30/10/2020 – Ingressi differenziati nella p.a. – Per evitare assembramenti del personale in entrata e uscita

Il dpcm 24 ottobre inasprisce la previsione. Non contano le dimensioni dell’ente
Ingressi differenziati nella p.a. – Per evitare assembramenti del personale in entrata e uscita
di Luigi Oliveri
 
Le pubbliche amministrazioni sono obbligate ad organizzarsi prevedendo ingressi differenziati del proprio personale, per evitare possibili assembramenti nei locali per timbrare la presenza e nei corridoi che conducono alle sedi di lavoro.
L’articolo 3, comma 4, del dpcm 24 ottobre 2020 inasprisce una previsione analoga, già contenuta nel decreto del ministro della funzione pubblica 19 ottobre 2020. L’articolo 4, comma 1, del citato dm prevede, infatti, che «al fine di agevolare il personale dipendente nei trasferimenti necessari al raggiungimento della sede di servizio e, in presenza di realtà dimensionalmente significative, allo scopo di evitare di concentrare l’accesso al luogo di lavoro dei lavoratori in presenza nella stessa fascia oraria, l’amministrazione, ferma restando la necessità di assicurare la continuità dell’azione amministrativa e la celere conclusione dei procedimenti, individua fasce temporali di flessibilità oraria in entrata e in uscita ulteriori rispetto a quelle adottate, nel rispetto del sistema di relazioni sindacali definito dai contratti collettivi nazionali».
Come si nota, quanto previsto dal dpcm inasprisce e chiarisce, in parte, le indicazioni del decreto ministeriale.
L’inasprimento deriva dalla previsione generalizzata dell’obbligo di differenziare gli ingressi, che nel dm è, invece, connesso a dimensioni «significative» delle amministrazioni.
In effetti, le previsioni del dm 19 ottobre 2020 da questo punto di vista appaiono più accorte: i rischi da assembramento sono con ogni evidenza connessi all’arrivo contestuale sul luogo di lavoro di parecchie decine di dipendenti. Una situazione che si può verificare presso sedi di grandi dimensioni: grandi comuni capoluogo, sedi dei ministeri, direzioni provinciali di enti come Inps e Inalil. Ma, sono tantissime le amministrazioni, specie locali, di ridotte dimensioni, nelle quali il rischio di assembramento, considerando anche la diffusissima presenza di orario flessibile, di fatto non si verificano; lo stesso vale per sedi distaccate territorialmente di uffici di regioni, istituti nazionali (Inps, Inail) ed enti di varia natura.
L’indicazione del dpcm pare corretto applicarla sempre alla luce del rischio da assembramento: in enti o sedi con poco personale l’istituzione di fasce di ingresso differenziate può costituire più un problema organizzativo, che una regola di concreta utilità.
Il dpcm, in ogni caso, risulta più chiaro della previsione di Palazzo Vidoni. Questa, infatti, si riferisce a «fasce temporali di flessibilità oraria in entrata e in uscita ulteriori rispetto a quelle adottate»: l’idea è, cioè, di prolungare per alcuni contingenti di personale la flessibilità, cioè la possibilità di entrare o uscire dopo l’orario di riferimento.
Agire sulla flessibilità è caotico, perché entro le fasce di flessibilità poi i dipendenti hanno possibilità di auto determinare ingressi ed uscite e garantire, quindi, una compresenza di un preciso contingente risulta molto difficile, con effetti certamente non positivi per gli uffici a diretto contatto col pubblico.
Il dpcm, invece, parla in maniera più razionale di «differenziazione dell’orario di ingresso del personale». Si tratta di istituire, quindi, diversificati contingenti di personale (a rotazione) che come ingresso abbiano non solo l’orario principale di riferimento (si pongano le 8,00), ma anche ,e 8,30 e le 9,00.
Per garantire una compresenza predeterminata e programmabile, sarà possibile ridurre progressivamente la flessibilità in entrata per le fasce orarie più tarde.
Mentre il dm della Funzione pubblica rinvia alle relazioni sindacali, il dm non ne fa cenno. In effetti, la leva della flessibilità richiede la contrattazione; invece la determinazione dell’orario è atto organizzativo di spettanza esclusivamente datoriale. Dall’obbligo degli ingressi differenziati il dpcm esenta il personale sanitario e socio sanitario, nonché quello impegnato in attività connessa all’emergenza o in servizi pubblici essenziali.

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