08/01/2020 – Presegnalazione dei sistemi di controllo della velocità: la previsione di una distanza minima vale solo per gli apparecchi fissi

Presegnalazione dei sistemi di controllo della velocità: la previsione di una distanza minima vale solo per gli apparecchi fissi
di Roberto Rossetti – Funzionario di Polizia Locale
Una Prefettura ricorre in Cassazione per chiedere la modifica della sentenza di un Tribunale che, ribaltando, la decisione del Giudice di Pace, aveva accolto il ricorso di un automobilista contro l’ordinanza ingiunzione del Prefetto, che aveva irrogato la sanzione pecuniaria per la violazione dell’art. 142, c. 8, C.d.S. (D.Lgs. 30 aprile 1992, n, 285), accertata con verbale della Polizia Locale, per aver circolato, superando di oltre 10 km/h il limite massimo di velocità stabilito.
Il Tribunale aveva fondato la sua decisione sull’assunto che l’art. 25, c. 2, L. 29 luglio 2010, n. 120 prescrive che i dispositivi di controllo della velocità dei veicoli non possono essere utilizzati o installati ad una distanza inferiore ad un chilometro dal segnale che impone il limite di velocità, sia che si tratti di dispositivi fissi ovvero di apparecchi mobili.
Nel caso in esame l’accertamento era stato effettuato con un dispositivo mobile, installato al momento dell’uso da una pattuglia di operatori di Polizia Locale, ma era stato posizionato ad una distanza inferiore, a quella prescritta di 1 km, dal più vicino cartello che rende noto il limite di velocità in quel tratto di strada.
Nel ricorso la Prefettura evidenzia unicamente l’illegittima interpretazione dell’art. 25, c. 2, L. n. 120/2010, che affidava ad un decreto ministeriale da emanare “… le modalità di collocazione e uso dei dispositivi o mezzi tecnici di controllo […] che, fuori dei centri abitati, non possono comunque essere utilizzati o installati ad una distanza inferiore ad un chilometro dal segnale che impone il limite di velocità“.
La Corte, dopo aver analizzato il quadro normativo di riferimento, osserva che l’art. 25, c. 2, L. n. 120/2010, si riferisce solo ai casi in cui i dispositivi di controllo sono collocati, ai sensi dell’art. 4D.L. n. 121/2002, convertito nella L. n. 168/2002, sulle strade (o tratti di esse) di tipo C o di tipo D, di cui all’art. 2C.d.S., sulle quali, previa emissione di specifico decreto prefettizio, è possibile omettere la contestazione immediata delle violazioni ai limiti di velocità ed installare apparecchiature fisse per la loro rilevazione. Detta norma non disciplina i casi in cui l’accertamento dell’illecito sia effettuato con apparecchi elettronici mobili presidiati da operatori di polizia stradale, con contestazione, ove possibile, immediata della violazione, la cui distanza deve essere soltanto adeguata e non è, quindi, da ritenersi prefissata normativamente.
Secondo la Corte, questa interpretazione è da privilegiarsi perché si pone in un rapporto di coerenza logica con la ragione giustificatrice sottesa alla norma, che intende consentire all’utente stradale di poter avvistare in tempo utile il limite di velocità imposto in modo da poter regolare la sua condotta in condizioni di sicurezza, ovvero in conformità alla valutazione prudenziale predeterminata ex ante dall’ente proprietario o gestore del tratto stradale.
Nel caso di dispositivi completamente automatici, per la Suprema Corte, appare congruo imporre una specifica ed ampia distanza tra il segnale e la postazione di rilevamento (pari ad almeno 1 Km), mentre nell’ipotesi di accertamento eseguito con modalità manuale mediante apparecchi elettronici gestiti direttamente da personale di polizia stradale presente sul posto, l’utente, già per queste modalità di esecuzione, è messo nelle condizioni di avvistare la stessa posizione di rilevamento e si giustifica l’esclusione dell’osservanza del limite di 1 Km previsto dall’art. 25, c.2, L. n. 120/2010.
Di conseguenza, nel caso di specie, per il tipo di strada in cui era stato eseguito l’accertamento (classificata come strada extraurbana secondaria), è sufficiente osservare una distanza solo adeguata dal punto di installazione dell’apparato a quello del concreto rilevamento (per effetto del c.d. “puntamento”) della velocità, in modo da garantirne il tempestivo avvistamento.
Per concludere la Corte richiama consolidata giurisprudenza (cfr. Cass. Civ., sez VI-2, ordinanza 15 novembre 2013, n. 25769 e Cass. Civ., sez. VI-2, 31 luglio 2018, n. 20327), per precisare anche che la distanza tra segnali stradali o dispositivi luminosi e la postazione di rilevamento con modalità manuale deve essere valutata in relazione allo stato dei luoghi, senza che assuma alcun rilevo la mancata ripetizione della segnalazione di divieto dopo ciascuna intersezione per gli automobilisti che proseguano lungo la medesima strada (il Ministero dell’Interno ha preso a riferimento tale criterio con la recente Direttiva del Dipartimento Pubblica Sicurezza – Servizio Polizia stradale, registrata il 21 luglio 2017, prot. 300/A/5620/17/144/5/20/3).
Non dovendosi rispettare la distanza predetta, la sentenza impugnata è da considerarsi errata e, quindi, da annullare.

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