26/11/2019 – la newsletter di Aran

AranSegnalazioni n. 17/2019
Orientamenti applicativi

Comparto Funzioni Centrali

Può essere concesso il permesso ex art. 35 su base oraria per l’espletamento di visite o prestazioni al di fuori dell’orario di lavoro, laddove nella richiesta si evidenzi che l’uscita anticipata rispetto all’orario ordinario di lavoro è resa necessaria dal raggiungimento della struttura sanitaria di riferimento?

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Orientamenti applicativi

Comparto Funzioni Centrali

Nel caso in cui il dipendente si assenti per l’intera giornata ai sensi dell’art. 35, la visita deve avere una durata almeno pari alla metà dell’orario di lavoro che il dipendente avrebbe dovuto osservare nella relativa giornata di assenza? Alla durata della visita vanno aggiunti i tempi di percorrenza?

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Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per la pubblica amministrazione

Misura per la definizione delle capacità assunzionali di personale a tempo indeterminato delle Regioni – Decreto 3 settembre 2019 

Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale

E’ stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 258 del 4 novembre 2019 il decreto emanato dal dipartimento della funzione pubblica il 3 settembre 2019 avente ad oggetto: “Misura per la definizione delle capacità assunzionali di personale a tempo indeterminato delle Regioni.” L’art. 1 del decreto recita: “Il presente decreto e’ finalizzato ad attuare le disposizioni di cui all’art. 33, comma 1 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, e si applica alle regioni a statuto ordinario a decorre dal 1° gennaio 2020.”

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Corte di Cassazione

Sezione Lavoro

Ordinanza n. 26618 del 18/10/2019

Pubblico impiego – dirigenza medica – sostituzione dirigente di struttura complessa – richiesta di maggiorazione della retribuzione – non spetta – art. 18 CCNL 8/6/2000 area dirigenza medica – natura della dirigenza – non applicabilità art. 2103 cod. civ. e art. 52 d.lgs. n. 165/2001 – principi di diritto

Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale

La Corte accoglie il ricorso, presentato da una Azienda Sanitaria Provinciale, avverso la sentenza della Corte territoriale competente, che aveva riconosciuto il diritto di un dirigente medico, dipendente della Azienda sanitaria, ad avere il trattamento economico previsto dalla contrattazione collettiva per il dirigente di struttura complessa che stava sostituendo. Gli Ermellini ricordano quanto già stabilito da precedenti sentenze per cui: “la sostituzione nell’incarico di dirigente medico del servizio sanitario nazionale ai sensi dell’art. 18 del c.c.n.l. dirigenza medica e veterinaria dell’8 giugno 2000, non si configura come svolgimento di mansioni superiori poiché avviene nell’ambito del ruolo e livello unico della dirigenza sanitaria, sicché non trova applicazione l’art. 2103 cod. civ. e al sostituto non spetta il trattamento accessorio del sostituito ma solo la prevista indennità cd. sostitutiva.”. Proseguono poi i giudici: “l’inapplicabilità ai dirigenti dell’art. 2103 cod. civ., sancita dall’art. 19 del d.lgs. n. 165/2001…discende dalle peculiarità proprie della qualifica dirigenziale che, nel nuovo assetto, non esprime più una posizione lavorativa inserita nell’ambito di una carriera e caratterizzata dallo svolgimento di determinate mansioni bensì esclusivamente l’idoneità professionale del soggetto a ricoprire un incarico dirigenziale, necessariamente a termine, conferito con atto datoriale gestionale, distinto dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, per le medesime ragioni non è applicabile al rapporto dirigenziale l’art. 52 del d.lgs. n. 165/2001, riferibile al solo personale che non rivesta la qualifica di dirigente…”.

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Corte di Cassazione

Sezione Lavoro

Ordinanza n. 27345 del 24/10/2019

Pubblico impiego – dipendente MAE (Ministero Affari Esteri) – servizio all’estero – trasferimento per incompatibilità ambientale – sua natura – richiesta pagamento indennità di servizio all’estero – sua natura – non dovuta – principi di diritto

Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale

La Corte dichiara inammissibile il ricorso presentato da un dipendente del MAE in servizio presso il consolato d’Italia in Scutari che, fatto rientrare per incompatibilità ambientale, chiedeva che gli fosse comunque pagata l’ indennità di servizio all’estero per tutto il periodo in cui avrebbe dovuto lavorare presso il consolato. I giudici, pur ritenendo inammissibile la domanda per questioni procedurali, nelle motivazioni della sentenza chiariscono comunque alcuni punti fondamentali sia riguardo al trasferimento per incompatibilità ambientale che riguardo alla indennità di servizio all’estero. Dice la Corte: “il trasferimento per incompatibilità aziendale/ambientale, trovando la sua ragione nello stato di disorganizzazione e disfunzione dell’unità produttiva/dell’Amministrazione, va ricondotto alle esigenze tecniche, organizzative e produttive, di cui all’art. 2103 cod. civ., piuttosto che, sia pure atipicamente, a ragioni punitive e disciplinari, con la conseguenza che la legittimità del provvedimento datoriale di trasferimento prescinde dalla colpa (in senso lato) dei lavoratori trasferiti, come dall’osservanza di qualsiasi altra garanzia sostanziale o procedimentale che sia stabilita per le sanzioni disciplinari. Il trasferimento, peraltro, è subordinato ad una valutazione discrezionale dei fatti che fanno ritenere nociva, per il prestigio ed il buon andamento dell’ufficio, l’ulteriore permanenza dell’impiegato in una determinata sede (citata Cass., n. 2143 del 2017). La sussistenza di una situazione di incompatibilità tra il lavoratore ed i suoi colleghi o collaboratori diretti, che importi tensioni personali o anche contrasti nell’ambiente di lavoro comportanti disorganizzazione e disfunzione, concretizza un’oggettiva esigenza di modifica del luogo di lavoro e va valutata in base al disposto dell’art. 2103 cod. civ., con conseguenza possibilità di trasferimento del lavoratore, sulla base di comprovate ragioni tecniche organizzative e produttive. Ed infatti, la situazione di incompatibilità riguarda situazioni oggettive o situazioni soggettive valutate secondo un criterio oggettivo, indipendentemente dalla colpevolezza o dalla violazione di doveri d’ufficio del lavoratore, causa di disfunzione e disorganizzazione, non compatibile con il normale svolgimento dell’attività lavorativa (v., Cass., n. 10833 del 2017).” Per quanto riguarda poi l’indennità di servizio all’estero viene ribadito quando già affermato dalla Cassazione con la sentenza n. 6039/2018 che ha stabilito che l’indennità di servizio all’estero non ha natura retributiva, essendo destinata a sopperire agli oneri derivanti dal servizio all’estero e ad essi commisurata. 

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Corte di Cassazione

Sezione Lavoro

Sentenza n. 27384 del 25/10/2019

Pubblico impiego – enti locali – posizioni organizzative – retribuzione di posizione – art. 52 d.lgs n. 165/2001 e art. 8 CCNL 14/8/2000 – principi di diritto  

Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale

Con la presente sentenza la Corte chiarisce alcuni principi fondamentali riguardo alla natura ed alla istituzione delle P.O. in particolare negli enti locali. Dicono i giudici: “è stato affermato da questa Corte che la posizione organizzativa si distingue dal profilo professionale e individua nell’ambito dell’organizzazione dell’ente funzioni strategiche e di alta responsabilità che giustificano il riconoscimento di un’indennità aggiuntiva; ove il dipendente venga assegnato a svolgere le mansioni proprie di una posizione organizzativa, previamente istituita dall’ente, e ne assuma tutte le connesse responsabilità, la mancanza o l’illegittimità del provvedimento di formale di attribuzione non esclude il diritto a percepire l’intero trattamento economico corrispondente alle mansioni di fatto espletate, ivi compreso quello di carattere accessorio, che è diretto a commisurare l’entità della retribuzione alla qualità della prestazione resa (v. Cass. 3 aprile 2018, n. 8141). …Del resto, in tema di lavoro pubblico negli enti locali, l’art. 8 CCNL 31 marzo 1999, nel prevedere la istituzione delle posizioni organizzative, pur non imponendo, come il contratto collettivo del comparto sanitario, che tali posizioni siano costituite secondo le esigenze di servizio, non stabilisce un obbligo incondizionato per la P.A., atteso che tale attività rientra nelle funzioni organizzative dell’ente che, in via generale, e a prescindere dalle previsioni contrattuali, deve tener conto delle proprie esigenze e dei vincoli di bilancio che, altrimenti, non risulterebbero rispettati (cfr. Cass. 29 maggio 2015, n. 11198 e successive conformi). In particolare è stato osservato che: “non può per l’assenza di tale inciso assumersi che gli enti territoriali siano comunque obbligati incondizionatamente ad istituire posizioni organizzative. L’istituzione delle posizionI organizzative rientra, infatti, nella precipua attività organizzativa dell’ente che in via generale, e a prescindere dalle previsioni contrattuali, deve tener conto a tali fini delle proprie esigenze e soprattutto dei vincoli di bilancio, che, altrimenti, non risulterebbero rispettati laddove si dovesse pervenire all’affermazione di un indiscriminato obbligo d’istituire posizioni organizzative” (v. Cass. cit.). Né, d’altra parte, può dirsi sussistente un obbligo dell’Ente di conferire posizioni organizzative pur istituite (v. Cass. 15 ottobre 2015, n. 20855).  

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Corte di Cassazione

Sezione Lavoro

Sentenza n. 28741 del 7/11/2019

Pubblico impiego – dipendente a giudizio per associazione mafiosa – licenziamento – impugnativa del licenziamento per mancata affissione codice disciplinare e mancato rispetto termini del procedimento disciplinare – c. d. minimo etico – art. 55 comma 2 d.lgs. n. 165/2001 – carattere ordinatorio dei termini endoprocedimentali – art. 55 comma 4 d.lgs. n. 165/2001 – rigetto del ricorso – principi di diritto  

Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale

Il dipendente di un Comune è stato licenziato in pendenza di giudizio penale nel quale era indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. Il lavoratore ricorre alla Suprema Corte perché l’impugnativa del licenziamento da lui presentata, era stata rigettata sia in primo che in secondo grado di giudizio. Il ricorso si basa sul fatto che il Comune datore di lavoro non aveva affisso il codice disciplinare, e sul mancato rispetto, a detta del ricorrente, dei termini del procedimento disciplinare. Quanto alla mancata affissione del codice disciplinare i giudici ricordano il seguente orientamento disciplinare cui intendono dare continuità: “Va infatti seguito e ribadito il più recente orientamento giurisprudenziale secondo cui «anche nel pubblico impiego contrattualizzato deve ritenersi, relativamente alle sanzioni disciplinari conservative (e non per le sole espulsive), che, in tutti i casi nei quali il comportamento sanzionatorio sia immediatamente percepibile dal lavoratore come illecito, perché contrario ai cd. minimo etico o a norme di rilevanza penale, non sia necessario provvedere alla affissione del codice disciplinare prevista dall’art. 55 del d.lgs. n. 150 del 2009, in quanto il dipendente pubblico, come quello del settore privato, ben può rendersi conto, anche al di là di una analitica predeterminazione dei comportamenti vietati e delle relative sanzioni da parte del codice disciplinare, della illiceità della propria condotta» (Cass. 31 ottobre 2017, n. 25977; Cass. 18 ottobre 2016, n. 21032)…..la necessaria previsione delle violazioni all’interno di Codice Disciplinare pubblicizzato mediante affissione non è condizione indefettibile dell’azione disciplinare, allorquando vi sia violazione del c.d. minimo etico… proprio perché il lavoratore, come reiteratamente affermato…non può non percepire ex ante che il proprio comportamento sia illecito e tale da pregiudicare anche il rapporto di lavoro in essere. …In tal senso è da intendere ora anche la previsione dell’art. 55, co. 2, d. Igs. 165/2001. E’ vero che tale norma rimette alla contrattazione collettiva la determinazione della tipologia delle infrazioni e delle relative sanzioni, ma al contempo essa richiama l’art. 2106 c.c. e, di conseguenza, anche le norme generali (art. 2104 e 2105 c.c.), cui la medesima disposizione rinvia. Ciò permette di radicare l’illecito disciplinare nella violazione dei generalissimi obblighi di diligenza e fedeltà e dunque consente in ogni caso la persecuzione disciplinare dei fatti che, esorbitando dal menzionato “minimo etico”, si pongano al contempo in contrasto con quegli obblighi e risultino in lineare correlazione rispetto al mantenimento o meno del rapporto fiduciario. In definitiva, rispetto a fatti per così dire “atipici”, ma immediatamente percepibili come incompatibili rispetto al rapporto di pubblico impiego, la normativa di cui al d.lgs. 165/2001, anche sotto il profilo della previa pubblicizzazione, non può che ricevere la medesima interpretazione che viene costantemente data, in giurisprudenza e rispetto ai rapporti di lavoro privati, all’art. 7, co. 1, L. 300/1970.” Per quanto riguarda poi i termini del procedimento disciplinare nei confronti dei dipendenti delle P.A la Corte ricorda i seguenti principi di diritto: “i termini «endoprocedimentali hanno carattere ordinatorio ancorché debbano essere applicati nel rispetto dei principi di tempestività ed immediatezza, sicché l’inosservanza del termine previsto dall’art. 55, comma 4, del d.lgs. n. 165 del 2001 per la trasmissione degli atti all’ufficio designato per i procedimenti disciplinari ad opera del capo della struttura di appartenenza del dipendente, che ravvisi fatti non rientranti nella propria competenza (…), non determinano la decadenza dall’azione disciplinare» (Cass. 14 giugno 2016, n. 12213), se non allorquando risulti che ne venga in concreto pregiudicato il diritto di difesa (Cass., 10 agosto 2016, n. 16900). …Ancora, in relazione al mancato rispetto del termine dilatorio tra contestazione e audizione personale, è stato detto e qui si riconferma che «in materia di procedimento disciplinare nel pubblico impiego contrattualizzato, l’art. 55 bis, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, prevede un termine, di carattere meramente endoprocedimentale, per la convocazione a difesa dell’incolpato, di dieci o, nel caso di provvedimenti più gravi, venti giorni, sicché la contrazione di esso può dare luogo a nullità del procedimento, e della conseguente sanzione, solo ove sia dimostrato, dall’interessato, un pregiudizio al concreto esercizio del diritto di difesa» (Cass. 23 maggio 2019, n. 14069; Cass. 22 agosto 2016, n. 17245). I giudici respingono quindi il ricorso.

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Corte dei conti

Sezione regionale controllo Lombardia deliberazione n. 386/2019

Enti locali – Mancata costituzione fondo – Utilizzo risorse salario accessorio 

Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale

I magistrati contabili si esprimono in merito alla distribuzione delle risorse destinate al salario accessorio, nel caso in cui il fondo non sia stato costituito nell’anno di riferimento e in particolare sulla possibilità che tali risorse possano confluire “nell’avanzo vincolato”. A tale proposito i giudici contabili, aderendo al costante orientamento della giurisprudenza contabile e in conformità al parere dell’Aran (n. 23668 del 30 ottobre 2012) e del MEF (del 24 gennaio 2013), ritengono che: “In caso di mancata costituzione del Fondo nell’anno di riferimento, confluisce nell’avanzo vincolato soltanto la quota stabile del Fondo, in quanto obbligatoriamente prevista dalla contrattazione collettiva, confermando, peraltro, che rientrano nell’ambito delle risorse variabili del Fondo quelle di cui all’articolo 67, comma 3, lett. e) del CCNL del 21 maggio 2018, nonché quelle non integralmente utilizzate in anni precedenti.” (Ex multis: sez. controllo Lazio n. 7/2019; sez. controllo Molise del. 218/2015; sez. controllo Veneto del. 263/2016).

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Corte dei conti

Sezione regionale controllo Puglia deliberazione n.89/2019

Enti locali – Assunzioni mediante scorrimento graduatorie 

Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale

I magistrati contabili, relativamente alla possibilità prospettata da un ente locale di assumere personale a tempo indeterminato mediante scorrimento di graduatorie di altri enti e alla possibilità di assumere personale a tempo determinato, mediante attingimento a graduatorie di concorsi per posti di corrispondente profilo a tempo indeterminato, proprie o di altri enti, rinviano alle conclusioni della Sezione controllo Marche espresse con la recente deliberazione n. 41/2019 con la quale ha chiarito che: “La legge n. 145/2013 ha reso inapplicabile l’articolo 3, comma 61, terzo periodo, della legge n. 350 del 2003 (possibilità di assunzione di personale a tempo indeterminato mediante scorrimento di graduatorie di altri enti) solo per le graduatorie relative a procedure concorsuali bandite successivamente al 1° gennaio 2019, rimanendo utilizzabile lo scorrimento per le altre graduatorie, mentre, per quanto riguarda la possibilità di assumere personale a tempo determinato mediante attingimento di graduatorie di concorsi per posti di corrispondente profilo a tempo indeterminato, proprie o di altri enti, riconoscendo la specialità della disciplina, ha ritenuto ancora applicabile l’art. 36, comma 2, del decreto legislativo n.165/2001.”.

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