10/07/2019 – Dal 1° luglio niente più co.co.co. nelle p.a.

Dal 1° luglio niente più co.co.co. nelle p.a.

di Luigi Oliveri
Niente più collaborazioni coordinate e continuative nelle pubbliche amministrazioni.
Dal 1° luglio scorso scatta il divieto posto dall’articolo 7, comma 5-bis, del dlgs 165/2001, prorogato per circa 4 anni. L’ultima proroga era stata prevista dall’articolo 1, comma 131, lettera f), della legge 145/2018, alla quale non risulta ne sia stata seguita un’altra. Diviene così operativa la norma che assimila il regime del lavoro pubblico a quello privato, ove ormai da tempo le co.co.co. sono state eliminate, per evitare impropri utilizzi di un rapporto «ibrido» tra lavoro autonomo e subordinato, che troppe volte è consistita in una vera e propria simulazione dietro la quale si nascondeva l’effettuazione di attività lavorative subordinate prive delle tutele contrattuali e normative.
L’articolo 7, comma 5-bis, del dlgs 165/2001 dispone: «È fatto divieto alle amministrazioni pubbliche di stipulare contratti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro. I contratti posti in essere in violazione del presente comma sono nulli e determinano responsabilità erariale. I dirigenti che operano in violazione delle disposizioni del presente comma sono, altresì, responsabili ai sensi dell’articolo 21 e ad essi non può essere erogata la retribuzione di risultato. Resta fermo che la disposizione di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, non si applica alle p.a.». L’attivazione, quindi, di co.co.co. in violazione del divieto espone a conseguenze molto pesanti. Infatti, i contratti sono nulli, ma costituiscono responsabilità erariale, perché in ogni caso al prestatore spetta comunque il pagamento per le attività svolte ai sensi dell’articolo 2126 del codice civile o, comunque, dell’articolo 2043 sempre del codice civile, in materia di responsabilità extracontrattuale. Inoltre, l’incauto dirigente che si avvalga delle co.co.co. violando il divieto incorre nella responsabilità dirigenziale, che può anche portare alla revoca dell’incarico o alla risoluzione del rapporto di lavoro e, comunque, dovrà subire la mancata erogazione del risultato. Le p.a. , quindi, per avvalersi di attività lavorative continuative, soggette alla propria organizzazione e svolte in modo prevalentemente personale dovranno utilizzare esclusivamente rapporti di lavoro subordinato. L’articolo 7, comma 6, del dlgs 165/2001, posto a regolare l’acquisizione di incarichi professionali, consente, quindi solo di avvalersi di rapporti di lavoro autonomo puro, espletati da professionisti, iscritti in albi per professioni regolamentate o che svolgano anche professioni non regolamentate. Resta la possibilità di acquisire attività di lavoro autonomo occasionale, da non confondere col contratto di lavoro occasionale disciplinato dall’articolo 54-bis, del dl 50/2017, convertito in legge 96/2017. Tale norma si occupa dei cosiddetti «nuovi voucher» e la p.a. può avvalersene solo per quattro casi tassativamente indicati: nell’ambito di progetti speciali rivolti a specifiche categorie di soggetti in stato di povertà, di disabilità, di detenzione, di tossicodipendenza o che fruiscono di ammortizzatori sociali; per lo svolgimento di lavori di emergenza correlati a calamità o eventi naturali improvvisi; per attività di solidarietà, in collaborazione con altri enti pubblici o associazioni di volontariato; per l’organizzazione di manifestazioni sociali, sportive, culturali o caritative. Le p.a., sempre avvalendosi dell’articolo 7, commi 6 e seguenti, del dlgs 165/2001, potranno attivare incarichi di lavoro autonomo «occasionale», nell’ambito del quale l’incaricato renda le prestazioni previste e coerenti con i vincoli fissati dalla norma, prestazioni da qualificare come «redditi diversi», dall’articolo 67, comma 1, lettera l) del dpr 917/1986 ai sensi del quale sono redditi diversi quelli «derivanti da attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente o dalla assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere». In questo caso, il lavoratore autonomo occasionale, che non sia un professionista, non è soggetto ad Iva per carenza del presupposto oggettivo dell’abitualità dell’attività esercitata, non deve avere partita Iva, e al posto della fattura rilascia una quietanza o nota di addebito/pagamento; sui compensi all’atto del pagamento va effettuata la ritenuta d’acconto da parte del sostituto d’imposta ed effettuato il versamento alla gestione separata Inps, qualora gli importi percepiti dall’esercente non abituale di lavoro autonomo la somma di 5 mila euro nel corso dell’anno solare.

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