I poteri regolatori delle autorità amministrative indipendenti.

Autore: Enrico Vetrone – 

ABSTRACT

L’analisi del quadro normativo appalesa l’esistenza di plurime disposizioni attributive di poteri regolatori alle autorità amministrative indipendenti. Con il presente contributo ci si propone di individuare l’eziologia  della scelta legislativa e di valutarne la compatibilità con il quadro costituzionale. L’indagine verrà preceduta da una breve disamina del contesto storico in cui il fenomeno delle authorities ha visto il suo sviluppo e dall’individuazione del fondamento costituzionale dell’istituto.

Sommario: 1. Premessa – 2. Natura giuridica e fondamento costituzionale delle authorities – 3. Autorità amministrative indipendenti e poteri regolatori – 4. Conclusioni 

 

  1. 1PREMESSA

 

Le autorità amministrative indipendenti[1] (d’ora in avanti AAI) sono poteri pubblici dai tratti peculiari. Tali strutture sono un derivato della legislazione d’oltreoceano, in specie nordamericana, ove fecero la propria comparsa nella seconda metà dell’Ottocento per dar corpo ad una regolazione pubblica dell’economia[2]

Il trapianto in Europa delle AAI è recente. L’ordinamento francese, tra quelli di civil law, è quello che per primo ha visto la proliferazione di queste strutture.

In Italia, la prima Authority venne istituita con la l. 216/1974 (istitutiva della CONSOB), tuttavia solo qualche anno dopo, in concomitanza con i processi di privatizzazione delle imprese pubbliche nazionali e di liberalizzazione dei servizi pubblici, tali entità cominciarono a diffondersi.

L’erompere del fenomeno coincise, dunque, con la dismissione dell’Iri e dei grandi enti pubblici sorti a cavallo della seconda metà del ‘900 e fu segnale chiaro del passaggio dal modello dello Stato-imprenditore, attore del processo economico, a quello dello Stato-regolatore, mero arbitro dei mercati[3].

La regolazione neutrale di importanti settori dell’economia (concorrenza, energia, comunicazioni, assicurazioni, etc) venne, dunque, affidata ad una serie di autorità indipendenti, svincolate dal controllo ministeriale e connotate dall’elevato tecnicismo. Il legislatore – collocando le Authorities a garanti dei settori sensibili della vita economica e sociale del paese – volle estromettere dalla loro gestione i consueti apparati amministrativi, manifestando una certa diffidenza rispetto alla capacità di detti enti di tutelare adeguatamente gli interessi costituzionalmente rilevanti connessi.

La diffidenza verso gli apparati amministrativi e il superamento dell’approccio interventista all’economia non furono, tuttavia, gli unici responsabili della rapidissima espansione del fenomeno delle AAI.

Anche l’opportunità di affidare alla normativa secondaria la regolamentazione di settori caratterizzati da continui e rapidi cambiamenti e l’esigenza di attuare le normative europee di settore hanno, difatti, contribuito.

Passando alle caratteristiche delle AAI, occorre sin d’ora sottolineare come esse presentino tratti del tutto peculiari e come rappresentino, per certi versi, un unicum nel nostro ordinamento. Secondo un’impostazione classificatoria, l’ordinamento conoscerebbe due differenti tipologie di autorità amministrative indipendenti[4]. Da un lato si porrebbero le c.d. autorità di settore, preposte, per l’appunto, a uno specifico settore (ad es. Banca D’Italia, Consob, Ivass, Arera, Agcom, etc.), dall’altro le c.d. autorità trasversali, così definite in ragione della particolare ampiezza del relativo spettro d’intervento e della funzione di tutela di interessi pubblici di matrice generale loro affidata[5].

Va evidenziato, inoltre, come ad oggi ancora manchi uno statuto generale valevole per tutte e ciascuna di esse. Non a caso, in dottrina, si è detto che le authorities rappresentino un fenomeno, più che un istituto e che si tratti di entità create dal legislatore sulla scia di esigenze contingenti, in assenza di un chiaro disegno complessivo[6]. Fenomeno, peraltro, la cui eterogeneità ne rende complessa la definizione. Indicazioni possono, tuttavia, essere tratte dal disegno di legge, approvato dal CDM il 2 febbraio 2007, recante “Disposizioni  in materia di regolazione e vigilanza sui mercati e di funzionamento delle Autorità indipendenti preposte ai medesimi” in cui l’autorità amministrativa indipendente veniva definita come “istituzione che opera in posizione di piena autonomia, indipendenza di giudizio e terzietà, costituita e disciplinata con leggi o atti aventi forza di legge. Le istituzioni sono caratterizzate da una elevata discrezionalità tecnica e professionale ed assicurano la tutela dei diritti e degli interessi primari in attuazione della Costituzione dei trattati istitutivi della CEE mediante attività anche contenziosa nonché attraverso determinazioni anche di regolazione, di vigilanza, controllo e sanzionatorie in materie caratterizzate da una particolare complessità economica e giuridica e sono dotate di autonomia organizzativa, funzionale e contabile”.

Dalla definizione sopra riportata emerge con chiarezza l’estraneità delle autorità amministrative indipendenti alla tradizionale ripartizione dei poteri dello Stato. Esse, almeno di norma, sono contestualmente titolari di poteri di normazione secondaria, contenziosi e di amministrazione attiva. Nel settore cui sono preposte le AAI risultano, dunque, legislatore, esecutivo e giudice.

Dette autorità presentano, altresì, i caratteri dell’autonomia e della neutralità. Le AAI non soggiacciono, infatti, al controllo governativo e sono strutturate in modo tale da evitare che la loro attività possa subire influenze esterne di qualsiasi genere. L’autonomia[7] rende le Authorities immuni all’indirizzo-politico del Governo, allontanandole dal circuito di responsabilità tratteggiato dall’art. 95 Cost.

Quanto alla neutralità, è essenziale chiarire come essa presupponga la totale equidistanza dell’Autorità dagli interessi coinvolti nel settore in cui essa opera[8], così divergendo dall’imparzialità, menzionata dall’art. 97 Cost., che – pur implicando la valutazione e ponderazione del complesso degli interessi in gioco – non scalfisce la preminenza dell’interesse pubblico primario affidato alla cura della p.a. procedente.

Ci si trova, dunque, innanzi ad un modello alternativo alle strutture amministrative classiche, nato proprio per sopperirne le mancanze.

 

  1. NATURA GIURIDICA E FONDAMENTO COSTITUZIONALE DELLE AUTHORITIES

 

Si è già detto che le AAI assommano in sé i tre tradizionali poteri dello Stato, essendo titolari di funzioni regolatorie, contenziose, sanzionatorie e di amministrazione in senso stretto. Le autorità amministrative indipendenti esercitano dette funzioni liberamente, non essendo prevista a loro carico alcuna forma di controllo diversa da quella giurisdizionale.

Chiaramente le authorities non sono legibus solutae, esse dovendo esercitare i poteri di cui sono titolari nel rispetto dei limiti e secondo le modalità poste dalle leggi istitutive.

Le AAI, a differenza delle tradizionali strutture amministrative, non sono braccio operativo del Governo per l’attuazione dell’indirizzo-politico, e si distaccano dal modello classico di pubblica amministrazione congegnato dalla nostra Carta costituzionale[9]

Tale differenza non vale tuttavia a negarne la natura amministrativa[10], costantemente affermata dalla giurisprudenza amministrativa[11] e di recente ribadita dalla Consulta nella sentenza n. 13/2019[12].

Detta qualificazione non è, però, pacifica in dottrina, posto che all’orientamento, certamente prevalente, testé menzionato se ne affiancano altri di segno contrario.

Un filone dottrinale riconosce alle AAI natura giurisdizionale. Detta tesi argomenta principalmente dalla caratteristica indipendenza e autonomia decisionale delle authorities, che, al pari della magistratura, sarebbero chiamate all’applicazione della legge a tutela di interessi pubblici[13].

Altro indirizzo ritiene si tratti di istituto sui generis, a metà strada tra amministrazione e giudice: una nuova forma di potere distinta dai modelli tradizionali e posta a livello paritario rispetto agli attori responsabili della determinazione dell’indirizzo politico[14].

Le suggestive tesi appena proposte appaiono, tuttavia, smentite dal dato normativo. In particolare, la legge. n. 205 del 2000, concernente «disposizioni in materia di giustizia amministrativa», ha riconosciuto natura amministrativa a tali organismi, includendo i provvedimenti delle Autorità amministrative indipendenti tra i settori coinvolti nell’accelerazione del processo amministrativo e sottoponendoli alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo[15].

Si è detto che le AAI presentano caratteri tali da renderle distanti dal modello “tipico” di struttura amministrativa.

Nel predetto modello, riflesso nell’art. 95 Cost., l’ente pubblico soggiace al controllo ministeriale, che funge da ponte di collegamento tra apparato burocratico e corpo elettorale.  L’intermediazione governativa garantisce il rispetto del disposto dell’art. 1 Cost., fondando la legittimazione democratica delle strutture amministrative[16].

L’indipendenza delle authorities ne rende evidentemente impossibile la riconduzione al modello prospettato dall’art. 95 Cost. e fa sorgere dubbi sulla relativa legittimità costituzionale, dubbi peraltro acuiti dall’assenza di qualsivoglia menzione dell’istituto nella Carta fondamentale[17].

Sul punto occorre, tuttavia, rammentare come il modello di cui all’art. 95 Cost. non sia l’unico previsto dalla Costituzione.

La dottrina amministrativa[18] da tempo evidenzia l’esistenza di due differenti modelli di amministrazione.

Il primo, che trova fonte nell’art. 95 Cost., è, come detto, quello ministeriale. Figlio della concezione cavouriana di pubblica amministrazione, esso guarda agli apparati pubblici come strutture serventi, come strumento utile all’attuazione dell’indirizzo-politico impresso dal Governo.

Il secondo, che trova fonte negli artt. 97 e 98 Cost., è ispirato al principio della separazione tra politica e amministrazione e guarda all’amministrazione come apparato a sé stante, svincolato dallo stringente controllo ministeriale e sottoposto alla sola legge[19].

L’amministrazione può, dunque, essere anche indipendente e l’art. 97 Cost. ben può costituire la base costituzionale delle Autorità amministrative indipendenti[20]. A sostegno di questa ricostruzione, si è evidenziato come dette autorità, non essendo chiamate alla ponderazione tra contrapposti interessi, non amministrino nel senso tradizionale, la loro attività consistendo nel controllare, regolare e sanzionare[21].

Invero, il fondamento costituzionale delle AAI è stato rintracciato anche in altre disposizioni della Carta fondamentale. In particolare, si è sostenuto che le authorities troverebbero legittimazione nella funzione di tutela neutrale dei diritti riconosciuti dalla Carta fondamentale loro affidata. Secondo questa impostazione, le AAI sarebbero “istituzioni della libertà”, chiamate a sottrarre taluni diritti costituzionali alla discrezionalità amministrativa[22].  Ulteriore filone ritiene che le autorità amministrative indipendenti ricevano una legittimazione democratica “dal basso”, l’esercizio delle loro funzioni trovando giustificazione nella partecipazione procedimentale degli interessati, che fungerebbe, un po’ come è per il controllo governativo nel modello burocratico-ministeriale di cui al citato art. 95 Cost., da anello di congiunzione tra esse e amministrati[23].

Infine, almeno per ciò che concerne le autorità di regolazione, il fondamento costituzionale può essere rinvenuto nell’art. 117, comma 1, Cost., che impone al legislatore di esercitare la propria potestà normativa nel rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario. L’istituzione di molte delle authorities è, difatti, conseguenza dei processi di liberalizzazione e di apertura del mercato riconducibili al diritto comunitario, che, in uno con le predette liberalizzazioni, ha imposto agli Stati membri di introdurre autorità di regolazione cui demandare la vigilanza dei settori in origine  controllati dal monopolista pubblico[24].

 

  1. AUTORITÀ AMMINISTRATIVE INDIPENDENTI E POTERI REGOLATORI

 

L’atto regolatorio, perché possa farsi rientrare nel novero delle fonti secondarie, deve, contestualmente, presentare tre caratteristiche: generalità, astrattezza, innovatività. La generalità indica l’indeterminabilità, a priori e a posteriori, dei destinatari dell’atto nel corso della sua vigenza. L’astrattezza indica l’indefinita ripetibilità ed applicabilità ai casi concreti delle disposizioni previste dall’atto. L’innovatività, in ultimo, indica la capacità dell’atto regolatorio di modificare in via definitiva l’ordinamento giuridico. Di norma, la fonte secondaria prende il nome di regolamento, tuttavia, in ragione di quanto detto, laddove l’atto che presenti detto nomen non possegga le caratteristiche di cui prima, ne andrà esclusa la natura secondaria, e dovrà piuttosto parlarsi di atto amministrativo.

La valutazione delle caratteristiche intrinseche dell’atto è dunque centrale al fine del riconoscimento del relativo valore secondario[25].

Il regolamento rappresenta sicuramente la tipica fonte secondaria, ma non l’unica. L’irrilevanza del nomen dell’atto regolatorio, in uno con l’atipicità delle fonti secondarie[26], consente di attribuire la qualificazione di fonte secondaria ad atti eterogeni, sempre che ne presentino le caratteristiche intrinseche e che la relativa adozione avvenga nel rispetto del principio di legalità.  La legge è, infatti, fondamento del potere di normazione secondaria, la fonte primaria dovendo delimitarne l’oggetto, stabilirne le modalità di esercizio e soprattutto indicarne l’autorità titolare.

Il potere regolamentare viene sovente esercitato dall’autorità governativa. Essa, salvo che la legge non preveda diversamente, deve esercitarlo seguendo le coordinate di cui all’art. 17 della l. 400/88, che disciplina organicamente il processo di formazione dei regolamenti governativi. Il legislatore può tuttavia affidare la potestà regolamentare a soggetti anche diversi dal Governo.

Molte delle autorità indipendenti, pur non potendo collocandosi nel novero delle autorità governative, sono provviste di poteri di regolazione sia interna che esterna[27]. Esercitando i primi le authories disciplinano la propria organizzazione, le proprie funzioni, il personale e la contabilità.  Detti atti trovano fonte nel relativo potere di autoorganizzazione.

Mediante l’esercizio dei poteri del secondo tipo le authorities regolano concretamente il settore di afferenza, introducendo una cornice di regole che gli operatori del comparto saranno tenuti a rispettare.

Invero, le authorities hanno facoltà di adottare non solamente atti normativi, bensì anche atti amministrativi di carattere generale, sicché carattere centrale, per individuare la disciplina cui assoggettarli, assume l’enucleazione della natura giuridica dell’atto, da effettuarsi mediante l’analisi delle relative caratteristiche intrinseche[28].

Quanto all’eziologia dell’attribuzione di poteri regolatori alle AAI, due le principali esigenze: riservare ad organismi tecnici la normazione di settori caratterizzati dall’elevato tecnicismo; facilitare l’evoluzione e la modificazione della disciplina di settore, demandando a fonti di rango secondario, meno rigide delle primarie, la definizione della cornice normativa di riferimento.

In dottrina non sono mancate voci contrarie all’attribuzione di poteri regolatori alle AAI. V’è chi ha sollevato dubbi in ordine alla stessa conformità a Costituzione della scelta del legislatore, ritenendo inopportuna l’attribuzione di poteri siffatti a soggetti privi di qualsivoglia legittimazione democratica e avulsi dal circuito rappresentativo[29].

Gli esposti dubbi non sono mai stati condivisi dalla giurisprudenza amministrativa, che ha costantemente escluso l’esistenza di limiti di matrice costituzionale al riconoscimento di poteri di regulation alle authorities. Esemplificativo dell’indirizzo seguito dalla giurisprudenza amministrativa è il parere n. 11603/2005, reso dalla Sezione atti normativi del Consiglio di Stato, in cui il supremo consesso amministrativo ha evidenziato come, fintanto che venga rispettato il principio di legalità, nulla osti all’attribuzione di poteri di regolazione a soggetti non dotati di rappresentatività[30].

Le norme che riconoscono alle AAI poteri regolatori non presentano contenuto omogeneo. Normalmente esse si limitano a prevederne la generica attribuzione, senza spingersi alla puntuale determinazione delle relative modalità d’esercizio, degli scopi e dell’oggetto[31]. La legge si limita, dunque, sovente al mero riconoscimento formale del potere, senza preoccuparsi dei profili sostanziali ad esso connessi, rendendone  particolarmente ardua l’individuazione dei confini.  L’art. 5 del codice delle assicurazioni private, ad esempio, si limita a prevedere che “l’IVASS adotta ogni regolamento necessario per la sana e prudente gestione delle imprese o per la trasparenza e la correttezza dei comportamenti dei soggetti vigilati ed allo stesso fine rende nota ogni utile raccomandazione o interpretazione”. La legge 481/1995, istitutiva delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità competenti per l’energia elettrica, il gas ed il sistema idrico e per le telecomunicazioni, all’art. 2, comma 5, prevede che “Le Autorità operano in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione; esse sono preposte alla regolazione e al controllo del settore di propria competenza”.

Norme come quelle menzionate, caratterizzate da eccezionale lacunosità e indeterminatezza (caratteristiche, queste, per vero, comuni a quasi tutte le norme che si occupano di attribuire poteri di regulation alle AAI) non soddisfano il principio di legalità sostanziale. Perché detto principio sia rispettato occorre, infatti, che la norma attributiva del potere, oltre ad individuare l’autorità titolare, ne definisca modalità d’esercizio, scopi, limiti e oggetto.

Di qui l’esigenza di un fattore capace di colmare l’evidente deficit di legalità sostanziale che connota la materia. Detto fattore è rappresentato dalla partecipazione degli stakeholders al processo formativo dell’atto regolatorio. La caduta del valore della legalità sostanziale viene, quindi, controbilanciata dalla legalità procedurale.  Comune a tutte le autorità di regolazione è infatti l’obbligo di far precedere all’adozione dell’atto regolamentare un procedimento partecipato, teso alla raccolta delle opinioni dei soggetti interessati alla regolazione. Il contraddittorio, che in dottrina si è definito “orizzontale”[32], assume rilievo determinante in materia. Il contraddittorio, peraltro, collega le authorities ai consociati, fondandone la legittimazione democratica, a dispetto della carenza del controllo governativo.

In subiecta materia l’ordinamento ha creato una correlazione biunivoca tra legalità sostanziale e procedimentale, la mancanza della prima dovendo essere controbilanciata dalla valorizzazione della seconda, che funge in questo modo da correttivo[33].

La consultazione ha la precipua funzione di indirizzare il potere regolamentare, l’atto regolatorio rimane tuttavia un atto autoritativo e unilaterale. Il consenso dei soggetti regolati all’adozione del regolamento è quindi irrilevante, potendo costoro esclusivamente esporre le proprie idee ed opinioni, sì da consentire all’autorità di valutare ogni elemento rilevante.

Parimenti importante, soprattutto  nell’ottica dell’eventuale controllo giurisdizionale dell’atto normativo adottato dall’AAI, risulta la motivazione, che deve accompagnare la decisione dell’autorità, collegandola alle risultanze procedimentali.

È interessante rilevare come il procedimento di adozione degli atti regolatori da parte delle authorities deroghi alla disciplina di cui all’art. 13 della l. 241/90, che esclude la necessità di garantire la partecipazione procedimentale e l’obbligo di motivazione allorquando l’atto da emanarsi abbia carattere normativo[34].

La centralità della partecipazione degli interessati in seno al procedimento di formazione degli atti regolatori delle authorities emerge inequivoca dalla lettera dell’art. 23 della l. 262/2005. Detto articolo impone alla Banca d’Italia, all’ISVAP (oggi IVASS), alla CONSOB e al COVIP di motivare i provvedimenti aventi natura regolamentare o di contenuto generale con riferimento alle scelte di regolazione e di vigilanza del settore ovvero della materia su cui vertono e di affiancarvi una relazione di accompagnamento che ne illustri le conseguenze sulla regolamentazione, sull’attività delle imprese e sugli interessi degli investitori e dei risparmiatori.

L’articolo in commento prescrive, inoltre, la consultazione degli organismi rappresentativi dei soggetti vigilati, dei prestatori di servizi finanziari e dei consumatori, e ciò al fine di adeguare la regolazione al principio di proporzionalità.

Proporzionalità che diviene, dunque, guida dell’attività normativa delle authorities, che deve sempre tendere all’imposizione del “minor sacrificio possibile” degli interessi dei destinatari[35].

 

  1. CONCLUSIONI

 

Le autorità amministrative indipendenti nascono in concomitanza con i processi di privatizzazione delle imprese pubbliche nazionali e di liberalizzazione dei servizi pubblici nel tentativo di rispondere alle esigenze di regolazione, vigilanza e controllo di settori caratterizzati da complessità e tecnicismo.

Il modello delle authorities diverge sostanzialmente dalle strutture amministrative tradizionali e ne costituisce a tutti gli effetti un’alternativa, per certi versi un’evoluzione atta a sopperire alle inefficienze della burocrazia tradizionale.

L’aspetto più caratteristico delle autorità indipendenti sta indubbiamente nella loro potestà regolamentare. Nei settori demandati alle AAI, la legge “arretra dal mercato e affida in primo luogo alle autorità una competenza regolatoria, la quale ha per scopo la stabilità, la protezione di alcuni diritti e il “livellamento dei campi di gioco” in settori nei quali si registrava, fino a pochi anni orsono, il dominio di monopolisti ed ex monopolisti”.

Benché l’attribuzione di poteri regolatori ad entità amministrative diverse dalle autorità di Governo non rappresenti una novità per l’ordinamento, nel caso delle autorità amministrative indipendenti tale soluzione, come si è visto, ha posto problemi di compatibilità con il dettato costituzionale, legati principalmente al deficit di legittimazione democratica delle stesse e all’eccessiva genericità delle norme responsabili dell’attribuzione del potere regolatorio.

Di qui nasce l’esigenza di un correttivo capace di colmare le due lacune. Correttivo che, si è evidenziato nei precedenti paragrafi, sta nella partecipazione procedimentale degli interessati, direttamente coinvolti nel processo di costruzione della disciplina del settore di appartenenza.

L’analisi del fenomeno delle authorities evidenzia l’esistenza di un nuovo modello di regolazione, un modello più democratico, in cui la regola non viene calata dall’alto, ma modellata sulla base delle esigenze degli interessati.

 

 

 

 

 

 

[1] La letteratura sul tema è vastissima, senza alcuna pretesa di esaustività si segnalano: G. AMATO, Autorità semi-indipendenti ed autorità di garanzia, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 1997, pp. 645 ss.; P. BONINI – A. CELOTTO, Profili costituzionali delle autorità amministrative indipendenti, in Rivista della Corte dei Conti, 1/2022, p. 23 ss.; D. BORSELLINO, Autorità amministrative indipendenti e tutela giurisdizionale: dal difensore civico alla tutela del risparmio, Cedam, Padova, 2010; G. P. CIRILLO, R. CHIEPPA, Le autorità amministrative indipendenti, Cedam, Padova, 2010; M. CLARICH, Autorità indipendenti: bilancio e prospettive di un modello, Bologna, Il Mulino, 2005; C. CONTESSA, Forme e metodi del sindacato giurisdizionale sugli atti delle Autorità indipendenti, in www.giustiziamministrativa.it, 2018; M. DI FOLCO, Il fondamento delle autorità amministrative indipendenti in Italia tra Costituzione e diritto Europeo, in Studi Polacco-Italiani di Torún, 2013, pp. 279 ss; F. MARONE – A. PERTICI, Quando una disciplina attuativa si sottrae al circuito democratico. Il caso delle linee guida ANAC per l’attuazione dei contratti pubblici e la loro difficoltà di classificazione, in Etica & Politica / Ethics & Politics, XXII, 2020, 3, pp. 359-379; G. MICHELE, Autorità amministrative indipendenti. Caratteri, tipologie, procedimenti in attribuzione e tutele giurisdizionali, in Rassegna Avvocatura dello Stato, 4/2022, pp. 253 ss.; A. PREDIERI, L’erompere delle autorità amministrative indipendenti, Firenze, Passigli, 1997; F. TAKANEN, Le autorità amministrative indipendenti, Cedam, Padova, 2022; R. TITOMANLIO, Riflessioni sul potere normativo delle Autorità amministrative indipendenti fra legalità “sostanziale”, legalità “procedurale” e funzioni di regolazione, in NOMOS, 1-2017, pp. 1 ss.;

[2] G. P. CIRILLO, R. CHIEPPA, Le autorità amministrative indipendenti,  op. cit., p. 1 e ss.

[3] G. MELIS, Storia dell’amministrazione italiana, il Mulino, Bologna, 2020, p. 519.

[4] Cfr. R. GAROFOLI – G. FERRARI, Manuale di diritto amministrativo, NelDirittoEditore, Molfetta, XVII, 2023, pp. 298 e ss.

[5] Si fa rientrare in tale categoria l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, le cui competenze, lungi dall’afferire ad un singolo settore, tagliano trasversalmente l’intero ambito economico.

[6] G. AMATO, Autorità semi-indipendenti ed autorità di garanzia, op. cit., pp. 645 ss.

[7] L’indipendenza delle authorities dal governo e dagli operatori del settore di riferimento viene garantita mediante molteplici espedienti. In primo luogo, la legge attuativa normalmente affida la nomina dei componenti a soggetti esterni all’esecutivo e individua la durata del loro mandato in modo tale che non coincida con la durata della legislatura. L’indipendenza è, altresì, garantita attraverso la previsione di limitati casi di revocabilità e rinnovabilità degli incarichi, nonchè mediante il riconoscimento dell’autonomia finanziaria e contabile delle authorities. Per approfondimenti si rinvia a R. GAROFOLI – G. FERRARI, Manuale di diritto amministrativo, op. cit., pp. 308 e ss.

[8] C. CONTESSA, Forme e metodi del sindacato giurisdizionale sugli atti delle Autorità indipendenti, op. cit., p. 5.

[9] G. P. CIRILLO, R. CHIEPPA, Le autorità amministrative indipendenti, op. cit. p. 53.

[10] Ex multis: Cons. Stato, sez. VI, sent. n. 652/2001; Cons. Stato, sez. VI, sent. n. 2199/2002; Cons. Stato, sez. VI, sent. n. 2548/2008.

[11] L’orientamento è condiviso dalla dottrina del tutto maggioritaria, cfr. G. P. CIRILLO, R. CHIEPPA, Le autorità amministrative indipendenti, op. cit. pp. 22 ss.; C. CONTESSA, Forme e metodi del sindacato giurisdizionale sugli atti delle Autorità indipendenti, op. cit., p. 7; G. MICHELE, Autorità amministrative indipendenti. Caratteri, tipologie, procedimenti in attribuzione e tutele giurisdizionali, op. cit., p. 3; R. TITOMANLIO, Riflessioni sul potere normativo delle Autorità amministrative indipendenti fra legalità “sostanziale”, legalità “procedurale” e funzioni di regolazione, op. cit., p. 1

[12] Corte Costituzionale, sent. 31 gennaio 2019, n. 13, in cui la Consulta ha dichiarato inammissibili per difetto di legittimazione le questioni di questioni di legittimità costituzionale dell’art. 93-ter, comma 1-bis, della legge 16 febbraio 1913, n. 89 (Sull’ordinamento del notariato e degli archivi notarili), come introdotto dall’art. 1, comma 495, lettera c), della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020), e dell’art. 8, comma 2, della legge 10 ottobre 1990, n. 287 (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato), sollevate in riferimento agli artt. 3, 41 e 117, primo comma, della Costituzione − quest’ultimo in relazione all’art. 106, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), come modificato dall’art. 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007, ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130 − dal Collegio dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Il difetto di legittimazione è stato, in specie, giustificato sulla scorta della non terzietà dell’AGCM; terzietà che è requisito essenziale per l’acquisto della qualifica di giudice, a sua volta presupposto indefettibile per sollevare questioni di legittimità costituzionale innanzi alla Corte.

[13] D. BORSELLINO, Autorità amministrative indipendenti e tutela giurisdizionale, op. cit., pp. 27 ss., nega la correttezza della tesi esposta, al riconoscimento della natura giurisdizionale di tali autorità ostando l’art. 102 Cost.

[14] D. BORSELLINO, Autorità amministrative e tutela giurisdizionale, op. cit. pp. 33 e ss, il B. ritiene che questa impostazione presenti il pregio di essere “maggiormente duttile e di applicarsi meglio alla realtà delle Autorità indipendenti”.

[15] G. P. CIRILLO, R. CHIEPPA, Le autorità amministrative indipendenti, op. cit. p 22.

[16] G. MICHELE, Autorità amministrative indipendenti. Caratteri, tipologie, procedimenti in attribuzione e tutele giurisdizionali, op. cit., p. 3.

[17] Perplessità sulla conformità a Costituzione del modello sono espressi da E. CASETTA, Manuale di diritto amministrativo, XVI edizione, Giuffré, 2014, pp. 248-249; anche M. MANETTI, Poteri neutrali e Costituzione, Giuffrè, Milano, pp. 93 e ss. sostiene che l’impianto costituzionale non sopporti l’attribuzione di poteri di regolazione, contenziosi e sanzionatori a soggetti privi di qualsivoglia legittimazione democratica. 

[18] Per tutti M. NIGRO, La pubblica amministrazione fra costituzione formale e costituzione materiale, in Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, 1985, p. 162 

[19] R. GAROFOLI – G. FERRARI, Manuale di diritto amministrativo, op. cit., pp. 93 ss.

[20] G. P. CIRILLO, R. CHIEPPA, Le autorità amministrative indipendenti, op. cit., p. 13; R. TITOMANLIO, Riflessioni sul potere normativo delle autorità amministrative indipendenti fra legalità “sostanziale”, “legalità procedurale”, e funzione di regolazione,  op. cit., p. 6; V. CIRULLI-IRELLI, I poteri normativi delle autorità amministrative indipendenti, op. cit., p. 9;  A. PREDIERI,  L’erompere delle amministrazioni indipendenti, op. cit., pp. 52 ss.

[21] G. P. CIRILLO –  R. CHIEPPA, Le autorità amministrative indipendenti, op. cit., p.

[22] G. AMATO, Autorità semi-indipendenti ed autorità di garanzia, in Autorità indipendenti e principi costituzionali, Padova 1999, pp. 32 ss.

[23] Sul punto R. CHIEPPA – R. GIOVAGNOLI, Manuale di diritto amministrativo, Giuffrè, Milano, VII, 2022, p. 367; M. DI FOLCO, Il fondamento delle autorità amministrative indipendenti in Italia tra Costituzione e diritto Europeo, in Studi Polacco-Italiani di Torún, 2013, pp. 279 ss.

[24] Ibidem

[25] Quest’approccio, di matrice sostanzialista, è stato recentemente valorizzato dal supremo consesso amministrativo per distinguere l’atto normativo dall’atto amministrativo secondario. In particolare, nella sentenza n. 9/2012, l’Adunanza Plenaria ha stabilito che diversamente dall’atto normativo, i cui destinatari non sono determinabili tanto a priori quanto a posteriori, l’atto amministrativo generale, che rimane comunque sprovvisto dei caratteri dell’astrattezza e della innovatività,  ha destinatari indeterminabili a priori, ma certamente determinabili a posteriori.

[26] M. MAZZAMUTO, L’atipicità delle fonti nel diritto amministrativo, in Diritto Amministrativo, 2015, IV, p. 690.

[27] V. CIRULLI IRELLI, I poteri normativi delle autorità amministrative indipendenti, op. cit. p. 6.

[28] V. CIRULLI IRELLI, I poteri normativi delle autorità amministrative indipendenti, op. cit., p. 2, rileva come gli atti normativi secondari siano assoggettati ad un “regime differenziato rispetto a quello degli altri atti ascrivibili alla funzione amministrativa, i cui principali elementi, com’è noto (ma è bene ricordarlo) sono i seguenti: la violazione di detti atti può essere dedotta come motivo di ricorso in Cassazione (art. 360, cod. proc. civ.); la violazione di detti atti da parte di successivi atti amministrativi (generali o puntuali) rileva come causa di illegittimità di questi, per «violazione di legge» (art. 21-octies, l. n. 241/90); gli atti possono essere disapplicati in sede giurisdizionale, e anche, per effetto di recente giurisprudenza, nel giudizio amministrativo (a partire da Cons. St., V, 26.2.92 n. 154; v. più di recente, TAR Sardegna, 5.6.99 n. 723; Cons. St., VI, 5.12.02, n. 6657; Cons. St., IV, 14.4.06, n. 2142), ove venga accertato dal giudice (anche d’ufficio) il contrasto del contenuto dispositivo degli atti stessi con norma di legge; gli atti, nel loro contenuto dispositivo, sono conosciuti dal giudice ai fini della risoluzione delle controversie al suo esame, in sede giurisdizionale ordinaria e amministrativa, anche se non allegati dalle parti, in virtù dell’antico principio che il giudice conosce il diritto vigente (iura novit curia), principio applicato tuttavia con qualche eccezione in ordine ad atti normativi di limitata portata ed efficacia territorialmente limitata”.

[29] Cfr. G. P. CIRILLO, R. CHIEPPA, Le autorità amministrative indipendenti, op. cit., pp. 69 e ss.; F. MARONE – A. PERTICI, Quando una disciplina attuativa si sottrae al circuito democratico. Il caso delle linee guida ANAC per l’attuazione dei contratti pubblici e la loro difficoltà di classificazione, op. cit., p. 2; V. CIRULLI-IRELLI, I poteri normativi delle autorità amministrative indipendenti, op. cit., p. 9.

[30] Nei punti 6.2. e 6.3. del citato parere si legge “La tradizionale impostazione negativa, secondo la quale l’attribuzione di poteri normativi risulta configurabile solo a fronte di soggetti dotati di rappresentatività (Parlamento, Governo, Consigli regionali e comunali, etc.), appare ormai superata, nella sua assolutezza, dall’evoluzione dell’ordinamento a partire dagli anni novanta del secolo scorso. Di regola, infatti, l’attribuzione di poteri normativi, per le fonti subordinate alla legge, va individuata sulla base del principio costituzionale di legalità. È quindi la legge ordinaria che, almeno per le fonti di livello regolamentare, può individuare siffatti poteri normativi, nel rispetto o, spesso, in attuazione dei principî della Costituzione e, ovviamente, entro i limiti delle materie di competenza statale. Il “policentrismo normativo” che la legislazione italiana è venuta configurando si collega alla sempre più vasta distribuzione delle funzioni pubbliche fra una pluralità di soggetti, anche al di fuori dell’apparato governativo e ministeriale. Come è stato osservato, il sistema delle fonti sembra negli ultimi anni svilupparsi “in processi di produzione complessi, nei quali criterio di gerarchia e criterio di competenza si sostituiscono e sovrappongono ripetutamente”. Le autorità indipendenti costituiscono certamente una tipologia speciale di soggettività pubblica e, in questo senso, si tratta di soggetti che devono comunque trovare in un profilo legislativo primario la fonte attributiva del potere e i criteri di fondo che devono presiedere all’esercizio di tale potere. La stessa introduzione, per legge, di una formula organizzativa che separi il regolatore amministrativo “di settore” dalla dipendenza diretta dall’organo politico e che affianchi a processi di liberalizzazione o di deregolazione l’istituzione di organismi autonomi di disciplina e di vigilanza, crea un’area di interessi disciplinati comunque dal principio di legalità. In base a tale principio generale, l’azione delle autorità indipendenti può esprimersi anche attraverso atti normativi e, a seconda dei casi, attraverso regolamenti di organizzazione, regolamenti per la gestione contabile e patrimoniale, regolamenti di esecuzione, regolamenti cd. indipendenti. L’attribuzione – una volta accertato il rispetto del principio di legalità – di un potere regolamentare a soggetti diversi dal Governo trova quindi la sua giustificazione, per le specifiche discipline di settore, nel criterio di una più razionale distribuzione dei ruoli e delle competenze, criterio analogo a quello che ha presieduto alla stessa 13 ridefinizione dei rapporti tra Parlamento e Governo operata con la legge n. 400 del 1988 (e in particolare con il suo art. 17). Se un fondamento legislativo è sempre necessario per stabilire il potere normativo delle cd. autorità indipendenti e i connessi limiti, ad esso si aggiungono (o anzi, ormai, si sovrappongono) anche una “copertura costituzionale” e/o una “copertura comunitaria” che presiedono ai vari ambiti di intervento. Come si è detto, la legge, nel conferire (talora implicitamente) poteri normativi alle autorità indipendenti, spesso lo fa in attuazione di principî costituzionali. Pertanto, pur nell’assenza di riferimenti specifici nella Carta del 1947, un fondamento costituzionale è stato rinvenuto dalla dottrina, oltre che nel principio di legalità di cui all’art. 97 Cost. prima menzionato, nel principio di uguaglianza sostanziale di cui all’art. 3, secondo comma, nonché, nei principî regolanti singoli settori o attività, quali gli articoli 41, 47, 21, 39 Cost., etc., che pertanto forniscono, caso per caso, un fondamento costituzionale diversificato a seconda del tipo di Authority. Il fondamento in principî e norme di livello sovra-primario dei poteri normativi delle autorità indipendenti si rinviene, poi, ampiamente nell’ordinamento comunitario, che ha fornito un impulso decisivo alla diffusione di questi organismi, attraverso principî quali quelli di libera concorrenzialità, di libertà di circolazione e di stabilimento, di tutela dell’investitore-risparmiatore e normative – anch’esse di livello sovra-primario – quali quelle che hanno attuato la realizzazione del mercato unico. Accanto a una funzione liberistica primaria, finalizzata a eliminare gli ostacoli alla circolazione delle merci e dei servizi (articoli 23 e 49 Trattato CE), il diritto europeo svolge infatti una funzione di ri-regolazione del mercato che, in linea di principio, è affidata alla stessa disciplina privatistica del contratto prevista dalle direttive di armonizzazione degli ordinamenti giuridici nazionali. In alcuni settori, le norme privatistiche si dimostrano insufficienti al conseguimento di tale obiettivo, che è rimesso allora dall’ordinamento comunitario ad autorità indipendenti, comunitarie e nazionali. La legge arretra dal mercato e affida in primo luogo alle autorità una competenza regolatoria, la quale ha per scopo la stabilità, la protezione di alcuni diritti e il “livellamento dei campi di gioco” in settori nei quali si registrava, fino a pochi anni orsono, il dominio di monopolisti ed ex monopolisti; affida in secondo luogo una “competenza di vigilanza” sulle dinamiche concorrenziali, per garantire che esse siano 14 davvero libere e che, ancora una volta, non maturino posizioni di potere privato pregiudizievoli”.

[31] M. CLARICH, Autorità indipendenti: bilancio e prospettive di un modello, op. cit., p. 31.

[32] Ivi, p. 162 ss.

[33] R. CHIEPPA – R. GIOVAGNOLI, Manuale di diritto amministrativo, op. cit., p. 374.

[34] V. CERULLI IRELLI, I poteri normativi delle autorità amministrative indipendenti, op. cit., p. 8.

[35] TITOMANLIO, Riflessioni sul potere normativo delle Autorità amministrative indipendenti fra legalità “sostanziale”, legalità “procedurale” e funzioni di regolazione, op. cit., p. 22.

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