25/05/2023 – La Costituzione Italiana, il Codice dei contratti e la legge sull’equo compenso: i professionisti hanno diritto ad un trattamento salariale minimo inderogabile?

Minimi tariffari: equo compenso anche per i professionisti

La Costituzione Italiana, il Codice dei contratti e la legge sull’equo compenso: i professionisti hanno diritto ad un trattamento salariale minimo inderogabile?

Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa“. Lo dispone l’art. 36 della Costituzione Italiana riprendendo il principio cardine dell’art. 1 secondo il quale “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro“.

Quanto di vero c’è in questi articoli della Costituzione italiana? Prendendo come riferimento gli ultimi due Codici dei contratti, l’art. 97, comma 6 del D.Lgs. n. 50/2016 e l’art. 110, comma 4 del D.Lgs. n. 36/2023, si potrebbe rispondere che almeno nel pubblico non sono ammesse giustificazioni in relazione a trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge e in relazione agli oneri di sicurezza di cui alla normativa vigente. I lavoratori devono, quindi, ricevere almeno un salario minimo.

Se vediamo, però, cosa accade nelle gare di progettazione relative ai servizi di architettura e ingegneria il discorso cambia molto perché pur esistendo dei parametri di riferimento per il calcolo delle tariffe professionali, capita spesso di leggere bandi di gara a compenso zero, 1 euro o aggiudicazioni con ribassi tali da avere seri dubbi che quella determinata prestazione professionale possa essere resa nei modi corretti.

Sembrerebbe quasi che per le professioni intellettuali non valgano i principi stabiliti dalla Costituzione e che la società intera si sia dimenticata di un ruolo sociale che nell’ultimo ventennio è stato mortificato da tanti provvedimenti normativi e campagne mediatiche che hanno ridotto i professionisti a meri “prestatori di firma”.

Quasi come si pensasse di vivere in un mondo “standardizzato” in cui i professionisti stiano lì a sfornare progetti tutti uguali e gestire complessità univoche già normate dal legislatore italiano che negli anni è sempre stato prodigo nel mettere a punto modulistiche uniche e far passare l’idea che i professionisti siano quasi un “male inevitabile”.

Proprio oggi su queste pagine vi abbiamo raccontato del parere n. 189 del 9 maggio 2023 con cui l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) ha chiarito che la verifica dei costi della manodopera ai sensi dall’art. 95, comma 10, D.Lgs. n. 50/2016, è un obbligo che vale a prescindere dalla valutazione della congruità dell’offerta ai sensi dell’art. 97, comma 6, D.Lgs. n. 50/2016 (che risulta invece facoltativa).

E allora perché un’offerta può essere anormalmente bassa se non rispetta i trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge, mentre non può esserlo nel caso in cui si parla di prestazioni professionali?

L’attuale Codice dei contratti (operativo dall’1 luglio 2023) dispone:

  • art. 41 (Livelli e contenuti della progettazione), comma 15: “Nell’allegato I.13 sono stabilite le modalità di determinazione dei corrispettivi per le fasi progettuali da porre a base degli affidamenti dei servizi di ingegneria e architettura, commisurati al livello qualitativo delle prestazioni e delle attività relative alla progettazione di fattibilità tecnica ed economica ed esecutiva di lavori, al coordinamento della sicurezza in fase di progettazione, alla direzione dei lavori, alla direzione di esecuzione, al coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione, al collaudo, agli incarichi di supporto tecnico-amministrativo alle attività del responsabile del procedimento e del dirigente competente alla programmazione dei lavori pubblici. I predetti corrispettivi sono utilizzati dalle stazioni appaltanti e dagli enti concedenti ai fini dell’individuazione dell’importo da porre a base di gara dell’affidamento.(…)“.
  • art. 44 (Appalto integrato), comma 6: “Nei casi in cui l’operatore economico si avvalga di uno o più soggetti qualificati alla redazione del progetto, la stazione appaltante indica nei documenti di gara le modalità per la corresponsione diretta al progettista degli oneri relativi alla progettazione esecutiva indicati in sede di offerta, al netto del ribasso d’asta, previa approvazione del progetto e previa presentazione dei documenti fiscali del progettista“.

Alla base di tutto c’è sempre un ribasso d’asta che mette sempre in competizione i professionisti.

Tutto, però, potrebbe cambiare a partire dal domani quando entrerà ufficialmente in vigore la Legge 21 Aprile 2023, n. 49 recante “Disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali“. Una norma i cui effetti dovranno essere verificati al primo banco di prova perché definisce “equo” il compenso che sia proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, nonché conforme ai compensi previsti dai rispettivi Decreti Ministeriali adottati:

  • per gli avvocati;
  • per i professionisti iscritti agli ordini e collegi;
  • per le professioni regolamentate.

L’equo compenso si applicherà anche alle prestazioni rese dai professionisti in favore della pubblica amministrazione ed è previsto che i Consigli nazionali degli ordini o collegi professionali possano adire l’autorità giudiziaria competente qualora ravvisino violazioni delle disposizioni vigenti in materia di equo compenso.

In caso di ribasso e, quindi, compenso inferiore a quello stabilito dagli attuali parametri di riferimento (DM 17/06/2016, c.d. Decreto Parametri), si potrà parlare di compenso “non equo” e quindi passibile di intervento dell’autorità giudiziaria?

State certi che su questo argomento ci sarà tanto di cui discutere e tanto potranno fare Consigli Nazionali, Ordini e Collegi professionali per cominciare a parlare di un diritto sancito dalla Costituzione che negli ultimi anni ha visto le professioni sempre più ai margini della società.

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