28/01/2017 – Incarichi dirigenziali: illegittima la cessazione automatica, anticipata

Incarichi dirigenziali: illegittima la cessazione automatica, anticipata
di Paola Cosmai – Dirigente Avvocato S.S.N.

 

Con la Sent. 24 gennaio 2017, n. 15, la Consulta ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 2, comma 20, D.L. 6 luglio 2012, n. 95, recante “Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario”, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, L. 7 agosto 2012, n. 135, in riferimento agli artt. 3, 97 e 98 Cost., nella parte in cui prevede che all’esito del processo di riorganizzazione delle proprie strutture sulla base di criteri di contenimento della spesa e di ridimensionamento strutturale attuato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e comunque non oltre il 1° novembre 2012, cessano tutti gli incarichi in corso a quella data, di prima e seconda fascia, conferiti ai sensi dell’art. 19, comma 6, D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165.

La questione era stata sollevata dal Tribunale di Roma – Sezione Lavoro, con ordinanza del 30 ottobre 2015, n. 56, nel corso del giudizio promosso da un dirigente ministeriale che aveva impugnato la comunicazione della Presidenza del Consiglio di cessazione anticipata dell’incarico al 1 novembre 2012 per effetto dell’entrata in vigore dell’art. 19 cit.

Disposizione che riteneva anticostituzionale potendo assimilarsi detta fattispecie al cd. spoil system, tradizionalmente ritenuto illegittimo dalla Consulta giacché qualunque meccanismo di cessazione automatica “ex lege” di incarichi di funzioni dirigenziali ex art. 19, D.Lgs. n. 165 del 2001, collide per un verso con l’art. 3 della Carta fondamentale ossia col principio di eguaglianza e di affidamento del lavoratore e, per altro verso, con gli artt. 97 e 98 Cost., incrinando i principi fondamentali dell’azione amministrativa del buon andamento e della continuità, in nome dei quali, dunque, «essi possono legittimamente essere revocati, solo mediante forme procedimentali atte all’accertamento dei risultati conseguiti, che si concludano con un provvedimento motivato, suscettibile di vaglio giurisdizionale».

Ragioni che non retrocedono, secondo il Tribunale territoriale, nemmeno a fronte delle esigenze di contenimento della spesa pubblica e di riduzione degli organici sottesa al D.L. n. 95 del 2012 cit., traducendosi in un’elusione del controllo giurisdizionale sulla rispondenza della cessazione dello specifico incarico alle esigenze di buon andamento ed imparzialità della Pubblica Amministrazione.

Nonostante la difesa erariale avesse sottolineato come la novella avesse introdotto un’ipotesi di risoluzione degli incarichi dirigenziali per nulla collegata al mutamento degli organi politici, ma per perseguire – in linea con l’art. 81 Cost. – la riduzione delle spese per il personale (anche) attraverso l’eliminazione delle posizioni dirigenziali con una previsione anche temporalmente limitata nel tempo, la Consulta conferma il suo consolidato orientamento in materia sottolineando come, in buona sostanza, il decreto censurato si traduca in una ipotesi di cessazione automatica degli incarichi dirigenziali e la risoluzione anticipata dei corrispondenti contratti di lavoro a termine, quantunque volga ad un risparmio di spesa piuttosto che a sostituire gli organi di vertice in occasione del ricambio politico di maggioranza.

A tal proposito, infatti, il Giudice delle leggi evidenzia come abbia più volte chiarito come, salvo che non si tratti di dirigenti addetti agli uffici di diretta collaborazione con gli organi di governo o di dirigenti apicali, in cui prevale la natura fiduciaria intuitu personae dell’investitura, la decadenza automatica degli incarichi dirigenziali per motivi che esulino dalla valutazione negativa dell’operato o dalle vicende proprie del rapporto di ufficio non possa trovare spazio nel nostro ordinamento, dovendo sempre garantirsi «la presenza di un momento procedimentale di confronto dialettico tra le parti, nell’ambito del quale, da un lato, l’amministrazione esterni le ragioni – connesse alle pregresse modalità di svolgimento del rapporto anche in relazione agli obiettivi programmati dalla nuova compagine governativa – per le quali ritenga di non consentirne la prosecuzione sino alla scadenza contrattualmente prevista; dall’altro, al dirigente sia assicurata la possibilità di far valere il diritto di difesa, prospettando i risultati delle proprie prestazioni e delle competenze organizzative esercitate per il raggiungimento degli obiettivi posti dall’organo politico e individuati, appunto, nel contratto a suo tempo stipulato».

Garanzie procedimentali, momento valutativo e motivazione del provvedimento espulsivo che, stigmatizza la Consulta, difettano anche nell’analoga disposizione contenuta nell’art. 19 cit., soprattutto considerando che, a fronte del dichiarato intento di ridurre gli incarichi dirigenziali recato dall’art. 2, comma 20, D.L. n. 95 del 2012 (secondo cui «fino al suddetto termine – del 1° novembre 2012 – non possono essere conferiti o rinnovati incarichi di cui alla citata normativa»), è prevista in ogni caso la possibilità di procedere alla sostituzione del personale dirigenziale in questione, sia pure dopo il 1° novembre 2012, senza che possa assicurarsi, quindi, alcun risparmio di spesa (effetto peraltro espressamente escluso finanche dalla relazione tecnica al maxi-emendamento del Governo in cui si precisa che, trattandosi di una disposizione di carattere ordinamentale, non si determinano effetti finanziari).

Corte Cost. 24 gennaio 2017, n. 15

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