30/10/2017 – Il CdS sul carattere non eccezionale degli affidamenti in house

Il CdS sul carattere non eccezionale degli affidamenti in house

 

di Redazione

 

Il Consiglio di Stato, Sez. III, con la sentenza n. 4902 del 24 ottobre 2017, si è pronunciato sul carattere eccezionale o meno degli affidamenti in house.

Secondo i giudici del CdS, è venuto meno il principio della eccezionalità del modello in house per la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica.

Inoltre, su espresso richiamo di una sentenza resa dalla Sez. V del Consiglio di Stato (22 gennaio 2015, n. 257), il Collegio ha confermato sia la natura ordinaria e non eccezionale dell’affidamento in house, ricorrendone i presupposti, ma ha pure rilevato come “la relativa decisione dell’amministrazione, ove motivata, sfugge al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salva l’ipotesi di macroscopico travisamento dei fatti o di illogicità manifesta”.

Si riporta di seguito il testo della sentenza.

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Pubblicato il 24/10/2017

N. 04902/2017 REG.PROV.COLL.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4042 del 2017, proposto da:

Record Data Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Costantino Tessarolo, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Cola di Rienzo, 271;

contro

Azienda Unità Sanitaria Locale della Romagna, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Giovanni De Vergottini e Vittorio Miniero, con domicilio eletto presso lo studio Giovanni De Vergottini in Roma, via Antonio Bertoloni, 44;

nei confronti di

Cup 2000 S.C.P.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Marco Dugato e Diego Vaiano, con domicilio eletto presso lo studio Diego Vaiano in Roma, Lungotevere Marzio, 3;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA – BOLOGNA, SEZIONE II n. 164/2017, resa tra le parti, concernente la determinazione AUSL della Romagna n. 2046/2016 del 9/09/2016, recante “affidamento in house providing alla società CUP 2000 scpa di Bologna del servizio triennale eventualmente rinnovabile per ulteriori anni tre, inerente la registrazione dei dati contenuti nelle ricette di prescrizione farmaceutica, il controllo contabile delle fatturazioni e delle distinte contabili emesse dalle farmacie convenzionate, la registrazione e l’elaborazione statistica dei dati ricavabili dalle ricette con prescrizione farmaceutica per l’AUSL della Romagna”;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Azienda Unità Sanitaria Locale della Romagna e di Cup 2000 S.C.P.A.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 ottobre 2017 il Cons. Giorgio Calderoni e uditi per le parti gli avvocati Costantino Tessarolo, Marco Petitto su delega dichiarata di Giovanni De Vergottini e Alvise Vergerio Di Cesana su delega di Diego Vaiano;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. La Società appellante Record Data srl espone in fatto di aver avuto in affidamento – sino al 31.12.2015 e previo espletamento di una procedura di evidenza pubblica – dall’Azienda Unità Sanitaria Locale della Romagna il servizio di registrazione dei dati contenuti nelle ricette di prescrizione farmaceutica, di controllo contabile delle fatturazioni e delle distinte contabili emesse dalle farmacie convenzionate, di registrazione ed elaborazione statistica dei dati ricavabili dalle ricette con prescrizione.

Il contratto è stato successivamente prorogato in tre tranche sino al 31.8.2016: una prima volta, per provvedere alla gestione della ricetta farmaceutica dematerializzata; una seconda volta essendo andata deserta la gara indetta dall’Agenzia Regionale Intercenter; e, infine, nelle more della definizione della procedura di affidamento in house del servizio de quo.

Invero, con determinazione n. 2046 del 9.09.2016 il Direttore U.O. Acquisti Aziendali dell’AUSL Romagna ha disposto l’affidamento diretto del medesimo servizio in favore della soc. CUP 2000 per la durata di tre anni, eventualmente rinnovabile.

Tale provvedimento è stato impugnato da Record Data dinanzi al TAR Emilia Romagna – sede di Bologna che con sentenza 14 febbraio 2017-1 marzo 2017, n. 164 ha respinto il ricorso e condannato la Società ricorrente alle spese di giudizio.

2.1. Circa il primo motivo di ricorso (con cui si sosteneva che l’AUSL avrebbe dovuto motivare specificatamente le ragioni del mancato ricorso al mercato e i benefici per la collettività della forma di gestione prescelta), il Tar – espressamente concordando con “le puntuali e documentate repliche delle controparti” – ha evidenziato, tra gli altri, “i seguenti elementi a supporto della legittimità dell’azione amministrativa”:

* l’AUSL Romagna è socio della stessa CUP 2000 Spa a capitale interamente pubblico in quanto partecipata;

* i servizi e le attività di interesse della AUSL Romagna rientrano nell’oggetto sociale di CUP 2000 Spa e sono da ritenersi sussistenti gli elementi di proprietà interamente pubblica del capitale sociale, esclusività delle attività a favore degli enti costituenti ed affidanti ed esistenza di un controllo analogo da parte dei medesimi che giustificano l’affidamento del servizio in oggetto secondo la formula dell’in house providing;

* sussistono, altresì, ulteriori benefici sotto il profilo della complessiva riduzione dei costi di servizio, derivanti dalla trasformazione, con effetto dal 1 settembre 2016, di CUP 2000 SPA in società consortile per azioni: il che comporterà, in particolare, la possibilità di fatturare in esenzione IVA i corrispettivi verso gli Enti consorziati;

* la congruità della proposta economica di CUP 2000 emergerebbe anche dalla comparazione con le tariffe applicate dall’attuale fornitore.

2.2. Diversamente da quanto dedotto nel secondo motivo di ricorso, la sentenza di primo grado ha poi ritenuto sussistente il requisito del c.d. “controllo analogo”, alla stregua delle seguenti norme statutarie:

a) lo Statuto impone direttamente la partecipazione integralmente pubblica per tutta la durata della società con meccanismi di assoluta garanzia;

b) l’art. 4, punto 3, precisa che la società espleta la propria attività esclusivamente nei confronti degli enti pubblici soci sulla base di atti di affidamento o di coordinamento degli enti pubblici medesimi;

c) l’art. 6, punto 2, prevede che la quota del capitale pubblico non potrà in ogni caso essere inferiore al 100% per tutta la durata della società; il punto 3 prevede che sono legittimati a partecipare al capitale della società unicamente enti territoriali ed altri enti pubblici o loro stabili forme organizzative; è previsto ancora che è da considerarsi nullo per violazione di norma imperativa e comunque inefficace nei confronti della società e dei soci ogni trasferimento o atto ai sensi degli articoli precedenti idoneo a far venir meno la composizione del capitale sociale così come indicata agli artt. 1, 6.2 e 6.3 dello Statuto ovvero che determini l’esercizio dei diritti derivanti dalle azioni da parte di soggetti diversi rispetto a quelli di cui al precedente articolo 6.3 ed è fatto divieto agli amministratori della società di iscrivere nel libro dei soci ogni atto o trasferimento effettuato in violazione di tali previsioni;

d) ancora, l’art. 9 dello Statuto prevede che l’influenza dominante dei soci sulla società è esercitata per mezzo di apposite convenzioni sottoscritte da tutti i soci pubblici così che appare garantito il cd. “controllo congiunto”;

e) da ultimo, l’art. 18 dello Statuto prevede che uno dei tre componenti del Consiglio di Amministrazione sia designato di intesa tra le Aziende sanitarie socie.

2.3. Anche il terzo motivo di ricorso (violazione dell’art. 4, comma 7, DL 95/2012 convertito in L. 135/2012) è stato disatteso dal giudice di prime cure con l’argomentazione che:

– innanzitutto, la norma non si riferisce agli affidamenti in house;

– le attività di registrazione dei dati contenuti nelle ricette di prescrizione farmaceutica, nonché le ulteriori attività oggetto dell’affidamento, sono strettamente correlate alla corretta gestione delle funzioni sanitarie esercitate dalla AUSL;

– infine, l’art. 192 D.Lgs. 50/2016 non pone alcun limite alla tipologia dei servizi affidabili in house.

2.4. In ordine al quarto e ultimo motivo (mancata evidenziazione nella determinazione impugnata dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità, socialità, efficienza, economicità e qualità del servizio), il Tar ha espressamente affermato:

– che CUP 2000 ha replicato puntualmente con le “argomentazioni oggettive” che sono sintetizzate al capo 4 della sentenza;

– che “appare convincente e condivisibile”, la replica secondo cui “i benefici riscontrati dalla AUSL Romagna non sono solamente di natura economica ma riguardano anche la possibilità di entrare a far parte di una gestione condivisa con le altre aziende regionali, in una ottica di efficacia, efficienza, trasparenza nell’esecuzione delle prestazioni”.

Mentre sarebbe “indimostrata l’affermazione contenuta nell’ultima memoria della ricorrente (depositata in data 28.1.2017) circa il fatto che i benchmarks non richiedono onerosissime preventive indagini di mercato ma il semplice raffronto delle offerte economiche e tecniche richieste ad imprese operanti sul libero mercato sulla base del medesimo capitolato.”

3.1. Avverso la citata sentenza n. 164/2017, Record data deduce – con un primo motivo di appello, riferito al primo e al secondo motivo di ricorso di primo grado – censure di irragionevolezza e lacunosità della motivazione, nonché travisamento dei fatti, così articolate:

* per stabilire l’economicità di CUP 2000, l’Ausl ha preso in considerazione le tariffe Record Data applicate a seguito dell’aggiudicazione dell’appalto relativo al 2010 e non la proposta economica formulata dalla medesima società il 6 giugno 2016, quando invece nello specifico mercato dei servizi informatici e tecnologici “il progresso tecnologico assicura una cospicua riduzione dei prezzi con il passare del tempo ed un contemporaneo aumento della qualità”;

* l’applicazione del regime esentivo dall’IVA, verrebbe a costituire un elemento atto ad alterare il mercato, in spregio al principio di parità concorrenziale tra imprese, integrando un inammissibile aiuto di Stato;

* con riferimento al requisito del controllo analogo, il Tribunale avrebbe dimenticato di considerare che l’AUSL della Romagna partecipa a CUP 2000 con un pacchetto di azioni, peraltro, speciali, ai sensi dell’art. 6 bis dello statuto, pari al 4,10% del capitale; tuttavia, se tali azioni attribuiscono ai soci titolari gli stessi diritti delle azioni ordinarie, per espressa previsione statutaria esse conferiscono diritti amministrativi limitati al possesso del 2,23% del capitale: questo sarebbe, dunque, il “peso”, in termini di voti amministrativi, di AUSL Romagna.

E ciò a fronte di una assai variegata ripartizione delle azioni ordinarie tra i soci (tra i principali: 28,55% alla Regione Emilia Romagna, 20,94% l’AUSL di Bologna, 10,60% al Comune di Bologna, 10,60% a gli Istituti Ortopedici Rizzoli), mentre altri dieci Enti pubblici (Aziende sanitarie e ospedaliere, Comune di Ferrara) possiedono l’1,03% ciascuno.

Siffatta ripartizione delle azioni societarie sarebbe tale da escludere una posizione di parità tra i vari enti soci, quanto alla capacità di determinare le scelte strategiche e funzionali della società pubblica, attraverso le determinazioni dell’assemblea societaria, assemblea indicata dallo stesso statuto quale organo principale in seno a cui si esercita il controllo analogo: in sintesi, l’esercizio effettivo del controllo analogo congiunto finirebbe per non essere nella disponibilità degli enti con partecipazione minoritaria, come l’AUSL della Romagna, ma degli enti che detengono le partecipazioni azionarie tali da garantire loro di raggiugere comunque gli elevati quorum deliberativi stabiliti nello statuto.

Inoltre, le disposizioni statutarie in punto di nomina dei tre membri del consiglio di amministrazione (con poteri rilevanti) attribuirebbero un ruolo “egemone” alla Regione, cui spetta di diritto la designazione di un membro, con funzioni di Presidente e il cui voto prevale in caso di parità. Degli altri due componenti, uno è designato d’intesa tra le aziende sanitarie socie e l’altro è designato d’intesa tra gli enti locali; stesse regole sono stabilite per la nomina dei membri del collegio sindacale.

A loro volta, le disposizioni contenute nella Convenzione, della durata di 1 anno, tra gli enti pubblici soci della società CUP 2000 spa (per l’organizzazione di servizi ad alta tecnologia informatica a supporto delle attività sanitarie, socio-sanitarie, sociali e dei servizi degli enti locali alla persona, svolti a mezzo della società CUP 2000 spa) attribuirebbero agli enti soci “poteri latamente partecipativi, non di reale impulso, pressoché di informazione e di generica vigilanza sull’operato della società, che non comportano l’effettiva capacità di influenzarne le scelte gestionali e gli obiettivi strategici”.

Anche la specifica convenzione tra Cup 2000 e AUSL Romagna per l’affidamento del servizio di rilevazione dati sui consumi farmaceutici (triennio 1/10/2016 – 30/09/2019) conterrebbe clausole tipiche degli ordinari contratti d’appalto e nulla aggiungerebbe in termini di controllo analogo.

Infine, l’art.4, c.3 bis dello statuto di CUP 2000 prevede che la società, sebbene in modo residuale e se funzionale agli interessi dei soci nell’ambito dell’oggetto sociale, possa svolgere altre attività, in ambito internazionale; disposizione questa che lascerebbe intravvedere una possibile espansione imprenditoriale della società, in ambiti e mercati difficilmente riconducibili agli specifici interessi pubblici curati dagli enti pubblici soci, e, dunque, una vocazione di carattere commerciale.

3.2. Con il secondo motivo di appello, si deduce l’erroneità della sentenza di primo grado in riferimento alle argomentazioni svolte con il terzo e quarto motivo di ricorso di primo grado.

In primo luogo, l’art.4, c.7 d.l. 95/2012 – tuttora in vigore – imporrebbe alle pubbliche amministrazioni e agli enti affidanti di acquisire sul mercato beni e servizi strumentali alla propria attività mediante procedure di carattere concorrenziale, mentre la costituzione di Cup 2000 e la conseguente distorsione sul mercato dei servizi contraddirebbe tale scelta dichiaratamente pro-concorrenziale.

Così come ulteriormente distorsivo del mercato sarebbe l’eventuale applicazione del regime di esenzione IVA per le prestazioni di servizi effettuate nei confronti dei soci della società consortile Cup 2000.

Infine, sarebbe dimostrato agli atti di causa che Cup 2000 si rivolge sistematicamente al mercato onde acquisire gli strumenti e le professionalità indispensabili per fornire ai soci le suddette prestazioni.

4. Resistono all’appello tanto Ausl Romagna, quanto Cup 2000.

5. Tutte le parti hanno, altresì, illustrato ulteriormente con apposite memorie le rispettive tesi difensive.

6. Ciò premesso, il Collegio osserva quanto segue in relazione ai punti cruciali della controversia.

6.1. sulla non eccezionalità del ricorso all’in house

Da un punto di vista sistematico, la giurisprudenza di questo Consiglio ha da tempo stabilito alcuni punti fermi sul modello dell’in house providing, quali:

i) stante l’abrogazione referendaria dell’art. 23 bis d.l. n. 112/2008 e la declaratoria di incostituzionalità dell’art. 4 d.l. n. 238/2011 […] è venuto meno il principio, con tali disposizioni perseguito, della eccezionalità del modello in house per la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica; mentre, con l’art. 34 del d.l. 18 ottobre 2012, n. 197, sono venute meno le ulteriori limitazioni all’affidamento in house, contenute nell’art. 4, comma 8 del predetto d.l. n. 238 del 2011 (così Sez. VI, 11 febbraio 2013, n. 762);

ii) a sua volta la Sez. V (22 gennaio 2015, n. 257) ha non solo ribadito la natura ordinaria e non eccezionale dell’affidamento in house, ricorrendone i presupposti, ma ha pure rilevato come la relativa decisione dell’amministrazione, ove motivata, sfugge al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salva l’ipotesi di macroscopico travisamento dei fatti o di illogicità manifesta;

iii) di recente, la stessa Sez. V (18/07/2017, n. 3554, in più d’un passo menzionata nella memoria di costituzione 31.8.2017 di Cup 2000) ha rafforzativamente richiamato la chiara dizione del quinto “considerando” della direttiva 2014/24/UE, laddove si ricorda che <nessuna disposizione della presente direttiva obbliga gli Stati membri ad affidare a terzi o a esternalizzare la prestazione di servizi che desiderano prestare essi stessi o organizzare con strumenti diversi dagli appalti pubblici ai sensi della presente direttiva>.

6.1.2. Tutte queste chiare e univoche indicazioni di principio sulla ordinarietà del ricorso all’in house non sono affatto contraddette dalla successiva sentenza della stessa Sez. V n. 4030 del 18 agosto 2017, richiamata da Record Data nella propria memoria 19 settembre 2017 per sostenere, viceversa, la “valenza eccezionale della regola dell’in house”, trattandosi di richiamo non pertinente, giacché la citata pronuncia n. 4030/2017 si occupa della diversa questione dell’attività prevalente svolta dall’ente controllato, alla luce degli specifici principi enunciati dalla Corte di Giustizia dell’UE con sentenza dell’8 dicembre 2016, in causa C-553/15, resa a seguito dell’ordinanza di rimessione 20 ottobre 2015, n. 4793/2015 di questo Consiglio di Stato.

6.1.3. Contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante nella citata memoria 19.9.2017, va, pertanto, riaffermato anche ai fini della presente controversia il carattere ordinario e non eccezionale dell’affidamento in house dei servizi di cui si tratta.

6.2. sul controllo analogo congiunto

La medesima sentenza n. 3554/2017 ha, altresì, richiamato i principi generali di cui alla sentenza CGUE 29 novembre 2011 (causa C-1812/2009) in materia di controllo analogo “congiunto”, .

6.2.1. La Corte di Giustizia – ha proseguito la Sez. V nella citata pronuncia n. 3554/2017 – non ha previsto una quota minima di partecipazione al capitale sociale, ritenendo a tal fine idonea anche la quota ultra minoritaria dello 0,1% del capitale della società interamente pubblica Garda Uno S.p.a., detenuta nel caso di specie dal Comune di Calcinato.

6.2.2. A maggior ragione, pertanto, va considerata adeguata la quota di capitale sociale (pacchetto di azioni speciali pari al 4,10% del capitale, con diritti amministrativi corrispondenti al possesso del 2,23% del capitale) detenuta da AUSL Romagna in seno a Cup 2000.

6.2.3. Quanto all’ulteriore presupposto della effettiva partecipazione dell’ente socio agli organi direttivi, esso può ritenersi soddisfatto – secondo le citate Cons. Stato n. 3554/2017 e CGUE 29 novembre 2011 – se, o direttamente o tramite la partecipazione a ”cordate” di soci, tale partecipazione viene garantita a tutti i sottoscrittori (esclusivamente pubblici) del capitale; né questa seconda ipotesi può ritenersi irragionevole e/o elusiva dei principi fondanti l’in house providing, posto che, a fronte della possibilità di adesione di un numero elevato di amministrazioni locali, il numero degli amministratori da nominare ben potrebbe risultare inferiore a quello degli enti partecipanti.

Del resto, ad avviso della sentenza n. 3554/2017, è la stessa direttiva 2014/24/UE, all’art. 12, a chiarire che “singoli rappresentanti possono rappresentare varie o tutte le amministrazioni partecipanti” (dizione, questa, osserva qui il Collegio, testualmente ripresa ora dalla lett. “a” dell’art. 5 comma 5 D. Lgs. 50/2016) e non è quindi necessario che tutti i soci possiedano un proprio rappresentante all’interno del consiglio di amministrazione, ben potendo essere rappresentati congiuntamente, sia pure in posizione di minoranza.

6.2.4. Anche questo presupposto risulta pienamente sussistente nel caso di specie, in cui la “cordata” delle Aziende sanitarie designa uno dei 3 componenti sia del Consiglio di Amministrazione che del Collegio sindacale.

6.2.5. Quanto alle modalità dell’influenza degli enti soci sul governo della società, di esse si occupa specificamente l’art. 9 dello Statuto di Cup 2000, il cui titolo recita, per l’appunto, “Esercizio del controllo sulla società” e che, prevede, a tal fine l’utilizzo dello strumento convenzionale, sia a livello orizzontale (apposita convenzione “quadro” tra gli enti soci), sia a livello verticale (singole convenzioni tra soci e Cup 2000, convenzioni bilaterali che il comma 2 dell’art. 9 dello Statuto obbliga espressamente Cup 2000 a rispettare).

6.2.6. Orbene, la convenzione stipulata tra i soci di Cup 2000 (il cui schema è stato da ultimo approvato dalla Regione Emilia-Romagna con delibera 9 febbraio 2016, n. 134, come si evince dal punto 4 delle premesse della successiva convenzione Cup 2000/Ausl Romagna) in premessa:

– dà atto della coerenza dell’accordo di cui si tratta con i “patti parasociali già assunti da tempo”;

– enuncia espressamente (all’ultimo “ritenuto”) l’esigenza <di dover ridefinire il profilo del controllo omogeneo da parte di tutti i soci e il profilo “controllo analogo” sulla attività e sul governo della Società>.

In particolare, l’art. 6 della convenzione prevede al comma 1 la costituzione di una Conferenza di coordinamento – composta dai rappresentanti legali degli enti o loro delegati – “per garantire l’azione unitaria e coordinata dei soci sull’attività e sul governo della società e per consentire l’utilizzo di modalità omogenee da parte di ciascun socio nello svolgimento dei controlli sulla società medesima secondo i profili dell’esattezza, della regolarità, dell’economicità, dell’efficienza, dell’efficacia e della razionalità”.

Le funzioni svolte dalla Conferenza sono indicate al successivo comma 2, secondo un elenco che si apre alla lettera “a” con la locuzione “impartisce direttive per il perseguimento degli indirizzi e degli obiettivi determinati annualmente dall’assemblea”; e si chiude alla lettera “h” con quella per cui “definisce gli indirizzi strategici valevoli per il mandato dei rappresentanti degli Enti soci nominati nel consiglio di amministrazione al fine di assicurare la coerenza tra le competenze esercitate e le funzioni di indirizzo e controllo spettanti ai soci”.

Tra le lettere intermedie, la “c” stabilisce che la Conferenza “individua i criteri omogenei di remunerazione delle attività svolte a favore dei soci, nonché le forme di controllo sulla qualità dei servizi”.

6.2.7. Al riguardo, può osservarsi de plano che:

* la Convenzione per un verso, richiama la propria coerenza ai patti parasociali sottoscritti tra gli enti soci; e per l’altro, istituisce un organismo di coordinamento tra gli stessi enti soci;

* a tale organismo (Conferenza) sono demandate attribuzioni, la cui pregnanza e incisività emerge ex se dalla rispettiva formulazione e dallo stesso utilizzo dei verbi che, ad una ad una, le introducono (“impartisce”; “definisce”; “individua”), per cui si rivela senz’altro fallace la deduzione della società appellante che invece vorrebbe ridurle a “poteri latamente partecipativi, non di reale impulso, pressoché di informazione e di generica vigilanza sull’operato della società, che non comportano l’effettiva capacità di influenzarne le scelte gestionali e gli obiettivi strategici”.

Prova ne sia che – come risulta dalle premesse della convenzione Cup 2000/Ausl Romagna, di cui infra sub 6.2.9 – in data 22 luglio 2016 la Conferenza di coordinamento ha “determinato” (di nuovo il verbo è “costitutivo” e non latamente propositivo) le nuove tariffe e condizioni economiche di Cup 2000, da applicare alle prestazioni e ai servizi erogati dalla Società in favore dei Soci committenti (la “determinazione” è allegata alla nota 11 ottobre 2016 di Cup 2000, qui prodotta dalla difesa della stessa Cup 2000 contestualmente alla memoria 31 agosto 2017).

Possono, così, ritenersi inverati anche nel caso di specie gli stessi due elementi valorizzati dalla più volte citata sentenza CdS n. 3554/2017 (patti parasociali; organismo di coordinamento dotato di funzioni “conformanti”) al fine di ritenere “rafforzato” il rapporto in house e il ruolo dei soci minoritari (come è Ausl Romagna in Cup 2000) al suo interno.

6.2.8. Ai fini della sussistenza del controllo analogo, la medesima sentenza valorizza, altresì, le previsioni statutarie che attribuiscono all’assemblea l’approvazione degli atti di indirizzo (conferendo al Consiglio di amministrazione solo un potere di proposta circa gli stessi): ed anche tale elemento è ravvisabile nel caso dello Statuto di Cup 2000, il cui art. 17, comma 2 demanda, in particolare, all’assemblea la determinazione annuale degli indirizzi e degli obiettivi dell’azione societaria (lett. a) e l’approvazione dei piani pluriennali di attività della Società ed eventuali modifiche dei medesimi predisposti dal Consiglio di Amministrazione (lett. b).

Di particolare rilievo è, poi, il successivo quarto comma del medesimo art. 17 il quale espressamente statuisce che per le deliberazioni inerenti (tra le altre, anche) la determinazione annuale degli indirizzi di cui alla lett. a) e l’approvazione/modifica dei piani pluriennali di cui alla lett. b) è richiesto il voto favorevole di tanti Soci che rappresentino almeno l’80% del capitale sociale: tale previsione statutaria fa, pertanto, perdere di consistenza a un altro argomento svolto dalla società appellante, quello per cui l’esercizio effettivo del controllo analogo congiunto finirebbe per essere nella disponibilità degli enti che detengono le partecipazioni azionarie tali da garantire loro di raggiugere comunque gli elevati quorum deliberativi stabiliti nello statuto.

Invero, neppure i quattro enti che possiedono i “pacchetti” azionari più cospicui (28,55%, Regione Emilia Romagna; 20,94%, AUSL di Bologna; 10,60%, Comune di Bologna; 10,60%, Istituti Ortopedici Rizzoli) riescono, pur sommando tutte le rispettive quote, a raggiungere il quorum dell’80% richiesto per le deliberazioni caratterizzanti l’azione “strategica” della società nel tempo.

6.2.9. A ciò si aggiunga che, nel caso di specie, oltre alla convenzione “quadro” che stabilisce le forme di coordinamento tra gli enti soci, esiste poi – espressamente da questa prevista all’art. 5 – una specifica convenzione bilaterale tra società partecipata Cup 2000 e i singoli Enti.

Quella stipulata tra Cup 2000 e Ausl Romagna dedica, in particolare, l’art. 6 a disciplinare la “attività di controllo da parte dell’ente sottoscrittore”, in conformità ai contenuti dell’art. 5 della convenzione-quadro tra gli enti soci. Ebbene tale articolo 6 prevede:

– alle prime due lettere a) e b), l’obbligo per Cup 2000 di fornire (almeno semestralmente) ad Ausl Romagna atti, relazioni e documenti al fine di adempiere alle funzioni attribuite in sede di Conferenza di coordinamento; nonché di segnalare immediatamente alla stessa Ausl e alla Conferenza ogni eventuale disservizio e le misure adottate per la sua risoluzione;

– alle successive lettere c), d) ed e), la facoltà per Ausl Romagna di “indire” (di nuovo: verbo a valenza decisionale) riunioni anche urgenti con personale qualificato di Cup 2000 per affrontare problemi emersi o sviluppi dell’attività da svolgere; di far accedere proprio personale designato a uffici e locali di Cup 2000 per verificare le modalità di svolgimento delle attività di cui alla convenzione; di fornire a Cup 2000 indicazioni e direttive in merito al servizio commissionato, il tutto naturalmente nel rispetto del programma generale concordato e dell’equilibrio economico-finanziario e tecnico-operativo del rapporto.

6.3. sulla prevalenza dell’attività in favore degli enti partecipanti

Con uno specifico profilo del primo motivo di appello, Record Data deduce, altresì, che l’art. 4 comma 3 bis dello statuto di Cup 2000 (il quale contempla la possibilità per la Società di svolgere altre attività, in ambito internazionale, sebbene in modo residuale e se funzionale agli interessi dei soci nell’ambito dell’oggetto sociale) lascerebbe intravvedere una vocazione di carattere commerciale della Società medesima.

Al riguardo, il Collegio osserva:

I) che già il punto 50 della sentenza Teckal C. giust. CE, 18 novembre 1999, C-107/98 ha da tempo chiarito come l’affidamento diretto in house sia legittimo se l’affidatario realizza “la parte più importante” (o preponderante o prevalente) della propria attività con l’ente o con gli enti che lo controllano: dunque, non è richiesta l’esclusività dell’attività in favore degli enti controllanti;

II) che coerentemente a tale principio, l’art. 4 comma 3 bis dello Statuto di Cup 2000 prevede che le altre attività svolte dalla Società in ambito internazionale debbano rivestire carattere residuale, rispettoso dell’oggetto sociale e funzionale agli interessi dei soci pubblici;

III) che l’appellante non fornisce un solo esempio di questo genere di attività svolta da Cup 2000;

IV) che, pertanto, la sua affermazione circa la sottesa vocazione commerciale di Cup 2000 risulta meramente ipotetica e sfornita del benché minimo principio di prova, cosicché non può che essere disattesa.

6.4. sul criterio (sintetico) di verifica del requisito del controllo analogo e sulle sue conseguenze nel caso di specie

La citata sentenza n. 3554/2017 si richiama, poi, espressamente alla consolidata giurisprudenza della Sez. V secondo cui “nel caso di affidamento in house, conseguente all’istituzione da parte di più enti locali di una società di capitali da essi interamente partecipata […] il requisito del controllo analogo deve essere quindi verificato secondo un criterio sintetico e non atomistico, sicché è sufficiente che il controllo della mano pubblica sull’ente affidatario, purché effettivo e reale, sia esercitato dagli enti partecipanti nella loro totalità, senza che necessiti una verifica della posizione di ogni singolo ente” (8 marzo 2011, n. 1447; 24 settembre 2010, n. 7092; 26 agosto 2009, n. 5082; 9 marzo 2009, n. 1365).

In applicazione di tale criterio e traendo le conclusioni di quanto si è venuto esponendo al presente capo 6, è senz’altro ravvisabile, nel caso di specie, la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 12 della direttiva 2014/24/UE e dell’art. 5 comma 5 D. Lgs. 50/2016 ai fini della legittimità dell’affidamento diretto del servizio di cui si tratta da Ausl Romagna a Cup 2000, e cioè:

1. la totale partecipazione pubblica del capitale della società incaricata della gestione del servizio (circostanza, questa, incontroversa tra le parti);

2. la realizzazione, da parte della suddetta società, della parte preponderante della propria attività con gli enti controllanti;

3. il controllo analogo (nella forma del cd. controllo congiunto) sulla società partecipata da parte dei medesimi enti.

7. Sui residui profili di censura dispiegati dall’appellante, il Collegio osserva, poi, quanto segue, applicando il criterio di sinteticità, sia in ossequio al disposto di cui all’art. 120 comma 10 c.p.a., sia in relazione al loro carattere effettivamente residuale anche dal punto di vista logico-giuridico:

7.1. sulle motivazioni addotte da Ausl Romagna ai fini dell’affidamento del servizio a Cup 2000

La determinazione direttoriale 9.9.2016, n. 2046 – impugnata in primo grado da Record Data e con cui Ausl Romagna ha affidato a Cup 2000 il servizio de quo – ha espressamente valutato la congruità della proposta economica di quest’ultima sulla scorta di 3 fattori:

– comparazione con le tariffe applicate dall’attuale fornitore;

– benefici in termini di riduzione dei costi Iva;

– efficienza ed economicità del servizio complessivamente svolto dalla società in favore delle Aziende del Servizio sanitario regionale.

7.1.1. Circa il primo fattore, Record Data lamenta essenzialmente che l’Ausl non abbia tenuto conto della proposta economica da essa avanzata il 6 giugno 2016.

Tale proposta (migliorativa delle tariffe in essere per il servizio che all’epoca la predetta Società stava svolgendo) richiamava nel proprio incipit (pag. 1) la determinazione dirigenziale 30.5.2016, n. 1185 di proroga del servizio a Record Data sino al 31.8.2016 e conteneva nella propria parte conclusiva (pag. 23) la testuale dizione “Prezzi Iva esclusa, a Voi riservati a fronte di una proroga minima di mesi 24”.

Orbene, la menzionata determina n. 1185/2016 dava espressamente atto nelle premesse che il legislatore (statale) ha disciplinato l’istituto giuridico della c.d. “proroga tecnica” ovvero la facoltà, per le parti contrattuali, di differire la scadenza di una obbligazione nella misura strettamente necessaria a terminare le ordinarie procedure di scelta del contraente e richiamava, altresì, l’art. 15 della L.R. Emilia-Romagna n. 28/2007 che parimenti consente la proroga del contratto nelle more dello svolgimento delle procedure di scelta del contraente.

Ciò stante, la proposta di proroga per una durata minima di 24 mesi, formulata da Record Data il 6 giugno 2016, si configura all’evidenza come contra legem e correttamente l’AUSL non ne ha tenuto conto, prendendo in considerazione esclusivamente le tariffe in corso, praticate dalla stessa Società fornitrice.

7.1.2. In ordine all’esenzione IVA di cui gode Cup 2000, va osservato che l’art. 132 della Direttiva del Consiglio 28/11/2006, n.112 relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, prevede espressamente al comma 1 lett. b) che gli Stati membri esentano “l’ospedalizzazione e le cure mediche nonché le operazioni ad esse strettamente connesse, assicurate da enti di diritto pubblico oppure, a condizioni sociali analoghe a quelle vigenti per i medesimi, da istituti ospedalieri, centri medici e diagnostici e altri istituti della stessa natura debitamente riconosciuti”.

Orbene, la fattispecie di cui è causa ricade nell’ambito di applicazione di tale disposizione eurounitaria, tanto sotto il profilo soggettivo, quanto sotto quello oggettivo:

– sotto il profilo soggettivo, essendo Cup 2000 una società interamente pubblica in house providing, può ritenersi superata l’autonomia della sua personalità giuridica rispetto egli enti pubblici che al suo capitale partecipano in forma totalitaria (cfr. Cass. sez. un. 103.2014, n. 5491), in quanto <la natura “in house providing” della società partecipata vanifica il dato formale della sua distinta personalità giuridica e giustifica in toto l’assimilazione della stessa società alle articolazioni organiche dell’ente pubblico, degli enti pubblici che al suo capitale partecipano in forma totalitaria; la società “in house” in fondo è una sorta di “impresa – organo”> (così Cassazione civile, sez. II, 9/09/2016, n. 17845);

– sotto il profilo oggettivo, sussiste l’ulteriore elemento della stretta connessione delle operazioni svolte da Cup 2000 con le cure mediche, trattandosi di servizi di registrazione dei dati contenuti nelle ricette di prescrizione farmaceutica e di controllo contabile delle fatturazioni e delle distinte contabili emesse dalle farmacie convenzionate, facenti parte del Servizio sanitario nazionale.

Solo a titolo esemplificativo, può al riguardo rammentarsi come recentemente (4/05/2017, n. 699) la Corte di Giustizia UE Sez. I abbia ritenuto che il citato art. 132 Direttiva 2006/112 dev’essere interpretato nel senso che possono essere considerate prestazioni «strettamente connesse» alla prestazione principale d’insegnamento e, quindi, esentate dall’imposta sul valore aggiunto (IVA), attività consistenti nel fornire, da parte degli studenti di un istituto d’insegnamento superiore, nell’ambito della loro formazione e a titolo oneroso, servizi di ristorazione e di intrattenimento a terzi.

E’, pertanto, da escludersi la violazione dei principi eurounitari in materia di concorrenza e aiuti di stato, lamentata dall’appellante.

7.1.3. La stretta connessione appena sottolineata tra erogazione delle prestazioni di cui è causa e complessiva funzionalità del Servizio sanitario nazionale vale, altresì, a rendere ragione dell’ulteriore elemento addotto da Ausl Romagna a sostegno della determinazione di attribuire a Cup 2000 lo svolgimento di dette prestazioni in house providing: e cioè la “razionalizzazione, efficienza ed economicità del servizio complessivamente svolto a favore delle Aziende del Servizio Sanitario Regionale”.

Sono, invero, del tutto auto-evidenti i vantaggi che possano derivare (in termini di sinergie informative e organizzative, tariffazione unitaria, ecc.) dalla prospettiva dello svolgimento in forma integrata del servizio, ad opera di un unico soggetto partecipato e in favore dell’insieme delle Aziende sanitarie operanti nella Regione Emilia-Romagna, rispetto a uno scenario che veda l’affidamento parcellizzato del servizio, Azienda per Azienda, a fornitori potenzialmente differenti: la memoria 21.9.2017 dell’Ausl Romagna evidenzia, infatti, come nell’allegato alla determina di affidamento a Cup 2000 si legga che quest’ultima eroga attualmente il servizio per 5 Aziende, elaborando il 55% delle prescrizioni dell’intera Regione e la memoria 31.8.2017 di Cup 2000 – non contestata sul punto nei successivi scritti difensivi di controparte – afferma a sua volta essere in progetto la costituzione di un sistema di rilevazione e registrazione omogeneo per l’intero territorio regionale.

7.1.4. In applicazione del canone enunciato dalla Sez. V nella sentenza n. 257/ 2015, richiamata alla lett. ii) del capo 6.1, occorre, pertanto, concludere che la motivazione addotta da AUSL nella determinazione impugnata in primo grado risulta esente da vizi macroscopici tali da poter essere censurati da questo Giudice.

7.2. sulle esternalizzazioni di Cup 2000

Sia nell’atto d’appello sia nella memoria 22 settembre 2017, Record Data insiste, altresì, sul tema delle “esternalizzazioni” (per una parte definita non marginale del fatturato) di Cup 2000, affermando anche che a nulla rileverebbe che Cup 2000 abbia individuato le imprese subappaltrici tramite gara.

Al contrario, ritiene il Collegio che tale modalità di individuazione delle imprese proprie fornitrici da parte di Cup 2000 sia rilevante, ai fini di stabilire il rispetto della normativa nazionale ed eurounitaria, cosicché, una volta ciò appurato, è la censura di Record Data a divenire irrilevante ai fini di stabilire la legittimità dell’affidamento in house a Cup 2000, essendo del tutto evidente che tale affidamento non può implicare alcun divieto in sé di rivolgersi al mercato esterno per determinati servizi.

Peraltro, in punto di fatto Cup 2000 ha precisato nella memoria di replica del 27 settembre 2017 come la progressiva diffusione a livello regionale della ricetta dematerializzata abbia comportato la – ovvia e consequenziale – diminuzione dell’attività di digitalizzazione delle prescrizioni da parte del fornitore esterno, attestandone l’incidenza sul 20-25% del fatturato complessivo.

Anche tale doglianza deve, dunque, essere disattesa.

7.3. sull’art.4, c.7 d.l. 95/2012

Questo profilo di censura risulta strettamente complementare (simul stabunt simul cadent) con l’argomentazione difensiva svolta da Record Data nella memoria 19 settembre 2017, secondo cui l’affidamento in house avrebbe natura eccezionale.

Quest’ultima deduzione è già stata disattesa al precedente capo 6.1.3. e analoga sorte deve, pertanto, seguire quella qui in esame: invero, la disposizione invocata da Record Data e “sopravvissuta” al giudizio di incostituzionalità (sentenza Corte Cost. 23 luglio 2013, n. 229) che ha colpito altri commi del medesimo articolo (tra cui il comma 8 che consentiva l’affidamento diretto solo in house providing) si limita a enunciare il principio dell’evidenza pubblica, mentre il venir meno del comma 8 non priva affatto di copertura normativa l’ordinaria possibilità alternativa del ricorso all’in house, ampiamente contemplato da successive disposizioni eurounitarie ed interne (a cominciare da quella menzionata al citato capo 6.1.3.) e suffragato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia in tema di generale operatività di questo istituto nell’ordinamento eurounitario.

8. Conclusioni

Per le considerazioni che precedono l’appello va respinto e la sentenza di primo grado va confermata, con le precisazioni e integrazioni motivazionali che precedono.

Anche in ragione dell’anzidetta portata integrativa della presente pronuncia, le spese di questo grado del giudizio possono essere integralmente compensate tra tutte le parti costituite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese del grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 ottobre 2017 con l’intervento dei magistrati:

Franco Frattini, Presidente

Umberto Realfonzo, Consigliere

Massimiliano Noccelli, Consigliere

Pierfrancesco Ungari, Consigliere

Giorgio Calderoni, Consigliere, Estensore

     
     
L’ESTENSORE   IL PRESIDENTE
Giorgio Calderoni   Franco Frattini
     
     
     
     
     

IL SEGRETARIO

 

27 ottobre 2017

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