25/02/2020 – AranSegnalazioni – Newsletter del 24/2/2020

AranSegnalazioni – Newsletter del 24/2/2020
 
Pubblicazioni e statistiche

“Rapporto semestrale Aran sulle retribuzioni dei pubblici dipendenti” n. 1/2019

Dopo aver analizzato, nel numero precedente, le risultanze della stagione contrattuale 2016-2018, in questo nuovo numero del “Rapporto semestrale Aran sulle retribuzioni dei pubblici dipendenti”, viene presentato il quadro delle risorse disponibili per la nuova stagione contrattuale 2019-2021, a partire dagli stanziamenti per le amministrazioni statali definiti nelle leggi di bilancio per il 2019 e per il 2020.

Il rapporto evidenzia in circa 6 miliardi di Euro le disponibilità finanziarie complessive a regime su tutta la PA che renderanno possibile un adeguamento retributivo del 3,7% ed aumenti medi – sempre per l’intera PA – di circa 100 euro mese per 13 mesi. Viene altresì precisato che tali risorse riguardano sia le “amministrazioni statali” che le “non statali” e si riferiscono agli aumenti retributivi di tutti i lavoratori pubblici (sia “contrattualizzati”, i cui contratti collettivi sono rinnovati dall’Aran, che “in regime di diritto pubblico”). Il rapporto presenta anche il raffronto con l’inflazione (IPCA netto energetici) prevista dall’Istat per il triennio 2019-2021, che presenta un valore cumulato sul triennio di circa il 3%. Sempre in tema di dinamica inflattiva, si offre un quadro degli scostamenti rilevati nel passato tra inflazione prevista ed inflazione effettivamente realizzata.

Soffermandosi sul metodo seguito per definire lo stanziamento delle risorse, il Rapporto rileva altresì che non è al momento presente, per il pubblico impiego, un accordo generale che definisca le grandezze macroeconomiche cui ancorare gli adeguamenti retributivi, sul tipo dell’accordo confederale del 2009, che stabiliva un collegamento tra aumenti delle retribuzioni e dinamica inflattiva (previsione dell’IPCA netto energetici).

L’ultima sezione, come di consueto, è dedicata alle retribuzioni contrattuali mensili (cioè le componenti fisse della retribuzione, la cui dinamica risente in modo diretto degli incrementi definiti a livello di contratto nazionale) e pone a confronto i valori registrati nella pubblica amministrazione rispetto a quelli del settore privato, desunti dai dati ISTAT dei primi nove mesi del 2019.

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Orientamenti applicativi

Comparto Funzioni Locali

Un dipendente chiede di assentarsi per l’intera giornata, utilizzando cumulativamente i permessi orari per l’espletamento di visite, terapie, prestazioni specialistiche od esami diagnostiche, di cui all’art.35 del CCNL delle Funzioni Locali del 21.5.2018. Ove dall’attestazione presentata si evinca che la prestazione abbia avuto una durata limitata e che anche cumulata con quella dei tempi di percorrenza non copra completamente l’orario di lavoro giornaliere cui il dipendente era tenuto nella giornata di assenza, come devono essere valutate e giustificate le ore non ricomprese nell’attestazione e nei tempi di percorrenza?   

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Orientamenti applicativi

Comparto Funzioni Locali

I compensi previsti dall’art.1, comma 1091, della legge n.145/2018 (compensi derivanti dagli accertamenti IMU e TARI) possono essere erogati anche ai titolari di posizione organizzativa in aggiunta alla retribuzione di posizione e di risultato?

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Orientamenti applicativi

Comparto Funzioni Locali

Un dipendente, già in servizio presso l’ente con inquadramento in un profilo della categoria B, con trattamento stipendiale iniziale corrispondente alla posizione economica B3, è successivamente assunto, presso lo stesso ente, a seguito di scorrimento di graduatoria di procedura concorsuale, con inquadramento nella categoria C. Le ferie residue, maturate nell’anno e non fruite da dipendente quando era inquadrato nel profilo B, con trattamento stipendiale iniziale corrispondente alla posizione economica B3, possono essere conservate anche a seguito della nuova collocazione nella categoria C, in quanto maturate nella stessa amministrazione?

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Orientamenti applicativi

Comparto Funzioni Locali

Un dipendente è stato sospeso dal servizio in via cautelare, ai sensi dell’art.5, comma 2, del CCNL dell’11.4.2018. Successivamente, essendo stato lo stesso assolto con la formula “perché il fatto non sussiste”, il provvedimento è stato revocato. Sulla base delle previsioni dell’art.60, comma 8, del CCNL delle Funzioni Locali, come deve essere correttamente computato il conguaglio ivi previsto? In particolare è dovuta anche la retribuzione di posizione in quanto il dipendente era titolare di posizione organizzativa al momento della sospensione oppure questa rientra tra le indennità connesse alla presenza in servizio e, quindi, non deve essere riconosciuta?

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Sezione Giuridica

Corte di Cassazione

Sezione lavoro            

Sentenza n. 30676 del 25/11/2019 

Pubblico impiego – Ministero Affari Esteri – Revoca di incarico di direttore di Istituto Italiano all’estero – Non ha valenza disciplinare – Non si applica art. 13 co. 3 L 401/1990 – Omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione su punto determinante della controversia – Non sussiste

Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale

La direttrice di un Istituto di Cultura Italiana all’Estero ricorre contro la revoca dell’incarico dal predetto Istituto con il provvedimento di richiamo alla sede ministeriale di Roma. La ricorrente si affida all’art 13 co. 3 L.401/1990 che stabilisce la durata in servizio del personale all’estero, inquadrando così il richiamo presso il Ministero come esercizio dello jus variandi (art. 2103 c.c.) per cui in assenza di requisiti temporali il trasferimento deve fondarsi su uno specifico motivo tecnico, organizzativo e produttivo. La Corte ha ritenuto, invece come aveva fatto già in altre decisioni, che seppur nel contesto di un incarico a persona di chiara fama e dunque estranea all’Amministrazione, il conferimento dell’incarico direttivo negli Istituti di Cultura Italiana all’Estero ha carattere ampiamente discrezionale e fiduciario espressione diretta dei poteri doveri di diffusione della cultura e della lingua italiana all’estero in un più ampio quadro dei rapporti che l’Italia intrattiene con gli altri Stati (artt.2, 14 L.401/1990 ). La revoca dell’incarico per ragioni fiduciarie non ha pertanto valenza disciplinare e ne deriva il consequenziale effetto di trasferimento del lavoratore che si fonda su elementi oggettivi rientranti nella discrezionalità datoriale che ne giustificano il provvedimento per la migliore prosecuzione dell’interesse pubblico. Riguardo alla motivazione della controversia relativa alla sentenza di Appello (art. 360 n. 5 c.p.c.) la Suprema Corte ritiene assolutamente tangibili le argomentazioni della Corte di merito sostenendo che l’apparenza della motivazione ricorre soltanto quando non sia percepibile il fondamento della decisione motivato con “argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento”.

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Consiglio di Stato

Sezione Sesta – sede Giurisdizionale 

Pubblica Amministrazione – Illegittima la richiesta di requisiti eccessivi nei concorsi pubblici

Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale

I magistrati amministrativi hanno riformato la sentenza del Tar Lazio relativa alla legittimità dei requisiti di ammissione previsti per la partecipazione ad un concorso pubblico, annullando il bando ed il decreto presupposto. Nello specifico, il Collegio conferma il principio più volte ribadito dalla giurisprudenza amministrativa che riconosce “in capo all’amministrazione indicente la procedura selettiva un potere discrezionale nell’individuazione della tipologia dei titoli richiesti per la partecipazione, da esercitare tenendo conto della professionalità e della preparazione culturale richieste per il posto da ricoprire.” (cfr., Cons. St., Sez. V, 18 ottobre 2012, n. 5351; Cons. St., Sez. VI, 3 maggio 2010, n. 2494). In altre parole, quella che l’amministrazione esercita, nel prevedere determinati requisiti di ammissione, è una tipologia di scelta che rientra tra quelle di ampia discrezionalità spettanti alle amministrazioni. Nondimeno, la giurisprudenza ha chiarito che: “in assenza di una fonte normativa che stabilisca autoritativamente il titolo di studio necessario e sufficiente per concorrere alla copertura di un determinato posto o all’affidamento di un determinato incarico, la discrezionalità nell’individuazione dei requisiti per l’ammissione va esercitata tenendo conto della professionalità e della preparazione culturale richieste per il posto da ricoprire o per l’incarico da affidare, ed è sempre naturalmente suscettibile di sindacato giurisdizionale sotto i profili della illogicità, arbitrarietà e contraddittorietà (Cfr. Consiglio di Stato sez. V, 28 febbraio 2012, n. 2098).

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Corte dei conti

Terza Sezione Giurisdizionale Centrale di Appello sentenza n. 8/2020

Enti locali – Danno erariale – Illegittimità Incarico esterno

Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale

I magistrati contabili hanno riformato la sentenza dei giudici di primo grado condannando due dirigenti, di una amministrazione locale, a risarcire l’ente per il danno causato dal conferimento di incarichi esterni in assenza dei presupposti imprescindibili di legittimità, previsti dall’art. 7, comma 6, del d.lgs 165/2001, identificati nella temporaneità, eccezionalità e la straordinarietà, nonchè l’assenza di professionalità interne. I giudici evidenziano che: “la previa verifica della disponibilità interna di personale costituisce un caposaldo del corretto percorso logico giuridico dell’amministrazione in materia di conferimento di incarichi all’esterno, in quanto è a garanzia del contenimento della spesa ai soli casi in cui non sia possibile procedere con le risorse disponibili, e al contempo a garanzia dell’ottimale utilizzo del personale, il quale ha oltre che il dovere anche il diritto di espletare la propria prestazione lavorativa nella dinamica della valorizzazione delle risorse umane.” Inoltre, rileva il Collegio, “che se non è dimostrata l’esigenza obiettiva di conferire onerosamente all’esterno determinate attività, non è nemmeno dimostrata l’utilità del relativo prodotto, cioè non è dimostrato che tali attività dovessero essere legittimamente retribuite con risorse ulteriori rispetto a quelle che già sono state impiegate per retribuire la prestazione di dirigenti e funzionari del Comune.”

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