30/10/2019 – Attribuzione di incarichi dirigenziali o direttivi di cui all’art. 5, comma 9, del d.l. n. 95/2012 a soggetti già lavoratori pubblici collocati in quiescenza

Attribuzione di incarichi dirigenziali o direttivi di cui all’art. 5, comma 9, del d.l. n. 95/2012 a soggetti già lavoratori pubblici collocati in quiescenza
Il Presidente della Provincia di Lecco ha rivolto alla Sezione una richiesta di parere in tema di ambito soggettivo di applicazione dell’art. 5, comma 9, del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95 (conv. dalla legge 7 agosto 2012, n. 135). Riconosciuta l’ammissibilità soggettiva e quella oggettiva dell’istanza, nei limiti descritti in parte motiva, la Sezione ha affermato che, nel caso di fondazione costituita da soggetti pubblici, laddove non sia già configurabile un divieto di attribuzione degli incarichi dirigenziali o direttivi di cui all’art. 5, comma 9, del d.l. n. 95/2012 a soggetti già lavoratori pubblici collocati in quiescenza, scaturente dall’inclusione dell’ente nell’elenco ISTAT ex art. 1, comma 2, n. 196/2009, esso potrà configurarsi nell’ipotesi in cui il medesimo ente sia qualificabile come soggetto “controllato” dalle amministrazioni pubbliche individuate dallo stesso art. 5, circostanza la cui ricorrenza dovrà essere specificamente valutata nel singolo caso concreto.
 
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SEGUE Corte dei conti, Sezione Controllo Regione Lombardia, deliberazione n. 405 del 24.10.2019

SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER LA LOMBARDIA

composta dai magistrati:

dott.ssa Maria Riolo Presidente
dott. Marcello Degni Consigliere
dott. Giampiero Maria Gallo Consigliere
dott. Mauro Bonaretti Consigliere
dott. Luigi Burti Consigliere
dott.ssa Rossana De Corato I Referendario
dott.ssa Alessandra Cucuzza Referendario
dott. Ottavio Caleo Referendario (relatore)
dott.ssa Marinella Colucci Referendario
 
nell’adunanza in camera di consiglio del 22 ottobre 2019 ha assunto la seguente
DELIBERAZIONE
VISTO il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante il Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali;
VISTA la legge 5 giugno 2003, n. 131, recante “Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3”, in particolare l’articolo 7, comma 8;
VISTA la richiesta di parere n. 68789 del 14 ottobre 2019 proposta, ai sensi dell’articolo 7, comma 8, della legge 5 giugno 2003, n. 131, dal Presidente della Provincia di Lecco, acquisita al protocollo pareri di questa Sezione al n. 20705 in data 14 ottobre 2019;
VISTA l’ordinanza n. 18/2019 con la quale il Presidente della Sezione ha convocato in data odierna la Sezione stessa per deliberare sull’istanza sopra citata;
UDITO il relatore, dott. Ottavio Caleo;
PREMESSO
Con l’istanza indicata in epigrafe il Presidente della Provincia di Lecco ha rivolto alla Sezione una richiesta di parere in tema di ambito soggettivo di applicazione dell’art. 5, comma 9, del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95 (conv. dalla legge 7 agosto 2012, n. 135).
In particolare, il legale rappresentante dell’Ente ha chiesto alla Sezione se il divieto di cui al citato art. 5, comma 9, del decreto legge n. 95/2012 – come modificato dall’art. 6 del decreto legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito dalla legge 11 agosto 2014, n. 114 – di attribuzione di incarichi dirigenziali o direttivi (ad esempio per la figura di Direttore Amministrativo) a soggetti già lavoratori pubblici collocati in quiescenza sia applicabile nel caso di una Fondazione costituita da soci pubblici (Regione, Provincia, Comune, Comunità Montane, CCIAA) e da soci sostenitori (persone fisiche e giuridiche che ne condividono le finalità).
Al riguardo l’istante ha soggiunto che il Consiglio di Amministrazione della Fondazione in parola è formato da cinque componenti, designati, rispettivamente, dalla stessa Provincia di Lecco, dal Comune di Calolziocorte, dalla Comunità montana Lario Orientale-Valle San Martino, dalla Regione Lombardia, dalla Fondazione A. Bernareggi con sede in Bergamo.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
Secondo ormai consolidati orientamenti assunti dalla Magistratura contabile in tema di pareri da esprimere ai sensi dell’art. 7, comma 8, della legge n. 131 del 2003, occorre verificare, in via preliminare, se la richiesta di parere presenti i necessari requisiti di ammissibilità, sia sotto il profilo soggettivo, con riferimento alla legittimazione dell’organo richiedente, sia sotto il profilo oggettivo, concernente l’attinenza del quesito alla materia della “contabilità pubblica”.
Nel caso in esame la richiesta di parere deve essere dichiarata soggettivamente ammissibile giacchè formulata dal Presidente della Provincia interessata, quale legale rappresentante dell’Ente e, pertanto, soggetto legittimato a richiedere il parere (cfr. art. 50, comma 2, del TUEL).
La stessa è parimenti ammissibile sotto il profilo oggettivo, essendo le questioni interpretative proposte riconducibili alla nozione di “contabilità pubblica” strumentale all’esercizio della funzione consultiva delle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, e sussistendo, altresì, i requisiti individuati nelle pronunce di orientamento generale, rispettivamente, delle Sezioni riunite in sede di controllo (cfr. in particolare deliberazione n. 54/CONTR/10) e della Sezione delle autonomie (cfr. in particolare deliberazioni n. 5/AUT/2006, n. 9/AUT/2009 e n. 3/SEZAUT/2014/QMIG).
In particolare l’ammissibilità, sul piano oggettivo, della richiesta di parere in esame risulta giustificata dalla sua attinenza all’interpretazione di una disposizione normativa – quale quella contenuta all’art. 5, comma 9 del decreto legge n. 95/2012 – che persegue, tra l’altro, l’obiettivo del contenimento della spesa pubblica e su cui più volte si sono pronunciate le Sezioni regionali di controllo.
In ossequio alla costante giurisprudenza delle Sezioni di controllo, le questioni poste nell’istanza saranno esaminate in chiave generale e astratta, non essendo scrutinabili nel merito richieste concernenti valutazioni su casi o atti gestionali specifici, in una prospettiva, non conforme a legge, di apertura ad una consulenza generale della Corte dei conti, incompatibile con le funzioni alla stessa attribuite dal vigente ordinamento e con la sua fondamentale posizione di indipendenza e neutralità.
La risposta nel merito al quesito posto al Collegio presuppone una sintetica disamina del quadro normativo e interpretativo di riferimento.
L’art. 5, comma 9, del decreto-legge n. 95/2012, nella sua attuale formulazione – frutto, tra l’altro, delle modifiche apportate dal decreto-legge n. 90/2014, conv. dalla legge n. 114/2014 – stabilisce che “è fatto divieto alle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2011, nonchè alle pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 nonchè alle autorità indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob) di attribuire incarichi di studio e di consulenza a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza. Alle suddette amministrazioni è, altresì, fatto divieto di conferire ai medesimi soggetti incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo delle amministrazioni di cui al primo periodo e degli enti e società da esse controllati, ad eccezione dei componenti delle giunte degli enti territoriali e dei componenti o titolari degli organi elettivi degli enti di cui all’articolo 2, comma 2-bis, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125. Gli incarichi, le cariche e le collaborazioni di cui ai periodi precedenti sono comunque consentiti a titolo gratuito. Per i soli incarichi dirigenziali e direttivi, ferma restando la gratuità, la durata non può essere superiore a un anno, non prorogabile nè rinnovabile, presso ciascuna amministrazione. Devono essere rendicontati eventuali rimborsi di spese, corrisposti nei limiti fissati dall’organo competente dell’amministrazione interessata. Gli organi costituzionali si adeguano alle disposizioni del presente comma nell’ambito della propria autonomia”.
In termini generali, la norma vieta alle pubbliche amministrazioni di attribuire a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza incarichi di studio e di consulenza, incarichi dirigenziali o direttivi e cariche in organi di governo delle amministrazioni o degli enti e società controllati.
Tuttavia, il divieto non è assoluto, stante la possibilità di consentire l’attribuzione a titolo gratuito e, per i soli incarichi dirigenziali e direttivi, l’obbligo di inserire un limite di durata di un anno, vietando sia la proroga che il rinnovo, ferma restando, comunque, la gratuità.
La ratio della disposizione, come sottolineato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 124/2017, si collega al “carattere limitato delle risorse pubbliche”, che “giustifica la necessità di una predeterminazione complessiva – e modellata su un parametro prevedibile e certo – delle risorse che l’amministrazione può corrispondere a titolo di retribuzioni e pensioni”.
L’inquadramento sistematico della disposizione in parola è stato approfondito dalla giurisprudenza di questa Corte che ha rimarcato “la natura palesemente selettiva del divieto introdotto dalla norma, la quale introduce nel sistema – in modo diretto e senza deroghe o eccezioni, se non per il caso della gratuità e per la durata massima di un anno – un impedimento generalizzato al conferimento di incarichi a soggetti in quiescenza. Tale impedimento appare fondato su un elemento oggettivo che non lascia spazio a diverse opzioni interpretative” (così, ex multis, Sezione centrale del controllo di legittimità sugli atti del Governo e delle Amministrazioni dello Stato, deliberazione n. 7/2015 e ivi ulteriori richiami).
La norma è stata oggetto di apposite circolari interpretative della Presidenza del Consiglio (n. 6/2014 e n. 4/2015) e di numerose pronunce delle Sezioni regionali di controllo di questa Corte che hanno avuto modo di soffermarsi su diverse questioni relative all’esatta delimitazione del suo ambito applicativo: dalla riferibilità anche ai lavoratori autonomi (su cui si veda Sezione regionale di controllo per il Piemonte, deliberazione n. 66/2018/SRCPIE/PAR), all’applicabilità ad incarichi retribuiti di staff conferiti a personale in quiescenza ai sensi dell’art. 90 del TUEL (cfr. Sezione regionale di controllo per la Liguria, deliberazione n. 27/2016; Sezione regionale di controllo per la Basilicata, deliberazione n. 38/2018/PAR), alla qualificazione della stessa condizione giuridica di “quiescenza” ai fini dell’operatività della norma (su cui si rinvia alle deliberazioni di questa Sezione n. 148/2017/PAR, n. 180/2018/PAR e n. 28/2019/PAR).
Ciò premesso, il Collegio ritiene che la risposta al quesito posto non possa prescindere da una lettura coordinata delle disposizioni testuali recate dall’art. 5, comma 9, del decreto-legge n. 95/2012, sensibile alla ratio alla base della norma.
Il primo livello di operatività delle limitazioni poste dalla norma attiene alla possibilità di conferire incarichi di studio e consulenza ai lavoratori in discorso, espressamente riferito alle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, alle autorità indipendenti e alle pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’ISTAT nell’elenco di cui all’art. 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
In tale caso, la possibilità di estendere il divieto di parola alle fondazioni appare inevitabilmente subordinata alla loro inclusione nel predetto elenco ISTAT – compilato sulla base di norme classificatorie e definitorie proprie del sistema statistico nazionale e comunitario (Regolamento UE n. 549/2013 sul Sistema Europeo dei Conti Nazionali e Regionali nell’Unione Europea – SEC 2010) – nel quale figurano anche enti aventi forma societaria, enti a struttura associativa e, per l’appunto, fondazioni.
Per quanto riguarda gli incarichi dirigenziali e direttivi il divieto di attribuzione nei termini previsti dalla norma, oltreché presso le stesse “amministrazioni” (come sopra indicate) che siano legittimate a conferire l’incarico, opera anche rispetto agli incarichi da ricoprire in “enti e società da esse controllati”.
Per effetto di tale disposizione, nel caso di fondazione costituita da soggetti pubblici, laddove non sia già configurabile un divieto di attribuzione dell’incarico dirigenziale in parola scaturente dall’inclusione dell’ente nel suddetto elenco ISTAT ex art. 1, comma 2, n. 196/2009, esso potrà configurarsi nell’ipotesi in cui il medesimo ente sia qualificabile come soggetto “controllato” dalle amministrazioni pubbliche individuate dallo stesso art. 5, comma 9, del d.l. n. 95/2012, circostanza la cui ricorrenza dovrà essere specificamente valutata nel singolo caso concreto.
Siffatta interpretazione appare coerente con “la ratio voluta dal legislatore di agevolare il ricambio e il ringiovanimento del personale dirigenziale nelle amministrazioni” (così Sezione regionale di controllo per la Liguria, deliberazione n. 27/2016, cit.), scongiurando l’evenienza che le forme giuridiche prescelte per la partecipazione delle amministrazioni in organismi privati possano prestarsi a strumento di elusione del chiaro dettato normativo.
Tale lettura risulta, peraltro, in linea con gli indirizzi ermeneutici formulati dalla Presidenza del Consiglio nella succitata circolare n. 4/2015 che, relativamente ai soggetti interessati dall’applicazione dell’art. 5, comma 9, del d.l. n. 95/2012, sottolinea espressamente che “per quanto riguarda gli incarichi dirigenziali e direttivi e le cariche in enti, l’ambito di applicazione del divieto è più ampio rispetto al novero delle amministrazioni nominanti, in quanto comprende anche enti e società controllati dalle pubbliche amministrazioni. Ne consegue che sono sottoposte al divieto, tra l’altro, le nomine in organi di fondazioni controllate dalle amministrazioni stesse, anche se non comprese nei suddetti elenchi. In assenza del requisito del controllo, peraltro, il divieto non opera nei confronti delle nomine a incarichi e cariche in enti e società”.
Non sembra che a conclusioni diverse possa indurre la previsione normativa contenuta all’art. 11, comma 1, del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 e s.m.i. (Testo unico in materia di società pubblica, di seguito anche TUSP) laddove viene espressamente richiamata la disciplina recata dall’art. 5, comma 9, del decreto-legge n. 95/2012 nella regolamentazione dell’organo amministrativo delle sole società a controllo pubblico: sotto questo profilo il richiamo appare meramente ricognitivo della normativa già esistente e si inquadra nel peculiare statuto delle società a controllo pubblico delineato dallo stesso TUSP.
La sedes materiae risulta, vieppiù, giustificata dallo specifico ambito di applicazione delle regole recate dal Testo unico, espressamente riferito agli organismi societari a partecipazione pubblica, corroborando, anzi, la centralità, per gli enti privatistici, del requisito del “controllo pubblico” ai fini dell’operatività del divieto sancito dall’art. 5, comma 9, d.l. n. 95/2012: peraltro lo stesso art. 1, comma 4, lett. b) del TUSP fa espressamente salve “le disposizioni di legge riguardanti la partecipazione di amministrazioni pubbliche a enti associativi diversi dalle società e a fondazioni”.
P.Q.M.
Nelle considerazioni esposte è il parere della Sezione.
Il Relatore Il Presidente
(dott. Ottavio Caleo) (dott.ssa Maria Riolo)
Depositata in Segreteria il 24 ottobre 2019
 
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