30/10/2019 – Ripetizione o perdita di chance al dipendente escluso dal conferimento della posizione organizzativa in caso di violazione dei criteri

Ripetizione o perdita di chance al dipendente escluso dal conferimento della posizione organizzativa in caso di violazione dei criteri
di Vincenzo Giannotti – Dirigente Settore Gestione Risorse (umane e finanziarie) Comune di Frosinone
A seguito della selezione indetta dall’ente per il conferimento della posizione organizzativa, un dipendente estromesso ha adito il giudice ordinario al fine di vedersi riconoscere il conferimento dell’incarico a fronte della violazione delle regole di buona fede e correttezza, per aver il dirigente disposto il conferimento in assenza della previa verifica con i responsabili di servizio, nonostante i criteri adottati dall’ente disponessero che il dirigente avrebbe dovuto sentire i vari responsabili prima di conferire l’incarico. A differenza del Tribunale di primo grado, che aveva rigettato le domande dei ricorrenti per non aver dimostrato che ove la procedura fosse stata correttamente espletata, il ricorrente avrebbe potuto conseguire gli incarichi in questione, la Corte di Appello ha accolto l’appello. Precisa il giudice di appello come la posizione dell’aspirante al conferimento di una posizione organizzativa non è dissimile da quella del candidato che partecipi ad una selezione bandita dal datore di lavoro e pertanto il candidato ha un interesse giuridicamente qualificato al rispetto della procedura, la cui violazione legittima il non vincitore a richiedere l’accertamento giudiziale dell’inadempimento, oltre che, eventualmente, il risarcimento del danno da perdita di chance. Inoltre, secondo la Corte territoriale l’interesse ad agire per far accertare l’inadempimento postula solo che il candidato possa essere ricompreso nella rosa dei possibili vincitori, mentre un più severo onere probatorio incombe sul lavoratore che agisca per ottenere il risarcimento del danno, evenienza, questa, non ricorrente nella fattispecie in quanto il ricorrente aveva domandato l’accertamento dell’illegittimità delle delibere di conferimento degli incarichi e la condanna dell’ente a rinnovare la procedura. Nel caso di specie, la scelta del conferimento dell’incarico avveniva direttamente omettendo di acquisire il previo necessario parere del responsabile del servizio e del direttore.
Avverso la decisione sul rinnovo della procedura di conferimento dell’incarico ha proposto ricorso in Cassazione l’ente sostenendo l’errore in cui sarebbe incorsa la Corte di Appello. Infatti, la giurisprudenza amministrativa ha sostenuto che la verifica della legittimità di una gara pubblica o di un concorso presuppone la cosiddetta prova di resistenza e quindi la parte è tenuta a dimostrare che se il procedimento si fosse svolto correttamente avrebbe acquisito una posizione utile in graduatoria. Inoltre, il giudice ordinario può sindacare la legittimità di un atto amministrativo solo nell’ipotesi in cui venga in rilievo un diritto soggettivo e non può, invece, limitarsi ad accertare la violazione del procedimento ove l’atto non abbia determinato la lesione di uno specifico diritto azionato.
Le indicazioni del giudice di legittimità
Secondo la Cassazione il ricorso è infondato avendo fatto la Corte di appello corretto uso dei principi affermati dal giudice di legittimità. E’ stato, infatti evidenziato come l’ente, nel rispetto delle disposizioni contrattuali, si sia dotata di un regolamento per il conferimento delle posizioni organizzative. In questo regolamento è espressamente precisato che il direttore generale conferisce l’incarico sentiti il Responsabile del Servizio ed il direttore, mentre nel caso di specie ciò non essendo avvenuto il ricorrente ha chiesto al giudice il rinnovo della procedura.
Per i giudici di Piazza Cavour è stata, inoltre, corretta l’assimilazione della procedura di conferimento dell’incarico di posizione organizzativa alle procedure selettive finalizzate alla progressione di carriera, atteso che il conferimento della posizione organizzativa, pur non determinando un mutamento del profilo professionale presuppone una valutazione comparativa degli aspiranti all’incarico, che, seppure discrezionale, deve essere effettuata dal datore di lavoro nel rispetto, oltre che degli obblighi di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c., delle regole procedimentali unilateralmente o contrattualmente fissate. In questo caso, in diverse occasioni il giudice di legittimità ha avuto modo di precisare che a fronte dell’obbligo contrattuale del datore di lavoro di procedere alla valutazione comparativa dei titoli e della capacità professionale dei partecipanti alla selezione, sorge in capo a ciascun candidato una posizione soggettiva di credito, con la conseguenza che, ove la prestazione non venga correttamente adempiuta dal datore, il dipendente-creditore può esercitare sia l’azione di esatto adempimento, al fine di ottenere la ripetizione delle operazioni concorsuali, sia l’azione di risarcimento del danno. In altri termini, agli atti del datore, di natura negoziale, «si correlano diritti soggettivi e ciò comporta che il giudice ordinario, accertato l’inadempimento, ha anche il potere di adottare nei confronti della P.A. qualsiasi tipo di sentenza, ivi compresa la sentenza di condanna ad un facere, data la sussistenza del diritto soggettivo dei lavoratori interessati al rispetto da parte della P.A. medesima, oltreché del generale obbligo di correttezza e buona fede, dei criteri predeterminati nel bando per l’ammissione alla selezione, lo svolgimento delle prove, la selezione dei promovendi e così via, diritto che non riguarda quindi soltanto la formazione della graduatoria ma anche il tempo e l’ordine della promozione» (Cass. civ. n. 4436/2018 e negli stessi termini Cass. civ. n. 268/2019). D’altra parte, la valutazione dell’interesse ad agire deve essere effettuata con riguardo all’utilità del provvedimento richiesto rispetto alla lesione denunciata, non rilevando la valutazione delle diverse, ed eventualmente maggiori, utilità di cui l’attore potrebbe beneficiare in forza di posizioni giuridiche soggettive alternative a quella fatta valere.
Nel caso di specie va accolta la domanda del ricorrente che ha chiesto al giudice l’esatto adempimento dell’ente alla procedura di selezione rinnovando la stessa avendo il datore di lavoro omesso il rispetto delle regole procedimentali o si sia discostato dai criteri valutativi.
Annotazioni conclusive
La presente pronuncia va letta in correlazione con l’altra ordinanza di quale giorno precedente (ordinanza n. 26615/2019) dove la Cassazione ha stigmatizzato l’errare della Corte di appello che si era sostituita nella valutazione all’ente posizionando il ricorrente cui era stato conferimento l’incarico di posizione organizzativa nella fascia più elevata e con maggiorazione massima della retribuzione di risultato. Anche in tale occasione la Cassazione ha evidenziato che se è vero che la pubblica amministrazione goda di una ampia discrezionalità nella scelta, dall’altro lato non è possibile pensare che si sia in presenza di una assoluta insindacabilità, dovendo il datore di lavoro pubblico pur sempre rispettare le regole procedimentali al cui rispetto l’esercizio del potere è subordinato e, inoltre, deve garantire, nell’esecuzione delle obbligazioni che derivano dal contratto, l’osservanza degli obblighi di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c.

Print Friendly, PDF & Email
Torna in alto