28/05/2020 – Lavoro agile e permessi orari: non convincono le indicazioni dell’Aran

Lavoro agile e permessi orari: non convincono le indicazioni dell’Aran
 
Con la nota 3027 del 30 aprile 2020, l’Aran, in risposta a quesiti posti da un comune, ha, tra l’altro affermato che i permessi orari sono compatibili con il lavoro agile, al contrario dello straordinario.
Le conclusioni cui giunge l’Agenzia, in base in particolare al ragionamento logico giuridico da essa seguito, tuttavia appaiono tutt’altro che persuasive.
Permessi orari. L’Aran trae spunto da alcune indicazioni espresse dal Ministero della Funzione Pubblica.
Desume la prima dalla direttiva 3/2017, pagine 8, punto ii), 10 e 18, ove si afferma uno specifico obbligo a carico del lavoratore di farsi contattare in specifiche fasce orarie predefinite.
La Direttiva 3/2017, nel fornire indicazioni sul contenuto dell’accordo che regola lo smart working suggerisce: “individuazione della correlazione temporale dello smart working rispetto all’orario di lavoro e di servizio dell’amministrazione anche mediante fasce di reperibilità …  Definizione delle caratteristiche del progetto generale di lavoro agile attraverso un Piano o atto interno (che contenga a titolo esemplificativo indicazioni in merito alla durata, rientri settimanali, fasce di contattabilità, utilizzo degli strumenti tecnologici, criteri di scelta in caso di richieste superiori al numero disponibile; sicurezza sul lavoro ecc.)… l’esercizio del potere di controllo sulla presenza in servizio della lavoratrice o del lavoratore agile potrebbe essere regolato nell’ambito dell’accordo individuale attraverso la previsione di fasce di reperibilità articolate in relazione all’orario di servizio eventualmente previsto nel regolamento interno dall’amministrazione”.
L’Aran si rifà anche ai contenuti di pagina 4 della circolare 2/2020 di Palazzo Vidoni. L’unico passaggio a pagina 4 riferito ai permessi, però, afferma: “Si sottolinea che – fermo restando il divieto di discriminazione – istituti quali prestazioni eccedenti l’orario settimanale che diano luogo a riposi compensativi, prestazioni di lavoro straordinario, prestazioni di lavoro in turno notturno, festivo o feriale non lavorativo che determinino maggiorazioni retributive, brevi permessi o altri istituti che comportino la riduzione dell’orario giornaliero di lavoro appaiono difficilmente compatibili con la strutturazione del lavoro agile quale ordinaria modalità delle prestazione lavorativa. Si ritiene pertanto conforme a normativa che una PA non riconosca a chi si trova in modalità agile, ad esempio, prestazioni di lavoro straordinario“.
L’Aran, comunque, nel parere citato afferma che “anche nella modalità lavorativa agile potrebbe risultare possibile la fruizione di permessi su base oraria“, ammettendo che il dipendente possa essere sollevato dall’obbligo di contattabilità laddove le sue esigenze non risultino compatibili con la fascia oraria di reperibilità prevista.
Non pare sia da mettere in dubbio che la conclusione cui giunge l’Aran sia in frontale contraddizione con le indicazioni fornite dalla Funzione Pubblica nella circolare 2/2020.
Nello stesso tempo, le fasce di reperibilità non costituiscono nè possono costituire un vincolo nè di orario, nè di presenza, del tutto incompatibili con lo smart working, ma semplicemente un’indicazione generale tesa ad evidenziare la disponibilità del singolo dipendente ad essere contattato nel corso della giornata a vari fini, tra i quali anche quelli della rendicontazione dell’attività svolta.
Nulla esclude che il dipendente, quel giorno che necessiti per proprie esigenze, di mutare le condizioni della contattabilità col datore, concordi una diversa fascia.
L’indicazione fornita dall’Aran finisce per cozzare sempre in modo plateale con un altro passaggio della circolare della Funzione Pubblica 2/2020, quello relativo alla fruizione dei permessi previsti dalla legge 104/1991. La circolare, infatti, afferma che “In ordine alla possibilità di fruire a ore i citati permessi aggiuntivi si ritiene che tale opzione – pur astrattamente compatibile con il quadro regolativo di riferimento – sia in controtendenza rispetto all’obiettivo prioritario di limitare gli spostamenti delle persone fisiche e non funzionale, considerato che lo smart working rappresenta, nell’attuale fase emergenziale, l’ordinaria modalità di svolgimento della prestazione lavorativa. Sarebbe, pertanto, auspicabile che le Amministrazioni incentivassero, quanto più possibile, l’utilizzo a giornate dell’istituto, anche eventualmente in forma continuativa“.
Palazzo Vidoni, come si nota, si mostra contrario alla possibilità di utilizzare i permessi aggiuntivi istituiti dal d.l. 18/2020.
In generale, permessi orari non si possono considerare conciliabili col lavoro agile per due evidenti considerazioni:
1. lo smart working è antitetico alla predeterminazione di un orario; la prestazione deve essere determinata in termini di raggiungimento di risultati, non di ore-lavorative (poi, ai fini della reportistica, nulla vieta di stimare tempi standard di produzione, per commisurare la sostenibilità del carico di lavoro). In ipotesi, quindi, lo smart worker potrebbe anche un giorno ridurre la quantità prodotta, riducendo anche l’orario dedicato al lavoro, per poi recuperare detta quantità il giorno o i giorni successivi. E’ per questo motivo che la reportistica sui risultati è opportuno sia non solo quotidiana, ma anche e soprattutto rapportata a periodi più ampli: settimanali o mensili;
2. il lavoratore disposto in lavoro agile non deve timbrare l’orario: non appare quindi materialmente possibile nemmeno pensare a tracciare l’eventuale “permesso” orario.
In conclusione, le indicazioni dell’Aran non possono considerarsi condivisibili, sia perchè contrarie alle indicazioni sulle quali, tuttavia, vorrebbero poggiarsi, sia, soprattutto, perchè incompatibili con le modalità di svolgimento del lavoro agile.
Straordinario. Paradossalmente, le ragioni addotte erroneamente dall’Aran per sostenere la possibilità dei permessi orari, valgono a contraddire le conclusioni cui perviene (in questo caso aderendo a quanto evidenziato dalla circolare 2/2020 della Funzione Pubblica) in merito all’incompatibilità tra smart working e lavoro agile.
Non c’è dubbio che se il lavoro agile non si presta ad una misurazione in termini di orario, risulta impossibile anche determinare un plus orario.
Ma, l’Aran, richiamando la direttiva 3/2017, ricorda che occorre determinare una fascia di reperibilità o contattabilità.
In realtà, la legge 81/2017, all’articolo 18, comma 1, ultimo periodo, dispone che “La prestazione lavorativa viene eseguita, in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla  contrattazione collettiva“.
Per orario di lavoro, si intende il periodo di tempo giornaliero durante il quale, nel rispetto dell’orario d’obbligo contrattuale, ciascun dipendente assicura la propria attività lavorativa nell’ambito dell’orario di servizio.
L’orario di servizio è generalmente più ampio dell’orario di lavoro: si pensi ad un ufficio organizzato su turni.
Il lavoro agile non può comportare che il lavoratore risulti impegnato sul piano della quantità oraria, oltre le 7 ore e 12 minuti al giorno (se il lavoro è su 5 giorni la settimana) o le 36 ore settimanali. Ma, poichè l’attività lavorativa non va resa entro la gabbia specifica dell’orario di lavoro, il lavoratore può “spalmarla” entro la più ampia fascia dell’orario di servizio.
La previsione dell’articolo 18, comma 1, della legge 81/2017 imponendo anche nel lavoro agile un limite alla durata massima dell’orario giornaliero (senza escludere che possa essere spalmato nel più ampio orario di servizio), indirettamente fonda il diritto alla disconnessione.
Pertanto, il datore di lavoro non può pretendere che il lavoratore agile espleti le proprie attività oltre le 36 ore settimanali e, soprattutto, al di fuori della fascia nella quale scatta il proprio diritto alla disconnessione.
Dunque, contrariamente a quanto affermano Aran e Funzione Pubblica, si deve ritenere che laddove il datore chieda al lavoratore agile lo svolgimento di attività lavorativa nell’ambito del proprio diritto alla disconnessione (si pensi all’eventualità di un ordine di servizio di lavorare il sabato), è del tutto evidente che allo smart worker non possa non spettare lo straordinario, dovendo a quel punto le parti concordare un segmento orario nel quale svolgere la prestazione, per determinare l’onere retributivo connesso.
 

Print Friendly, PDF & Email
Torna in alto