24/07/2015 – Diritti di rogito, la quota da ripartire non dipende dal numero dei segretari

Diritti di rogito, la quota da ripartire non dipende dal numero dei segretari

di Giovanni G.A. Dato

 

Con la deliberazione 13 luglio 2015, n. 52/2015/PAR la Sezione del controllo per la Regione Sardegna della Corte dei conti ha esaminato un quesito posto da un Ente locale, concernente la ripartizione dell’introito annuale proveniente dai diritti di rogito nel caso in cui, durante lo stesso anno, si siano succeduti presso l’Ufficio di segreteria comunale due segretari (il secondo in veste di supplente a scavalco) e il primo di essi risulti eventualmente avere già raggiunto il limite del quinto del suo stipendio in godimento di cui all’articolo 10, comma 2-bis, del decreto legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito in legge 11 agosto 2014, n. 114; si chiedeva, in particolare, se possa denegarsi al secondo segretario supplente ogni riparto (pur non raggiungendo quest’ultimo il limite di cui sopra) sul presupposto che il quinto dello stipendio in godimento non costituirebbe un limite soggettivo ma oggettivo per l’Ente.

L’analisi normativa 

La disciplina introdotta dall’articolo 10 del Dl n. 90/2014 reca il titolo abrogazione dei diritti di rogito del segretario comunale e provinciale e abrogazione della ripartizione del provento annuale dei diritti di segreteria; a tal fine l’articolo 10, comma 1, del Dl n. 90/2014 dispone l’abrogazione dell’articolo 41, comma 4, della legge 11 luglio 1980, n. 312, il quale prevedeva l’obbligo di attribuire al segretario rogante una quota del provento spettante all’Ente, a titolo di diritti di segreteria, pari al 75% e fino ad un massimo di un terzo dello stipendio in godimento (da conteggiarsi nell’ambito del 90% di tale tipologia d’entrata, di spettanza dell’Ente ai sensi dell’articolo 30, comma 2, della legge 15 novembre 1973, n. 734).

A fronte di tale abrogazione, la nuova disciplina di cui all’articolo 10, comma 2-bis, del Dl n. 90/2014 ammette l’attribuzione dei diritti di segreteria limitatamente agli Enti privi di dipendenti con qualifica dirigenziale e comunque ai soli segretari comunali che non rivestono qualifica dirigenziale; detta disciplina prevede, quindi, che una quota del provento annuale dei diritti di segreteria sia attribuita al segretario comunale rogante (non dirigente) in misura non superiore ad un quinto dello stipendio in godimento. 

I presupposti così fissati dalla normativa per il riconoscimento dei diritti di rogito rendono manifesta la sua finalità, consistente nel determinare risparmi di spesa ovvero incremento di  entrate disponibili per le Amministrazioni locali; tale finalità risulta confermata anche per effetto della modifica apportata dallo stesso articolo 10, comma 2, Dl n. 90/2014 all’articolo 30, comma 2, della legge n. 734/1973, secondo cui ora si prevede che  il provento annuale dei diritti di segreteria è attribuito integralmente al Comune o alla Provincia (mentre tale provento era già devoluto all’Ente locale solo per il 90% e per il restante 10% al ministero dell’Interno).

Con la recente deliberazione n. 21/SEZAUT/2015/QMIG del 24 giugno 2015 la Sezione delle Autonomie della Corte dei conti, ha chiarito che i diritti di rogito competono ai soli segretari di fascia C e che le somme destinate al pagamento dell’emolumento in questione devono intendersi al lordo di tutti gli oneri accessori connessi all’erogazione, ivi compresi quelli a carico dell’Ente (per alcune recenti applicazioni cfr. Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Campania, 15 luglio 2015, n. 201/2015/PAR; Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Puglia, 2 luglio 2015, n. 141/2015/PAR).

Secondo la giurisprudenza formatasi sotto la vigenza dell’abrogato articolo 41, comma 4, della legge n. 312/1980, la quota dei proventi già riconosciuta ai segretari doveva essere intesa come importo massimo teorico annuale consentito a carico del bilancio dell’Ente, indipendentemente dal numero dei soggetti beneficiari (cioè delle diverse vicende sostitutorie intervenute nello svolgimento dell’attività rogante). Anche secondo l’indirizzo ministeriale, l’amministrazione deve sapere fin dall’inizio dell’esercizio quale potrà essere l’onere finanziario da sopportare per compensare l’esercizio dell’attività di rogito e tale risultato è raggiungibile solo attraverso la fissazione di un unico plafond di riferimento, indipendentemente dal numero dei soggetti che si succedono nell’attività medesima (circolare ministero Economia e Finanze n. 0042171 del 7 aprile 2008).

Circa le concrete modalità di corresponsione dei diritti di rogito, era stato individuato il metodo dell’accantonamento delle risorse disponibili e della proporzionale liquidazione a consuntivo, in base alla misura di partecipazione all’attività rogatoria da parte di ciascun beneficiario.

La soluzione 

Le norme esaminate prevedono l’integrale devoluzione in favore dell’Ente locale della presente tipologia di entrate nonchè la piena conservazione delle entrate stesse con eccezione dei casi in cui l’Ente non disponga di figure dirigenziali, in tal caso consentendo l’attribuzione di quote di tali diritti a chi svolga funzioni di segretario rogante. 

La normativa pone un limite massimo annuale a tale onere a carico del bilancio dell’Ente (“…una quota del provento annuale spettante al Comune…”), in quanto la quota del provento da attribuirsi per ciascun anno non può essere complessivamente superiore ad un quinto dello stipendio in godimento del segretario rogante, e ciò indipendentemente dalle eventuali vicende sostitutorie intervenute. In sede applicativa, pertanto, la quota di diritti da riconoscersi al singolo segretario rogante deve essere calcolata in relazione all’attività svolta nell’anno, e quindi la ripartizione della quantificazione tra i beneficiari dovrà fare riferimento ai periodi della rispettiva partecipazione all’attività rogante.

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