25/02/2019 – Il TAR Lazio annulla il decreto presidenziale di scioglimento del Consiglio comunale di Lamezia Terme

Il TAR Lazio annulla il decreto presidenziale di scioglimento del Consiglio comunale di Lamezia Terme

 

La funzione preventiva dello scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni criminali non può concentrarsi in una mera operazione deduttiva e astratta, scollegata da elementi concreti e univoci

QUI l’articolo completo

 

“Ai sensi dell’art. 143 TUEL, comma 1, “…i consigli comunali e provinciali sono sciolti quando, anche a seguito di accertamenti effettuati a norma dell’articolo 59, comma 7, emergono concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare degli amministratori di cui all’articolo 77, comma 2, ovvero su forme di condizionamento degli stessi, tali da determinare un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento o l’imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati, ovvero che risultino tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica”.

Il comma 2 della stessa norma dispone che, al fine di verificare la sussistenza degli elementi di cui al comma 1, anche con riferimento al segretario comunale o provinciale, al direttore generale, ai dirigenti ed ai dipendenti dell’ente locale, il prefetto competente per territorio dispone ogni opportuno accertamento, di norma promuovendo l’accesso presso l’ente interessato. In particolare, il prefetto può nominare una commissione d’indagine, composta da tre funzionari della pubblica amministrazione, attraverso la quale esercita i poteri di accesso e di accertamento di cui è titolare per delega del Ministro dell’Interno ai sensi dell’articolo 2, comma 2-quater, del decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410. Entro tre mesi dalla data di accesso, rinnovabili una volta per un ulteriore periodo massimo di tre mesi, la commissione termina gli accertamenti e rassegna al prefetto le proprie conclusioni.

Il comma 3 prevede che, entro il termine di quarantacinque giorni dal deposito delle conclusioni della commissione d’indagine, ovvero quando abbia comunque diversamente acquisito gli elementi di cui al comma 1, ovvero in ordine alla sussistenza di forme di condizionamento degli organi amministrativi ed elettivi, il prefetto, sentito il comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica integrato con la partecipazione del procuratore della Repubblica competente per territorio, invia al Ministro dell’Interno una relazione nella quale si dà conto della eventuale sussistenza degli elementi di cui al comma 1 anche con riferimento al segretario comunale o provinciale, al direttore generale, ai dirigenti e ai dipendenti dell’ente locale. Nella relazione sono, altresì, indicati gli appalti, i contratti e i servizi interessati dai fenomeni di compromissione o interferenza con la criminalità organizzata o comunque connotati da condizionamenti o da una condotta antigiuridica. Nei casi in cui per i fatti oggetto degli accertamenti o per eventi connessi sia pendente procedimento penale, il prefetto può richiedere preventivamente informazioni al Procuratore della Repubblica competente, il quale, in deroga all’articolo 329 c.p.p., comunica tutte le informazioni che non ritiene debbano rimanere segrete per le esigenze del procedimento.”

 

 

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