29/12/2020 – Piano per lo smartworking: i template della Funzione Pubblica confermano che si confonde una funzione di mera ricognizione con un’attività di programmazione

C’era la sensazione che l’ormai celeberrimo POLA fosse soprattutto un esercizio volto a far impiegare tempo, ammantato di “strategia” e “programmazione”, ovviamente “manageriale”.

template messi a disposizione da Palazzo Vidoni confermano che, al contrario, si tratta sostanzialmente di una mega opera ricognitiva di dati che, per altro, in gran parte dovrebbero essere censiti da altre parti.

Gli elaborati, come del resto le stesse Linee Guida per il POLA, non lasciano comprendere la ragione per la quale il POLA sia stato considerato come parte del “piano della performance” o, per gli enti locali, del piano esecutivo di gestione – piano dettagliato degli obiettivi.

Il POLA, con la definizione di obiettivi fissati dall’amministrazione, coerentemente con la programmazione politica, per estendere benefici alla comunità amministrata ha pochissimo a che vedere.

Si tratta, infatti, nella sostanza di un sistema di messa in ordine delle condizioni operative in presenza delle quali poter qualificare la gestione di certe funzioni come compatibile col lavoro agile e poco altro.

Non è un caso che il DM 19.10.2020 abbia, correttamente, individuato nei dirigenti i soggetti competenti ad attivare il lavoro agile.

La programmazione degli obiettivi, invece, è competenza dell’organo di governo. Ma, nel sistema di promozione del lavoro agile, il ruolo dell’organo di governo si dovrebbe limitare esclusivamente:

 

  1. a stabilire se e quanto intenda investire nella promozione del lavoro agile: la dirigenza, infatti, può intervenire ed essere chiamata come responsabile, nella misura in cui l’organo di governo, cui compete l’appostazione delle risorse, intenda davvero puntare sulle innovazioni necessarie allo scopo; se il lavoro agile ha avuto enormi difficoltà a prodursi ed ha visto totalmente impreparate le PA nella fase del lock down puro,  è proprio perchè gli organi di governo hanno investito somme prossime allo zero per la transizione digitale, la riorganizzazione, gli strumenti hardware, le reti e gli applicativi;
  2. ad introdurre nei bilanci annuali e pluriennali le somme necessarie, deciso “se” davvero valorizzare il lavoro agile.

 

Per il resto, il POLA è ricognizione, che va verso la pianificazione solo se, appunto, sia chiaro quante (e se) risorse l’amministrazione intenda destinare.

Perchè si tratta per lo più di una mera ricognizione? Lo afferma indirettamente lo stesso template, ad esempio nella descrizione della parte 1 “Livello di attuazione e sviluppo”: “L’Amministrazione descrive in modo sintetico il livello attuale di implementazione e di sviluppo del lavoro agile, anche utilizzando dati numerici. Tale livello costituisce la base di partenza (baseline) per programmarne il miglioramento nel periodo di riferimento del Piano organizzativo“.

 

Lo confermano le indicazioni relative all’Allegato 1: “L’Amministrazione deve definire e aggiornare l’elenco delle attività che possono essere svolte in modalità di lavoro agile nelle diverse funzioni, servizi e uffici, anche in riferimento al grado di digitalizzazione delle procedure in corso nei vari settori e processi, rilevando altresì le eventuali criticità incontrate e i modi con cui si intende superarle“.

Per redigere il POLA, quindi, occorrono molto banalmente:

 

  • l’inventario degli strumenti hardware e software;
  • la famosa “mappatura dei processi”, che gli enti hanno dovuto produrre già molte volte, per attuare le previsioni, fra le altre, della legge 241/1990, del d.lgs 82/2005 (codice dell’amministrazione digitale), del d.lgs 33/2013 sulla trasparenza, nonchè per adottare ed aggiornare il piano triennale della prevenzione della corruzione e il GDPR;
  • l’inventario degli applicativi disponibili per la gestione delle attività anche da remoto.

Basta poco altro, come ad esempio valutazioni sulla capacità dell’utenza esterna di relazionarsi da remoto con gli uffici (in altre parole, capire quanto cittadini ed imprese siano capaci poi di utilizzare strumenti di gestione delle pratiche su piattaforme internet), per capire quali processi (ma, a noi piace parlare correttamente di procedimenti) o parti di essi siano compatibili con il lavoro agile.

 

Per quanto riguarda lo sviluppo ulteriore? Se le amministrazioni non prevedono investimenti di risorse, il POLA resterà destinato ad essere un mero adempimento. Per carità, anche ricco di spunti interessanti sui massimi sistemi (come il coinvolgimento del Cug o dell’Oiv), ma improduttivo di ogni effetto di estensione del lavoro agile.

 

Alla fine, come sempre, si valuterà se sia stato adottato o no il POLA, se sia stato più o meno diligentemente e diffusamente compilato in modo aulico il template, ma non si baderà all’efficacia della pianificazione, in rapporto agli investimenti.

 

D’altra parte, la norma che ha introdotto il POLA reca con sè la clausola che è stata fin qui utile per fare fallire in partenza qualsiasi riforma: il raggiungimento delle percentuali del 60% del personale addetto alle attività compatibili col lavoro agile (nel caso di adozione del POLA), o del 30% (nel caso di mancata adozione, cosa che rende di per sè il POLA poco utile ed attrattivo) è “realizzato  nell’ambito  delle  risorse disponibili a legislazione vigente“. Con buona pace della “managerialità”, della “strategia”, della “responsabilità dei dirigenti”.

 

 

 

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