le risorse destinate alla componente variabile del fondo per la contrattazione integrativa individuate dall’articolo 79, comma 2, lettera c) del CCNL 16 novembre 2022, indipendentemente da qualsiasi vincolo di destinazione stabilito in sede negoziale, sono da intendersi nel perimetro di verifica del limite 2016 della retribuzione accessorio”. In modo esplicito è indicata la ragione sostanziale di tale indicazione: “si consentirebbe ad ogni amministrazione di appostare a questo scopo risorse finanziarie avendo come perimetro unicamente la propria capacità di bilancio, con ciò determinando un imprevedibile incremento della dinamica della spesa di personale, con conseguenti nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica”.

LA ESCLUSIONE DAL TETTO DEL SALARIO ACCESSORIO

Riassumiamo di seguito le argomentazioni utilizzate per sostenere la esclusione dal tetto del salario accessorio del 2016 delle risorse provenienti dal fondo per la contrattazione decentrata.

Per la deliberazione della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti della Lombardia n. 91/2024, invece, “qualora il Fondo risorse decentrate venga destinato al welfare integrativo, come innovativamente previsto dall’articolo 82 del CCNL 16.11.2022, detto Fondo, in parte qua, non è assoggettato al limite fissato dall’art. 23, comma 2, d.lgs. n. 75/2017. Quest’ultimo, infatti, si riferisce al trattamento economico accessorio del personale ossia ad elementi a carattere retributivo, mentre i benefici di natura assistenziale e sociale del welfare integrativo hanno natura non retributiva”.

Per la deliberazione della Corte dei Conti del Piemonte n. 14/2024, costituisce un dato consolidato, “la necessità del rispetto assoluto ed incondizionato di tutta la vigente normativa, intesa al contenimento delle spese per il personale. Resta fermo, infatti, che le risorse destinate alla previdenza integrativa rientrano negli aggregati finanziari che compongono la spesa di personale, al pari delle altre voci di natura contributiva o previdenziale che la legge pone a carico del datore di lavoro pubblico ai fini del rispetto del principio di riduzione tendenziale della spesa di personale”. Non rientrano invece nel tetto del salario accessorio del 2016 quelle erogazioni che sono prive di finalità retributiva e che assolvono ad una funzione contributivo-previdenziale o assistenziale. 

Per la deliberazione della sezione di controllo della Corte dei Conti della Lombardia n. 39/2024 ”le misure finalizzate al welfare integrativo previste dal citato art. 82 del nuovo CCNL hanno natura non retributiva, ma meramente contributiva previdenziale; sicché la relativa spesa non è assoggettata al limite del trattamento economico accessorio fissato dall’art. 23, comma 2, d.lgs 75/2017”.

Per la sezione regionale di controllo della Corte dei Conti della Liguria, parere n. 61/2023, “le spese del personale finalizzate al welfare integrativo non sono assoggettate al limite del trattamento economico accessorio di cui all’art 23, comma 2, D.lgs. 75/2017, stante la loro natura assistenziale e previdenziale”. Ed ancora, “le misure di welfare integrativo non sono assoggettate al limite di cui all’articolo 23, comma 2, del d.lgs. n. 75/2017, bensì alla disciplina e ai limiti specifici, anche finanziari, previsti dal medesimo art. 82 CCNL”.


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