26/09/2019 – Emergenza rifiuti: legittima la riduzione della TARSU in caso di mancata raccolta rifiuti

Emergenza rifiuti: legittima la riduzione della TARSU in caso di mancata raccolta rifiuti
di Federico Gavioli – Dottore commercialista, revisore legale e giornalista pubblicista
La Corte di Cassazione, sezione civile, con la sentenza n. 22767, del 12 settembre 2019, ha rigettato il ricorso del Comune; per i giudici di legittimità l’emergenza rifiuti che comporta il mancato svolgimento della raccolta dei rifiuti , legittima la riduzione fino al quaranta per cento della tassa indipendentemente dal fatto che sia accertata, o meno, la responsabilità diretta dell’ente locale per il disservizio nei confronti dei contribuenti.
Il contenzioso tributario
Una SRL proponeva ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale avverso la cartella di pagamento, notificata nel gennaio 2012, con la quale veniva richiesto dal Comune il pagamento di poco più di 47mila euro a titolo di tassa di smaltimento dei rifiuti solidi urbani per l’anno 2010, relativamente alla struttura immobiliare ove si svolge l’attività alberghiera.
La Commissione Tributaria Provinciale in parziale accoglimento del ricorso, annullava la cartella impugnata limitatamente alle somme eccedenti il 40%, in applicazione dell’art. 59D.Lgs. n. 507/1993.
La sentenza veniva impugnata dal Comune e la Commissione Regionale Tributaria rigettava l’appello rilevando che il contribuente aveva dimostrato, attraverso la documentazione prodotta, che il servizio di smaltimento dei rifiuti non fu effettuato dal Comune nel periodo interessato.
Avverso la sentenza della CTR il Comune ha proposto ricorso per Cassazione affidandosi a diverse motivazioni.
La sentenza della Cassazione
Per la Corte di Cassazione il primo motivo di ricorso è inammissibile. La tematica relativa alla differenziazione della tariffa applicata agli alberghi rispetto alle unità immobiliari adibite ad abitazioni è stata trattata nel giudizio di primo grado; la Commissione Tributaria Provinciale nell’annullare la cartella esattoriale limitatamente alle somme eccedenti il 40% delle somme dovute ha implicitamente rigettato il motivo del ricorso originario che faceva leva sulla illegittima previsione di tariffe diverse tra alberghi ed abitazioni, accogliendo il motivo relativo alla riduzione della tariffa non essendo stato assicurato il servizio di smaltimento.
La contribuente non ha proposto appello incidentale alla sentenza e, quindi, in punto di determinazione della tariffa si è formato il giudicato interno per cui tale questione non può essere riproposta nel giudizio della Cassazione.
La Cassazione osserva, inoltre, che l’art. 59, comma 4, D.Lgs. n. 507/1993 stabilisce che: «se il servizio di raccolta, sebbene istituito e attivato, non si è svolto nella zona di residenza o di dimora nell’immobile a disposizione ovvero di esercizio dell’attività dell’utente o è effettuato in grave violazione delle prescrizioni del regolamento di cui al primo comma, relative alle distanze e capacità dei contenitori ed alla frequenza della raccolta, da stabilire in modo che l’utente possa usufruire agevolmente del servizio di raccolta, il tributo è dovuto nella misura ridotta di cui al secondo periodo del comma 2» (cioè in misura non superiore al 40% della tariffa).
Il sesto comma della medesima disposizione prescrive che: «l’interruzione temporanea del servizio di raccolta per motivi sindacali o, per imprevedibili impedimenti organizzativi non comporta esonero o riduzione del tributo. Qualora tuttavia il mancato svolgimento del servizio si protragga, determinando una situazione riconosciuta dalla competente autorità sanitaria di danno o pericolo di danno alle persone o all’ambiente secondo le norme e le prescrizioni sanitarie nazionali, l’utente può provvedere a proprie spese con diritto allo sgravio o restituzione, in base a domanda documentata, di una quota della tassa corrispondente al periodo di interruzione, fermo restando il disposto del comma 4».
La Cassazione osserva che secondo un recente orientamento giurisprudenziale «il diritto alla riduzione presuppone l’accertamento specifico (mirato sul periodo, sulla zona di ubicazione dell’immobile sulla tipologia dei rifiuti conferiti e, in generale, su ogni altro elemento utile a verificare la ricorrenza in concreto della richiesta riduzione) della effettiva erogazione del servizio di raccolta rifiuti in grave difformità dalle previsioni legislative e regolamentari, il cui onere probatorio grava sul contribuente che invoca la riduzione, il quale deve dimostrare il presupposto della riduzione della TARSU ai sensi del D.Lgs. n. 507/1993art. 59, comma 4; che consiste nel fatto obiettivo che il servizio di raccolta, istituito ed attivato: – non sia svolto nella zona di residenza o di dimora nell’immobile a disposizione o di esercizio dell’attività dell’utente; – ovvero, vi sia svolto in grave violazione delle prescrizioni del regolamento del servizio di nettezza urbana, relative alle distanze e capacita dei contenitori ed alla frequenza della raccolta, in modo che l’utente possa usufruire agevolmente del servizio stesso, pur nella notorietà del grave e perdurante disservizio nella raccolta e conferimento dei rifiuti che ha colpito la città di (…)» (cfr. Cass. civ. n. 3265/2019).
Tale orientamento si pone in linea col principio, costantemente affermato dalla Cassazione, secondo il quale l’onere della prova dei fatti costituenti fonte dell’obbligazione tributaria spetta all’amministrazione, per quanto attiene alla quantificazione della tassa, mentre l’onere di provare eventuali esenzioni o riduzioni tariffarie è posto a carico dell’interessato (oltre all’obbligo della denuncia, D.Lgs. n. 507/1993, ex art. 70) (cfr. Cass. civ. n. 4766/2004 e Cass. civ. n. 17703 /2004Cass. civ. n. 1759/2009Cass. civ. n. 775/2011Cass. civ. n. 1635/2015Cass. civ. n. 10787/2016Cass. civ. n. 21250/2017 e Cass. civ. n. 13395/ 2018).
Una volta provato da parte del contribuente che il servizio di smaltimento non è stato reso dal Comune non rilevano le situazioni di imprevedibilità o non imputabilità all’ente territoriale del disservizio.
Secondo quanto affermato dalla Cassazione in una pronuncia resa tra le stesse parti per una diversa annualità «il presupposto della riduzione della TARSU ai sensi del D.Lgs. n. 507/1993art. 59, comma 4, non richiede che il grave e non temporaneo disservizio sia imputabile a responsabilità dell’amministrazione comunale o comunque a causa che, rientrando nella sua sfera di controllo ed organizzazione, sia da questa prevedibile o prevenibile; tale presupposto si identifica invece nel fatto obiettivo che il servizio di raccolta, istituito ed attivato:
– non sia svolto nella zona di residenza o di dimora nell’immobile a disposizione o di esercizio dell’attività dell’utente;
– ovvero, vi sia svolto in grave violazione delle prescrizioni del regolamento del servizio di nettezza urbana, relative alle distanze e capacità dei contenitori ed alla frequenza della raccolta, in modo che l’utente possa usufruire agevolmente del servizio stesso;
va disapplicato, per contrasto con la disciplina primaria di cui al D.Lgs. n. 507/1993, il regolamento comunale che escluda o limiti il diritto alla riduzione TARSU, subordinandone il riconoscimento ad elementi – quale quello della responsabilità dell’amministrazione comunale ovvero della prevedibilità o prevenibilità delle cause del disservizio» ( cfr. Cass. civ. n. 22531/2017).
La CTR sulla scorta dell’accertata interruzione del servizio di smaltimento ha correttamente operato la riduzione senza indagare «di chi fosse la colpa del disservizio».
Un precedente orientamento
La Corte di Cassazione con la Cass. civ. n. sentenza n. 3265, del 5 febbraio 2019, ha rigettato il ricorso di una contribuente nei confronti della società di riscossione (Equitalia spa) incaricata della riscossione dei tributi sullo smaltimento dei rifiuti, per conto del Comune: per i giudici di legittimità il contribuente ha diritto alla riduzione del tributo sui servizi solo se riesce a dimostrare che nel suo quartiere il servizio di raccolta non è stato attivato.
La Cassazione ha osservato che correttamente la CTR si è uniformata al principio di diritto secondo il quale il diritto alla riduzione presuppone «l’accertamento specifico (mirato sul periodo, sulla zona di ubicazione dell’immobile sulla tipologia dei rifiuti conferiti e, in generale, su ogni altro elemento utile a verificare la ricorrenza in concreto della richiesta riduzione) della effettiva erogazione del servizio di raccolta rifiuti in grave difformità, dalle previsioni legislative e regolamentari, il cui onere probatorio grava sul contribuente che invoca la riduzione, il quale deve dimostrare il presupposto della riduzione della TARSU ai sensi dell’art. 59, comma 4, D.Lgs. n. 507/1993; (…) che consiste nel fatto obiettivo che il servizio di raccolta, istituito ed attivato non sia svolto nella zona di residenza o di dimora nell’immobile a disposizione o di esercizio dell’attività dell’utente».
Il diritto alla riduzione del tributo presuppone anche che il servizio sia svolto in grave violazione delle prescrizioni del regolamento del servizio di nettezza urbana, relative alle distanze e capacita dei contenitori ed alla frequenza della raccolta, in modo che l’utente possa usufruire agevolmente del servizio stesso, pur nella notorietà del grave e perdurante disservizio nella raccolta e conferimento dei rifiuti che ha colpito il Comune opponente la richiesta della contribuente.
Detto principio, secondo il quale l’onere della prova dei fatti costituenti fonte dell’obbligazione tributaria spetta all’amministrazione, per quanto attiene alla quantificazione della tassa, mentre l’onere di provare eventuali esenzioni o riduzioni tariffarie è posto a carico dell’interessato trova consolidata conferma nella giurisprudenza della Cassazione.
Le conclusioni
La Corte di Cassazione, rigetta il ricorso condanna il Comune al pagamento delle spese del presente giudizio

Print Friendly, PDF & Email
Torna in alto