23/11/2017 – Se il vigile è depresso via tutte le armi dall’ufficio, altrimenti il comune rischia la condanna per risarcimento dei danni

Se il vigile è depresso via tutte le armi dall’ufficio, altrimenti il comune rischia la condanna per risarcimento dei danni

di Stefano Manzelli – Funzionario di polizia locale, consulente enti locali

 

L’agente di polizia municipale che soffre di depressione deve essere disarmato. Ma in ufficio occorre adottare tutte le cautele necessarie perché l’operatore non commetta gesti estremi utilizzando le armi dei colleghi. Altrimenti ne risponde il comune. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, Sez. III civ., con l’ordinanza n. 23952 del 12 ottobre 2017. Un vigile urbano di Roma capitale si è tolto la vita utilizzando l’arma di un collega lasciata incustodita in un cassetto. Per ottenere un risarcimento dei danni gli eredi hanno presentato doglianze al Tribunale che però ha rigettato le richieste. La corte d’appello ha ribaltato le sorti della vicenda riconoscendo la responsabilità del comune in conseguenza del fatto che una volta acquisita la consapevolezza della depressione dell’agente i superiori avrebbero dovuto adottare ogni cautela possibile per evitare che il soggetto, già formalmente disarmato, entrasse in contatto con un’arma di un altro operatore di vigilanza. Andava pertanto sensibilizzato il collega di stanza sulla situazione personale dell’agente depresso imponendo a tutto l’ufficio maggiore diligenza nella custodia ordinaria delle armi. I giudici del palazzaccio hanno confermato questa decisione. Siccome il collega distratto non era stato avvisato ed ha lasciato una pistola incustodita in una cassetto, spetta al comune rimborsare gli eredi dell’agente depresso. Comprese le spese del giudizio di legittimità.

Cass. Civ., Sez. III, Ord., 12 ottobre 2017, n. 23952

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