24/01/2020 – Rebus assunzioni per i comuni – Tempi e modalità di attuazione confondono gli enti

Il decreto non è ancora andato in Gazzetta. E intanto fioccano i dubbi dei sindaci
Rebus assunzioni per i comuni – Tempi e modalità di attuazione confondono gli enti
Pagina a cura di Matteo Barbero
 
Comuni, rebus assunzioni. I tempi lunghi di pubblicazione ed i contenuti del decreto attuativo dell’art. 33 del dl 34/2019 stanno complicando le vita degli enti, che quasi sempre si trovano costretti a rivedere la programmazione del personale senza riferimenti precisi a cui attenersi.
La norma in realtà nasce con un obiettivo pienamente condivisibile, ossia quello di sganciare i nuovi reclutamenti dalle cessazioni, misurando l’ampiezza del turnover in base al peso della spesa per il pagamento degli stipendi sulle entrate correnti. In pratica, chi spende meno per gli stipendi dovrebbe poter assumere di più, ma ciò non sempre accade.
Nel dettaglio, le amministrazioni nelle quali l’indicatore si colloca al di sotto della soglia minima fissata dal provvedimento potranno effettuare assunzioni a tempo indeterminato in misura superiore alla propria capacità assunzionale. Ma esse dovranno rispettare comunque due paletti: la spesa complessiva, da un lato, non potrà superare la medesima soglia, dall’altro non potrà registrare un incremento annuo superiore alle percentuali individuate dal decreto. Il primo limite, per di più, si applica anche all’utilizzo dei c.d. resti, con l’effetto paradossale, in diversi casi, di ridurre (anziché incrementare) gli spazi assunzionali Per contro, le amministrazioni nelle quali tale rapporto si colloca al di sotto della soglia massima fissata dal provvedimento dovranno adottare un piano che consenta loro di rientrare nel 2025 entro i parametri fissati dal provvedimento medesimo.
Infine, le amministrazioni comunali che presentano un rapporto intermedio fra i due valori soglia dovranno restare nel tetto delle capacità assunzionali, ma non sono obbligati ad adottare un piano di rientro.
Per gli enti virtuosi è detto chiaramente che la maggiore spesa derivante dalle assunzioni disposte in base al decreto non rileva ai fini della verifica dei limiti di cui ai commi 557 e 562 della legge n.296/2006, che quindi rimangono vigenti: ne deriva che, in sede di verifica, occorrerà depurare la spesa di tale quota. Per gli enti sopra soglia massima, invece, si tratta di definire un «percorso di graduale riduzione annuale» del rapporto «anche applicando un turnover inferiore al 100%» e solo dal 2025 scatterebbe, in caso di mancato conseguimento del target, la limitazione del turnover al 30%. Nulla si dice sul come debba essere strutturato il «percorso graduale», per cui riteniamo sia necessaria almeno una delibera di Giunta con parere dell’organo di revisione.
In ogni caso, sembra di capire che, in tali casi, la disciplina di riferimento sia ancora quella «vecchia» basata sulle cessazioni.
Idem per il caso, ancora più indefinito, degli enti mediani, ossia di quelli che si trovano a metà fra il valore minimo e quello massimo.
Per essi, il decreto si limita a precisare che non si può incrementare la spesa di personale rispetto all’ultimo rendiconto approvato. Il che pare introdurre per tali enti un doppio limite: da un lato, quello fisso ex commi 557 e 562 della legge n.296/2006, dall’altro quello «mobile» dell’ultimo rendiconto. Limiti, per di più, diversi, in quanto il primo da verificare su un aggregato più limitato rispetto a quello rilevante per il secondo.

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