25/10/2015 – Eppure sarebbe facile: camminare sui piedi anziché sulla testa

Eppure sarebbe facile: camminare sui piedi anziché sulla testa

 

Scrive Marx nel Capitale: «In Hegel essa (la dialettica) cammina sulla testa; basta rimetterla in piedi per darle una fisionomia completamente ragionevole».

La riflessione mi viene in relazione all’ennesimo adempimento che si profila all’orizzonte degli ormai estenuati uffici comunali: entro il prossimo 31 dicembre il responsabile della struttura per l’organizzazione, l’innovazione e le tecnologie di cui all’art.17 del C.A.D. (e chi sarà mai, costui, nei comuni?), ovvero, in sua assenza, il dirigente  allo  scopo  designato (quindi, in ipotesi, anche il segretario comunale, pronto ad intervenire come il jolly tuttofare) dovrà dare attuazione alle  «Misure minime di sicurezza ICT per le pubbliche amministrazioni. ».

Non vi chiedo cosa state facendo (la solita, scontata domanda che vedo inseguirsi nei blog, quando si approssima una scadenza) in merito: vi rivolgerete, in qualche modo, alla software house di riferimento, per accroccare qualche misura, quale che sia, e soprattutto per compilare il “modulo di implementazione”. So che, tranne pochi casi, sarà corsa contro il tempo, sotto le feste di fine anno, nella speranza della ennesima proroga in extremis.

Si tratta, lo confesso, per me di un mondo quasi sconosciuto, non essendo un informatico. Il linguaggio stesso della circolare e della direttiva sono in parte esoterici. Non so quanti di voi abbiano una vaga idea di cosa sia l’implementazione di “un inventario delle risorse attive correlato a quello ABSC 1.4.” o l’implementazione “ABSC 1.1.1 attraverso uno strumento automatico”, tanto per citare le prime due voci del predetto modulo di implementazione.

Ho qualche ragionevole dubbio che lo possa sapere anche il vostro responsabile dell’ufficio tecnico (che si tratti di geometra, architetto o ingegnere poco fa differenza), meno ancora ne dovrebbe sapere il responsabile dell’ufficio finanziario, per non parlare del titolare dell’ufficio amministrativo o sociale…. Si brancola nel buio, a meno che non abbiate l’asso nella manica, ossia un esperto informatico con i fiocchi, in organico (ma allora stareste praticamente in paradiso e queste sconsolate considerazioni non vi riguardano).

Insomma, siamo all’ennesima croce scaricata sulle spalle del più improvvisato funzionario comunale.

Nell’Italia dell’adempimento continuo AGID si somma ad ANAC, ARCONET, CORTE dei CONTI, FUNZIONE PUBBLICA, INTERNO, BDAP e le diverse connesse banche dati del MEF (dal censimento degli immobili a quello delle opere pubbliche, passando per le assenze dei dipendenti, sino alla razionalizzazione delle partecipate….).

Singolare che BDAP, che sarebbe l’acronimo che sta per: banca dati amministrazioni pubbliche, e che – come spiega, non senza enfasi, il sottotitolo – avrebbe come mission  quella di rendere “i dati della finanza pubblica accessibili a tutti”, alla fine non fornisca neppure le informazioni più importanti e più richieste dai cittadini. Così che se un contribuente vuole conoscere i dati informativi relativi alle delibere comunali sui tributi locali deve rivolgersi a tutt’altro sito: http://www.finanze.gov.it/opencms/it/fiscalita-regionale-e-locale/iuc-imposta-unica-comunale-imu-tari-tasi-00001/

Perché tutta questa giostra? Perché questi riti? Questa liturgia delle direttive, delle circolari, delle linee guida, dei questionari, che prescrivendo e, spesso moltiplicando, adempimenti in quantità industriale, ormai monopolizza, in maniera scandalosa, l’attività dei Comuni e vede questi trasformati, da enti erogatori di servizi alla Comunità, in adempimentifici seriali, non rivolti verso la collettività rappresentata bensì verso entità esterne che vivono di rendita e talora giustificano larga parte della loro stessa esistenza su questa sempre più affannosa e rischiosa attività degli enti locali.

Perché va detto anche che, per lo più, l’inadempimento e talora il non corretto adempimento viene duramente sanzionato, ponendo i soggetti eso-comunali (di estrazione tecnocratica) in una condizione, se non di formale, comunque di sostanziale primazia nei riguardi di quelli che una volta erano considerati i primi enti della filiera democratica. Anzi! I Comuni sono soggiogati a queste entità praticamente perinde ac cadaver.

Il sistema così congegnato, che sembra fondato sul celebre binomio foucaultiano “sorvegliare e punire”, mostra ormai di essere palesemente disfunzionale. Quasi sempre è addirittura clamoroso il gap professionale che intercorre tra i soggetti interlocutori esterni ed i comuni (specie quelli medi e piccoli). Ed anzi, questi sono oggettivamente incapaci, senza l’ausilio oneroso di soggetti esterni, da selezionare con procedure sempre più impegnative, di assicurare gli adempimenti che le autorità eso-comunali richiedono ed impongono.

Mi chiedo: perché non rovesciare una volta per tutte questo opprimente rapporto e “liberare” finalmente l’enorme riserva di know how e di professionalità che questi apparati “tecnici” eso-comunali detengono e che esercitano, appunto, soltanto per “sorvegliare e punire”?

Se invece di ridurre queste brillanti professionalità (documentate dai dotti pareri, dallo sfoggio di sapiente cultura accademica, da argomentazioni sottilissime sul filo della lama di rasoi, da linee guida chilometriche) al deteriore ruolo di modesti cani di guardia di un sistema alle corde e di enti spesso così mal messi da non meritare, per principio, alcun accanimento sanzionatorio, si pensasse di rendere proficuamente operative menti così vivaci?

E’ un po’ come se tieni in panchina, al solo scopo di incitare e/o rimproverare i compagni brocchi schierati in  campo, i campioni veri.

Si tratta di un piccolo ma radicale cambio di prospettiva. Dal pesante ed inefficace “sorvegliare e punire” si dovrebbe passare ad un più efficiente: “ascoltare/collaborare/sostenere”. Non solo significherebbe mettere finalmente a frutto intelligenze impancate in un angusto ruolo di repressione ma ciò restituirebbe fiducia all’intero sistema.

Si passerebbe dalla costante minaccia di una amarissima medicina (la sanzione), da somministrarsi ex post, ad un salutare “prevenire è meglio che curare”, in un contesto in cui la prevenzione, da mera declamazione di principio, dovrebbe diventare pratica operativa concreta.

Nel caso di specie, perché impegnare i tecnici di AGID nella elaborazione di un documento teorico astruso ed incomprensibile per almeno il 90% dei suoi destinatari, lasciando invece che le amministrazioni – mediamente impreparate (per oggettiva carenza di professionalità) – alla mercé di se stesse?

Magari poi i tecnici AGID sui propri documenti vanno in giro per l’Italia a tenere lezioni cattedratiche o relazioni ponderose in convegni essi stessi meramente autocelebrativi. Oppure lucrano, pubblicando tomi esplicativi ed illustrativi dei vari provvedimenti.

Perché queste risorse intellettuali e professionali non sono, invece, schierate – attraverso l’assistenza da remoto (oramai facilmente praticabile grazie alle infinite possibilità offerte dall’informatica) – direttamente al fianco ed a sostegno dell’operatore locale?

L’analisi funzionalistica del diritto, il lascito di Massimo Severo Giannini di cui anche qui abbiamo discusso, se un pregio ha è stato quello di averci plasticamente dimostrato che la primazia dovrebbe spettare alle funzioni “sostanziali”, rispetto alle funzioni “serventi”…. E tra queste vanno annoverate le funzioni di controllo e sanzionatorie. Insomma, senza tanti giri di parole, un Paese non cresce perché ha una efficientissima macchina di controllo, capace di scovare e sbattere in galera o comunque sanzionare tutti i reprobi, nessuno escluso. Mettere in galera i reprobi non deve essere la funzione essenziale di un Paese. Si cresce, invece, se tutte le intelligenze si mobilitano per costruire, insieme, il “bene comune”.

 

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